armi – VitAntica https://www.vitantica.net Vita antica, preindustriale e primitiva Thu, 01 Feb 2024 15:10:35 +0000 it-IT hourly 1 La daga di bronzo dell’ Uomo di Racton https://www.vitantica.net/2021/01/11/daga-bronzo-uomo-di-racton/ https://www.vitantica.net/2021/01/11/daga-bronzo-uomo-di-racton/#comments Mon, 11 Jan 2021 14:00:27 +0000 http://www.vitantica.net/?p=5108 L’inizio dell’ età del bronzo non coincise con l’abbandono totale degli strumenti di pietra creati e perfezionati dai nostri antenati nell’arco di decine di migliaia di anni. La scoperta delle metodologie necessarie a lavorare il bronzo furono di certo un passo fondamentale nell’evoluzione tecnologica dei popoli antichi, ma la transizione da metallo a pietra non fu veloce e attraversò varie fasi di passaggio.

Il bronzo è certamente più pratico della pietra sotto molti aspetti. Consente la creazione di utensili e armi più lunghe, meno pesanti e molto meno fragili dei delicati frammenti di ossidiana o selce.

La lega di rame e stagno può mantenere un filo tagliente per diverso tempo se maneggiata con perizia, ed è meno sensibile al fallimento: rompere o deformare un utensile di bronzo non è un evento disastroso e può essere corretto con una fornace e olio di gomito.

L’ antica produzione di bronzo, tuttavia, non solo comportava una nuova sfida tecnologica, ma aveva un problema logistico importante: lo stagno, contrariamente al rame, non abbonda sulla crosta terrestre, ma è presente solo in alcune regioni del mondo, come in Cornovaglia e in specifiche aree del Medio Oriente.

Importare stagno lungo migliaia di chilometri di terre desolate e popolate da predatori e popoli ostili non era alla portata di tutti i fabbri, specialmente nella prima età del bronzo.

Con tutte le difficoltà tecniche e logistiche che questa lavorazione comportava, il bronzo iniziò a diffondersi per tutta Europa sotto forma di metallo semi-prezioso riservato ad utensili e armi per ranghi sociali elevati. La lama di Racton è uno dei primi esempi di pugnale bronzeo appartenuto ad un individuo socialmente rilevante.

Chi è l’Uomo di Racton?

Nel 1989 i rilevamenti al metal detector effettuati a Westbourne, nel Sussex occidentale, hanno portato alla luce il corpo di un uomo robusto di mezza età, sepolto circa 4.200 anni fa (tra il 2.300 e il 2150 a.C.) in posizione fetale in compagnia di una lama e di una serie di rivetti.

Le analisi dei reperti ossei ha mostrato che si trattava di un adulto di circa 180 centimetri di altezza, relativamente alto per la sua epoca, costantemente tormentato da infezioni respiratorie e ascessi dentali.

L’uomo iniziava a presentare segni di degenerazione spinale, probabilmente un problema legato all’età dell’individuo (tra i 40 e i 50 anni). Il braccio destro mostrava una profonda incisione subita poco prima della morte dell’uomo (non sono stati rilevati indizi di guarigione delle ossa).

Scheletro dell' Uomo di Racton
Scheletro dell’ Uomo di Racton

La ferita al braccio appare coerente con l’ipotesi che l’uomo sia stato ucciso mentre sollevava il braccio per proteggersi da un colpo potenzialmente fatale.

Secondo le ipotesi formulate nel 2015 dagli archeologi coinvolti negli scavi, l’Uomo di Racton potrebbe essere stato un personaggio di spicco all’interno della sua comunità. “Il fatto che quest’uomo avesse una daga di bronzo era incredibilmente raro per l’epoca” afferma James Kenny, lo scopritore dello scheletro. “E’ vissuto proprio all’inizio dell’introduzione di questo tipo di tecnologia. Era un membro prominente della società, qualcuno con grande esperienza.”

Stuart Needham, specialista di tecnologia dell’età del bronzo e membro del team coinvolto negli scavi, sostiene che “la daga affermava lo status sociale dell’individuo, probabilmente dimostrandone la capacità nel combattimento. La lama della daga, con la sua impugnatura bloccata da rivetti, veniva costantemente affilata”.

La daga di bronzo

Fortunatamente per l’Uomo di Racton e per il fabbro che realizzò la sua lama, lo stagno non doveva attraversare deserti desolati e mari in tempesta: in Cornovaglia, a circa 200 km di distanza, proprio in quel periodo stava fiorendo un’intensa attività estrattiva di rame e stagno, un’attività così intensa da portare i locali a vendere lo stagno estratto fino alle sponde del Mediterraneo.

In questo periodo il bronzo era divenuto un materiale di importanza strategica: le prime grandi civiltà iniziavano a sorgere basando il loro successo su strategie militari innovative o sulla pura superiorità bellica e tecnologica. Una lega più resistente del rame e meno fragile della pietra rappresentava un vero e proprio tesoro che poteva garantire la sopravvivenza o la vittoria sul campo di battaglia.

Lama della daga di Racton
Lama della daga di Racton

L’Uomo di Racton è uno dei primi possessori documentati di una daga risalente all’inizio dell’età del bronzo. Era uno dei pochi europei fortunati a possedere un’arma costituita da un metallo eccezionale per l’epoca, il primo passo verso un’escalation tecnologica che avrebbe portato alla futura lavorazione del ferro.

La lama del pugnale è lunga circa 15 centimetri e larga 6, con due fori laterali e uno centrale in corrispondenza dei punti di contatto con l’impugnatura, elemento che si è disintegrato nel tempo ma che potrebbe essere stata d’osso, di legno o di corno.

I rivetti di bronzo che univano l’impugnatura alla lama sono in totale 26, tutti perfettamente conservati considerata l’età che hanno. L’utilizzo di così tanti rivetti bronzei e l’innesto relativamente complesso della lama fanno pensare ad un oggetto realizzato appositamente per una figura importante per la comunità.

Il rame alla base della lega bronzea della lama di Racton è ad alto contenuto di arsenico, un elemento che rende il bronzo ancora più duro. Pur non conoscendo i dettagli dell’interazione chimica tra rame e stagno, gli antichi fabbri impararono a riconoscere e a sfruttare le contaminazioni del rame per ottenere leghe dalle differenti proprietà.

Daga di Racton completa di rivetti
Daga di Racton completa di rivetti

La lama dell’ Uomo di Racton ha molte analogie con la daga di Bush Barrow, rinvenuta a circa 1 km da Stonehenge, a partire dall’innesto con l’impugnatura: in entrambe le armi la lama viene assicurata tramite piccoli perni di bronzo.

Anche se simili per tecnologia costruttiva e design, la lama di Bush Barrow è un esemplare ancora più straordinario per via della sua decorazione: oltre 100.000 chiodi d’oro di minuscole dimensioni ornavano l’impugnatura.

Il pugnale di Racton, invece, era un utensile d’uso quotidiano: le analisi microscopiche della lama hanno evidenziato un costante lavoro di affilatura, supportando l’ipotesi di una daga per uso non cerimoniale, ma pratico.

Fonti

Revealed: Racton Man was Bronze Age warrior chief
The Racton Man
Mining in Cornwall and Devon
Chichester skeleton: Racton Man ‘was warrior chief killed in battle’
Story of man and dagger found in UK field is finally told – 4,200 years on

]]>
https://www.vitantica.net/2021/01/11/daga-bronzo-uomo-di-racton/feed/ 3
Video: costruire un arco da legno di scarsa qualità https://www.vitantica.net/2020/10/31/costruire-arco-legno-scarsa-qualita/ https://www.vitantica.net/2020/10/31/costruire-arco-legno-scarsa-qualita/#respond Sat, 31 Oct 2020 00:10:04 +0000 http://www.vitantica.net/?p=4888 La costruzione di un arco funzionale richiede un primo passaggio fondamentale: la selezione del legname. Tasso, quercia, noce, osage, ginepro, frassino e olmo sono generalmente materiali di prima scelta per la fabbricazione di un arco efficace, veloce e duraturo; l’esperienza millenaria accumulata dai costruttori di archi di tutto il mondo insegna che occorre trovare il giusto compromesso tra durezza ed elasticità.

