astronomia – VitAntica https://www.vitantica.net Vita antica, preindustriale e primitiva Thu, 01 Feb 2024 15:10:35 +0000 it-IT hourly 1 Donne e scienze nella storia (fino al XVII secolo) https://www.vitantica.net/2018/12/10/donne-scienza-storia-antica/ https://www.vitantica.net/2018/12/10/donne-scienza-storia-antica/#respond Mon, 10 Dec 2018 00:10:09 +0000 https://www.vitantica.net/?p=3102 Ricostruire il contributo delle donne nella medicina, nella filosofia e nelle scienze del passato è difficile: molte figure femminili non lasciarono alcuna traccia del loro lavoro, spesso considerato inopportuno, scomodo o pericoloso per lo status quo maschile.

In alcuni periodo storici, come nell’ antico Egitto o nella Grecia classica, le donne riuscirono ad ottenere ruoli di spicco nello studio della natura, nell’ astronomia e in medicina (non senza opposizioni da parte di alcune cerchie scientifiche maschili); durante il Medioevo, invece, l’emergere di donne istruite nei monasteri e incoraggiate alla ricerca intellettuale fu ben presto bloccata da un clero misogino, limitando il contributo femminile nello studio delle scienze.

A partire dall’ XI secolo emersero le prime università europee, ma generalmente alle donne era preclusa l’educazione universitaria. Ci furono alcune eccezioni: fin dalla sua fondazione, l’Università di Bologna accettò la partecipazione delle donne alle lezioni;in Italia l’istruzione femminile fu accolta con meno riserve rispetto al resto d’Europa, permettendo la formazione di circoli di ricerca al femminile come quello della Scuola medica di Salerno.

Donne e scienza nella storia: Maria Winckelmann
Donne e scienza nella storia: Maria Winckelmann

Durante il periodo della rivoluzione scientifica (tra il XVI e il XVII secolo), le donne iniziarono a riprendere lentamente un ruolo di spicco all’interno delle scienze: tra il 1650 e il 1710, il 14% degli astronomi tedeschi era costituito da donne come Maria Winckelmann, che operava nell’osservatorio astronomico dell’Accademia delle Scienze berlinese.

Alcune istituzioni scientifiche, tuttavia, come la Royal Society londinese e l’Accademia Francese delle Scienze, non accettarono la presenza di donne fino al XX secolo.

In questo post fornirò un elenco delle donne più influenti e prolifiche in ambito scientifico, medico e filosofico, dal mondo antico fino al XVII secolo. Elencarle tutte richiederebbe un articolo di proporzioni colossali, ma se avete suggerimenti o correzioni da segnalare commentate qui sotto e provvederò a revisionare il post non appena possibile.

2.700 a.C.: Merit-Ptah

Merit-Ptah (“Amata dal dio Ptah”) è il primo medico donna della storia il cui nome è sopravvissuto fino ad oggi. Sappiamo poco su di lei, ma ciò che sappiamo fornisce un quadro approssimativo del suo ruolo: secondo un’iscrizione fatta da suo figlio a Saqqara, Merit-Ptah fu il “Medico Capo” alla corte del faraone durante la Seconda Dinastia.

2.600 a.C.: Peseshet

Vissuta durante la Quarta Dinastia, Peseshet fu “colei che sovrintende gli altri medici donna”, ma non si sa con esattezza se fosse anche lei un medico. Oltre al ruolo di sovrintendente di medici e chirurghi, il suo compito era quello di organizzare i sacerdoti funerari della madre del faraone.

E’ possibile che Peseshet avesse un figlio di nome Akhethetep, ma non abbiamo alcuna conferma della loro relazione se non l’iscrizione su una falsa porta all’interno di una mastaba a Giza, iscrizione che cita anche Kanefer, un possibile marito di Peseshet.

2.000 a.C.: Agamede

Secondo Omero, Agamede era una curatrice dotata dei poteri di tutte le piante della Terra: suo padre fu Augea, il primo uomo ucciso in battaglia da Nestore.

1.200 a.C.: Tapputi

Tapputi, o Tapputi-Belatekallim, è considerata la prima chimica della storia. La sua abilità nella creazione di profumi è attestata da una tavoletta cuneiforme risalente al 1.200 a.C.: utilizzava fiori, olio, calamo, mirra e balsami per creare essenze profumate molto apprezzate in Mesopotamia. Impiegava acqua e altri solventi per effettuare distillazioni e filtraggi multipli allo scopo di estrarre gli aromi che utilizzava per la creazione di profumi.

