storia – VitAntica https://www.vitantica.net Vita antica, preindustriale e primitiva Thu, 01 Feb 2024 15:10:35 +0000 it-IT hourly 1 Donne e scienze nella storia (fino al XVII secolo) https://www.vitantica.net/2018/12/10/donne-scienza-storia-antica/ https://www.vitantica.net/2018/12/10/donne-scienza-storia-antica/#respond Mon, 10 Dec 2018 00:10:09 +0000 https://www.vitantica.net/?p=3102 Ricostruire il contributo delle donne nella medicina, nella filosofia e nelle scienze del passato è difficile: molte figure femminili non lasciarono alcuna traccia del loro lavoro, spesso considerato inopportuno, scomodo o pericoloso per lo status quo maschile.

In alcuni periodo storici, come nell’ antico Egitto o nella Grecia classica, le donne riuscirono ad ottenere ruoli di spicco nello studio della natura, nell’ astronomia e in medicina (non senza opposizioni da parte di alcune cerchie scientifiche maschili); durante il Medioevo, invece, l’emergere di donne istruite nei monasteri e incoraggiate alla ricerca intellettuale fu ben presto bloccata da un clero misogino, limitando il contributo femminile nello studio delle scienze.

A partire dall’ XI secolo emersero le prime università europee, ma generalmente alle donne era preclusa l’educazione universitaria. Ci furono alcune eccezioni: fin dalla sua fondazione, l’Università di Bologna accettò la partecipazione delle donne alle lezioni;in Italia l’istruzione femminile fu accolta con meno riserve rispetto al resto d’Europa, permettendo la formazione di circoli di ricerca al femminile come quello della Scuola medica di Salerno.

Donne e scienza nella storia: Maria Winckelmann
Donne e scienza nella storia: Maria Winckelmann

Durante il periodo della rivoluzione scientifica (tra il XVI e il XVII secolo), le donne iniziarono a riprendere lentamente un ruolo di spicco all’interno delle scienze: tra il 1650 e il 1710, il 14% degli astronomi tedeschi era costituito da donne come Maria Winckelmann, che operava nell’osservatorio astronomico dell’Accademia delle Scienze berlinese.

Alcune istituzioni scientifiche, tuttavia, come la Royal Society londinese e l’Accademia Francese delle Scienze, non accettarono la presenza di donne fino al XX secolo.

In questo post fornirò un elenco delle donne più influenti e prolifiche in ambito scientifico, medico e filosofico, dal mondo antico fino al XVII secolo. Elencarle tutte richiederebbe un articolo di proporzioni colossali, ma se avete suggerimenti o correzioni da segnalare commentate qui sotto e provvederò a revisionare il post non appena possibile.

2.700 a.C.: Merit-Ptah

Merit-Ptah (“Amata dal dio Ptah”) è il primo medico donna della storia il cui nome è sopravvissuto fino ad oggi. Sappiamo poco su di lei, ma ciò che sappiamo fornisce un quadro approssimativo del suo ruolo: secondo un’iscrizione fatta da suo figlio a Saqqara, Merit-Ptah fu il “Medico Capo” alla corte del faraone durante la Seconda Dinastia.

2.600 a.C.: Peseshet

Vissuta durante la Quarta Dinastia, Peseshet fu “colei che sovrintende gli altri medici donna”, ma non si sa con esattezza se fosse anche lei un medico. Oltre al ruolo di sovrintendente di medici e chirurghi, il suo compito era quello di organizzare i sacerdoti funerari della madre del faraone.

E’ possibile che Peseshet avesse un figlio di nome Akhethetep, ma non abbiamo alcuna conferma della loro relazione se non l’iscrizione su una falsa porta all’interno di una mastaba a Giza, iscrizione che cita anche Kanefer, un possibile marito di Peseshet.

2.000 a.C.: Agamede

Secondo Omero, Agamede era una curatrice dotata dei poteri di tutte le piante della Terra: suo padre fu Augea, il primo uomo ucciso in battaglia da Nestore.

1.200 a.C.: Tapputi

Tapputi, o Tapputi-Belatekallim, è considerata la prima chimica della storia. La sua abilità nella creazione di profumi è attestata da una tavoletta cuneiforme risalente al 1.200 a.C.: utilizzava fiori, olio, calamo, mirra e balsami per creare essenze profumate molto apprezzate in Mesopotamia. Impiegava acqua e altri solventi per effettuare distillazioni e filtraggi multipli allo scopo di estrarre gli aromi che utilizzava per la creazione di profumi.

VI secolo a.C.: Teano

Teano fu una filosofa di Crotone e una delle 29 allieve di Pitagora. Era la discepola preferita del filosofo e, secondo alcune fonti, sarebbe stata la figlia o la moglie di Pitagora; altre fonti invece sostengono che fosse la figlia di Brontino, successore di Pitagora.

Di Teano abbiamo sette lettere, tre delle quali sicuramente autentiche: descrivono una donna alla costante ricerca della giusta misura tra difetti ed eccessi, e una serie di consigli rivolti ad alcune amiche di Crotone su come educare i figli e come comportarsi in un rapporto di coppia.

Donne e scienza nell'antichità: Agnodice

IV secolo a.C.: Agnodice

Agnodice potrebbe essere stata la prima ostetrica e dottoressa di Atene, anche se ci sono molti dubbi sulla sua storicità. La storia di Agnodice è sopravvissuta fino ad oggi grazie all’opera Fabulae di Gaio Giulio Igino: secondo l’autore, Agnodice lavorava come medico ad Atene travestita da uomo perché al tempo le donne non potevano praticare la professione.

Dopo aver attirato le invidie di altri medici della città a causa del suo crescente seguito di pazienti femminili, fu processata e costretta a rivelare l’inganno: all’accusa di praticare illegalmente la professione medica, fu difesa dalle donne di Atene che confermarono la validità dei suoi trattamenti, costringendo i legislatori ad abolire la legge che impedive alle donne di diventare dottoresse.

II secolo a.C.: Aglaonice

Aglaonice fu un’astronoma greca del II-I secolo a.C. che viene menzionata da Plutarco e Apollonio di Rodi come una delle primissime studiose di astronomia. Era anche considerata una maga per la sua abilità di far sparire la Luna dal cielo, capacità che sembra essere legata alla facoltà di prevedere con un certo grado di approssimazione l’arrivo di un’eclissi lunare.

E’ possibile che Aglaonice fosse circondata da un gruppo di donne astronome, chiamate “streghe della Tessaglia”: nel Gorgia di Platone, Socrate parla delle “incantatrici della Tessaglia che, come si dice, fanno scendere la Luna dal cielo rischiando la perdizione”.

Donne e scienza nell'antichità: Maria la Giudea
Maria la Giudea
I-III secolo d.C.: Maria la Giudea

Maria la Giudea, conosciuta anche come Maria Prophetissima, Maria Prophetissa, Miriam la Profetessa o Maria d’Alessandria, fu una filosofa e alchimista vissuta ad Alessandria d’Egitto tra il I e il III secolo d.C..

Non abbiamo documenti storici che possano determinare con certezza la data della sua morte, ma sappiamo da Zosimo di Panopoli che fu un personaggio reale e che condusse una serie di esperimenti che aprirono la strada agli alchimisti e ai chimici venuti dopo di lei.

Nelle sue opere di alchimia (nessuna sopravvissuta in forma originale) vengono citati elementi che costituiranno la base dell’arte alchemica, come la leukosis (sbiancamento per macinazione) e la xanthosis (ingiallimento per calcinazione), o il bagnomaria (Balneum Mariae), procedimento molto comune nella chimica o in cucina.

V secolo d.C.: Ipàzia di Alessandria

Ipàzia fu matematica, astronoma e filosofa della scuola neo-platonica. Scrisse trattati di geometria, algebra e astronomia, inventò l’idroscopio per misurare il “peso dei liquidi”, perfezionò l’astrolabio e raffinò uno strumento per distillare l’acqua. Descrivere il lavoro (teoricoe pratico) e la filosofia di Ipàzia in poche righe è estremamente difficile, rimando quindi all’articolo di Wikipedia (in inglese).

Donne e scienza nell'antichità: pagina del De passionibus mulierum ante in et post partum di Trotula de Ruggiero
Pagina del “De passionibus mulierum ante in et post partum” di Trotula de Ruggiero
XI secolo: Trotula de Ruggiero

Conosciuta anche come Trottula, Trotta, Troctula, Trotula de Ruggiero fu un medico italiano di Salerno a cui viene attribuito il trattato De passionibus mulierum ante in et post partum, un’opera che ebbe un’enorme influenza sull’ostetricia e sulla ginecologia future.

Trotula faceva parte di un circolo di studiose della Scuola medica di Salerno definite mulieres Salernitanae e alcune opere a lei attribuite potrebbero essere state redatte da altre donne appartenenti a questa cerchia.

Il De passionibus mulierum ante in et post partum è composto da 64 capitoli in cui vengono elencati precetti e consigli per la vita femminile: anticoncezionali, nozioni di ostetricia, malattie comuni e cure cosmetiche per pelle, labbra e capelli.

1098 – 1179: Ildegarda di Bingen

Ildegarda di Bingen fu una religiosa benedettina tedesca e nell’arco della sua carriera si cimentò nell’osservazione naturalistica, nella scrittura, nella filosofia, nello studio delle lingue, nella cosmologia e nella medicina.

Dopo aver preso i voti (1112-1115) si dedicò allo studio dell’enciclopedismo medievale e all’età di 40 anni iniziò a scrivere le sue prime opere su teologia, musica e medicina. Scrisse inoltre due trattati enciclopeici che raccoglievano tutta la conoscenza medica e botanica del suo tempo.

1360 – 1436: Dorotea Bucca

Dorotea Bucca fu un medico italiano sulla cui vita si sa ben poco: fu docente di medicina e filosofia all’Università di Bologna per oltre 40 anni, posizione ricoperta prima di lei da suo padre.