I materiali più adatti alla costruzione di un arco non sono sempre facilmente disponibili: in molte regioni d’Europa, ad esempio, il tasso è un albero protetto; l’osage orange o il noce americano non sono legnami a buon mercato e devono generalmente attraversare l’Atlantico per raggiungere il Vecchio Continente.

E’ possibile fabbricare un arco sufficientemente potente da cacciare animali di media o grossa taglia usando legname di seconda o terza scelta, come quello reperibile nei più comuni centri del “fai da te”?

Per esperienza personale, posso dire che si, è possibile. Occorre prestare attenzione alla direzione delle fibre del legno e spendere un po’ di tempo a cercare la qualità di legno adatta, ma con l’aiuto di un materiale sintetico e molto comune come la fibra di vetro si può ottenere un’arma relativamente veloce e performante.

Il canale YouTube Kramer Ammons ha pubblicato nel dicembre 2019 una guida pratica e chiara per realizzare un arco utilizzando legname comune e fogli di fibra di vetro. La fibra di vetro sostituisce l’applicazione di materiali di origine naturale, come il tendine animale, utilizzati per aumentare la resistenza alla rottura e la potenza degli archi tradizionali.

Please accept YouTube cookies to play this video. By accepting you will be accessing content from YouTube, a service provided by an external third party.

YouTube privacy policy

If you accept this notice, your choice will be saved and the page will refresh.

Sia chiaro, nulla può sostituire il tipo di legno che da millenni viene impiegato per la costruzione di archi. Il tasso, ad esempio, per quanto non propriamente duro (è considerato il più duro tra i legni morbidi), ha una struttura a strati in cui il durame scuro e l’alburno biancastro sono distintamente separati, e le fibre corrono longitudinalmente per tutto il tronco senza curvature eccessive, aspetti che ne facilitano la lavorazione e non costringono a “seguire gli anelli” come altro legname costringe a fare.

Ma costruire un arco con legno di scarsa qualità è possibile. E’ stato fatto innumerevoli volte (il sottoscritto ne ha realizzati due partendo da materiali non propriamente adatti) e, talvolta, la qualità e l’efficacia di un’arma di questo genere può davvero sorprendere.

BOW WOODS (FROM A MATHEMATICAL PERSPECTIVE)

]]>
https://www.vitantica.net/2020/10/31/costruire-arco-legno-scarsa-qualita/feed/ 0
Boomerang e bastoni da lancio https://www.vitantica.net/2020/04/06/boomerang-bastoni-da-lancio/ https://www.vitantica.net/2020/04/06/boomerang-bastoni-da-lancio/#respond Mon, 06 Apr 2020 00:10:48 +0000 https://www.vitantica.net/?p=4826 Avete mai giocato con un boomerang quando eravate ragazzini? Se vi siete limitati ad acquistare un boomerang giocattolo di scarsa qualità, senza alcuna dedizione alle più comuni tecniche di lancio, potete facilmente immaginare la delusione di un ragazzino che non vede tornare tra le mani un’arma che ha visto volare in cerchio centinaia di volte in televisione, al cinema e nei fumetti.

Potrebbe sorprendervi sapere che l’antico boomerang era, in realtà, un’ arma da caccia discretamente efficace e inizialmente non progettata per seguire una traiettoria aerea quasi circolare. I boomerang moderni, invece, ben poco hanno a che fare con i bastoni da lancio delle culture semi-primitive dedite alla caccia.

L’origine del boomerang

L’origine del termine “boomerang” è incerta: secondo alcune fonti deriverebbe dal termine aborigeno “wo-mur-rang“, riportato in un documento risalente al 1798. La prima osservazione documentata di un boomerang da parte di un europeo risale al 1804, in occasione di una schermaglia tribale nei pressi di Farm Cove.

I Turuwal (o Tharawal) usano il termine “bou-mar-rang” per descrivere i loro bastoni da lancio, specialmente quelli dotati di particolari caratteristiche aerodinamiche che li rendono capaci di tornare verso il lanciatore; il capitano Cook, nel 1770, storpiò il termine Turuwal definendo l’arma come “boomerang”.

L’idea alla base del boomerang non è proprietà esclusiva degli aborigeni australiani. Quasi ogni cultura primitiva e semi-primitiva realizzò una sua personale versione del bastone da lancio, dalle proprietà aerodinamiche specifiche dipendenti dal suo utilizzo pratico.

Le mazze e i bastoni da lancio, ad esempio, vengono generalmente utilizzati per cacciare selvaggina di piccola taglia, come lepri e conigli, da distanze ravvicinate. La traiettoria ideale di queste armi è generalmente orizzontale al terreno: vengono lanciate imprimendo una rotazione attorno all’asse d’equilibrio del bastone, per sfruttare la piccola portanza generata dal movimento circolare e aumentare l’energia cinetica della testa dell’arma.

Evoluzione del boomerang dal bastone da lancio (Bryan Cranstone)
Evoluzione del boomerang dal bastone da lancio (Bryan Cranstone)

Nel caso del boomerang da caccia nella sua morfologia tipica a “L”, si tratta di un’arma dalle particolari proprietà aerodinamiche e destinata ad un uso specifico. Le pitture rupestri nella regione di Kimberly mostrano che gli aborigeni di 50.000 anni fa utilizzavano grandi e pesanti bastoni da lancio per uccidere piccoli canguri, boomerang (o meglio, “kylie“) dalla vaga forma a mezzaluna che molto probabilmente non erano progettati per tornare verso il proprietario.

Gli aborigeni usano il termine “kylie” per indicare un bastone da lancio molto simile al boomerang utilizzato per la caccia e per il combattimento. I kylie volano seguendo una traiettoria rettilinea e sono generalmente molto più grandi rispetto ai boomerang tradizionali: possono raggiungere i 180 centimetri di lunghezza e volare per grandi distanze, ferendo o uccidendo animali ed esseri umani incontrati lungo il suo percorso aereo.

Non sappiamo come sia stata ideata la classica forma ricurva del boomerang, ma i costruttori moderni ritengono che si sia trattata di un’evoluzione del bastone da lancio, arma ancora oggi usata dagli aborigeni australiani e nella caccia tradizionale Navajo.

L’origine del boomerang in grado di seguire un percorso di ritorno potrebbe essere invece legata al perfezionamento dei boomerang da caccia, difficili da bilanciare e da costruire; durante la lavorazione dell’arma, un costruttore potrebbe aver scoperto configurazioni aerodinamiche in grado di farla tornare verso il lanciatore se scagliata con la giusta tecnica.

Boomerang non australiani

Il più antico boomerang australiano è stato scoperto nella Palude Wyrie e risale a circa 12.000 anni fa, ma armi dalla morfologia simile sono state trovate anche in Europa, in Egitto e in Nord America.

Ci sono prove archeologiche che lasciano supporre che i nativi americani di California e Arizona utilizzassero bastoni da lancio del tutto simili ai boomerang australiani per la caccia di piccola selvaggina.

Alcuni esemplari di boomerang egizi (e probabilmente nordamericani) erano progettati per tornare nella direzione del lanciatore. Il faraone Tutankhamun possedeva una collezione di boomerang di diverso tipo, alcuni in grado di seguire una traiettoria rettilinea mentre alti progettati per tornare indietro.

Quattro esemplari di boomerang dalla collezione scoperta nel corredo funebre di Tutankhamon
Quattro esemplari di boomerang dalla collezione scoperta nel corredo funebre di Tutankhamon

Nel 1883 il fondatore del Pitt Rivers Museum, il luogotenente Pitt Rivers, pubblicò sulla rivista Journal of the Anthropological Institute of Great Britain and Ireland una ricerca che analizzava le affinità tra i boomerang australiani e alcuni esemplari egizi risalenti a circa 5.000 anni fa, come un boomerang in zanna d’ippopotamo.

Pitt Rivers concludeva la sua analisi affermando che “il boomerang egizio non è un semplice bastone ricurvo, ma un vero boomerang piatto. E’ ciò che chiamo terzo stadio di sviluppo, e la sua affinità al boomerang australiano è più rilevante di quanto si pensasse“.

