Malattie comuni nell’antichità

Malattie e epidemie antiche
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I cacciatori-raccoglitori antichi e moderni non sono noti per vivere in ambienti puliti e igienici. Ogni individuo è costantemente esposto a batteri, virus, funghi, protozoi e parassiti, la maggior parte innocui ma in qualche caso potenzialmente letali.

La nascita dei primi centri urbani rese la situazione igienica ancora più esplosiva: i grossi insediamenti costringevano grandi quantità di persone a vivere porta a porta, condividendo acqua, aria e cibo ed esponendosi ai liquami e ai rifiuti prodotti dall’intera comunità. Un ambiente ideale per la proliferazione e la diffusione di agenti patogeni.

Qui sotto un elenco di alcune malattie comuni nel mondo antico e talvolta ricorrenti anche in tempi moderni.

Vaiolo

Il vaiolo è una malattia altamente infettiva provocata da due varianti dello stesso virus, il Variola maior e la Variola minor, che si separarono dal ceppo originale tra i 1400 e i 6300 anni fa.

Il contagio si manifesta con eruzioni cutanee e pustole piene di liquido che lasciano cicatrici su 2/3 dei sopravvissuti. La mortalità è del 30-35% e nel 2-4% dei casi provoca anche cecità e deformità degli arti.

Il vaiolo sembra essere emerso nell’essere umano circa 12.000 anni fa evolvendosi probabilmente da un virus dei roditori. E’ diventata endemica in India circa 3000 anni fa, ma pare che al tempo in Egitto il vaiolo fosse già comune, tanto che il corpo del faraone Ramses V riporta le conseguenze tipiche della malattia.

Gli archivi storici asiatici descrivono una malattia sostanzialmente identica in India e in Cina oltre 2000 anni fa, ma per la prima data certa sull’introduzione in Cina occorre attendere il I secolo a.C.

Si stima che l’epidemia di vaiolo del 735-737 avvenuta in Giappone abbia ucciso circa un terzo della popolazione del tempo; il suo tasso di mortalità fece emergere almeno sette divinità asiatiche associate al vaiolo, come Sopona e Shitala Devi.

Tifo
Vittime dell'epidemia cocoliztli raffigurate nel Codice Fiorentino di fra' Bernardino de Sahagún
Vittime dell’epidemia cocoliztli (possibile febbre tifoide) raffigurate nel Codice Fiorentino di fra’ Bernardino de Sahagún

La febbre tifoide, o tifo, è una malattia infettiva che si trasmette per via orale e fecale tramite il batterio Salmonella enterica e provoca febbre, rash cutanei, fotofobia, delirio e coma. Fino all’introduzione degli antibiotici, il tifo aveva causava la morte del 10% dei pazienti contagiati.

Le prime tracce di infezione da tifo nella storia risalgono al XV secolo d.C., ma fu tra il XVII e il XIX secolo che la malattia colpì pesantemente l’Europa con una serie di epidemie, tra cui quella che in Germania causò la morte del 10% dell’intera popolazione nell’arco di 30 anni.

Influenza

L’influenza potrebbe suonare come una malattia nata in tempi recenti; in realtà, gira per il mondo da millenni, mutando in continuazione. La prima descrizione dei sintomi dell’influenza fu redatta da Ippocrate circa 2400 anni fa, ma è altamente probabile che fosse in circolazione da almeno qualche millennio prima.

Il virus giunse nelle Americhe attraverso la colonizzazione europea: un’ epidemia di una malattia dai sintomi identici a quelli dell’influenza si verificò nel 1493 nelle Antille e fu probabilmente l’arrivo di Colombo e dei suoi compagni a dare inizio al contagio nel Nuovo Mondo.

Il primo dato certo relativo ad una pandemia di influenza è relativo al contagio del 1580 avvenuto in Russia e diffusosi poi in Europa. Nella sola Roma morirono oltre 8.000 persone e molte città spagnole dell’epoca furono quasi completamente decimate.

Malaria

Zanzara e repellenti

La malaria è una delle malattie più antiche del pianeta ed è causata da un protozoo parassita che viaggia “a bordo” di alcune specie di zanzare, solitamente quelle del genere Anopheles.