XIV secolo: Mercuriade

Mercuriade fu un dottoressa e chirurga della Scuola di Salerno, oltre che autrice di almeno tre trattati medici: De Febre Pestilenti, De Curatio e De Ungentis. E’ considerata una delle “donne di Salerno” del XIV secolo insieme a Abella, Rebecca Guarna e Francesca de Romana.

Nello stesso secolo emerse un’altra figura medica, Jacqueline Felice de Almania, accusata e processata a Parigi nel 1322 per il reato di aver praticato la professione medica senza regolare licenza.

Jacqueline riteneva che fosse inopportuno per i medici palpare il seno e l’addome delle donne e ben sette pazienti testimoniarono a suo favore durante il processo, sostenendo che fosse il miglior medico di Parigi e che non facesse pagare le pazienti nel caso le sue cure non avessero ottenuto l’effetto sperato.

Jacqueline fu bandita dalla professione medica con la promessa di una scomunica se avesse continuato ad esercitare come dottoressa, un episodio che fu alla base della futura impossibilità delle donne francesi di ottenere la licenza da medico fino al XIX secolo.

1623 – 1673: Margaret Lucas Cavendish

Duchessa di Newcastle-upon-Tyne, Margaret Lucas Cavendish fu filosofa, scrittrice e scienziata di fama tale da potersi permettere di pubblicare opere col suo nome in un periodo in cui le autrici femminili erano costrette a pubblicare le loro creazioni nell’anonimato o sotto falso nome.

Fu autrice di 21 pubblicazioni di natura filosofica e scientifica, tra le quali sei libri sulla filosofia naturale, oltre ad una ventina tra racconti e drammi.

Donne e scienza nell'antichità: Elena Cornaro Piscopia
Elena Cornaro Piscopia
1646 – 1684: Elena Cornaro Piscopia

Considerata una bambina prodigio fin dall’infanzia, ebbe un’educazione classica che le consentì, all’età di sette anni, di conoscere approfonditamente greco, latino, francese e spagnolo. Nel corso di poco tempo imparò anche il francese, l’arabo e l’ebraico, guadagnandosi il tiolo di “Oraculum Septilingue”.

Si dedicò quindi allo studio della matematica, della filosofia e della musica: era in grado di suonare arpa, violino, clavicordo e arpicordo; tutto questo nei primi 20 anni di vita. Superati i vent’anni, iniziò ad interessarsi di fisica, astronomia e linguistica.

Conseguì la laurea in filosofia all’Università di Padova nel 1678, un evento di tale risonanza che molti dotti e studenti dell’epoca giunsero nella città da ogni università italiana: Elena parlò in latino classico per un’ora spiegando passaggi difficili selezionati a caso dalle opere di Aristotele.

1670 – 1720: Maria Margaretha Kirch

Nota anche come Maria Winckelmann, fu un’astronoma tedesca e una delle prime a descrivere la congiunzione del Sole con Saturno, Venere e Giove nel 1709 e nel 1712. Studiò astronomia sotto la guida dell’astronomo autodidatta Christoph Arnold, vicino di casa che lavorava come fattore vicino a Leipzig.

Tramite Arnold, Maria incontrò il famoso astronomo e matematico Gottfried Kirch, più vecchio di 30 anni, col quale si sposò nel 1692 ed ebbe 4 figli (tutti e quattro diventarono astronomi).

Maria e il marito lavoravano come un team, anche se formalmente lei era l’assistente dell’astronomo; insieme stilarono un elenco di effemeridi e registrarono dal 1697 le informazioni climatiche per produrre almanacchi e calendari utili per la navigazione.

Illustrazione dal Metamorphosis insectorum Surinamensium
Illustrazione dal “Metamorphosis insectorum Surinamensium” di Maria Sibylla Merian
1647 – 1717: Maria Sibylla Merian

Naturalista e illistratrice tedesca, dedicò buona parte della sua vita allo studio degli insetti ed è considerata una delle fondatrici dell’entomologia. Pubblicò il suo primo libro di illustrazioni del mondo naturale nel 1675, ma la sua passione per gli insetti si sviluppò fin dall’adolescenza.

Nel 1679 pubblicò il primo di due volumi dedicati a bruchi e farfalle, con particolareggiate illustriazioni dell’evoluzione di questi insetti durante il loro ciclo vitale.

Nel 1699 Merian viaggiò in Suriname per studiare gli insetti tropicali, pubblicando nel 1705 Metamorphosis insectorum Surinamensium, un’opera che influenzò gli illustratori naturalisti negli anni a venire. Secondo David Attenborough, Merian è una delle più personalità più significative dell’entomologia antica e moderna.

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Fake news nella storia, dagli Egizi al XVIII secolo https://www.vitantica.net/2018/11/28/fake-news-storia/ https://www.vitantica.net/2018/11/28/fake-news-storia/#comments Wed, 28 Nov 2018 00:10:11 +0000 https://www.vitantica.net/?p=2802 Per interi millenni le notizie venivano propagate oralmente o tramite documenti prodotti con fatica e olio di gomito; fake news e informazioni incredibili diventavano tali anche inconsapevolmente, alterate dal passaparola. Con l’introduzione della stampa la situazione non migliorò: anche se pubblicazioni di ogni genere si diffusero capillarmente in tutto il mondo contribuendo ad accrescere il sapere collettivo, non esisteva uno standard etico per il giornalismo e il controllo delle fonti era, se presente, di difficile gestione.

Fu solo nel XVII secolo che alcune pubblicazioni di carattere storico o scientifico iniziarono ad inserire citazioni delle fonti nelle note in calce. Durante il XVIII secolo in Olanda fu introdotta una legge che condannava e bandiva dalla nazione chiunque avesse contribuito a pubblicare notizie false.

Le fake news, gli eventi mirabolanti e le false documentazioni del passato sono spesso state utilizzate a scopi propagandistici, per screditare avversari politici ed economici o per ottenere un profitto. Qui sotto riporto alcune delle notizie false o delle informazioni più assurde che hanno avuto una certa risonanza nei secoli passati.

XIII secolo a.C.

Ramsete II diffonde la falsa notizia di aver ottenuto una gloriosa vittoria a Kadesh, dipingendosi come un condottiero spietato e facendosi ritrarre vittorioso in quasi tutte le pareti dei templi dedicati a lui. In realtà, la battaglia terminò con un trattato di pace tra Egizi e Ittiti dopo un periodo di stallo.

I secolo a.C.

Ottaviano intraprende una campagna diffamatoria nei confronti di Marco Antonio, dipingendolo come un ubriacone, un seduttore di bassa lega e una marionetta nelle mani di Cleopatra. Pubblicò un documento fingendo che fosse il testamento di Marco Antonio in cui si leggeva che il generale avrebbe voluto essere seppellito con assieme ai faraoni.

II secolo d.C.

Vengono diffusa tramite passaparola l’idea che i Cristiani fossero cannibali e incestuosi.

III secolo d.C.

Lucio Cecilio Firmiano Lattanzio inventa fake news sugli atti immorali e crudeli dei pagani; lo stesso fece il filosofo neoplatonico Porfirio di Tiro nei confronti dei Cristiani.

550 d.C.

Procopio di Cesarea pubblica “La storia segreta”, un libello contro Giustiniano e Teodora in cui riferisce fatti privati della famiglia reale. Alcuni dei fatti riportati da Procopio sembrano avere un vago riscontro nella documentazione dell’epoca, ma molti altri sono vere e proprie fake news, come la “storia pornografica” di Teodora e la teoria che Giustiniano fosse di stirpe demoniaca.

793

Il monaco spagnolo Beatus di Liebana profetizzò di fronte ad una massa di gente che il mondo sarebbe finito entro la mezzanotte di quel giorno, scatenando il panico fino all’alba del giorno successivo. (Leggi questo post sulla “fine del mondo” nella storia)

VIII-IX secolo

Viene realizzata la Donazione di Costantino, un falso editto in cui l’imperatore Costantino I faceva concessioni alla chiesa di Roma perché Papa Silvestro I aveva curato la sua lebbra. Il documento sembra essere nato come giustificazione del potere temporale dei pontefici romani.

1136

Geoffrey di Monmouth scrive la Historia Regum Britanniae, un’opera che falsa volutamente circa 2.000 anni di storia britannica a scopi propagandistici. All’interno sono contenute informazioni inventate o totalmente alterate, come il fatto che i Troiani avessero fondato l’ Inghilterra. Geoffrey sostiene di aver tradotto le informazioni storiche da “un libro molto antico scritto in inglese” messo a disposizione dall’arcidiacono di Oxford.

1144

Gli Ebrei di Norwich vengono accusati di compiere sacrifici rituali dopo che un ragazzino, William di Norwich, viene trovato morto per accoltellamento. Secondo Thomas di Monmouth, ogni anno gli Ebrei si riunivano in segreto per scegliere una nazione in cui compiere il loro sacrificio rituale durante la Pasqua.

1165 secolo

Fa la sua prima apparizione la “Lettera del Prete Gianni”: la lettera fu apparentemente scritta da Prete Gianni di proprio pugno per l’imperatore Manuele I Comneno con l’intenzione di descrivere le ricchezze del suo impero e trovare alleanze in Occidente. (Leggi questo post per sapere di più sulla leggenda del Prete Gianni)

1181-1183-1189

Le comunità ebraiche di Bury St Edmunds e Bristol vengono accusate degli stessi sacrifici rituali a loro attribuiti durante il 1144 e il 1168 (a Goucester).

1186

Dopo il calcolo di un allineamento planetario che si sarebbe verificato il 23 settembre 1186, venne diffusa la “Lettera di Toledo”, che avvisava che il mondo sarebbe stato distrutto in quella data e che solo poche persone sarebbero sopravvissute.