Il più antico boomerang europeo è stato trovato nelle Caverne di Oblazowa, Polonia: si trattava dell’evoluzione di un tradizionale bastone da lancio in zanne di mammut e si ritiene che possa essere vecchio di 30.000 anni. In Olanda, invece, sono stati riportati alla luce boomerang risalenti al I secolo a.C. nei pressi di Vlaardingen e Velsen.

Il valari è un’arma da lancio metallica simile al boomerang utilizzata nel subcontinente indiano per proteggere le mandrie dai predatori, ma è stata anche impiegata in guerra o come arma da caccia.

Il valari è l’arma preferita nella caccia al cervo e sembra essere ancora più antica del boomerang australiano, anche se condivide con esso alcune caratteristiche. Alcuni valari tornano verso il lanciatore, ma la maggior parte veniva impiegato come semplice arma da lancio.

Il boomerang da caccia

Il boomerang da caccia, o kylie, di molte comunità aborigene australiane non torna indietro. E’ stato progettato per colpire prede di diversa natura, da canguri a piccoli volatili; generalmente è un’arma che pesa circa 1-2 chili o più e che può fratturare ossa alla distanza di quasi 100 metri.

La distanza utile per il lancio è di gran lunga inferiore, ma un boomerang da caccia lanciato orizzontalmente vola per una distanza considerevole seguendo una linea retta e può menomare seriamente un animale di taglia medio-piccola.

Antico boomerang egizio simile ad un kylie australiano
Antico boomerang egizio simile ad un kylie australiano

Alcuni boomerang da caccia sono dotati di speroni o uncini e vengono utilizzati per l’abbattimento di bersagli multipli, scagliandoli nel mezzo di uno stormo di uccelli molto denso.

Non è del tutto esatto affermare che i boomerang da caccia siano esclusivamente armi da lancio che non tornano dal loro proprietario. I boomerang in grado di seguire una traiettoria quasi circolare (più precisamente, “a goccia”) hanno trovato impiego come diversivo utile alle attività di caccia: lanciati appena sopra l’erba alta, spaventano gli uccelli nascosti tra la vegetazione e li indirizzano verso reti da cattura posizionate in punti strategici.

Il volo del boomerang

Cosa rende i boomerang più efficienti nel volo di un semplice bastone da lancio? In primo luogo, il loro profilo: i boomerang a “L” o a mezzaluna sono progettati per avere un profilo aerodinamico che ricorda molto da vicino quello delle ali di un moderno aeroplano.

Il profilo alare di un boomerang genera portanza e gli consente di ruotare attorno ad un asse centrale, rotazione che causa ulteriore portanza e gli consente di mantenere una traiettoria di volo stabile e per lo più prevedibile anche su lunghe distanze.

Le ali di un boomerang sono realizzate in modo tale che le parti più sottili (quelle che fendono l’aria) siano orientate verso la direzione del volo. I boomerang, in effetti, ricordano molto le pale di un elicottero: inclinandole nel modo corretto, possono non solo generare portanza, ma anche una spinta orizzontale che aggiunge velocità ed energia cinetica al velivolo.

Traiettoria di volo del boomerang
Traiettoria di volo del boomerang

Modificando il profilo di una o di entrambe le estremità del boomerang, e giocando sul loro peso, è possibile alterare la sua traiettoria in volo fino ad ottenere un percorso ellittico, o un volo rettilineo e parallelo al terreno nel caso dei boomerang da caccia, per i quali sono necessarie precisione, velocità e potenza.

Un boomerang da ritorno segue generalmente un percorso che inizialmente lo fa viaggiare parallelamente al terreno, per poi iniziare ad ascendere gentilmente mentre la sua traiettoria di volo inizia a curvare. A quel punto, il boomerang inizierà la discesa fino a mantenersi nuovamente parallelo al suolo; se non afferrato, proseguirà il suo volo seguendo un percorso a spirale che lo farà cadere a terra.

Boomerang
How the Throwing Wood and the Boomerang Developed
Aerodynamics of Boomerang
The Non Australian Boomerang
Tutankhamun’s Treasures – Boomerangs

]]>
https://www.vitantica.net/2020/04/06/boomerang-bastoni-da-lancio/feed/ 0
Polvere da sparo: Fire Lance, Bomba, and Devil’s Dung https://www.vitantica.net/2019/12/05/polvere-da-sparo-fire-lance-bomba-and-devils-dung/ https://www.vitantica.net/2019/12/05/polvere-da-sparo-fire-lance-bomba-and-devils-dung/#respond Thu, 05 Dec 2019 00:20:16 +0000 https://www.vitantica.net/?p=4707 A distanza di qualche secolo dalla sua invenzione, la polvere nera iniziò a rivoluzionare la tecnologia bellica dei nostri antenati. Un antenato delle armi moderne fu uno strumento che in Cina veniva definito “lancia di fuoco”: un piccolo e rudimentale cannone inastato caricato a polvere nera.

Terrence, uno studente della University of Glasgow, impiega due differenti repliche della lancia di fuoco per effettuare un esperimento sulla loro efficacia.

La prima arma è in bronzo e viene accesa dall’imboccatura. La seconda è stata realizzata in legno d’ulivo legato con cordame di canapa ed è dotata di due coltelli in prossimità del foro d’uscita del proiettile.

L’esperimento ha mostrato che entrambe le armi possono risultare letali, anche se hanno una gittata ristretta. Questi strumenti si sono anche dimostrati più resistenti del previsto, non subendo danni evidenti dopo l’innesco.

La composizione della polvere è simile a quella indicata in alcuni manuali storici: 6 parti di resina di Ferula asafoetida, 3 parti di salnitro e 2 di zolfo per un mix a combustione lenta; 4 parti di resina, 1 di salnitro e una dose non specificata di sale e soluzione di etanolo (aqua vitae) per una combustione veloce.

Please accept YouTube cookies to play this video. By accepting you will be accessing content from YouTube, a service provided by an external third party.

YouTube privacy policy

If you accept this notice, your choice will be saved and the page will refresh.

]]>
https://www.vitantica.net/2019/12/05/polvere-da-sparo-fire-lance-bomba-and-devils-dung/feed/ 0
Medieval Myth Busting: arco lungo inglese e armatura https://www.vitantica.net/2019/11/21/medieval-myth-busting-arco-lungo-armatura/ https://www.vitantica.net/2019/11/21/medieval-myth-busting-arco-lungo-armatura/#comments Thu, 21 Nov 2019 00:04:17 +0000 https://www.vitantica.net/?p=4679 L’arco lungo inglese è un’arma estremamente potente che, nel tempo, ha assunto aspetti quasi leggendari. Ogni elemento relativo alle sue origini, alla sua efficacia e alla sua potenza distruttiva è stato oggetto di numerosissimi studi e analisi da parte di archeologi o semplici appassionati di storia della guerra.

Talvolta, alcune caratteristiche dell’arco lungo inglese sono state ingigantite, finendo per essere vittime di ciò che chiamo “l’inganno della katana”: si trattava sicuramente di armi incredibilmente sofisticate, estremamente potenti per l’epoca storica in cui sono state inventate, ma ogni arma è soggetta a limiti derivanti dal design, dai materiali impiegati per costruirla o dalla funzionalità per cui è stata concepita.

Nel video qui sotto, Tod Todeschini mette alla prova le prestazioni dell’arco lungo inglese grazie all’aiuto di esperti di arcieria, ricercatori ed esperti di metallurgia antica.

L’arco utilizzato nei test è la riproduzione di un’arma in legno di tasso rinvenuta all’interno del relitto della Mary Rose, affondata nel 1545, e capace di esercitare una potenza di 160 libbre. Estremamente difficile da tendere per una persona non allenata (e richiede molto sforzo anche ai più esperti), si trattava di un libbraggio apparentemente comune tra il XV e il XVI secolo.

I bersagli sono stati posizionati a distanze di 10 e 25 metri e rivestiti con tessuto protettivo, maglia di ferro e la riproduzione di un pettorale d’acciaio raffreddato ad aria e di spessore variabile: 2,5 millimetri al centro e 1,5 mm alle estremità.

I risultati sono interessanti: per quanto potente, l’arco lungo si dimostra sostanzialmente inefficace contro un bersaglio protetto da pettorale d’acciaio, dimostrando scarsissimo potere di penetrazione anche a distanze ravvicinate.