Uno dei cinque tipi di parassiti che causano la malaria, il Plasmodium falciparum, sembra esistere da almeno 50-100.000 anni e si originò probabilmente dai gorilla, ma fu l’avvento dei primi insediamenti urbani a causare l’esplosione della malattia nella popolazione umana.

In epoca romana, la malaria era conosciuta come “febbre di Roma” per via della sua ampia diffusione nella penisola italiana, specialmente nelle aree paludose come l’Agro Pontino e le aree lungo il corso del Tevere.

Il termine “malaria” ha le sue radici nella teoria dei miasmi, che viene descritta da Leonardo Bruni nella sua Historiarum Florentini populi libri XII:

Avuto i Fiorentini questo fortissimo castello e fornitolo di buone guardie, consigliavano fra loro medesimi fosse da fare. Erano alcuni a’ quali pareva sommamente utile e necessario a ridurre lo esercito, e massimamente essendo affaticato per la infermità e per la mala ariae per lungo e difficile campeggiare nel tempo dell’autunno e in luoghi infermi, e vedendo ancora ch’egli era diminuito assai per la licenza conceduta a molti pel capitano di potersi partire: perocchè, nel tempo che eglino erano stati lungamente a quello assedio, molti, o per disagio del campo o per paura d’infermità, avevano domandato e ottenuto licenza da lui (Acciajuoli 1476).

La malaria era sostanzialmente sconosciuta ai popoli del Nuovo Mondo e furono gli Europei e gli Africani a portarla nelle Americhe intorno al XVI secolo. Il plasmodio trovò terreno fertile nelle paludi del South Carolina e della Virgina e si indediò stabilmente.

Morbillo

Il morbillo è una malattia estremamente contagiosa che si diffonde per via aerea e provoca, nella sua fase iniziale, febbre alta (spesso 40°C e oltre), tosse e infiammazioni oculari; nell’arco di due o tre giorni iniziano a manifestarsi macchie bianche all’interno della bocca e un’eruzione cutanea che gradualmente si diffonde dalla faccia al resto del corpo. Nel 30% dei casi si verificano complicanze come diarrea, cecità e polmonite.

La prima descrizione del morbillo e la sua distinzione dal vaiolo e dalla varicella risale al IX secolo d.C., ed è una malattia che può essere devastante in popolazioni che non sono mai state esposte al virus.

Nel 1529, un’epidemia di morbillo scoppiata a Cuba uccise due terzi degli abitanti nativi, già sopravvissuti ad un’epidemia di vaiolo; due anni dopo, in Honduras, metà della popolazione morì per via della malattia.

Tubercolosi

La tubercolosi è una malattia infettiva causata dal batterio Mycobacterium tuberculosis, chiamato anche Bacillo di Koch ed è stata considerata invalidante e grave fino agli anni ’50 del 1900.

La tubercolosi si trasmette per via aerea tramite le gocce di saliva e causa tosse cronica con espettorato di sangue, febbre e perdita di peso, risultando letale in oltre il 50% dei casi non trattati.

I resti del batterio Mycobacterium tuberculosis sono stati scoperti su una carcassa di bisonte risalente a circa 17.000 anni fa. Non è ancora possibile stimare la data del salto di specie, ma alcuni resti umani dei 9.000 a.C. riportano tracce di tubercolosi.

Alcune mummie egizie del 3000-2400 a.C. riportano i segni di infezione da tubercolosi, come la mummia del sacerdote Nesperehen. E’ possibile che Akhenaton e sua moglie Nefertiti siano morti per la tubercolosi e ci sono prove che centri per il ricovero degli affetti da questa malattia esistessero in Egitto fin dal 1500 a.C.

Il papiro di Ebers, uno dei più completi testi medici dell’antico Egitto, descrive una malattia polmonare molto simile alla tubercolosi. La malattia veniva trattata con una mistura di acacia, piselli, frutta, sangue di animali e insetti, sale e miele.