Anche Benjamin Franklin contribuì alla diffusione di fake news (più avanti nel post i dettagli)
Anche Benjamin Franklin contribuì alla diffusione di fake news (più avanti nel post i dettagli)
1475

A Trent viene diffusa la falsa notizia dell’omicidio di un bambino di 2 anni chiamato Simonino da parte della comunità ebraica locale. La comunità fu passata al setaccio e 15 persone furono arse vive dopo essere state torturate.

1593

In Silesia (Polonia) inizia a diffondersi la fake news che ad un bimbo di 7 anni, Christoph Müller, sia cresciuto un dente d’oro. L’analisi del dente condotta da Jakob Horst confermò che si trattava realmente di un dente d’oro, anche se di scarsa qualità: Horst scrisse quindi un trattato di 145 pagine, De aureo dente maxillari pueri Silesii, in cui descriveva il fenomeno come un evento legato ad una particolare disposizione degli astri.
Il medico scozzese Duncan Liddell non fu della stessa opinione e rispose con il trattato Tractatus de dente aureo pueri Silesiani, in cui dimostrava che il dente del bambino era stato ricoperto da un sottile strato d’oro che si stava consumando a causa della masticazione.

XVIII secolo

Benjamin Franklin contribuisce a diffondere alcune fake news sostenendo che ci fossero degli indiani che collaboravano con Re Giorgio III; lo fece come propaganda a sostegno della Rivoluzione Americana.
Secondo l’articolo di Franklin pubblicato in un giornale di Boston, le forze militari americane avevano scoperto un sacco di monete accompagnato da un altro sacco pieno di scalpi di soldati e civili; il bottino era accompagnato da una lettera destinata al sovrano inglese.

1726

Nel settembre del 1726, si diffuse la notizia che Mary Toft di Godalming partorisse frammenti di coniglio aiutata dal medico locale John Howard. Dopo che la notizia raggiunse la corte, diversi medici esaminarono la donna determinando la realtà del fenomeno e osservando il parto di altri pezzi di coniglio nelle settimane successive.
Il 29 novembre Mary fu condotta a Londra per un’osservazione più attenta e accurata, ma non riuscì più a partorire pezzi di coniglio. Sottoposta a interrogatorio e con la minaccia della prigione, confessò di aver inserito le parti di coniglio nel ventre mentre nessuno la osservava, nella speranza di diventare celebre e ottenere una pensione a vita dal re.

1747

Charles Bertram, un insegnante danese di 24 anni, sostiene di aver scoperto un’antica mappa chiamata De Situ Brittaniae. La mappa riportava il dettaglio delle vie di comunicazione e degli insediamenti inglesi di epoca romana.
William Stukeley, un famoso antiquario britannico, analizzò una copia della mappa (nessuno vide mai l’originale) giungendo alla conclusione che si trattasse di un’opera realizzata nel XIV secolo da un monaco di Westminster.
Fu solo nel 1866 che si riuscì a determinare la falsità del documento.

1749

Una serie di volantini vengono distribuiti per tutta Londra segnalando che, nel teatro di Haymarket, andrà in scena un numero in cui un uomo si tufferà all’interno di una bottiglia di vino, cantando e suonando ogni strumento esistente tramite un semplice bastone da passeggio.
Il teatro fece il tutto esaurito, ma nessuno spettacolo andò in scena. Si trattava di una bufala escogitata da un gruppetto di nobiluomini inglesi per determinare quanto fosse credulona la gente comune.

Hoaxes Throughout History
Before Trump, the long history of fake news
Fake news

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Etemenanki, la vera “Torre di Babele” https://www.vitantica.net/2018/05/17/etemenanki-torre-di-babele/ https://www.vitantica.net/2018/05/17/etemenanki-torre-di-babele/#respond Thu, 17 May 2018 02:00:24 +0000 https://www.vitantica.net/?p=1688 La storia della Torre di Babele della Genesi biblica è una delle più celebri dell’antichità, trovando riferimenti anche nella letteratura ellenistica e romana. Ma da cosa nacque la leggenda?

Spesso la mitologia antica è ricca di riferimenti ad elementi di pura fantasia, ma in questo caso la leggenda della Torre di Babele ha diverse analogie con un edificio reale: Etemenanki (“casa delle fondamenta del cielo e della terra” o anche “pietra angolare del cielo e della terra”), la principale ziqqurat dell’antica città mesopotamica di Babilonia.

La Torre di Babele nella Bibbia

Nella Bibbia (più in particolare nella Genesi 11, 1-9) si parla di una torre di mattoni costruita lungo il fiume Eufrate con il preciso intento di avvicinarsi al cielo, la dimora di Yahweh; questo tentativo di avvicinarsi a Dio non fece altro che scatenare la sua furia anche alla luce del fatto che gli esseri umani, contravvenendo al comando divino, si erano rifiutati di disperdersi su tutto il pianeta.

Come punizione, Yahweh fece in modo che gli esseri umani, che inizialmente comunicavano utilizzando tutti la stessa lingua, iniziassero a parlare idiomi incomprensibili, impedendo che la costruzione della torre venisse portata a termine.

«Tutta la terra aveva una sola lingua e le stesse parole. Emigrando dall’oriente gli uomini capitarono in una pianura nel paese di Sennaar e vi si stabilirono. Si dissero l’un l’altro: “Venite, facciamoci mattoni e cociamoli al fuoco”. Il mattone servì loro da pietra e il bitume da cemento. Poi dissero: “Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo e facciamoci un nome, per non disperderci su tutta la terra”. Ma il Signore scese a vedere la città e la torre che gli uomini stavano costruendo. Il Signore disse: “Ecco, essi sono un solo popolo e hanno tutti una lingua sola; questo è l’inizio della loro opera e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro impossibile. Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perché non comprendano più l’uno la lingua dell’altro”. Il Signore li disperse di là su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la città. Per questo la si chiamò Babele, perché là il Signore confuse la lingua di tutta la terra e di là il Signore li disperse su tutta la terra. »

Etemenanki, la vera Torre di Babele

Etemenanki e la Torre di Babele

La Torre di Babele, che oggi viene interpretata come un riferimento alla ziggurat babilonese Etemenanki, è uno degli esempi più estremi di punizione divina; la realtà storica e la leggenda biblica hanno alcuni punti in comune, ma Etemenanki rappresentò per i Babilonesi ben più che un tentativo di avvicinarsi al cielo: era la dimora del dio Marduk (detto anche Bel) e di parte del pantheon babilonese, oltre ad essere stata probabilmente anche un importantissimo osservatorio astronomico.

La parola Babel in ebraico antico può assumere il significato di “confusione” ma è spesso utilizzata per indicare l’antica città di Babilonia, dove si trovava Etemenanki ed Esagila (un’altra ziggurat fondamentale per il sistema religioso babilonese).

Etemenanki viene descritta come un’ enorme struttura di mattoni coperti da piastrelle colorate, una montagna di argilla cotta che tra i Babilonesi veniva chiamata ziqqurat (o ziggurat) ed era impiegata come luogo di culto o come punto privilegiato per osservare il cielo notturno.

L’origine di Etemenanki

Secondo la leggenda, all’origine della Terra il dio Marduk fu coinvolto in una feroce battaglia con Tiamat, madre del cosmo e dea degli oceani che viene tradizionalmente raffigurata come un enorme serpente marino. Tiamat era colpevole di aver portato il caos nell’universo e la sua sconfitta da parte di Marduk riportò l’ordine nel cosmo.

Per celebrare la sua vittoria, Marduk fece costruire Esagila al centro del pianeta (i Babilonesi credevano che la Terra fosse un disco circondato dal mare), il punto esatto in cui cielo e terra si congiungevano l’uno con l’altra.

La costruzione di Etemenanki vicino ad Esagila fece gradualmente assumere alla prima ziqqurat un ruolo di primo piano, fino a diventare la più importante struttura religiosa della cultura babilonese.

I resti archeologici di Etemenanki
I resti archeologici di Etemenanki
Etemenanki: la dimora di Marduk su sette terrazze

Una descrizione di Etemenanki è stata scoperta ad Uruk su una tavoletta cuneiforme risalente al 229 a.C.: si tratta della copia di un testo più antico, di autore ignoto, ma considerato storicamente attendibile perché supportato da altre testimonianze storiche o prove archeologiche.

Secondo la tavoletta, Etemenanki aveva sette terrazzamenti per un’altezza totale di 91 metri; alla base misurava 91 x 91 metri e questa misurazione è stata confermata dagli scavi archeologici condotti da Robert Koldewey (la cui misurazione dei resti di Etemenanki riportava 91,48 x 91,66 metri).

Una vasta scalinata conduceva verso la cima dell’edificio e tre porte collegavano Etemenanki con Esagila, mentre una porta più ampia ad Est connetteva la ziqqurat con una strada utilizzata per le processioni religiose.

Sull’ultima terrazza si trovava il tempio del dio Marduk, suddiviso in varie stanze come se si trattasse della dimora reale della divinità: la stanza per le nozze sacre, una sala che ospitava il dio-scriba Nabu e la moglie Tashmetu, e altre camere destinate ad altre divinità come Anu, Enlin, Ea e Nusku.

Un’altra descrizione di Etemenanki fu redatta da Erodoto, ma ci sono molto dubbi sull’accuratezza delle informazioni riportate. Secondo molti storici, il racconto di Erodoto non è basato su una testimonianza oculare della ziqqurat, ma su un altro testo che contiene errori grossolani e misurazioni incorrette.

La sua descrizione di Etemenanki, per quanto non accurata e di seconda o terza mano, è tuttavia la prima che cita un rito compiuto all’interno del tempio di Marduk: secondo Erodoto, ogni notte una giovane donna scelta come “sposa di Marduk” condivideva il letto con la divinità all’interno del tempio di Etemenanki, ma ad oggi non esiste alcuna prova a sostegno delle parole dell’autore greco.