Please accept YouTube cookies to play this video. By accepting you will be accessing content from YouTube, a service provided by an external third party.

YouTube privacy policy

If you accept this notice, your choice will be saved and the page will refresh.

Il problema fondamentale è che il bersaglio di un arciere era generalmente un soldato protetto da armature di maglia di ferro, cuoio rinforzato o tessuto. Sotto i dardi scagliati a pioggia da un manipolo di arcieri, ben pochi soldati si sentivano al sicuro o ben protetti.

La maglia metallica posta sotto i bersagli dell’esperimento è stata penetrata con relativa semplicità da una freccia da 80 grammi, dimostrando quando l’arco lungo inglese potesse dimostrarsi letale in uno scenario reale. Anche chi era così fortunato da poter indossare pettorali d’acciaio, spesso lasciava esposte braccia e gambe, protette da pezzi meno rigidi e costosi.

]]>
https://www.vitantica.net/2019/11/21/medieval-myth-busting-arco-lungo-armatura/feed/ 1
La freccia per arco: evoluzione e caratteristiche delle frecce antiche https://www.vitantica.net/2019/11/18/freccia-arco-evoluzione-caratteristiche-frecce-antiche/ https://www.vitantica.net/2019/11/18/freccia-arco-evoluzione-caratteristiche-frecce-antiche/#respond Mon, 18 Nov 2019 00:10:40 +0000 https://www.vitantica.net/?p=4682 La freccia ha svolto un ruolo fondamentale nell’innovazione dell’ arcieria. E’ relativamente facile realizzare un semplice arco (molto meno facile è, invece, costruire un’arma adatta all’utilizzo in uno scenario reale), ma senza una freccia degna di tale nome si tratterà di uno strumento relativamente inefficace.

Esistono innumerevoli tipologie di frecce, ciascuna adatta ad un utilizzo specifico o capace di rivelarsi efficace in circostanze multiple. Non si tratta solo della punta: il peso, la lunghezza, la flessibilità e l’impennaggio di una freccia possono modificare enormemente le sue performances durante durante il volo.

La freccia è un oggetto molto delicato, che richiede precisione e cura nella sua fabbricazione. Un arciere molto fortunato potrebbe non essere mai costretto a sostituire il suo arco, ma dovrà necessariamente rimpiazzare una quantità innumerevole di frecce nel corso della sua carriera, specialmente se si dedica alla caccia.

Molte frecce si spezzano, altre vanno perdute nel sottobosco: è incredibilmente semplice mancare il bersaglio con un arco tradizionale. Anche disponendo di un buon arco e di un’ottima freccia, la distanza massima dal bersaglio non supera mai i 30 metri, distanza che tuttavia prevede un ampio margine d’errore nella caccia tradizionale.

La vita di una freccia è breve, intensa e spesso poco fortunata, specialmente se si considerano gli sforzi necessari a realizzare una dardo di ottima qualità, come mostra il video qui sotto.

Please accept YouTube cookies to play this video. By accepting you will be accessing content from YouTube, a service provided by an external third party.

YouTube privacy policy

If you accept this notice, your choice will be saved and the page will refresh.

Le prime frecce

La storia della freccia è antichissima. I primi dardi adatti al lancio furono piccoli giavellotti di legno duro, probabilmente dalla punta semi-carbonizzata sulla fiamma, privi di impennaggio e dalla scarsa flessibilità.

Con le prime lavorazioni litiche l’essere umano si rese conto che alcune schegge di pietra avevano capacità di taglio e di penetrazione superiori a quelle di una semplice punta di legno.

Aguzzando l’ingegno, escogitarono sistemi anche molto sofisticati per costruire frecce sempre più veloci, potenti e letali. Il più antico esempio di proiettile con punta di pietra, compatibile sia con una freccia da arco che con un dardo di atlatl, risale a 64.000 anni fa ed è stato scoperto nella Caverna di Sibudu.

Per le prime frecce da arco della storia umana occorre però fare un balzo in avanti, a circa 10.000 anni fa: nella valle di Ahrensburg sono state scoperte frecce di legno di pino dotate di cocche, intagli che consentivano una maggiore aderenza alla corda dell’arco. E’ possibile che questi proiettili fossero stati preparati per l’uso in combinazione con un arco simile a quello di Holmegård.

Con l’avvento della lavorazione dei metalli, si susseguirono una serie di innovazioni tecnologiche delle punte di freccia: cuspidi di rame, bronzo, ferro e poi acciaio resero l’arco un’arma sempre più precisa e letale.

Le punte iniziarono a mutare forma, assumendo configurazioni diverse in base all’utilizzo: dalle semplici cuspidi da caccia furono sviluppate punte adatte a penetrare armature, punte contundenti per cacciagione di piccola taglia, cuspidi con barbigli per complicare qualunque manovra di rimozione del dardo una volta conficcatosi nel bersaglio.

Caratteristiche di una freccia per arco

Nel corso della storia si sono viste frecce di ogni tipo. Anche se le frecce moderne sono lunghe da 75 a 96 centimetri, nei vari millenni di conflitti bellici e attività venatoria si sono visti proiettili per arco lunghi dai 45 ai 150 centimetri.

Una freccia è costituita da 4 parti fondamentali: una punta (o cuspide) dal profilo solitamente aerodinamico; un fusto, o asta, che rappresenta il corpo della freccia; una cocca, il punto di collegamento tra la freccia e la corda dell’arco; e un impennaggio, il “sistema di volo” del proiettile.

Il fusto

In passato i fusti di freccia venivano realizzati con diversi tipi di legno, dipendentemente dalle esigenze pratiche. Le frecce “da volo”, ad esempio, avevano fusti più sottili e leggeri rispetto a quelle da guerra o da caccia.

Dato che la costruzione di frecce è un processo lungo e tedioso che termina spesso con la perdita di oltre la metà dei proiettili realizzati, alcuni popoli del pianeta escogitarono sistemi differenti per recuperare le frecce durante e dopo la caccia.

Uno di questi metodi era il fusto composito: una sezione di legno duro e rigido in corrispondenza della punta unito ad un fusto di legno più leggero e flessibile. In questo modo la freccia ha meno probabilità di spezzarsi irrimediabilmente durante la fuga della preda, il fusto tende a staccarsi facilmente al primo impatto mentre la punta potrà essere recuperata, se ancora integra e attaccata al bersaglio, una volta uccisa la preda.

Please accept YouTube cookies to play this video. By accepting you will be accessing content from YouTube, a service provided by an external third party.

YouTube privacy policy

If you accept this notice, your choice will be saved and the page will refresh.

La caratteristica primaria di una freccia è il suo spine, il livello di rigidità del fusto. Quando si rilascia la corda di un arco, nelle fasi iniziali l’accelerazione della coda creerà una compressione nell’asta della freccia: il dardo inizierà a flettersi e continuerà a farlo anche durante il volo, un fenomeno definito “paradosso dell’arciere”.

Per evitare che il proiettile inizi a deviare dalla traiettoria desiderata a causa della flessione del fusto, lo spine deve essere adeguato alla potenza dell’arco e all’allungo dell’arciere. E per mantenere la necessaria stabilità in volo, specialmente nei metri iniziali, occorre che la freccia sia dotata di un buon impennaggio.

Impennaggio

Con il termine “impennaggio” si intende la parte stabilizzatrice del volo di una freccia. Anche se alcuni tipi di frecce non necessitano di impennaggio (come quelle utilizzate ancora oggi in alcune popolazioni della Nuova Guinea), l’aggiunta di appendici stabilizzatrici contribuisce a migliorare la precisione.

Tradizionalmente l’impennaggio viene realizzato con penne d’oca o di tacchino ancorate all’estremità opposta alla punta tramite fibre, colla o una combinazione di questi due elementi.

E’ fondamentale che le componenti dell’impennaggio abbiano una resistenza aerodinamica molto simile tra loro. Per ottenere una resistenza uniforme, i costruttori di frecce tagliano o bruciano le penne per modellarle e uniformarle, ottimizzandone la capacità stabilizzatrice.

Se si utilizzano penne naturali, ogni freccia avrà penne estratte dalla stessa ala. Le penne di tacchino estratte dall’ala destra, ad esempio, hanno una curvatura naturale che forza ad effettuare l’ impennaggio con una torsione verso destra.