Peste bubbonica

malattie: peste bubbonica

La peste bubbonica è causata dal batterio Yersinia pestis e provoca febbre, mal di testa, vomito e rigonfiamenti dei linfonodi nell’area in cui il batterio ha penetrato la pelle.

La peste bubbonica usa come veicolo principale le pulci infette: passando da mammifero a mammifero, questi animaletti contribuiscono alla diffusione del batterio.

Il contagio può avvenire anche tramite contatto con i fluidi corporei di animali o esseri umani infetti. Senza trattamenti specializzati, la mortalità varia dal 30% al 90%.

La prima grande epidemia di peste bubbonica documentata, chiamata “La peste di Giustiniano”, risale al VI secolo e causò la morte di 25 milioni di abitanti dell’impero bizantino.

La seconda grande epidemia risale al Basso Medioevo e fu una delle epidemie più mortali della storia umana: la “Peste Nera” ebbe origine probabilmente nelle steppe mongole all’inizio del 1346 e nell’arco di un anno giunse in Europa, uccidendo circa un terzo della popolazione del continente.

Lebbra

La lebbra è un’infezione a lungo termine causata da due batteri, il Mycobacterium leprae o il Mycobacterium lepromatosis. I sintomi possono manifestarsi anche dopo 10 anni dal contagio e causa granulomi su nervi, tratto respiratorio, pelle e occhi; col tempo si perde la capacità di provare dolore e si manifestano deformità.

Le tracce più antiche della lebbra le troviamo in alcuni reperti scheletrici umani appartenenti alla civiltà della valle dell’Indo e risalenti a circa 5.000 anni fa.

La parola “lebbra” deriva dal greco lepra, traducibile come “malattia che provoca scaglie sulla pelle”. Secondo gli archeologi, Ippocrate descrisse la lebbra nel 460 a.C. e la malattia era ben conosciuta nell’antica Grecia, in Cina, in Egitto e in India. La malattia fu descritta anche da Aulus Cornelius Celsus e Plinio il Vecchio.

Il Feng zhen shi, un trattato scritto tra il 266 e il 246 a.C., è il primo testo cinese che cita la lebbra classificandola genericamente come “malattia della pelle”. Nel testo viene descritta la distruzione del setto nasale, caratteristica tipica dei malati di lebbra, un’osservazione che in Occidente fu messa per iscritto per la prima volta da Avicenna nell’ XI secolo.

Rabbia

Malattie: rabbia

La rabbia è una malattia virale che causa febbre, movimenti violenti, eccitazione incontrollabile, paura dell’acqua, irrigidimento di alcune parti del corpo, confusione e perdita di conoscenza. Il periodo di incubazione è varia da 1 settimana a 1 anno e una volta che compaiono i sintomi la morte è quasi certa.

La rabbia è nota fin dal 2000 a.C. e viene citata nel testo mesopotamico Codice di Eshnunna, da cui si deduce che i sintomi in animali e uomini fossero ben noti. Aristotele citò e descrisse la rabbia nel 300 a.C., spiegando anche le dinamiche del contagio.

Nel corso dei secoli sono stati fatti numerosissimi tentativi di cura per questa malattia. Scribonius Largus prescriveva una poltiglia di pelle di iena; Antaeus raccomandava un preparato ottenuto dal teschio di un impiccato.

Si arrivò addirittura a rimuovere il punto d’attacco della lingua (frenulo linguale) dai malati, ritenendo che fosse il punto d’origine della rabbia. Ovviamente, nessuno di questi trattamenti ebbe mai successo

Colera

Il colera è un’infezione intestinale causata da alcuni ceppi del batterio Vibrio cholerae che si diffondono principalmente attraverso cibo e acqua infetti da feci umane. La fase iniziale dell’infezione provoca diarrea per qualche giorno, con vomito e crampi muscolari; la diarrea può raggiungere una gravità tale da portare alla disidratazione nell’arco di poche ore.

Nel V a.C. Ippocrate utilizzò per primo il termine “colera”, anche se non si hanno prove certe che si riferisse a questa malattia. Per il primo rapporto medico relativo al contagio bisogna attendere il XVI secolo in India.


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