Il tempio di Etemenanki, ricoperto da piastrelle blu
Il tempio di Etemenanki, ricoperto da piastrelle blu
La costruzione e ricostruzione di Etemenanki

La data di costruzione di Etemenanki è ancora un mezzo mistero. Nel 689 a.C. il re assiro Sennacherib proclamò di aver distrutto la torre dei suoi nemici Babilonesi, ma la letterale distruzione di un edificio così imponente ricoperto da mattoni cotti era fuori dalla portata del più belligerante sovrano del tempo: le truppe assire saccheggiarono quasi certamente l’intera città, ma non possedevano i mezzi per radere al suolo una delle più grandi ziqqurat mai esistite nell’arco di qualche settimana.

Secondo le tavolette babilonesi furono necessari 88 anni per ricostruire l’intera città ed Etemenanki fu soggetta ad una demolizione parziale; solo 50 anni dopo, la ziqqurat raggiungeva la sua massima altezza di 91 metri grazie ai lavori di ricostruzione di Nabucodonosor II e di suo padre.

L’attacco di Sennacherib a Babilonia dimostra però che Etemenanki era già celebre almeno mille anni prima di Cristo, forse fin dall’epoca di Hammurabi (1792-1750 a.C.), periodo in cui Babilonia era al culmine del suo potere in Mesopotamia e le ziqqurat venivano edificate anche in città minori.

L’ Enûma êliš, poema accadico risalente al regno di Nabucodonosor I (1125-1104 a.C.), cita direttamente la presenza ben consolidata a Babilonia della ziqqurat Esagila, implicando indirettamente anche la presenza di Etemenanki.

La torre raggiunse le sue dimensioni finali nell’arco di diversi secoli, subendo diversi crolli parziali e distruzioni volontarie da parte dei nemici di Babilonia. Nabucodonosor II (634 a.C. ca – 562 a.C. circa) fu probabilmente l’ultimo sovrano babilonese a metter mano alla costruzione di Etemenanki: ordinò di terminare il tempio sulla cima della ziqqurat costruendo un tetto di cedri provenienti dal Libano.

Mantenere intatta una struttura di proporzioni colossali richiede molta manodopera e denaro, specialmente se si tratta di un edificio di mattoni: l’argilla cotta richiede costante manutenzione sotto il caldo clima mediorientale e probabilmente diverse parti dell’edificio erano già crollate sotto il loro stesso peso prima del IV secolo a.C..

Al suo ritorno a Babilonia nel 323 a.C., circa due secoli dopo gli ultimi lavori di manutenzione della ziqqurat, Alessandro Magno ordinò a 10.000 dei suoi soldati di rimuovere i resti di Etemenanki trasportando dall’altra parte della città i mattoni e le piastrelle colorate che li decoravano.

L’obiettivo di Alessandro Magno era quello di ricostruire l’edificio restituendolo all’antico splendore, ma la sua morte fermò i lavori dopo circa due mesi lasciando Etemenanki in uno stato di demolizione avanzato.

Quasi un secolo dopo la morte di Alessandro Magno, il principe persiano Antioco I decise di ricostruire la ziqqurat: il testo babilonese Cronaca della Rovina dell’ Esagila racconta che, dopo il sacrificio rituale per proclamare ufficialmente l’inizio dei lavori di ricostruzione, Antioco inciampò sulle rovine di Etemenanki. Dopo essere caduto a terra, colmo di rabbia e vergogna, ordinò ai suoi ammaestratori d’elefanti di distruggere gli ultimi resti dell’edificio, segnando la scomparsa di Etemenanki.

The Tower of Babel: Archaeology, history and cuneiform texts
Etemenanki (the “Tower of Babel”)
Etemenanki

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8 film storicamente orribili https://www.vitantica.net/2018/03/25/8-film-storicamente-orribili/ https://www.vitantica.net/2018/03/25/8-film-storicamente-orribili/#respond Sun, 25 Mar 2018 02:00:39 +0000 https://www.vitantica.net/?p=1508 Pocahontas: la triste storia della falsa principessa

La Disney ha dipinto questo personaggio come una stupenda ragazza nativa americana che si innamora di un soldato inglese giunto in Virgina durante il XVII secolo. La realtà dei fatti è ben diversa: la storia di Pocahontas non è fatta di amore romantico e gesta eroiche ma di possibili abusi su minori, matrimoni d’interesse e morti precoci.

Pocahontas (il cui vero nome era Matoaka) nacque probabilmente nel 1596, fu la figlia di un capo tribù algonchino della Virginia (Wahunsunacock, chiamato anche Powhatan) ma non fu mai una principessa per via delle regole di successione del suo clan.

Intorno all’età di 10-12 anni incontrò John Smith, un capitano inglese giunto in Virginia nel 1607 e in breve tempo catturato dallo zio di Pocahontas: l’unico testimone dell’incontro con Pocahontas è lo stesso Smith, che raccontò diverse versioni degli eventi, sempre più articolate e ricche di dettagli man mano che il tempo passava e la storia di Pocahontas si diffondeva nelle corti inglesi.

Smith tornò in Inghilterra nel 1609 per ricevere adeguate cure mediche a seguito dell’esplosione del sacchetto di polvere nera che portava abitualmente attaccato alla cintura e Pocahontas continuò la sua vita fino al 1613, anno in cui il suo primo marito, Kocoum, fu ucciso dagli Inglesi.

La ragazzina fu catturata e portata alla colonia di Henricus dove un anno dopo si sposò con John Rolfe, un coltivatore di tabacco timorato di Dio e inizialmente combattuto sul matrimonio con un’infedele.

Pocahontas e Rolfe ebbero un figlio e la loro unione contribuì a mantenere la pace tra coloni e nativi per quasi otto anni, un periodo noto come “la Pace di Pocahontas”.
Al suo arrivo nel 1616 in Inghilterra fu presentata a tutti come una principessa (sotto il nome di Rebecca) e trattata a Londra come un’ospite di riguardo e una curiosità proveniente dalle nuove colonie americane. Smith la incontrò solo una volta prima che Pocahontas si imbarcasse per il suo ultimo viaggio.

Nel 1617, ancor prima che la nave su cui era imbarcata con il marito superasse il Tamigi, Pocahontas manifestò evidenti segni di malattia e fu portata a riva per essere visitata da un medico. Dopo poco tempo perse i sensi e morì per cause ancora sconosciute. (Fonte)

 

Il Patriota era un persecutore di nativi americani

Film storicamente inaccurati - Il Patriota

Film che personalmente mi è piaciuto molto e tutto sommato storicamente accettabile se non per qualche piccolo particolare e una grossa differenza tra il protagonista del film e l’uomo che ha ispirato il personaggio.

Il Patriota vede il protagonista Benjamin Martin (Mel Gibson) organizzare squadre di milizia durante gli scontri per l’indipendenza dell’ America settentrionale. Il personaggio di Martin è ispirato ad un ufficiale militare di nome Francis Marion, considerato il padre della guerriglia moderna, dei Ranger dell’esercito americano e noto con il soprannome di “Volpe di palude”.

Contrariamente al protagonista del film (padre di famiglia severo ma comprensivo che tratta gli schiavi come pari e commette atti violenti solo se messo alle strette), Francis Marion aveva ben pochi aspetti positivi: era noto per le atrocità di guerra che commetteva sui fedeli dell’impero britannico e per lasciare i suoi soldati liberi di saccheggiare ogni posto che visitavano.

Era anche famoso per la caccia ai reparti filo-britannici composti da schiavi liberati e addestrati al combattimento, non fece mai segreto il suo sostegno alla schiavitù e si fece un nome con la persecuzione dei nativi Cherokee.

Dopo aver svolto la sua parte durante la guerra, Marion tornò alla sua piantagione per ritrovarla completamente deserta: tutti i suoi schiavi avevano abbandonato la tenuta per arruolarsi con gli Inglesi. (Fonte)

 

Braveheart: anacronismi e inesattezze

Film storicamente inaccurati - Braveheart

Posso assicurarvi che non ho nulla contro Mel Gibson: adoro questo film, ma alcune delle inesattezze storiche sono fastidiose. William Wallace, probabilmente il figlio di un cavaliere dell’ Ayrshire e non vestito con un kilt (creato circa 3 secoli dopo Wallace) ma con abiti comuni, si rese protagonista delle guerre di indipendenza scozzesi diventando un eroe nazionale, ma il film è pieno di anacronismi e di dettagli sbagliati.

La rivolta di Wallace inizia nel 1297, 21 anni dopo la riunione di nobili scozzesi che si vede all’inizio del film; in realtà, nel 1276 vigeva una pace durata quasi 60 anni e i primi indizi di una guerra imminente si manifestarono solo nel 1296, ben vent’anni dopo.

Nel film viene anche narrata un’ipotetica quanto assurda storia d’amore tra William Wallace e la regina Isabella, ma la realtà storica fu ben diversa: all’epoca dei fatti, la principessa aveva solo tre anni e quasi certamente non incontrò mai lo scozzese di persona. (Fonte)

 

Apocalypto: un trionfo di sangue

Film storicamente inaccurati - Apocalypto

La prima inesattezza storica è il fatto che il protagonista e la sua tribù vivono in totale isolamento nella giungla messicana: chiunque fosse nato e cresciuto nelle regioni messicane governate dai Maya era a conoscenza dell’esistenza di piccoli e grandi insediamenti urbani popolati da gente che amava particolarmente procacciare schiavi.

L’adorazione “patologica” del Sole da parte della cultura Maya è in realtà un’alterazione, funzionale allo svolgimento della pellicola, della sfera religiosa di questo popolo: la religione Maya era composta da un pantheon di divinità tra cui la più importante era quella del mais.