Un impennaggio particolare, chiamato flu-flu, utilizza le sezioni lunghe delle penne di tacchino per creare sei o più appendici alari o una sorta di spirale in grado di esercitare maggiore resistenza all’aria, favorendo la caccia di prede aeree.

La cocca

La cocca è un incavo all’estremità opposta della punta che aiuta a mantenere corretta la rotazione della freccia prima del lancio e riduce la possibilità di farla cadere durante la trazione o il rilascio dell’arco.

La cocca serve inoltre a massimizzare l’energia trasferita dall’arco alla freccia: mantiene il proiettile saldo in corrispondenza del punto della corda che si muove più velocemente dopo il rilascio, il centro della corda.

Senza la cocca, la compressione di una freccia al momento del lancio potrebbe colpire l’arco, causando una perdita di precisione. Ogni fusto ha un piano di compressione “preferito”, specialmente se si tratta di legno: durante l’intaglio della cocca si dovrà quindi tenere in considerazione la direzione di flessione dell’asta.

La cocca deve resistere a diverse sollecitazioni meccaniche e viene spesso rinforzata con colla, fibre, legno duro o corno.

Cuspidi
Diversi tipi di cuspide utilizzati  nella storia
Diversi tipi di cuspide utilizzati nella storia

La punta, o cuspide, è l’estremità letale di una freccia. Ha subito moltissime evoluzioni nel corso di millenni passati per rispondere alle necessità di cacciatori e guerrieri sempre più esigenti: lacerare, penetrare, menomare il proprio obiettivo o semplicemente stordirlo.

Le punte di freccia hanno innumerevoli forme, pesi e funzioni, ma possono essere raggruppate in 5 categorie principali:

Punta Bodkin: si tratta di una cuspide rigida affusolata, generalmente in ferro battuto. Fu probabilmente creata per prolungare la gittata o creare frecce efficaci ed economiche su larga scala. Le punte Bodkin in acciaio si sono dimostrate capaci di penetrare maglie di ferro, ma non armature a piastre.

Cuspidi contundenti: Possono essere semplici rinforzi rigidi al fusto della freccia, o veri e propri pesi metallici in corrispondenza della punta. Le cuspidi contundenti tornano utili nella caccia di piccole prede, stordendole per facilitare la cattura ed evitare di danneggiare carne o pelle.

Broadhead: nell’immaginario collettivo, la classica punta di freccia è la broadhead dal profilo triangolare. Queste cuspidi hanno tipicamente 2 o 4 lame che causano emorragie nel bersaglio e velocizzano l’uccisione recidendo i vasi sanguigni principali. Sono punte ideali per la guerra o la caccia, ma costose da realizzare e mai utilizzate per l’allenamento.

Punte barbigliate: se si unisce il potere distruttivo di una broadhead con una serie di barbigli metallici, si ottiene una cuspide in grado di causare gravi danni e rendere particolarmente difficile l’estrazione dal bersaglio.

Punte d’allenamento: si tratta di cuspidi appuntite e robuste simili a proiettili, in grado di conficcarsi nel bersaglio con facilità senza tuttavia causare danni eccessivi.

Fonti per “La freccia per arco: evoluzione e caratteristiche delle frecce antiche”

Arrowheads
Everything You Need to Know About Medieval Arrows
Manchu war arrows
Arrow Shaft Design and Performance

]]>
https://www.vitantica.net/2019/11/18/freccia-arco-evoluzione-caratteristiche-frecce-antiche/feed/ 0
Il machete, arma bianca multiuso, robusta e affidabile https://www.vitantica.net/2019/11/04/machete-arma-bianca-multiuso-robusta-affidabile/ https://www.vitantica.net/2019/11/04/machete-arma-bianca-multiuso-robusta-affidabile/#respond Mon, 04 Nov 2019 00:10:25 +0000 https://www.vitantica.net/?p=4639 Chiunque sia stato nella giungla potrà essere testimone dell’estrema utilità e versatilità di un machete. Per molti esperti di survival, un machete di buona qualità è l’unico strumento in grado di garantire la sopravvivenza in una giungla o foresta densamente popolata da vegetazione.

Definizione di machete

Il machete (chiamato cutlass nelle regioni caraibiche anglofone) può vantare numerosissime variazioni regionali e imitazioni, ma tipicamente si tratta di un’arma bianca robusta e potente lunga da 32 a 60 centimetri, dotata di una lama spessa meno di 3 millimetri in corrispondenza del dorso.

La robustezza di un machete è la sua dote primaria. Essendo uno strumento da taglio utilizzato per recidere con potenza liane e piante dal fusto di piccolo-medio diametro, la lama deve essere in grado resistere a numerosi impatti violenti.

L’affilatura di un machete è considerata un aspetto secondario, al contrario dei coltelli di precisione, in quanto la forza dell’impatto con il materiale ligneo è spesso sufficiente a causare tagli profondi.

La maggior parte dei machete vengono temprati fino a raggiungere una buona robustezza e un discreto grado di flessibilità. In questo modo potranno resistere meglio alle fratture e alla scheggiatura, saranno più facili da affilare ma saranno incapaci di trattenere per molto tempo un filo tagliente.

Il produttore di machete storicamente più celebre nell’ America Centrale fu la Collins Company: dal 1845, l’azienda specializzata in asce iniziò a produrre machete di ottima qualità, così robusti e affidabili che ancora oggi una lama di buona qualità viene definita “una Collins”.

Machete collins su invaluable.com
Machete collins su invaluable.com

A metà del 1900 la produzione su larga scala coincise con un declino dei materiali e delle tecniche di fabbricazione del machete. Oggigiorno la maggior parte dei machete fatti in serie vengono realizzati un un’unico pezzo di acciaio di spessore uniforme che viene lavorato con macchinari abrasivi lungo uno dei lati allo scopo di ottenere una lama.

Variazioni del machete

Il machete è molto simile come forma al falcione medievale, una spada corta e tozza divenuta popolare a partire dal XIII secolo. Al contrario del falcione, il machete non possiede una guardia ed è dotato di un’elsa semplice priva di protezione per la mano.

Nelle Filippine si utilizza tradizionalmente il bolo, una sorta di machete dalla lama affusolata che si allarga in corrispondenza della punta per rendere più efficiente il taglio di potenza. Il bolo viene impiegato ancora oggi nella quotidianità rurale, ma fu utilizzato anche come arma per scontri armati, come accadde durante la Rivoluzione Filippina contro le autorità coloniali spagnole.

Il Malesia e in Indonesia si usano rispettivamente il parang e il golok, armi simili al machete ma dalla lama più corta e tozza, adatte per il taglio di vegetazione legnosa.

Please accept YouTube cookies to play this video. By accepting you will be accessing content from YouTube, a service provided by an external third party.

YouTube privacy policy

If you accept this notice, your choice will be saved and the page will refresh.

Il machete barong, comune nel Sud-est asiatico, ha invece una configurazione più affusolata, con una lama a forma di foglia. La sua punta non consente di concentrare al meglio tutta la potenza del fendente, ma è capace di creare tagli netti e precisi, oltre che perforare efficacemente.

Il kukri nepalese, anche se non viene tecnicamente considerato un machete, riveste spesso il ruolo di “abbattitore” di rami e liane. Il kukri è il coltello tradizionale dei Gurkha e l’arma da taglio d’ordinanza dell’esercito nepalese.

Il taiga è un machete multiuso di origini russe in dotazione alle forze speciali. Può fungere da machete, ascia, coltello, sega e pala grazie alla forma della lama, che si allarga verso la punta per facilitare il taglio.

L’importanza del machete nelle culture rurali

Il machete moderno è un’invenzione abbastanza recente. Prima della metallurgia industriale, fabbricare un’arma da taglio come il machete richiedeva molte ore-lavoro; la costruzione di un machete diventa di gran lunga più semplice se questo utensile viene prodotto su larga scala tramite processi meccanizzati.

Nonostante la sua “breve” vita, il machete moderno ha subito riscosso un grande successo tra i popoli che vivevano negli ambienti più inospitali della Terra, o nelle regioni rurali in cui era necessario l’impiego di uno strumento da taglio robusto e affidabile.