VI secolo a.C.: Teano

Teano fu una filosofa di Crotone e una delle 29 allieve di Pitagora. Era la discepola preferita del filosofo e, secondo alcune fonti, sarebbe stata la figlia o la moglie di Pitagora; altre fonti invece sostengono che fosse la figlia di Brontino, successore di Pitagora.

Di Teano abbiamo sette lettere, tre delle quali sicuramente autentiche: descrivono una donna alla costante ricerca della giusta misura tra difetti ed eccessi, e una serie di consigli rivolti ad alcune amiche di Crotone su come educare i figli e come comportarsi in un rapporto di coppia.

Donne e scienza nell'antichità: Agnodice

IV secolo a.C.: Agnodice

Agnodice potrebbe essere stata la prima ostetrica e dottoressa di Atene, anche se ci sono molti dubbi sulla sua storicità. La storia di Agnodice è sopravvissuta fino ad oggi grazie all’opera Fabulae di Gaio Giulio Igino: secondo l’autore, Agnodice lavorava come medico ad Atene travestita da uomo perché al tempo le donne non potevano praticare la professione.

Dopo aver attirato le invidie di altri medici della città a causa del suo crescente seguito di pazienti femminili, fu processata e costretta a rivelare l’inganno: all’accusa di praticare illegalmente la professione medica, fu difesa dalle donne di Atene che confermarono la validità dei suoi trattamenti, costringendo i legislatori ad abolire la legge che impedive alle donne di diventare dottoresse.

II secolo a.C.: Aglaonice

Aglaonice fu un’astronoma greca del II-I secolo a.C. che viene menzionata da Plutarco e Apollonio di Rodi come una delle primissime studiose di astronomia. Era anche considerata una maga per la sua abilità di far sparire la Luna dal cielo, capacità che sembra essere legata alla facoltà di prevedere con un certo grado di approssimazione l’arrivo di un’eclissi lunare.

E’ possibile che Aglaonice fosse circondata da un gruppo di donne astronome, chiamate “streghe della Tessaglia”: nel Gorgia di Platone, Socrate parla delle “incantatrici della Tessaglia che, come si dice, fanno scendere la Luna dal cielo rischiando la perdizione”.

Donne e scienza nell'antichità: Maria la Giudea
Maria la Giudea
I-III secolo d.C.: Maria la Giudea

Maria la Giudea, conosciuta anche come Maria Prophetissima, Maria Prophetissa, Miriam la Profetessa o Maria d’Alessandria, fu una filosofa e alchimista vissuta ad Alessandria d’Egitto tra il I e il III secolo d.C..

Non abbiamo documenti storici che possano determinare con certezza la data della sua morte, ma sappiamo da Zosimo di Panopoli che fu un personaggio reale e che condusse una serie di esperimenti che aprirono la strada agli alchimisti e ai chimici venuti dopo di lei.

Nelle sue opere di alchimia (nessuna sopravvissuta in forma originale) vengono citati elementi che costituiranno la base dell’arte alchemica, come la leukosis (sbiancamento per macinazione) e la xanthosis (ingiallimento per calcinazione), o il bagnomaria (Balneum Mariae), procedimento molto comune nella chimica o in cucina.

V secolo d.C.: Ipàzia di Alessandria

Ipàzia fu matematica, astronoma e filosofa della scuola neo-platonica. Scrisse trattati di geometria, algebra e astronomia, inventò l’idroscopio per misurare il “peso dei liquidi”, perfezionò l’astrolabio e raffinò uno strumento per distillare l’acqua. Descrivere il lavoro (teoricoe pratico) e la filosofia di Ipàzia in poche righe è estremamente difficile, rimando quindi all’articolo di Wikipedia (in inglese).

Donne e scienza nell'antichità: pagina del De passionibus mulierum ante in et post partum di Trotula de Ruggiero
Pagina del “De passionibus mulierum ante in et post partum” di Trotula de Ruggiero
XI secolo: Trotula de Ruggiero

Conosciuta anche come Trottula, Trotta, Troctula, Trotula de Ruggiero fu un medico italiano di Salerno a cui viene attribuito il trattato De passionibus mulierum ante in et post partum, un’opera che ebbe un’enorme influenza sull’ostetricia e sulla ginecologia future.

Trotula faceva parte di un circolo di studiose della Scuola medica di Salerno definite mulieres Salernitanae e alcune opere a lei attribuite potrebbero essere state redatte da altre donne appartenenti a questa cerchia.

Il De passionibus mulierum ante in et post partum è composto da 64 capitoli in cui vengono elencati precetti e consigli per la vita femminile: anticoncezionali, nozioni di ostetricia, malattie comuni e cure cosmetiche per pelle, labbra e capelli.