Nella cultura dei Maya non era previsto il rituale sacrificale descritto nel film. Sembra invece che il sacrificio umano su una pietra-altare fosse pratica relativamente comune tra gli Aztechi, che effettuavano numerose esecuzioni in sequenza. Non c’è alcuna prova che questa pratica fosse diffusa anche tra i Maya, una cultura in cui era più comune l’auto-sacrificio (non letale) infliggendo ferite profonde a lingua e organi genitali.

Infine, il film termina con l’arrivo di navi spagnole che lasciano presagire la futura disfatta degli imperi precolombiani, ma i primi esploratori giunsero nella regione solo 400 anni dopo l’epoca della cultura Maya ritratta nella pellicola. (Fonte)

 

Il Gladiatore: Commodo non era così malaccio

Film storicamente inaccurati - Il Gladiatore

Maximus Decimus Meridius, generale dell’imperatore Marco Aurelio, viene investito del ruolo di regnante al posto di Commodo, legittimo erede e figlio dell’imperatore. Commodo, mosso da rancore e invidia, uccide suo padre e ordina l’esecuzione di Maximus, che tuttavia riesce a scappare, viene fatto schiavo e si procura fama e gloria diventando un gladiatore.

Commodo viene dipinto come un buono a nulla che regnò un paio d’anni, ma la sua controparte storica restò imperatore per circa 13 anni e non uccise mai suo padre; non esiste alcuna prova che possa dimostrare un cattivo rapporto tra Marco Aurelio e il figlio (se non alcuni documenti del tempo infarciti di propaganda politica) e all’epoca del suo insediamento definitivo Commodo era già da tempo “co-imperatore”.

Marco Aurelio appuntò Commodo come suo successore molti anni prima della sua morte, verificatasi a Vindobona (Vienna) e non in Germania, come mostra la battaglia iniziale.
Negli ultimi anni l’analisi del film da parte degli storici ha rivelato battaglie mai avvenute, cani non esistenti all’epoca e iscrizioni sbagliate in Latino. E’ ormai ampiamente dimostrato inoltre che le battaglie gladiatorie spesso non terminavano con la morte di uno dei contendenti.

Maximus Decimus Meridius è un personaggio di pura fantasia, ma potrebbe essere stato creato a partire da un mix di tre figure storiche realmente esistite: Taruttienus Paternus, comandante delle forze romane nella battaglia contro le tribù germaniche del 179 d.C.; Narcisso, il combattente che uccise Commodo; e Tiberius Claudius Pompeianus, nato in povertà in Siria e divenuto uno dei generali preferiti di Marco Aurelio e marito di Lucilla, figlia dell’imperatore. (Fonte)

 

300: Non erano 300

Film storicamente inaccurati - 300

Quando in una pellicola appaiono creature umanoidi cornute o giganti dalle mani di falce non si può pretendere estremo realismo, ma sono ben pochi gli elementi storicamente accurati del film 300.

Possiamo iniziare dicendo che gli Spartani non combattevano seminudi: le corazze per il petto e protezioni di cuoio per le gambe erano una dotazione standard per un soldato spartano, ma il regista ha deciso di eliminarle per rendere distinguibili i volti e i corpi dei protagonisti.

Gli Spartani non erano solo 300 alle Termopili, come spiegato in questo articolo sulle leggende metropolitane della storia, ma accompagnati da qualche migliaio di soldati reclutati da varie regioni della Grecia e almeno 300 schiavi spartani.

La tecnica di combattimento della falange non è inoltre attendibile storicamente: non è ancora dimostrato che gli Spartani spingessero il nemico con i loro scudi e nemmeno che avessero già adottato la falange come formazione militare standard. Di certo un soldato spartano non si lanciava in battaglia completamente solo rompendo ogni formazione e lontano dai propri compagni.

Secondo Erodoto, la fonte di principale ispirazione per tutte le storie sugli Spartani nate nei secoli successivi alla battaglia delle Termopili, gli Immortali persiani non erano “ninja” armati di doppia spada ma arcieri corazzati armati di lancia e di un grande scudo.

Le imprecisioni storiche non finiscono  qui ma sarebbe necessario un intero post per poterle descrivere tutte. Termino il capitolo con la storia di Aristodemo, apparentemente l’unico sopravvissuto alla battaglia per via di una ferita all’occhio: contrariamente a quanto si vede nel film, Aristodemo non fu l’unico a sopravvivere e il problema all’occhio non fu causato da una ferita ma da un’infezione oculare.

Di fronte alla decisione di restare a combattere o tornare a Sparta, Aristodemo decise di scappare dal campo di battaglia, allontanandosi sotto gli improperi dei suoi compagni che lo accusavano di codardia chiamandolo “Aristodemo il fuggiasco”. (Fonte)

 

Troy: due lama a Troia?

Film storicamente inaccurati - Troy

Il film si prende un sacco di libertà, a cominciare dalla storia stessa. Secondo l’Iliade, l’assedio di Troia durò almeno 10 anni e non qualche settimana come il film lascerebbe intendere.

Nello scontro tra Menelao e Paride, Menelao non viene colpito da Ettore, ma nell’Iliade rimane di sasso di fronte alla fuga di Paride grazie ad uno stratagemma della dea Afrodite, sua protettrice. Sia Menelao che Agamennone sopravvivono alla guerra di Troia, Aiace non fu ucciso da Ettore ma si suicidò dopo aver massacrato qualche Troiano e un gregge di pecore, e lo stesso Achille muore prima della costruzione del celebre cavallo.

Patroclo non era semplicemente il cugino di Achille, ma il suo amante, e questo tipo di rapporto omosessuale era un fatto del tutto normale e accettato dalla società.

Re Priamo sembra mostrare a Paride una spada di ferro o addirittura acciaio (la Spada di Troia), ma al tempo l’unico metallo lavorabile era il bronzo, se escludiamo il ferro di origine spaziale. Le spade di bronzo in uso all’epoca non erano assolutamente in grado di perforare un corpo umano secondo le modalità mostrate in un film, specialmente se il bersaglio era protetto da una corazza di cuoio.

L’aspetto più divertente dell’intera pellicola è il totale disinteresse per l’attendibilità storica dell’ambientazione. L’indice di questo disinteresse è la presenza, nel mercato di Troia, di 2 lama, creature andine mai esistite in Medio Oriente. (Fonte)

 

10.000 B.C.
Ci sono almeno 4 elementi sbagliati in questa singolo fotogramma

Ci sarebbe troppo da dire su questo film e ho deciso qualche tempo fa di dedicargli un post: 10.000 AC, il film che reinventa la preistoria

 

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I nativi americani erano davvero “ambientalisti”? https://www.vitantica.net/2018/03/05/i-nativi-americani-erano-davvero-ambientalisti/ https://www.vitantica.net/2018/03/05/i-nativi-americani-erano-davvero-ambientalisti/#respond Mon, 05 Mar 2018 02:00:44 +0000 https://www.vitantica.net/?p=1427 Foreste incontaminate, acque limpide e praterie sterminate su cui pascolava un’infinità di animali: questo era il paesaggio che i primi esploratori occidentali si trovarono di fronte non appena misero piede nelle Americhe. Tutto lasciava supporre che il continente avesse subito ben pochi interventi umani nel corso degli ultimi millenni, suggerendo che le popolazioni locali vivessero a contatto diretto con l’ambiente e nel pieno rispetto della natura.

La realtà, come spesso accade, è ben diversa: i nativi americani non furono i primi “ambientalisti” della storia e la loro relazione con il mondo naturale è stata male interpretata per secoli interi.

Le “metropoli” dei nativi americani

Il problema con questa immagine idilliaca in cui l’essere umano vive in totale immersione e simbiosi con gli elementi è che, per sua stessa natura, l’uomo è portato a combattere o tentare di controllare l’ecosistema a suo vantaggio, e i nativi americani non furono l’eccezione a questa regola.

Al tempo dell’arrivo di Colombo nei Caraibi, nel Nord e Centro America si contavano tra i 50 e i 100 milioni di individui nati e cresciuti nel continente; individui che, come nel resto del mondo, tendevano a formare agglomerati urbani di medie o grandi dimensioni per sfruttare il vantaggio offerto dai numeri.

Il fatto che cacciassero con armi di legno, osso e pietra e che dimostrassero un certo rispetto per gli animali che uccidevano non deve trarre in inganno, inducendo a pensare ad un “ambientalismo ante-litteram“: la socialità è uno degli elementi fondamentali per la strategia di sopravvivenza dell’ Homo sapiens, la sua vera arma di distruzione di massa.

Ricostruzione di Cahokia
Ricostruzione di Cahokia

Tra il 600 a.C. e il 1400 vicino alla moderna città di St. Louis, Missouri, si ergeva Cahokia, una città di oltre 16 km quadrati che includeva circa 120 tumuli di terra utilizzati per attività sociali o scopi rituali (leggi questo post su Cahokia per saperne di più).

Dall’ anno 1050 la popolazione passò da circa 1.000 unità a circa 40.000 individui nell’arco di circa un secolo; nel XIII secolo il numero degli abitanti era probabilmente superiore a quello di Londra.

Città come Cahokia non erano affatto rare: Etzanoa, scoperta nel 2017 in Kansas, era una città composta da oltre 120 case e popolata da almeno 12.000 individui.

Caccia e agricoltura non sostenibili

Grandi insediamenti urbani comportano grandi responsabilità, come procurare cibo e materiale di prima necessità per tutta la popolazione. Come in molte altre culture semi-primitive del resto del mondo, i nativi americani conoscevano perfettamente la tecnica del “taglia e brucia” (slash & burn), che prevede l’incendio controllato di una porzione di foresta per lasciar spazio a colture più produttive e creare un terreno di caccia più favorevole alle tecniche predatorie umane.