I cacciatori-raccoglitori di tutto il mondo si adattarono molto velocemente all’uso del machete, arrivando a considerarlo uno strumento indispensabile per la vita nella natura selvaggia.

Il machete semplifica enormemente ogni lavoro che richiede l’impiego di uno strumento da taglio: è utile per il taglio di prodotti alimentari di grandi dimensioni, per sfoltire il sottobosco o per recidere le canne da zucchero. Se manovrato con perizia, può costituire un’arma bianca vera e propria, oltre che un pratico strumento da taglio in sostituzione di un’ascia o una lama da intaglio.

Gli Aka africani, ad esempio, insegnano a maneggiare il machete ai propri figli quando raggiungono questi la tenera età di 8-11 mesi. Imparando a perforare il terreno con bastoni da scavo, a scagliare piccole lance o a tagliare col machete la vegetazione del sottobosco, i piccoli Aka vengono quasi immediatamente immersi nella realtà quotidiana che vivranno durante l’adolescenza e l’età adulta, e iniziano ad affinare le abilità che garantiranno la loro sopravvivenza in futuro.

Please accept YouTube cookies to play this video. By accepting you will be accessing content from YouTube, a service provided by an external third party.

YouTube privacy policy

If you accept this notice, your choice will be saved and the page will refresh.

Ancora oggi molte persone che vivono nelle regioni rurali di Ecuador, Brasile e Mesoamerica usano quotidianamente il machete per ripulire i campi, tagliare legna, canne da zucchero e liane, o per lavori che richiedono una certa precisione.

Il machete e l’abilità nel manovrarlo sono sempre stati considerati un’accoppiata simbolo di mascolinità e il suo utilizzo non è limitato all’agricoltura: può rivelarsi un’arma da taglio estremamente pericolosa, come testimonia l’uso barbaro del machete durante diversi conflitti bellici e guerre civili accaduti nell’ultimo secolo.

Fonti per: “Il machete, arma bianca multiuso, robusta e affidabile”

What Is a Machete, Anyway?
Give Your Baby a Machete and Other #BabySlatePitches
LIFE HACK: USING THE MACHETE AS AN EFFECTIVE WEAPON
Machete History: The Rise of a Super Tool

]]>
https://www.vitantica.net/2019/11/04/machete-arma-bianca-multiuso-robusta-affidabile/feed/ 0
Coltello da feci ghiacciate: fantasia o realtà? https://www.vitantica.net/2019/09/17/coltello-da-feci-ghiacciate-fantasia-o-realta/ https://www.vitantica.net/2019/09/17/coltello-da-feci-ghiacciate-fantasia-o-realta/#respond Tue, 17 Sep 2019 00:10:36 +0000 https://www.vitantica.net/?p=4536 Nel suo libro “Shadows in the Sun” (1998), Wade Davis (autore, tra le altre opere, del libro “The Serpent and the Rainbow“, la fonte d’ispirazione per il film “Il serpente e l’arcobaleno“) descrive uno degli aneddoti etnografici più bizzarri di sempre:

“Esiste un resoconto molto conosciuto che riguarda un anziano inuit che si rifiutò di spostarsi in un nuovo insediamento urbano. Contro le obiezioni della famiglia, decise di rimanere a vivere sul ghiaccio. Per fermarlo, i parenti sottrassero tutti i suoi utensili. Quindi, nel bel mezzo di una tempesta invernale, l’anziano uscì dal suo igloo, defecò e plasmò le sue feci in una lama ghiacciata, che affilò usando la sua saliva. Con quel coltello uccise un cane. Usando la gabbia toracica dell’animale come slitta e la sua pelle per imbrigliare altri cani, sparì nell’oscurità.”

Quanto è realistico fabbricare un coltello dalle proprie feci? E’ possibile ottenere uno strumento funzionale sfruttando materia organica e temperature estreme? Una ricerca pubblicata recentemente sulla rivista Journal of Archaeological Science ha tentato di replicare il “coltello di feci” riportato nel libro di Davis.

L’origine della storia

Secondo Davis, la fonte dell’aneddoto fu un inuit di nome Olayuk Narqitarvik, residente nella British Columbia. Fu proprio il nonno di Olayuk, negli anni ’50 del 1900, a rifiutarsi di stabilirsi in un insediamento urbano. Inizialmente, Davis considerò il racconto come frutto dell’immaginazione locale, ma il resoconto autobiografico di Peter Freuchen, esploratore artico di origine danese, sembrò confermare la possibilità che ci fosse qualcosa di reale nella storia.

Freuchen, dopo essersi ricavato una nicchia nella neve per dormire al riparo dagli agenti atmosferici del circolo polare artico, si svegliò accorgendosi di essere in trappola: non poteva più uscire dal suo rifugio improvvisato a causa della quantità di neve compatta accumulatasi durante la notte.

Ricordandosi di aver osservato le feci dei suoi cani da slitta completamente ghiacciate e dure come la roccia, defecò nella sua mano, modellò le sue deiezioni per ottenere uno scalpello improvvisato e attese che si congelassero. Utilizzando l’utensile di fortuna, riuscì a liberarsi dal ghiaccio che lo intrappolava e fece ritorno alla civiltà.

Sia il racconto di Freuchen che quello riportato da Davis hanno sollevato molteplici dubbi per diverso tempo. Sono i soli testimoni (il primo diretto, il secondo indiretto) di due episodi così curiosi; è per questa ragione che alcuni ricercatori della Kent State University hanno tentato di riprodurre un “coltello di feci” basandosi sui dettagli riportati dall’antropologo canadese.

La prova sul campo
Prova sul campo del coltello di feci (Image: © Eren et al.)
Prova sul campo del coltello di feci (Image: © Eren et al.)

Per poter ottenere il materiale necessario all’esperimento, uno dei ricercatori ha seguito per otto giorni una dieta ricca consistente con l’alimentazione degli Inuit, ricca di proteine e grassi animali. A partire dal quarto giorno sono iniziati i prelievi quotidiani di materiale fecale, in seguito modellato a forma di coltello manualmente o tramite stampi di ceramica e conservato a -20 °C fino al giorno dei test.

Per testare l’efficacia degli utensili, i ricercatori si sono procurati pelle, muscoli e tendini di maiale conservati a -20 °C fino a 2 giorni prima dell’esperimento, lasciandoli quindi scongelare fino a raggiungere la temperatura di 4 °C per simulare il cadavere di un animale ucciso da poco tempo.

Appena prima della prova sul campo, i coltelli sono stati sepolti in uno strato di ghiaccio secco a -50 °C per ottenere la massima durezza possibile in un clima glaciale, per poi essere estratti al momento dell’utilizzo.

L’esperimento è iniziato con i test sulla pelle di maiale. Nessuna delle due tipologie di coltelli (modellati a mano o tramite stampo) sono state in grado di tagliare la pelle animale: il filo della lama si è sciolto a contatto con la superficie del materiale, lasciando strisce di materia fecale e non riuscendo ad incidere il bersaglio.

I tentativi di tagliare il grasso sottocutaneo hanno ottenuto risultati di poco superiori: i ricercatori sono riusciti ad ottenere fettine irregolari e sottili, ma la lama si è velocemente deteriorata diventando presto inservibile.

Coltello di feci poco funzionale

Il risultato degli esperimenti è che un coltello di feci ghiacciate risulta ben poco utile nel gelo dell’ Artico. In condizioni di laboratorio, queste lame hanno ottenuto risultati scarsi o del tutto insoddisfacenti, diventando inefficaci pochi secondi dopo il contatto con il “corpo” relativamente caldo dell’animale.

Occorre osservare inoltre che l’esperimento è stato condotto su parti di maiale preparate per ottenere un taglio ottimale. In condizioni reali, la carcassa di un animale ucciso da pochi minuti si presenterebbe più calda e ricoperta di pelo, elementi che limiterebbero ulteriormente l’utilità di un coltello di feci ghiacciate.

L’aneddoto di Davis viene spesso utilizzato per dimostrare quanto i cacciatori-raccoglitori di tutto il mondo si dimostrino pieni di inventiva in situazioni di necessità; ma non esiste alcuna documentazione attendibile sulla praticità di un coltello ottenuto dalle feci, solo resoconti di dubbia autenticità e attendibilità smentiti in modo definitivo dalla ricerca della Kent State University.