1098 – 1179: Ildegarda di Bingen

Ildegarda di Bingen fu una religiosa benedettina tedesca e nell’arco della sua carriera si cimentò nell’osservazione naturalistica, nella scrittura, nella filosofia, nello studio delle lingue, nella cosmologia e nella medicina.

Dopo aver preso i voti (1112-1115) si dedicò allo studio dell’enciclopedismo medievale e all’età di 40 anni iniziò a scrivere le sue prime opere su teologia, musica e medicina. Scrisse inoltre due trattati enciclopeici che raccoglievano tutta la conoscenza medica e botanica del suo tempo.

1360 – 1436: Dorotea Bucca

Dorotea Bucca fu un medico italiano sulla cui vita si sa ben poco: fu docente di medicina e filosofia all’Università di Bologna per oltre 40 anni, posizione ricoperta prima di lei da suo padre.

XIV secolo: Mercuriade

Mercuriade fu un dottoressa e chirurga della Scuola di Salerno, oltre che autrice di almeno tre trattati medici: De Febre Pestilenti, De Curatio e De Ungentis. E’ considerata una delle “donne di Salerno” del XIV secolo insieme a Abella, Rebecca Guarna e Francesca de Romana.

Nello stesso secolo emerse un’altra figura medica, Jacqueline Felice de Almania, accusata e processata a Parigi nel 1322 per il reato di aver praticato la professione medica senza regolare licenza.

Jacqueline riteneva che fosse inopportuno per i medici palpare il seno e l’addome delle donne e ben sette pazienti testimoniarono a suo favore durante il processo, sostenendo che fosse il miglior medico di Parigi e che non facesse pagare le pazienti nel caso le sue cure non avessero ottenuto l’effetto sperato.

Jacqueline fu bandita dalla professione medica con la promessa di una scomunica se avesse continuato ad esercitare come dottoressa, un episodio che fu alla base della futura impossibilità delle donne francesi di ottenere la licenza da medico fino al XIX secolo.

1623 – 1673: Margaret Lucas Cavendish

Duchessa di Newcastle-upon-Tyne, Margaret Lucas Cavendish fu filosofa, scrittrice e scienziata di fama tale da potersi permettere di pubblicare opere col suo nome in un periodo in cui le autrici femminili erano costrette a pubblicare le loro creazioni nell’anonimato o sotto falso nome.

Fu autrice di 21 pubblicazioni di natura filosofica e scientifica, tra le quali sei libri sulla filosofia naturale, oltre ad una ventina tra racconti e drammi.

Donne e scienza nell'antichità: Elena Cornaro Piscopia
Elena Cornaro Piscopia
1646 – 1684: Elena Cornaro Piscopia

Considerata una bambina prodigio fin dall’infanzia, ebbe un’educazione classica che le consentì, all’età di sette anni, di conoscere approfonditamente greco, latino, francese e spagnolo. Nel corso di poco tempo imparò anche il francese, l’arabo e l’ebraico, guadagnandosi il tiolo di “Oraculum Septilingue”.

Si dedicò quindi allo studio della matematica, della filosofia e della musica: era in grado di suonare arpa, violino, clavicordo e arpicordo; tutto questo nei primi 20 anni di vita. Superati i vent’anni, iniziò ad interessarsi di fisica, astronomia e linguistica.

Conseguì la laurea in filosofia all’Università di Padova nel 1678, un evento di tale risonanza che molti dotti e studenti dell’epoca giunsero nella città da ogni università italiana: Elena parlò in latino classico per un’ora spiegando passaggi difficili selezionati a caso dalle opere di Aristotele.

1670 – 1720: Maria Margaretha Kirch

Nota anche come Maria Winckelmann, fu un’astronoma tedesca e una delle prime a descrivere la congiunzione del Sole con Saturno, Venere e Giove nel 1709 e nel 1712. Studiò astronomia sotto la guida dell’astronomo autodidatta Christoph Arnold, vicino di casa che lavorava come fattore vicino a Leipzig.

Tramite Arnold, Maria incontrò il famoso astronomo e matematico Gottfried Kirch, più vecchio di 30 anni, col quale si sposò nel 1692 ed ebbe 4 figli (tutti e quattro diventarono astronomi).

Maria e il marito lavoravano come un team, anche se formalmente lei era l’assistente dell’astronomo; insieme stilarono un elenco di effemeridi e registrarono dal 1697 le informazioni climatiche per produrre almanacchi e calendari utili per la navigazione.

