La concia della pelle nei tempi antichi

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La concia della pelle è un trattamento che serve a conservare e rendere lavorabili le pelli animali. La pelle è un materiale organico costituito in buona parte da proteine che degradano facilmente e velocemente se esposte agli agenti atmosferici. Occorre quindi conciare la pelle, trattarla per renderla virtualmente inattaccabile dalla putrefazione e impermeabile modificando la sua struttura proteica.

Nell’antichità ci si accorse, forse per puro caso, che le pelli esposte al fumo o immerse in acqua ricca di materia vegetale in decomposizione (che contiene dosi variabili di tannini) duravano di più e non subivano il processo di putrefazione tipico della pelle fresca.

Origine della concia della pelle

Esplorando nel corso dei secoli questo processo di concia naturale, i nostri antenati idearono uno dei primi metodi per la concia della pelle, che prevedeva l’immersione in acqua ricca di tannini e l’uso di oli vegetali.

Parallelamente a questo metodo ne vennero sviluppati altri, tra i quali la concia della pelle utilizzando il cervello dell’animale ucciso. Il cervello contiene abbastanza acidi da essere in grado di conciare una pelle intera e rende il materiale particolarmente morbido e lavorabile, oltre che molto più resistente all’acqua grazie ai grassi idrorepellenti contenuti nell’organo.

La concia della pelle ha origini antichissime: le testimonianze archeologiche più antiche che descrivono una procedura per la lavorazione pelle risalgono ad oltre 9000 anni fa, ma la preparazione della pelle animale ha una storia probabilmente molto più antica.

I cacciatori-raccoglitori erano capaci di sfruttare ogni materiale estratto dagli animali che trovavano o cacciavano ed è del tutto plausibile che furono loro i primi a scoprire, per errore o per caso, come trattate il tessuto connettivo animale per conservarlo a lungo e renderlo impermeabile.

Il lavoro in conceria non era per i deboli di stomaco: l’aria era costantemente satura di odori disgustosi dovuti alla decomposizione di materiale organico e agli ingredienti utilizzati nelle varie fasi di lavorazione.

Le concerie dell’antichità erano generalmente relegate ai margini degli insediamenti urbani, ma per quanto fossero repellenti svolgevano almeno un paio di ruoli fondamentali per l’intera comunità: producevano cuoio e pelle, indispensabili per la vita quotidiana dei nostri antenati, e contribuivano allo smaltimento dei liquami cittadini riciclando urina e feci.

Nei quartieri vicini ad una conceria, infatti, non era raro trovare bambini impiegati come “raccoglitori di escrementi” (non necessariamente animali) e grossi vasi adibiti alla raccolta di urina (soprattutto umana), ingredienti fondamentali per il metodo di concia con escrementi.

Pulizia della pelle prima della concia
concia della pelle, raschiatura
Foto dei primi del ‘900, nativa americana intenta a raschiare una pelle di cervo

Il primo passo nel trattamento della pelle animale, oggi come in passato, è quello di ripulirla da qualunque frammento di carne e tendini utilizzando uno strumento adeguato (uno “scraper”) o semplicemente un coltello, operazione definita “scarnatura” in tempi moderni.

Occorre rimuovere ogni vena, membrana, tendine e pezzi di carne (utilizzabili per produrre adesivi e colle) presenti sul lato privo di peli, altrimenti si rischia che l’intera lavorazione venga rovinata dalle decomposizione del materiale organico in eccesso.

I peli erano tradizionalmente eliminati bruciandoli su una fiamma, oppure immergendo la pelle in urina o in una soluzione alcalina di calce; l’alternativa più semplice (e lunga) era quella di lasciare la pelle esposta al sole per 3-4 mesi cospargendo più volte la pelliccia con una soluzione salina.

Una volta rimosso ogni pezzo organico indesiderato, si lavava la pelle e la si stendeva ben tesa ad asciugare al sole per qualche giorno fino ad ottenere una superficie semi-rigida; quando la pelle era essiccata a dovere, iniziava la concia vera e propria.

Concia vegetale ai tannini

Questo metodo comporta l’impiego della corteccia di alcuni alberi (come le querce, le betulle, i castagni e le acacie, ma le piante utilizzabili sono moltissime) per trattare la pelle e renderla resistente e impermeabile, donandole inoltre una tipica colorazione marrone.