Fonti per “Coltello da feci ghiacciate: fantasia o realtà?”

Experimental replication shows knives manufactured from frozen human feces do not work

]]>
https://www.vitantica.net/2019/09/17/coltello-da-feci-ghiacciate-fantasia-o-realta/feed/ 0
La daga di Bush Barrow https://www.vitantica.net/2019/06/28/la-daga-di-bush-barrow/ https://www.vitantica.net/2019/06/28/la-daga-di-bush-barrow/#respond Fri, 28 Jun 2019 00:10:28 +0000 https://www.vitantica.net/?p=4374 La quasi totalità di spade metalliche risalenti all’Età del Bronzo custodite nei musei di tutto il mondo è costituita sostanzialmente da lame bronzee munite di un’elsa metallica; l’impugnatura poteva essere rivestita di cuoio o legno, per renderla più confortevole per l’utilizzatore. Il materiale ligneo, o comunque di origine biologica, sopravvissuto fino ad oggi è spesso talmente degradato dai processi di decomposizione da risultare irriconoscibile, o del tutto assente.

C’è tuttavia una spada di bronzo la cui impugnatura è sopravvissuta per circa 4.000 anni. Non solo il legno si è conservato pressochè intatto fino a poche ore dopo il suo ritrovamento, ma si tratta di un’impugnatura che non ha eguali in alcun museo del mondo: la daga di Bush Barrow è un esemplare che dimostra l’incredibile manualità dei fabbri europei dell’ Età del Bronzo.

Il sito Bush Barrow

Bush Barrow si trova nel complesso funerario di Normanton Down Barrows, a circa 1 km dalla celebre Stonehenge. Si tratta di uno dei più importanti siti dell’Età del Bronzo britannica e negli anni ha fornito all’archeologia artefatti spettacolari e unici.

I primi scavi di Bush Barrow iniziarono nel 1808 sotto la guida di William Cunnington, mercante del Wiltshire con la passione per l’antiquariato e l’archeologia. Si scoprì che il sito conteneva lo scheletro di un uomo adulto, circondato da un corredo funerario tra i più ricchi e significativi dell’intera Gran Bretagna.

L’analisi dei reperti colloca la sepoltura tra il 1.900 e il 1.700 a.C.; tra gli oggetti ritrovati ci sono due lamine d’oro a losanga finemente decorate, una testa di mazza in pietra, alcuni rivetti molto probabilmente appartenuti ad un coltello e una daga di bronzo passata alla storia per la sua impugnatura decorata con precisione millimetrica.

Il sito Bush Barrow
Il sito Bush Barrow

Non sappiamo con certezza perché questa sepoltura contenesse oggetti così preziosi, specialmente se paragonata alle altre tombe del complesso. E’ possibile che l’individuo sepolto a Bush Barrow fosse un capo o un individuo particolarmente apprezzato dalla sua comunità; ma se fosse questo il caso, non ci si spiega perché il suo tumulo funerario non sia il più alto e imponente del complesso, o non sia stato collocato al centro del Normanton Down Barrows.

La daga di Bush Barrow

La daga di Bush Barow potrebbe sembrara un’arma da taglio relativamente insignificante, con una lama simile a molte altre prodotte nello stesso periodo. Ma l’ impugnatura la rendeva un oggetto unico nel suo genere: realizzata in legno, era interamente ricoperta da minuscoli perni d’oro lunghi un millimetro e larghi 0,2 mm, inseriti individualmente nel manico da mani abilissime e capaci di manipolare oggetti così minuti.

L’impugnatura, andata distrutta a poche ore dal suo ritrovamento anche a causa delle tecniche di scavo di Cunnington, ha fortunatamente lasciato alcuni frammenti di legno ancora ricoperti da perni d’oro, frammenti che chiariscono perfettamente il duro e minuzioso lavoro di decorazione effettuato dai fabbri dell’Età del Bronzo.

Ogni centimetro quadrato dell’impugnatura ospitava circa un migliaio di microscopici perni d’oro, per un totale di circa 140.000 “chiodini” che ricoprivano l’intera lunghezza del manico. L’eccezionalità di questa lavorazione non risiede esclusivamente nella realizzazione di decine di migliaia di minuscoli oggetti d’oro, ma anche nel loro preciso collocamento sull’impugnatura.

“I perni d’oro sono una prova eccezionale dell’abilità e dell’artigianato dei fabbri dell’Età del Bronzo” spiega David Dawson, diretore del Wiltshire Heritage Museum in cui è custodita la daga. “Viene descritta a ragione come ‘l’opera degli dei'”.

Frammento dell'impugnatura della daga di Bush Barrow
Frammento dell’impugnatura della daga di Bush Barrow

“Il vero lavoro di precisione prevedeva la fabbricazione e il posizionamento di decine di migliaia di componenti microscopici realizzati individualmente, ognuno lungo circa un millimetro e largo 1/5 di millimetro” continua Dawson. “La conseguenza è che c’era quasi sicuramente una piccola parte di artigiani dell’Età del Bronzo che diventavano miopi una volta raggiunta un’età adulta. Non erano quindi in grado di fare altri lavori a parte la realizzazione di piccoli artefatti e dovevano essere costantemente supportati dalla loro comunità”.

Un lavoro per giovani e miopi

Il posizionamento dei perni d’oro sembra essere avvenuto in almeno quattro fasi. Nella prima fase, l’artigiano realizzava un sottile cavo d’oro, fine quanto un capello umano; nella seconda fase di lavorazione, una delle estremità del cavo veniva appiattita per ottenere la testa del chiodino e tagliata a circa un millimetro di distanza dalla testa usando una lama di ossidiana o di selce. Questo procedimento era ripetuto decine di migliaia di volte per ottenere tutti i perni necessari a ricoprire l’impugnatura dell’arma.

A questo punto, l’impugnatura veniva forata con un punteruolo dotato di una punta estremamente fine, creando le sedi per i perni d’oro. Inutile sottolineare quanto l’operazione fosse delicata: ogni errore poteva compromettere il risultato finale e la tenuta dei perni.

Nell’ultima fase, immediatamente precedente al posizionamento dei perni, l’impugnatura veniva ricoperta da un sottile strato di resina vegetale: l’adesivo avrebbe assicurato i chiodini nella loro sede impedendone la fuoriuscita.

Frammento dell'impugnatura della daga di Bush Barrow a confronto con la cruna di un ago
Frammento dell’impugnatura della daga di Bush Barrow a confronto con la cruna di un ago

L’inserimento dei perni avveniva quasi sicuramente tramite l’uso di pinzette d’osso o di legno, dato che i chiodini erano troppo piccoli per essere posizionati a mano. “Abbiamo stimato che l’intera operazione – la fabbricazione del cavo, dei chiodini, la foratura, la deposizione della resina e il posizionamento dei perni – avrebbe richiesto almeno 2.500 ore-lavoro per essere completata” sostiene Dawson.

Il livello di manualità necessario per questo genere di lavorazione suggerirebbe che questo tipo di artefatti non fosse unico o estremamente raro, ma rientrasse nella tradizione della lavorazione dell’oro dell’Europa occidentale.

Secondo l’ottico Ronald Rabbets “solo bambini e adolescenti, e adulti divenuti miopi per cause naturali o legate al loro lavoro in giovane età, sarebbero stati in grado di creare questi oggetti così piccoli”. Solo i più giovani e i più miopi, quindi, avrebbero avuto la giusta capacità di vedere da vicino necessaria a posizionare questi minuscoli frammenti d’oro.

Bush Barrow
Stonehenge’s most intricate archaeological finds were ‘probably made by children’
Where did the gold from the time of Stonehenge come from? Analysing the Bush Barrow dagger.

]]>
https://www.vitantica.net/2019/06/28/la-daga-di-bush-barrow/feed/ 0
Ascia di pietra, bronzo e acciaio a confronto https://www.vitantica.net/2019/05/10/ascia-pietra-bronzo-acciaio-confronto/ https://www.vitantica.net/2019/05/10/ascia-pietra-bronzo-acciaio-confronto/#comments Fri, 10 May 2019 00:10:40 +0000 https://www.vitantica.net/?p=4116 E’ difficile riuscire a trovare informazioni corrette e accurate sull’efficacia degli utensili utilizzati in epoca preistorica. Non molti ricercatori si dedicano alla ricostruzione pratica delle antiche tecnologie, ancora meno rivolgono la loro attenzione alla realizzazione di utensili d’uso quotidiano.