Come spesso accade, controllare un incendio con metodologie primitive è un vero lavoraccio e non era raro che si perdesse il controllo delle fiamme, disboscando enormi aree di foresta che offrivano riparo a molte specie animali, come il cervo, il castoro e il bisonte, che erano già all’inizio del loro percorso di estinzione per via della caccia intensiva condotta dai nativi.

Dopo aver coltivato mais e altre colture fino a impoverire il terreno, era molto più comodo spostarsi in nell’area vicina, dar fuoco ad ogni arbusto e albero nella zona e seminare il nuovo appezzamento di terreno.

In qualunque area fossero presenti nativi dediti all’agricoltura sono state rilevate numerose tracce di vasti disboscamenti causati da fuochi controllati: grandi gruppi di nativi americani e deforestazione andavano a braccetto.

Head-Smashed-In Buffalo Jump, formazione rocciosa presso Alberta, Canada, sfruttata per millenni dai Piedi neri per la caccia al bufalo.
Head-Smashed-In Buffalo Jump, formazione rocciosa presso Alberta, Canada, sfruttata per millenni dai Piedi neri per la caccia al bufalo.
La caccia al bisonte come esempio di spreco di risorse

Quando il bisonte americano (Bison bison) percorreva indisturbato il continente settentrionale formando branchi di milioni di esemplari, i nativi americani non si preoccupavano minimamente di uccidere solo l’indispensabile, come spiego in questo post sulla caccia al bisonte.

Uno dei metodi di caccia più comuni tra i Blackfoot (Piedi neri) era il “salto del bisonte” (buffalo jump): spaventando un’intera mandria e controllandone la direzione della fuga (anche tramite “imbuti naturali” composti da pietre e arbusti) era possibile orientarla verso una rupe, causando la morte di decine o centinaia di animali dei quali solo un numero ristretto veniva effettivamente consumato o lavorato per estrarre pelle, ossa o tendini.

Decine di tonnellate di carne rimanevano inutilizzate sul posto del massacro e lasciate a decomporsi a cielo aperto o agli animali opportunisti.

I piccoli gruppi tribali di nativi non rappresentavano un grande problema per l’ecosistema e le risorse che consumavano erano facilmente e velocemente sostituite dal naturale ciclo riproduttivo di animali e piante locali.

Quando tuttavia si formavano vasti insediamenti urbani come Cahokia, l’impoverimento del terreno e la caccia non sostenibile erano elementi che spesso costringevano la popolazione a spostarsi verso aree più fertili e meno colpite dall’attività predatoria umana.

Scontri per le proprietà tribali

Contrariamente alla nozione comune che i nativi americani non conoscessero la proprietà privata, questo concetto era regolarmente messo in pratica nella maggior parte delle comunità di medie dimensioni ed esistevano veri e propri diritti di sfruttamento di fiumi, laghi o foreste.

Gli appezzamenti di terra coltivata erano spesso proprietà di una famiglia e passati in eredità ai figli, insieme ai diritti di sfruttamento delle risorse presenti sul terreno.

Le tribù composte da numerosi nuclei familiari gestivano vasti territori di caccia o pesca con frazioni assegnate ad ogni clan della comunità e sconfinare in territori di caccia sotto una differente “giurisdizione” poteva causare scontri violenti o delicate trattative per risolvere il problema.

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“Sostenere che gli Indiani vivessero senza avere effetti sulla natura è come dire che vivessero senza toccare nulla, che fossero sostanzialmente un popolo senza storia” afferma lo storico Louis S. Warren.

“Gli Indiani spesso manipolavano il loro ambiente locale e anche se avevano solitamente un impatto minore sull’ambiente rispetto ai coloni europei, l’idea di preservare la terra in un qualche stato selvatico sarebbe stata poco pratica e assurda ai loro occhi. Gli Indiani modificavano, spesso profondamente, gli ecosistemi che li circondavano”.

Primitivismo e “buon selvaggio”

Il concetto di “buon selvaggio” da cui ha avuto origine l’immagine ambientalista dei nativi americani è un mito nato intorno al XVIII secolo con la cultura del primitivismo: senza i paletti imposti dalla civilizzazione, la corrente primitivista considerava l’essere umano un animale fondamentalmente buono e pacifico capace di vivere in armonia con il mondo naturale e dotato di un altruismo non riscontrabile nelle società occidentali.

Purtroppo, ogni aspetto della vita primitiva suggerisce il contrario: gli scontri con le tribù rivali erano all’ordine del giorno, uccisioni per necessità, per violazioni del territorio o per l’infrazione di tabù culturali/religiosi erano spesso causa di violenza.

Come disse Stanley Kubrick sulla figura del “buon selvaggio”:

L’uomo non è un nobile selvaggio, è piuttosto un ignobile selvaggio. È irrazionale, brutale, debole, sciocco, incapace di essere obiettivo verso qualunque cosa che coinvolga i propri interessi. Questo, riassumendo. Sono interessato alla brutale e violenta natura dell’uomo perché è una sua vera rappresentazione. E ogni tentativo di creare istituzioni sociali su una visione falsa della natura dell’uomo è probabilmente condannato al fallimento.

Cahokia
Dances With Myths

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Miti e leggende metropolitane sulla storia antica https://www.vitantica.net/2018/03/02/miti-leggende-metropolitane-storia-antica/ https://www.vitantica.net/2018/03/02/miti-leggende-metropolitane-storia-antica/#respond Fri, 02 Mar 2018 02:00:49 +0000 https://www.vitantica.net/?p=1396 Cintura di castità

L’esistenza delle cinture di castità medievali è stata spesso messa in discussione dagli storici moderni: tutti gli esemplari esistenti sono falsi o aggeggi anti-masturbazione inventati tra il XIX e il XX secolo nella convinzione che la masturbazione provocasse malattie mentali.

Ci sono alcune citazioni letterarie risalenti al XV-XVI secolo di strumenti che sembrano somigliare ad cinture di castità, ma la quantità e l’attendibilità delle fonti sono così scarse da essere state considerate storicamente quasi irrilevanti. La cintura di castità medievale sembra quindi essere una leggenda metropolitana.

Biblioteca reale di Alessandria

Pare che la famosa Biblioteca di Alessandria non sia stata distrutta dalle armate musulmane che catturarono la città nel 642, sotto l’ordine esplicito del califfo Omar.

In realtà, ci sono ben 4 date possibili per la sua distruzione:

  • Incendio appiccato da Giulio Cesare nel 48 a.C. durante la conquista della città;
  • Attacco ad Alessandria di Aureliano nel 270 d.C. circa;
  • Editto di Teodosio contro la “saggezza pagana” del 391 d.C.
  • Conquista araba del 642 d.C.
Terra piatta

Gli abitanti europei del Medioevo non credevano che la Terra fosse piatta, come spiegato in questo post sulla storia della teoria della Terra piatta. La nozione che si trattasse di una sorta di sfera era ormai comune dai tempi di Platone e Aristotele.

Non fu quindi Colombo a dimostrare che la Terra è sferica: le obiezioni mosse contro il suo viaggio verso Occidente dai dotti del tempo non si basavano sul concetto che il pianeta fosse piatto, ma sulla verifica degli errori di calcolo commessi dal navigatore nel calcolare la circonferenza della Terra (leggi anche questo post sui miti e le leggende metropolitane sull’esplorazione dell’ America).

mito del saluto romano
Jacques-Louis David, Le Serment des Horaces. Wikipedia
Templari

Sui cavalieri templari sono nate un’infinità di leggende, la maggior parte delle quali nemmeno si avvicinano alla realtà storica. Una delle leggende più antiche è che avessero trovato il Santo Graal, nascondendolo in una località sicura per proteggerlo; un’altra leggenda molto comune è che i Templari adorassero qualche sorta di entità diabolica, un mito nato dalle confessioni sotto tortura di alcuni cavalieri interrogati sotto l’accusa di eresia.

Una delle leggende più recenti è il tesoro dei templari di Oak Island: nata tra il XIX e il XX secolo, questa leggenda metropolitana dice che sull’isola di Oak Island canadese sia nascosto il famigerato tesoro dei templari, una ricchezza così vasta da avere un valore quasi incalcolabile.

Saluto romano

Nessuna testimonianza storicamente attendibile cita questo gesto. Il mito del saluto romano potrebbe essere nato da un dipinto di Jacques-Louis David del 1785, “Il giuramento degli Orazi“: tre soldati romani giurano di difendere la patria facendo ciò che in seguito verrà chiamato “saluto romano”. Nel corso dei due secoli successivi il mito crebbe supportato dall’arte neoclassica e in seguito dall’ideologia fascista e nazista.

Ebrei in Egitto

Non risulta alcuna prova archeologica che testimoni la presenza di Ebrei in Egitto durante il periodo descritto dalla Bibbia e nessuna traccia di una migrazione di massa lungo la Penisola del Sinai.

Inoltre, le piramidi furono costruite tramite l’impiego di operai specializzati ben pagati e non da schiavi, in un periodo 800-2.000 anni prima di quello in cui, secondo le fonti bibliche, si verificò l’Esodo.

Infine, le moderne tecnologie di analisi del DNA impiegate per determinare le migrazioni e gli incroci tra diverse etnie nell’antichità non hanno finora rilevato alcun legame genetico tra gli antichi Ebrei (che, secondo la Bibbia, erano circa 2 milioni) e gli Egizi, nonostante la presunta convivenza durata secoli.

Elmi vichinghi

I Vichinghi non indossavano regolarmente elmi muniti di corna (e probabilmente non usavano il famigerato muro di scudi). L’elmo cornuto è un’invenzione del XIX secolo, periodo in cui si verificò un revival della cultura norrena: nel 1876 l’illustratore e costumista Carl Emil Doepler creò un elmo vichingo cornuto per la rappresentazione de “L’ Anello del Nibelungo” di Wagner durante il Festival di Bayreuth, dando origine al mito dell’elmo vichingo sormontato da corna.