Alcuni esempi di concia naturale ai tannini sono le “mummie di palude” del Centro-Nord Europa, conservatesi per oltre 2000 anni fino ad oggi grazie all’immersione in acqua ricca di materia vegetale in decomposizione.

In Europa era spesso utilizzata la corteccia di quercia prelevata da piccoli rami o alberi molto giovani: la corteccia contiene forti dosi di tannini che rivestono le proteine di collagene della pelle rendendole meno sensibili all’acqua e proteggendole dagli attacchi dei batteri, al tempo stesso rendendo il tessuto più morbido e lavorabile.

Questa procedura era molto lenta: le pelli dovevano essere messe in tensione con un telaio e immerse per 1-3 mesi  in una soluzione di acqua e corteccia, controllando di frequente lo stato del tessuto per evitare che le dosi di tannini, molto variabili di albero in albero, rovinassero il risultato di qualche mese di lavoro. La pelle conciata in questo modo, inoltre, non era molto flessibile ed era generalmente utilizzata per calzature, borse e cinture.

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Concia con escrementi
La conceria di Fex, Marocco, utilizza ancora escrementi animali per conciare la pelle
La conceria di Fex, Marocco, utilizza ancora escrementi animali per conciare la pelle

Uno dei primi metodi utilizzati per la concia era quello di immergerla pelle in escrementi animali, preferibilmente di cane (considerati i migliori) o di piccione: tramite un processo di fermentazione, alcuni batteri contenuti nelle feci e nell’urina sono in grado di produrre enzimi capaci di aggredire le fibre e ammorbidire il tessuto.

Gli antichi conciatori riempivano grossi tini con acqua ed escrementi, vi immergevano le pelli e le calpestavano ripetutamente per giorni, velocizzando l’ammorbidimento del tessuto e facilitando il lavoro dei batteri fecali.

Questa procedura, che contribuì grandemente alla brutta reputazione delle concerie antiche, produceva in realtà pelle di qualità superiore rispetto a quella trattata con tannini, e in tempi più veloci.

Concia con il cervello

L’ impiego del cervello è probabilmente la procedura che garantisce i risultati migliori, producendo pelle scamosciata di altissima qualità e flessibilità. In passato, il cervello è stato sostituito da tuorli d’uova o olio e sapone mescolati con acqua, ma un buon cervello è insostituibile e i nostri antenati lo sapevano bene.

Il cervello dell’animale veniva ridotto in poltiglia, mescolato con acqua e distribuito sulla pelle massaggiandola accuratamente e assicurandosi che tutta la superficie fosse cosparsa dalla mistura in modo uniforme.

Questo procedimento doveva essere ripetuto almeno tre volte ad intervalli di 15-20 minuti fino a raggiungere la morbidezza desiderata, per poi lasciar essiccare la pelle in un luogo ventilato e asciutto.

Non appena la pelle diventava secca in alcuni punti (e non su tutta la superficie) era giunto il momento di ammorbidirla ulteriormente usando le mani: occorreva tenderla e piegarla in varie direzioni per diverso tempo, facendo attenzione a non assottigliare troppo la superficie interna (troppo sottile diventa facilmente suscettibile a rotture e strappi) e ad esercitare un’azione continua sulla pelle per consentire alla soluzione di grassi cosparsa in precedenza di permeare completamente il tessuto.

Una volta completamente asciutta e morbida, la pelle era pronta per il passo finale, comune anche in tutti i trattamenti precedentemente descritti.

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Affumicatura

Dopo aver ammorbidito la pelle era il momento di affumicarla per renderla più resistente all’attacco di insetti, muffe e agenti atmosferici: la pelle conciata è comunque un materiale organico soggetto a deterioramento, anche se molto più lento della pelle non trattata. L’affumicatura della pelle, inoltre, la rendeva impermeabile e lavabile con acqua fredda.

Era sufficiente esporre la pelle al fumo per circa 30-60 minuti per renderla virtualmente inattaccabile. Il fuoco predisposto per l’affumicatura era generalmente alimentato da legna secca e fresca per massimizzare la produzione di fumo e tenuto ad un regime molto basso per limitare al minimo le fiamme: in questa fase la pelle potrebbe prendere fuoco molto facilmente e rovinarsi nell’arco di pochi secondi.

Leather Processing & Tanning Technology Handbook
Tanning (leather)


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One Comment on “La concia della pelle nei tempi antichi”

  1. Veramente molto interessante . Io devo fare dei disegni didattici per un museo archeologico . Guarderò anche le altre sezioni .

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