L’ archeologia sperimentale e gli “esperimenti imitativi”, con tutti i loro limiti che qualcuno più competente di me potrebbe elencare, forniscono tuttavia alcuni preziosi indizi sull’ingegno dei nostri antenati e sulle risorse da loro utilizzate per semplificarsi la vita.

Con l’inizio della lavorazione della pietra, l’ascia iniziò a costituire un utensile e un’arma estremamente versatile: poteva essere ovviamente impiegata per recuperare legname, ma trovava impiego in moltissimi altri ambiti in un contesto di vita a stretto contatto con la natura.

Dipendentemente dalla sua tecnologia costruttiva e dai materiali impiegati, l’ascia rappresentò anche uno strumento multiuso per lavori di precisione, per la caccia, per la guerra, o un semplice “spaccaossa” per la lavorazione delle carcasse animali.

Quanto è realmente efficace un’ascia di pietra?

Quali sono le reali prestazioni di un’ascia di pietra in confronto a bronzo e acciaio? Ogni ascia è dotata di una testa, una lama spessa, resistente e talvolta molto affilata. E’ facilmente intuibile che la testa di un’ascia costituisca un elemento importante per l’efficacia dell’utensile; anche il manico è rilevante, ma una testa degna di tale nome può essere all’occorrenza facilmente adattata ad una nuova impugnatura, più performante, resistente o leggera.

Una comparazione sul campo tra asce di pietra, bronzo e acciaio è stata fatta nel 2010 da James R. Mathieu e Daniel A. Meyer della Boston University e pubblicata sulla rivista Journal of Field Archaeology. Il metodo adottato nella ricerca prevede l’abbattimento di alcune specie di alberi tipiche dell’emisfero settentrionale utilizzando asce realizzate con diversi materiali.

Asce di bronzo (a sinistra) e asce di pietra (a destra) impiegate nell'esperimento
Asce di bronzo (a sinistra) e asce di pietra (a destra) impiegate nell’esperimento

Ciò che hanno fatto i ricercatori aveva un obiettivo fondamentale: mettere a confronto pietra, bronzo e acciaio in termini di efficienza per comprendere nel miglior modo possibile la praticità di questi utensili.

Calcolare con esattezza i tempi di abbattimento di un albero pare non sia così semplice: fin dal 1960 sono state effettuate diverse comparazioni nelle tempistiche di abbattimento utilizzando diversi tipi di acciaio; talvolta si è anche tentato di paragonare le asce moderne a quelle di pietra, ma il confronto di efficienza non si basa soltanto sul tempo necessario ad abbattere un tronco.

L’efficienza nell’abbattimento di un albero si calcola tenendo in considerazione anche il rapporto di kilocalorie consumate per ogni centimetro di taglio (pollice, in questo caso). Negli anni ’70 del 1900, ad esempio, Stephen Sarayadar e Izumi Shimada hanno calcolato che l’acciaio fosse quasi 4 volte più efficiente della pietra in quanto a tempistiche e circa 3 volte più efficiente in termini di calorie consumate.

Asce di pietra, bronzo e acciaio alla prova sul campo

Le asce di bronzo utilizzate nell’esperimento erano repliche di utensili risalenti al 1400-900 a.C., realizzate con una lega di bronzo al 90% da rame e al 10% di stagno e modellate sulla base di alcuni reperti custoditi allo University Museum of Archaeology and Anthropology.

Differenza di prestazioni tra asce di bronzo e asce di acciaio
Differenza di prestazioni tra asce di bronzo e asce di acciaio

Anche le asce di pietra sono state realizzate partendo da esemplari di teste d’ascia di pietra custoditi nello stesso museo e rinvenuti nei pressi del lago di Costanza, in Svizzera. Due teste d’ascia erano in selce, altre due invece di pietra afanitica, un tipo di roccia ignea criptocristallina composta da cristalli dal diametro inferiore agli 0,5 millimetri (come il basalto o l’andesite).

I test sono stati condotti con 4 teste d’ascia in acciaio (dal peso compreso tra i 600 grammi e i 2,3 kg), 4 teste di bronzo tra 1 kg e 1,9 kg e 8 teste di pietra (con peso compreso tra i 2 kg e i 2,7 kg). Sono state impiegate lame di larghezza differente e manici di lunghezza compresa tra i 30 e i 91 cm.

Gli alberi selezionati per l’abbattimento avevano un diametro da 8 centimetri a quasi 34 centimetri; sono stati utilizzati pioppi, pini, aceri, olmi, querce e betulle, esemplari rappresentativi della flora europea e nordamericana del Neolitico.

Come era facilmente prevedibile, l’ascia d’acciaio ha prestazioni differenti da quella di bronzo, ma la differenza di efficienza tra i due utensili non è così evidente: la lega di rame e stagno riesce comunque ad abbattere un tronco del diametro di 30 centimetri in meno di 15 minuti, una velocità poco differente a quella raggiunta con l’acciaio.

Il bronzo in realtà può ottenere un’affilatura efficace con l’indurimento, ma la sua morbidezza rispetto all’acciaio non gli consente di mantenere a lungo una filo tagliente. Questa scarsa durezza non sembra tuttavia aver pregiudicato l’abbattimento di alberi di diametro medio-piccolo in tempi competitivi a quelli di un’ascia di acciaio.

L’efficienza dell’ascia di pietra

Con la pietra il discorso è un po’ differente, ma il materiale litico può avere sorprendenti doti di durezza e resistenza. Nei confronti di tronchi di 30 centimetri, l’ascia di pietra può richiedere ben 30-50 minuti per completare un abbattimento; ma nel caso di alberelli di 10-20 centimetri, l’abbattimento risulta relativamente semplice in 5-15 minuti, tempistiche che variano in relazione alla specie di albero selezionata.

Differenza di prestazioni tra asce di pietra e asce di metallo
Differenza di prestazioni tra asce di pietra e asce di metallo

Una differenza sostanziale è stata osservata nel tipo di taglio. L’ascia di acciaio effettua tagli ben definiti e stacca brandelli di legno dai profili spigolosi e netti; quella di bronzo crea frammenti più piccoli e sottili, e con l’usura tende a ad avere meno efficacia.

L’ascia di pietra è in grado di effettuare tagli relativamente precisi, dipendentemente dal materiale della testa e dalla sua lavorazione. Ma i frammenti che stacca tendono ad essere sfibrati, senza spigoli ben delineati, risultando quasi “masticati”.

E’ sicuramente possibile realizzare pietre taglienti come rasoi utilizzando materiali come l’ossidiana o la selce, ma non si potrà ottenere un utensile utilizzabile per il lavoro pesante a causa della fragilità del materiale litico.

Le conclusioni che i ricercatori hanno tratto sono le seguenti: in primo luogo, asce di bronzo e acciaio possono essere considerate come appartenenti alla stessa categoria di “teste d’ascia di metallo” per via delle loro prestazioni simili.

Anche il manico ha giocato un ruolo rilevante nell’efficienza di un’ascia: un’impugnatura più lunga non consente di mantenere un ritmo veloce, ma compensa la sua lentezza con un’ efficienza energetica maggiore e tempi ridotti per l’abbattimento.

I tronchi di 10-15 centimetri di diametro possono essere velocemente abbattuti da un’ascia di pietra, con tempistiche molto simili a quelle di un’ascia metallica. Con alberi dal diametro di 20 centimetri o superiore, i punti di forza delle asce metalliche emergono sull’efficacia di un utensile di pietra, specialmente sotto l’aspetto di calorie consumate per albero e nella definizione dei tagli effettuati.

Please accept YouTube cookies to play this video. By accepting you will be accessing content from YouTube, a service provided by an external third party.

YouTube privacy policy

If you accept this notice, your choice will be saved and the page will refresh.

Comparing Axe Heads of Stone, Bronze, and Steel: Studies in Experimental Archaeology

]]>
https://www.vitantica.net/2019/05/10/ascia-pietra-bronzo-acciaio-confronto/feed/ 1