Interpretare correttamente alcuni aspetti del mondo norreno non è semplice: le fonti principali sono spesso infarcite da personaggi leggendari, come Ragnar Lothbrok, o sono state interpretate in modo scorretto tra il XIX e il XX secolo.

Aquila di sangue vichinga
Aquila di sangue vichinga, mito nato dall’errata interpretazione di alcuni versi scaldici
Cranio dei nemici come coppa

Rimanendo in tema Vichinghi, un’altra usanza priva di alcuna prova archeologica è l’uso come coppa del cranio dei nemici uccisi in battaglia. Il mito è nato dall’errata interpretazione nel XVII secolo di un frammento di poesia scaldica che si riferiva a corna animali usate come recipienti per liquidi.

La poesia scaldica è spesso criptica e l’errata interpretazione dei versi norreni ha portato alla nascita di alcuni leggende che persistono ancora oggi, come quella dell’ aquila di sangue vichinga.

Marco Polo e la pasta

Marco Polo non fu il primo europeo a introdurre la pasta nel Vecchio Continente dalla Cina. La leggenda metropolitana è nata dalla rivista Macaroni Journal, finanziata da un complesso di aziende alimentari per promuovere l’uso della pasta negli Stati Uniti.

Pare invece che siano stati gli Arabi a introdurre la pasta di grano duro in Europa durante la conquista della Sicilia nel VII secolo d.C.; Marco Polo probabilmente introdusse in Occidente alcuni campioni di pasta di soia.

I 300 Spartani

La leggenda dei 300 Spartani contro la macchina da guerra persiana dura da quasi 2.500 anni ma la verità storica è diversa. 300 guerrieri spartani erano sicuramente presenti alle Termopili, ma erano in compagnia di almeno 4.000 alleati durante i primi 2 giorni di scontri e nell’ultima battaglia erano presenti almeno 1.500 guerrieri greci.

700 soldati vennero reclutati da Tespie, altri 400 da Tebe, gli stessi Spartani portarono con loro circa 300 iloti (cittadini simili a schiavi, leggi questo post per la Crypteia, la polizia segreta spartana che sterminava gli iloti ogni anno) e il resto dei combattenti raggiunse il luogo dello scontro da molte altre polis. La maggior parte dei Tebani si arrese all’esercito di Serse mentre 298 Spartani (e i loro iloti) furono uccisi.

Speranza di vita e longevità

Aspettativa di vita e vita media

Gli abitanti del Medioevo (e di altre epoche storiche) non morivano improvvisamente intorno ai 30 anni come se avessero raggiunto una data di scadenza. Come spiego in questo post sull’ aspettativa di vita dei nostri antenati, una volta superati i 20-25 anni era abbastanza comune raggiungere i 60 o i 70 anni.

Buddha

Il Buddha storico (Siddhartha Gautama) non era obeso. L’immagine di Buddha “in carne” viene da un eroe della tradizione cinese del X secolo chiamato Budai: secondo il buddismo cinese, Budai era la reincarnazione di Matreya, il ristoratore del Buddismo originale dopo la perdita degli insegnamenti del Buddha storico.

La nascita di Cristo

Gesù non nacque il 25 dicembre, ma probabilmente in settembre. La data del 25 dicembre fu stabilita a tavolino da Papa Giulio I nel 350 d.C. come giorno ufficiale per le celebrazioni forse per favorire la transizione tra il paganesimo e il cristianesimo nelle regioni d’Europa in cui si festeggiava tradizionalmente il solstizio d’inverno.

Vomitoria

Vomitare durante un pasto particolarmente abbondante non era una consuetudine dell’Antica Roma. Un vomitorium era in realtà l’ingresso di uno stadio o di un teatro. Il mito dei vomitoria nasce da un’interpretazione della Lettera a Helvia di Seneca, in cui l’autore descriveva metaforicamente l’ingordigia romana: “Hanno vomitato in modo da poter mangiare e mangiato in modo da poter vomitare“.

“E’ solo una specie di tropo (equivoco, spostamento di significato)”, che gli antichi romani fossero tanto ricchi da permettersi rituali di abbuffate e di spurgo, spiega Sarah Bond, assistente professore presso la University of Iowa.

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Eneide e propaganda politica sotto Ottaviano Augusto https://www.vitantica.net/2018/02/26/eneide-propaganda-politica-ottaviano-augusto/ https://www.vitantica.net/2018/02/26/eneide-propaganda-politica-ottaviano-augusto/#respond Mon, 26 Feb 2018 02:00:46 +0000 https://www.vitantica.net/?p=1420 La tattica di alludere al passato come ad un tempo di gloria e di valori universalmente condivisibili non è un fenomeno nuovo tipico del mondo moderno.

Nella Roma di Ottaviano il concetto di “rendere Roma nuovamente grande”, molto simile al recente “make America great again” di Donald J. Trump, fu impiegato con successo per ottenere il consenso dell’opinione pubblica facendo leva sulle emozioni e sulla distorsione della realtà storica.

La letteratura al servizio di Roma

L’Impero romano ebbe ufficialmente inizio con il principato di Ottaviano Augusto nel 27 a.C., circa 4 secoli prima della suddivisione in pars occidentalis e pars orientalis avvenuta dopo la morte di Teodosio I.

Dopo aver sconfitto i suoi rivali politici, Ottaviano si fece “Augusto” dal senato e iniziò a dipingere il nuovo ordine imperiale come la restaurazione della Roma delle origini, tempo in cui valori e ideali erano certamente migliori del mondo corrotto in cui vivevano i Romani del tempo.

Secondo la ricercatrice Elena Giusti della Facoltà di Storia Classica dell’Università di Cambridge, Ottaviano si servì anche della letteratura per diffondere e promuovere una visione distorta e storicamente inaccurata dell’antica gloria di Roma e dei suoi valori.

“Il mio interesse nella poesia di Augusto e nella sua tendenza a rimodellare le tradizioni e a relegare i fatti ad una posizione secondaria è stata inspirata dalla mia esperienza come millennial cresciuta nell’Italia di Berlusconi” spiega Giusti.

“La mia ricerca si è focalizzata sulla lettura dell’Eneide di Virgilio come una forma di poesia politica mirata a plasmare all’opinione pubblica appellandosi ai sentimenti invece che basandosi sui fatti”.

Eneide e propaganda imperiale

L’Eneide, scritta da Publio Virgilio Marone tra il 29 a.C. e il 19 a.C., narra dell’eroe troiano Enea e della sua ricerca di un luogo ideale per la fondazione di Roma.

Nel Libro I, Enea approda a Cartagine, dove verrà accolto con benevolenza da Didone, regina di Tiro. Dopo l’intervento degli dei, nel Libro IV Enea lascia la città sotto le maledizioni della regina, che si ucciderà poco dopo la sua partenza con la spada donata dall’eroe troiano.

Ottaviano Augusto

Secondo Giusti, l’opera fu molto probabilmente commissionata a Virgilio da Augusto per sponsorizzare il nuovo regime imperiale. Alludendo nei suoi versi alle guerre puniche e alla vittoria di Roma contro Cartagine, Virgilio tenta di trasportare il lettore in un tempo in cui storia e mito si mescolano per tracciare una linea di congiunzione tra la forza e la gloria della Roma del passato e quella del nuovo regime di Ottaviano.

Nel periodo in cui fu scritta l’Eneide, la Repubblica romana era da poco caduta trascinando la popolazione in un periodo di grandi cambiamenti sociali e scontri civili; il nuovo periodo di pace portato dall’imperatore Augusto, per quanto fosse l’origine del nuovo regime assolutistico di Roma, sembrava l’unica soluzione per ottenere la prosperità perduta.

Creando un parallelismo tra Enea e Ottaviano, l’Eneide tenta di unire i Romani, colpiti dal trauma del recente conflitto civile, sotto una causa comune basata sul ricordo dei tempi che furono, quando Roma era sotto la minaccia di una potenza straniera.

Avversari antichi e moderni

Nell’Eneide Virgilio rappresenta Cartagine attraverso uno mix di allusioni mitologiche e storiche, mescolando fatti realmente accaduti con pura fantasia per poter risultare interessante ed efficace nella retorica politica del tempo e, allo stesso tempo, attaccare indirettamente gli avversari pubblici di Ottaviano (come Antonio e Cleopatra).

Virgilio evoca una serie di associazioni tra le guerre puniche e i recenti disordini civili di Roma, ottenendo come effetto quello di identificare gli avversari politici di Ottaviano come veri e propri nemici stranieri e di legittimare il coinvolgimento di Augusto nella guerra civile.

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Giusti sostiene anche che, paradossalmente, la Cartagine dipinta da Virgilio riveli la natura illusoria della restaurazione di Ottaviano dei valori della Repubblica romana e della sua origine mitologica, un sintomo di una possibile frustrazione dell’autore nel supportare il nuovo regime di Roma.

“Sappiamo che Virgilio, come la maggior parte dei Romani, ha sofferto personalmente durante gli scontri civili e che le proprietà della sua famiglia furono confiscate, anche se successivamente restituite” continua Giusti.

“Secondo me è chiaro dal poema che questa sua preoccupazione primaria era in realtà la memoria traumatica delle guerre civili e del cambiamento radicale delle istituzioni della Repubblica”.

Probabilmente questa frustrazione dell’autore è il motivo per cui, secondo la tradizione, Virgilio lasciò scritto nel suo testamento di bruciare l’opera nel caso non fosse riuscita a completarla prima della sua morte. Contravvenendo alla volontà del defunto, Vario Rufo preservò il manoscritto che successivamente fu pubblicato per ordine di Ottaviano Augusto.