Illustrazione dal Metamorphosis insectorum Surinamensium
Illustrazione dal “Metamorphosis insectorum Surinamensium” di Maria Sibylla Merian
1647 – 1717: Maria Sibylla Merian

Naturalista e illistratrice tedesca, dedicò buona parte della sua vita allo studio degli insetti ed è considerata una delle fondatrici dell’entomologia. Pubblicò il suo primo libro di illustrazioni del mondo naturale nel 1675, ma la sua passione per gli insetti si sviluppò fin dall’adolescenza.

Nel 1679 pubblicò il primo di due volumi dedicati a bruchi e farfalle, con particolareggiate illustriazioni dell’evoluzione di questi insetti durante il loro ciclo vitale.

Nel 1699 Merian viaggiò in Suriname per studiare gli insetti tropicali, pubblicando nel 1705 Metamorphosis insectorum Surinamensium, un’opera che influenzò gli illustratori naturalisti negli anni a venire. Secondo David Attenborough, Merian è una delle più personalità più significative dell’entomologia antica e moderna.

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Eclissi lunari più famose della storia https://www.vitantica.net/2018/07/05/eclissi-lunari-storia/ https://www.vitantica.net/2018/07/05/eclissi-lunari-storia/#respond Thu, 05 Jul 2018 02:00:03 +0000 https://www.vitantica.net/?p=1873 L’ eclissi lunare è un fenomeno astronomico che ha da sempre affascinato l’essere umano. Spesso considerato un evento a metà tra la bizzarria della natura e il mistero della magia, l’ eclissi lunare ha contribuito in modo sostanziale a fornire impulso allo studio del cielo tra i popoli maggiormente dediti all’astronomia, come le culture mesopotamiche o centro-americane.

Durante un’eclissi lunare totale, la Terra si trova nel bel mezzo del percorso che la luce solare effettua per raggiungere la Luna; in questo modo il nostro pianeta ostruisce gradualmente la luminosità solare fino a nascondere il disco lunare, dando l’impressione che un terzo corpo celeste si sia frapposto tra noi e la Luna. Grazie alla dinamica stessa delle eclissi di luna, questo fenomeno è visibile in qualunque regione non sia direttamente esposta ai raggi solari, i continenti che attraversano la fase notturna.

Un fenomeno che tende a verificarsi durante l’eclissi lunare totale è la “luna di sangue”: il quasi totale oscuramento del disco lunare e i gas atmosferici della Terra causano una maggiore dispersione di particolari frequenze della luce visibile, donando una colorazione rossastra alla Luna.

Nel corso dei millenni passati molte civiltà hanno osservato, registrato e venerato le eclissi lunari, connettendo spesso questi fenomeni a presagi o entità/eventi sovrannaturali totalmente fuori dal controllo umano. Molti popoli hanno descritto o interpretato le eclissi in modo simbolico: gli Egizi credevano che il fenomeno fosse connesso con un’enorme scrofa sacra che lentamente divorava la Luna per un periodo limitato di tempo, mentre i Maya ritenevano che un giaguaro mitologico ingoiasse il nostro satellite a intervalli più o meno regolari.

Eclissi lunare

29 gennaio 1137 a.C.

La prima citazione documentata di un’ eclissi lunare risale a circa 1.000 anni prima di Cristo e si può trovare nell’opera cinese Zhou-Shu, ritrovata nel 280 d.C. all’interno della tomba di un esponente della nobiltà. Secondo il professore S.M. Russell, l’evento ebbe luogo il 29 gennaio del 1137 a.C.

28 agosto 413 a.C.

L’ eclissi avvenuta durante gli scontri della seconda battaglia di Siracusa è rimasta nella storia per via delle conseguenze che ebbe sugli Ateniesi. Secondo Tucidide, Nicia era un uomo particolarmente superstizioso: all’arrivo dell’ eclissi chiese ai sacerdoti ateniesi come dovesse comportarsi, ricevendo in risposta di attendere 27 giorni prima di attaccare i siracusani. Il nemico approfittò quasi immediatamente della tregua voluta da Nicia e attaccò le 86 navi ateniesi ferme al porto, sconfiggendo la flotta greca.

20 settembre 331 a.C.

Nel momento in cui le armate macedoni di Alessandro Magno terminarono la traversata del fiume Tigri, si manifestò un’eclissi lunare. Plinio e Plutarco menzionano l’eclissi totale di Luna, sostenendo che si verificò circa 11 giorni prima della Battaglia di Gaugamela, il momento che determinò la vittoria di Alessandro sulle armate di Dario.

14 d.C.

Poco dopo la morte di Augusto, Tacito menziona un’eclissi lunare identificata con l’evento del 27 settembre del 14 d.C.

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734 d.C.

Le Cronache Anglo-Sassoni registrano un’eclissi lunare, definita come “L’eclissi di Tatwine e Beda” a seguito della morte dei due arcivescovi Tatwine e Beda e l’investitura come vescovo di re Ecgberht. Il documento sembra suggerire l’idea che l’evento astronomico fosse collegato in qualche modo con la morte dei due prelati.

1019

L’astronomo arabo Abū al-Rayḥān Muḥammad ibn Aḥmad al-Bīrūnī, autore di decine di trattati sull’astronomia, descrive nel dettaglio l’eclissi lunare del 17 settembre 1019 prezzo Ghazna, Afghanistan, appuntando anche l’altezza sulla volta celeste delle stelle più conosciute.

1349

Thomas Bradwardine, teologo e matematico britannico, riporta un episodio che riguarda una strega intenta a convincere alcune persone dei suoi poteri speculando sulla vaga conoscenza di un’eclissi lunare imminente nel mese di luglio. Bradwardine, che aveva studiato astronomia presso scuole arabe, formulò la sua previsione in modo più preciso, definendo come data esatta il 1 luglio 1349 e svelando l’inganno della strega.

1453

Nel 1453, le truppe del sultano Maometto II ritornarono all’ assedio di Costantinopoli con 250.000 uomini e un cannone di otto metri capace di sparare proiettili di 600 kg. Nonostante i soli 7.000 uomini a difesa della città, i Turchi furono respinti per ben tre volte e gli assediati ripararono le mura durante la notte per arginare ulteriori assalti.
Il 22 maggio dello stesso anno si verificò un’eclissi lunare che gli abitanti di Costantinopoli interpretarono come un cattivo presagio; sei giorni dopo, Maometto II e le sue truppe riuscirono a penetrare nella città conquistandola e saccheggiandola.

1 marzo 1504

Durante la sosta forzata di Colombo in Giamaica nel 1503, l’ammiraglio aveva con sé un almanacco astronomico che copriva gli anni dal 1475 al 1506. Dopo che i nativi, indignati dai furti di cibo dell’equipaggio di Colombo, fermarono i rifornimenti di viveri a 6 mesi dall’arrivo degli Europei, Colombo consultò l’almanacco scoprendo l’arrivo imminente di un’ eclissi di luna. Organizzò quindi un incontro con il cacicco locale, sostenendo che Dio fosse arrabbiato con gli indigeni per il trattamento ricevuto e che la divinità avrebbe dimostrato la sua ira facendo “infiammare la luna”. L’ eclissi lunare si verificò come previsto (accompagnata dalla classica “luna di sangue”) gettando nel panico gli indigeni; cronometrando con una clessidra la durata dell’evento, Colombo sostenne quindi che gli indigeni sarebbero stati perdonati alla ricomparsa della Luna.

Lunar Eclipses: What Are They & When Is the Next One?
LUNAR ECLIPSES OF HISTORICAL INTEREST
Historically significant lunar eclipses

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Etemenanki, la vera “Torre di Babele” https://www.vitantica.net/2018/05/17/etemenanki-torre-di-babele/ https://www.vitantica.net/2018/05/17/etemenanki-torre-di-babele/#respond Thu, 17 May 2018 02:00:24 +0000 https://www.vitantica.net/?p=1688 La storia della Torre di Babele della Genesi biblica è una delle più celebri dell’antichità, trovando riferimenti anche nella letteratura ellenistica e romana. Ma da cosa nacque la leggenda?

Spesso la mitologia antica è ricca di riferimenti ad elementi di pura fantasia, ma in questo caso la leggenda della Torre di Babele ha diverse analogie con un edificio reale: Etemenanki (“casa delle fondamenta del cielo e della terra” o anche “pietra angolare del cielo e della terra”), la principale ziqqurat dell’antica città mesopotamica di Babilonia.

La Torre di Babele nella Bibbia

Nella Bibbia (più in particolare nella Genesi 11, 1-9) si parla di una torre di mattoni costruita lungo il fiume Eufrate con il preciso intento di avvicinarsi al cielo, la dimora di Yahweh; questo tentativo di avvicinarsi a Dio non fece altro che scatenare la sua furia anche alla luce del fatto che gli esseri umani, contravvenendo al comando divino, si erano rifiutati di disperdersi su tutto il pianeta.