Making Rome great again: fake views in the ancient world

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La “fine del mondo” nella storia https://www.vitantica.net/2017/10/16/la-fine-del-mondo-nella-storia/ https://www.vitantica.net/2017/10/16/la-fine-del-mondo-nella-storia/#respond Mon, 16 Oct 2017 02:00:41 +0000 https://www.vitantica.net/?p=623 Da dove hanno avuto origine le credenze e i timori su un’eventuale e spesso imminente fine del mondo? Questo genere di superstizione non è un tratto unico del nostro secolo (anche se ci siamo dati da fare parecchio nelle ultime decadi), ma la distruzione del mondo ad opera di un evento incontrollabile o di un agente superiore è un pensiero che accompagna l’uomo da millenni.

Che si tratti di un momento di pura distruzione, di creazione, o di metamorfosi del mondo conosciuto, in ogni epoca della storia umana i nostri antenati si sono preoccupati di anticipare o prevedere la fine del mondo basandosi su testi sacri, osservazioni astronomiche e sull’interpretazione di eventi di origine naturale o umana.

Anche se, nella maggior parte dei casi, si trattava di date spesso ignorate dal popolo minuto e conosciute solo dagli eruditi e dai teologi, in alcuni casi furono annunciate pubblicamente con risultati tragicomici.

Il 6 aprile 793, ad esempio, un monaco scatenò il panico a Toledo annunciando pubblicamente che l’ Apocalisse biblica sarebbe iniziata quella stessa notte. Centinaia di persone si prepararono alla fine dei tempi pregando tutta la notte fino all’alba, per poi realizzare che la previsione del monaco era del tutto infondata.

Ripercorriamo alcune tappe ed alcune credenze apocalittiche nate nel corso della storia.

634 a.C.: la fine di Roma

Gli antichi romani credevano che Roma sarebbe stata distrutta nel suo 120° anno dalla fondazione. Il mito era che 12 aquile si sarebbero mostrate a Romolo e alcuni pensatori romani ipotizzarono che ogni aquila rappresentasse 10 anni. Dato che i Romani contavano il tempo dalla fondazione di Roma (ad urbe condita), l’anno 1 corrisponde al 753 a.C., e l’apocalisse venne prevista per il 634 a.C.

389 a.C.: la seconda fine di Roma

Non essendosi verificata l’apocalisse 250 anni prima, ecco che salta fuori un’altra leggenda, sempre legata a Romolo. Questa volta le aquile avrebbero predetto la fine di Roma nel 389 a.C., evento che ovviamente non si verificò.

66-70 d.C.: il ritorno di Cristo per gli Esseni

Gli Esseni credevano che Gesù sarebbe tornato sulla Terra tra il 67 e il 70 d.C., interpretando il conflitto con l’Impero Romano come la battaglia finale raccontata nella Bibbia.

Fine del mondo Pompei

79 d.C.: Pompei

L’eruzione del Vesuvio porta a pensare che sia l’inizio della fine dei tempi citata da Seneca due decenni prima.

II secolo d.C.: il ritorno di Gesù per i Montanisti

I Montanisti, setta della Frigia fondata da Montanus, furono i membri di uno dei primi culti apocalittici cristiani. Credevano che il ritorno di Gesù si sarebbe verificato nel corso delle loro vite e non oltre. Nonostante il Secondo Avvento non si sia mai verificato, il culto durò nel tempo per diversi secoli.

365 d.C.: profezia di Ilario di Poitiers sulla fine del mondo

Il vescovo Ilario di Poitiers annuncia che la fine del mondo sarebbe avvenuta entro la fine dell’anno corrente. Quando la profezia non si realizzò nell’anno stabilito, San Martino di Tours, suo seguace, spostò la data al 400 d.C.

500 d.C.: la seconda venuta di Cristo

Sextus Julius Africanus, teologo romano, affermò che la fine del mondo sarebbe giunta 6.000 anni dopo la creazione del mondo. Dato che, secondo lui, al momento della resurrezione di Cristo erano passati 5531 anni dalla Creazione, la seconda venuta sarebbe stata imminente. Della stessa opinione era Ippolito, vissuto oltre 250 anni prima, e il teologo Ireneo, influenzato dagli scritti di Ippolito.

6 aprile 793: Pasqua apocalittica

Elipando, arcivescovo di Toledo, descrive brevemente il panico da fine del mondo che si scatenò a Pasqua dell’anno 793. Secondo Elipando, il monaco spagnolo Beatus di Liebana profetizzò di fronte ad una massa di gente che il mondo sarebbe finito entro la mezzanotte di quel giorno, scatenando il panico fino all’alba del giorno successivo.

848: la profezia apocalittica di Thiota

La profeta Thiota dichiara che il mondo finirà entro l’anno.

25 marzo 970: computo dei Lotaringi

Il computo dei Lotaringi portò a pensare che la fine del mondo fosse prevista per il 25 marzo 970, data che, secondo loro, vide verificarsi in passato questi eventi: creazione di Adamo, sacrificio di Isacco, apertura del Mar Rosso, concezione e crocifissione di Gesù.

Anno 1000: la fine del millennio

Ci sono moltissimi racconti della paranoia apocalittica che prese piede per l’approssimarsi dell’anno 1000. Anni e mesi prima di quella data, pare che si scatenò il panico in Europa, anche se molte testimonianze non vengono considerate attendibili dagli storici per il semplice fatto che la maggior parte delle persone comuni nemmeno sapeva con esattezza in quale anno stesse vivendo.

1033: il Secondo Avvento 

Dopo che Cristo non fece la sua comparsa nell’anno 1000, alcuni religiosi spinsero la data del Secondo Avvento più avanti nel tempo, aggiungendo 33 anni per via del fatto che il ritorno del Messia si sarebbe dovuto verificare 1000 anni dopo la sua crocifissione.

1184: arriva l’Anticristo

Diversi sedicenti profeti annunciano la venuta dell’ Anticristo nel 1184.

1186: La Lettera di Toledo

Dopo il calcolo di un allineamento planetario che si sarebbe verificato il 23 settembre 1186, venne diffusa la “Lettera di Toledo”, che avvisava che il mondo sarebbe stato distrutto in quella data e che solo poche persone sarebbero sopravvissute.

Fine del mondo gog magog
Gog e Magog del manoscritto di Thomas de Kent’ “Roman de toute chevalerie”
XIII secolo: Gengis Khan e la fine del mondo

Per le persone vissute a cavallo tra il XII e il XIII secolo, le armate di Gengis Khan vennero spesso dipinte come l’incarnazione stessa del Male scesa sulla Terra per dare inizio alla Fine dei Tempi. Alcuni li identificavano addirittura con i leggendari Gog e Magog, selvaggi di origine biblica le cui orde avrebbero dato inizio alla fine del mondo cristiano.

1260: la profezia di Gioacchino da Fiore

Il teologo Gioacchino da Fiore, morto nel 1202, sostiene che il nuovo millennio inizierà tra il 1200 e il 1260. Dopo il superamento della della data limite per la fine del mondo, i seguaci di Gioacchino da Fiore fissarono una nuova data, il 1290.

1284: il Secondo Avvento di Innocenzo III

Papa Innocenzo III crede che il Secondo Avvento sia fissato per l’anno 1284, 666 anni dopo la comparsa dell’Islam.

1347-1352: arriva la Peste

L’ epidemia di peste che colpì l’Europa tra il 1347 e il 1352 fu spesso interpretata come un segnale dell’inizio dell’Apocalisse. Nel tentativo di placare l’ira divina, molte persone praticavano atti di penitenza pubblici, come i flagellanti. Il papa ordinò processioni religiose della durata di interi giorni allo scopo di calmare Dio, processioni che non fecero altro che favorire la diffusione della peste.

1504: l’apocalisse imminente di Botticelli

Sandro Botticelli crede di vivere nel periodo che precede la fine del mondo, e che il nuovo millennio inizierà nel 1504.

Fine del mondo Londra
Volantino distribuito nei primi anni ’20 del 1500 per avvertire la popolazione dell’imminente alluvione
1 febbraio 1524: l’alluvione del Tamigi

La fine del mondo sarebbe iniziata con un’alluvione causata dal Tamigi il 1 febbraio 1524 a Londra, secondo i calcoli di alcuni astrologi londinesi che avevano visto una congiunzione astrale con la costellazione dei Pesci come un segnale di pericolo imminente. 20.000 persone abbandonarono le loro case, uno addirittura si costruì una fortezza e accumulò viveri in previsione dell’Apocalisse. Ma il 1 febbraio 1524 non ci fu nemmeno una leggera pioggia a Londra.

1533: matematica e Apocalisse

Il monaco e matematico tedesco Michael Stifel pubblica nel 1532 il suo libro Ein Rechenbuchlin vom EndChrist. Apocalyps in Apocalypsim, in cui spiega come i suoi calcoli matematici basati sulla Bibbia lo abbiano convinto che la data dell’Apocalisse sia il 19 ottobre del 1533, esattamente alle 8 del mattino. Un piccolo gruppo di concittadini aveva venduto case e campi in anticipazione dell’evento: non appena si resero conto della bufala, le autorità furono costrette a mettere Stifel sotto custodia protettiva per evitare il linciaggio.

2 settembre 1666: il Grande Incendio di Londra

E’ facile immaginare quanto una data che contiene “666” abbia potuto ossessionare teologi e numerologi per anni, se non addirittura decadi. Il mondo della teologia ha osservato con sospetto l’anno 1666 fin dall’inizio del secolo, e quando scoppiò il Grande incendio di Londra il 2 settembre, molti erano convinti che si trattasse della fine dei tempi.

 

Stilare un elenco completo e dettagliato richiederebbe un intero sito web e troppe ore di ricerca, ma se siete curiosi di vedere quante volte sia stata predetta la fine del mondo (anche in epoca moderna), potete visitare questa pagina.

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