Come punizione, Yahweh fece in modo che gli esseri umani, che inizialmente comunicavano utilizzando tutti la stessa lingua, iniziassero a parlare idiomi incomprensibili, impedendo che la costruzione della torre venisse portata a termine.

«Tutta la terra aveva una sola lingua e le stesse parole. Emigrando dall’oriente gli uomini capitarono in una pianura nel paese di Sennaar e vi si stabilirono. Si dissero l’un l’altro: “Venite, facciamoci mattoni e cociamoli al fuoco”. Il mattone servì loro da pietra e il bitume da cemento. Poi dissero: “Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo e facciamoci un nome, per non disperderci su tutta la terra”. Ma il Signore scese a vedere la città e la torre che gli uomini stavano costruendo. Il Signore disse: “Ecco, essi sono un solo popolo e hanno tutti una lingua sola; questo è l’inizio della loro opera e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro impossibile. Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perché non comprendano più l’uno la lingua dell’altro”. Il Signore li disperse di là su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la città. Per questo la si chiamò Babele, perché là il Signore confuse la lingua di tutta la terra e di là il Signore li disperse su tutta la terra. »

Etemenanki, la vera Torre di Babele

Etemenanki e la Torre di Babele

La Torre di Babele, che oggi viene interpretata come un riferimento alla ziggurat babilonese Etemenanki, è uno degli esempi più estremi di punizione divina; la realtà storica e la leggenda biblica hanno alcuni punti in comune, ma Etemenanki rappresentò per i Babilonesi ben più che un tentativo di avvicinarsi al cielo: era la dimora del dio Marduk (detto anche Bel) e di parte del pantheon babilonese, oltre ad essere stata probabilmente anche un importantissimo osservatorio astronomico.

La parola Babel in ebraico antico può assumere il significato di “confusione” ma è spesso utilizzata per indicare l’antica città di Babilonia, dove si trovava Etemenanki ed Esagila (un’altra ziggurat fondamentale per il sistema religioso babilonese).

Etemenanki viene descritta come un’ enorme struttura di mattoni coperti da piastrelle colorate, una montagna di argilla cotta che tra i Babilonesi veniva chiamata ziqqurat (o ziggurat) ed era impiegata come luogo di culto o come punto privilegiato per osservare il cielo notturno.

L’origine di Etemenanki

Secondo la leggenda, all’origine della Terra il dio Marduk fu coinvolto in una feroce battaglia con Tiamat, madre del cosmo e dea degli oceani che viene tradizionalmente raffigurata come un enorme serpente marino. Tiamat era colpevole di aver portato il caos nell’universo e la sua sconfitta da parte di Marduk riportò l’ordine nel cosmo.

Per celebrare la sua vittoria, Marduk fece costruire Esagila al centro del pianeta (i Babilonesi credevano che la Terra fosse un disco circondato dal mare), il punto esatto in cui cielo e terra si congiungevano l’uno con l’altra.

La costruzione di Etemenanki vicino ad Esagila fece gradualmente assumere alla prima ziqqurat un ruolo di primo piano, fino a diventare la più importante struttura religiosa della cultura babilonese.

I resti archeologici di Etemenanki
I resti archeologici di Etemenanki
Etemenanki: la dimora di Marduk su sette terrazze

Una descrizione di Etemenanki è stata scoperta ad Uruk su una tavoletta cuneiforme risalente al 229 a.C.: si tratta della copia di un testo più antico, di autore ignoto, ma considerato storicamente attendibile perché supportato da altre testimonianze storiche o prove archeologiche.

Secondo la tavoletta, Etemenanki aveva sette terrazzamenti per un’altezza totale di 91 metri; alla base misurava 91 x 91 metri e questa misurazione è stata confermata dagli scavi archeologici condotti da Robert Koldewey (la cui misurazione dei resti di Etemenanki riportava 91,48 x 91,66 metri).

Una vasta scalinata conduceva verso la cima dell’edificio e tre porte collegavano Etemenanki con Esagila, mentre una porta più ampia ad Est connetteva la ziqqurat con una strada utilizzata per le processioni religiose.

Sull’ultima terrazza si trovava il tempio del dio Marduk, suddiviso in varie stanze come se si trattasse della dimora reale della divinità: la stanza per le nozze sacre, una sala che ospitava il dio-scriba Nabu e la moglie Tashmetu, e altre camere destinate ad altre divinità come Anu, Enlin, Ea e Nusku.

Un’altra descrizione di Etemenanki fu redatta da Erodoto, ma ci sono molto dubbi sull’accuratezza delle informazioni riportate. Secondo molti storici, il racconto di Erodoto non è basato su una testimonianza oculare della ziqqurat, ma su un altro testo che contiene errori grossolani e misurazioni incorrette.

La sua descrizione di Etemenanki, per quanto non accurata e di seconda o terza mano, è tuttavia la prima che cita un rito compiuto all’interno del tempio di Marduk: secondo Erodoto, ogni notte una giovane donna scelta come “sposa di Marduk” condivideva il letto con la divinità all’interno del tempio di Etemenanki, ma ad oggi non esiste alcuna prova a sostegno delle parole dell’autore greco.

Il tempio di Etemenanki, ricoperto da piastrelle blu
Il tempio di Etemenanki, ricoperto da piastrelle blu
La costruzione e ricostruzione di Etemenanki

La data di costruzione di Etemenanki è ancora un mezzo mistero. Nel 689 a.C. il re assiro Sennacherib proclamò di aver distrutto la torre dei suoi nemici Babilonesi, ma la letterale distruzione di un edificio così imponente ricoperto da mattoni cotti era fuori dalla portata del più belligerante sovrano del tempo: le truppe assire saccheggiarono quasi certamente l’intera città, ma non possedevano i mezzi per radere al suolo una delle più grandi ziqqurat mai esistite nell’arco di qualche settimana.

Secondo le tavolette babilonesi furono necessari 88 anni per ricostruire l’intera città ed Etemenanki fu soggetta ad una demolizione parziale; solo 50 anni dopo, la ziqqurat raggiungeva la sua massima altezza di 91 metri grazie ai lavori di ricostruzione di Nabucodonosor II e di suo padre.

L’attacco di Sennacherib a Babilonia dimostra però che Etemenanki era già celebre almeno mille anni prima di Cristo, forse fin dall’epoca di Hammurabi (1792-1750 a.C.), periodo in cui Babilonia era al culmine del suo potere in Mesopotamia e le ziqqurat venivano edificate anche in città minori.

L’ Enûma êliš, poema accadico risalente al regno di Nabucodonosor I (1125-1104 a.C.), cita direttamente la presenza ben consolidata a Babilonia della ziqqurat Esagila, implicando indirettamente anche la presenza di Etemenanki.

La torre raggiunse le sue dimensioni finali nell’arco di diversi secoli, subendo diversi crolli parziali e distruzioni volontarie da parte dei nemici di Babilonia. Nabucodonosor II (634 a.C. ca – 562 a.C. circa) fu probabilmente l’ultimo sovrano babilonese a metter mano alla costruzione di Etemenanki: ordinò di terminare il tempio sulla cima della ziqqurat costruendo un tetto di cedri provenienti dal Libano.

Mantenere intatta una struttura di proporzioni colossali richiede molta manodopera e denaro, specialmente se si tratta di un edificio di mattoni: l’argilla cotta richiede costante manutenzione sotto il caldo clima mediorientale e probabilmente diverse parti dell’edificio erano già crollate sotto il loro stesso peso prima del IV secolo a.C..

Al suo ritorno a Babilonia nel 323 a.C., circa due secoli dopo gli ultimi lavori di manutenzione della ziqqurat, Alessandro Magno ordinò a 10.000 dei suoi soldati di rimuovere i resti di Etemenanki trasportando dall’altra parte della città i mattoni e le piastrelle colorate che li decoravano.

L’obiettivo di Alessandro Magno era quello di ricostruire l’edificio restituendolo all’antico splendore, ma la sua morte fermò i lavori dopo circa due mesi lasciando Etemenanki in uno stato di demolizione avanzato.

Quasi un secolo dopo la morte di Alessandro Magno, il principe persiano Antioco I decise di ricostruire la ziqqurat: il testo babilonese Cronaca della Rovina dell’ Esagila racconta che, dopo il sacrificio rituale per proclamare ufficialmente l’inizio dei lavori di ricostruzione, Antioco inciampò sulle rovine di Etemenanki. Dopo essere caduto a terra, colmo di rabbia e vergogna, ordinò ai suoi ammaestratori d’elefanti di distruggere gli ultimi resti dell’edificio, segnando la scomparsa di Etemenanki.

The Tower of Babel: Archaeology, history and cuneiform texts
Etemenanki (the “Tower of Babel”)
Etemenanki

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Wurdi Youang, la Stonehenge australiana https://www.vitantica.net/2018/04/16/wurdi-youang-stonehenge-australiana/ https://www.vitantica.net/2018/04/16/wurdi-youang-stonehenge-australiana/#respond Mon, 16 Apr 2018 02:00:24 +0000 https://www.vitantica.net/?p=1621 Il sito di Wurdi Youang, Australia, potrebbe essere il primo osservatorio astronomico della storia, precedente a Stonehenge e ad altri complessi di pietra legati all’osservazione della volta celeste.

La struttura, definita la “Stonehenge aborigena”, è stata scoperta oltre due secoli fa. Non si ha ancora una datazione certa del sito, ma la posizione delle pietre e la loro penetrazione nel terreno suggerirebbero che si possa trattare di una struttura costruita diverse migliaia di anni fa.

Sappiamo ormai per certo che l’area di Wurdi Youang fu occupata dagli aborigeni Wathaurong almeno 25.000 anni fa, fino a quando la loro cultura non fu definitivamente cancellata intorno al 1835 per opera dei coloni europei e della loro volontà di cancellare ogni traccia di cultura aborigena.

Wurdi Youang Stonehenge australiana

L’osservatorio astronomico degli aborigeni Wathaurong

La probabilità che la disposizione delle pietre di Wurdi Youang sia del tutto casuale è ridottissima, come spiega Ray Norris, astrofisico dell’agenzia scientifica australiana e leader del gruppo di ricerca di Wurdi Youang. Per escludere l’ipotesi di una formazione nata spontaneamente senza alcun intervento umano, Norris e i suoi colleghi hanno misurato la posizione di ogni singola roccia in relazione al Sole, dimostrando la connessione con solstizi ed equinozi.

Il sito, noto anche come Wada Wurrung e Rothwell Archaeological Site, è composto da un ovale delimitato da pietre e dal diametro di circa 50 metri. L’ovale è stato disegnato sul terreno da oltre 100 rocce di basalto dal diametro compreso tra i 20 centimetri e 1 metro, con una massa totale di circa 23 tonnellate.

Tre rocce particolarmente grandi si trovano all’estremità occidentale dell’anello di pietre, in una posizione che le mette in allineamento con il Sole durante i solstizi e gli equinozi con un’accuratezza di qualche grado. I segmenti quasi rettilinei della sezione orientale, invece, sembrano puntare verso la posizione del Sole calante durante i solstizi.

Wurdi Youang Stonehenge australiana
Struttura e orientamento di Wurdi Youang

La civiltà aborigena australiana, quindi, potrebbe essere stata molto più sofisticata di quanto si ritenesse in precedenza, se non altro in campo astronomico. “E’ la prima volta che siamo in grado di dimostrare che, oltre ad essere interessati alla posizione del Sole, gli Aborigeni facessero anche misurazioni astronomiche” spiega Norris.

Un tradizione astronomica cantata

Gli Aborigeni hanno da sempre tramandato la loro conoscenza attraverso la tradizione orale, in particolare tramite l’utilizzo di canzoni. Molte di queste canzoni hanno come tema oggetti astronomici quali Sole, Luna e stelle, e il loro movimento nel cielo.

Una delle storie tradizionali, condivisa tra tutte le comunità aborigene australiane, parla del “Grande Emu” (Coalsack) che siede in cielo. Il Grande Emu non è altro che una forma disegnata nel cielo notturno da “macchie scure” della Via Lattea durante la stagione della riproduzione di questo uccello.

Si tratta quindi di una sorta di “costellazione oscura” che durante l’autunno dell’emisfero meridionale si posiziona quasi perfettamente in corrispondenza di una roccia del Kuring-Gai Chase National Park, sulla quale è stato inciso un emu.

Il Grande Emu della tradizione aborigena australiana
Il Grande Emu della tradizione aborigena australiana

Il popolo Walpiri e quello Yolngu cantano anche della donna-sole (Walu) che insegue l’uomo-luna (Ngalindi), una canzone che spiega la dinamica delle eclissi solari e lunari in un tempo di qualche migliaio di anni precedente al XVI° secolo, quando il meccanismo celeste che regola le eclissi venne finalmente spiegato dall’ astronomia occidentale.

Questi sono solo esempi di come la conoscenza astronomica degli Aborigeni fosse più avanzata di quanto siamo portati ad immaginare. Gli Aborigeni avevano calendari complessi spesso basati sulle stelle visibili durante le differenti stagioni, sfruttavano gli astri per capire il momento giusto per cacciare, pescare, raccogliere erbe o spostarsi in un luogo più adatto.

Molte di queste nozioni astronomiche tradizionali sono purtroppo andate perdute durante i tentativi degli Europei di sopprimere la cultura aborigena. Durante l’epoca della “generazione rubata” (Stolen generation, dal 1869 al 1969), moltissimi bambini aborigeni furono allontanati dalle loro famiglie per essere inseriti in istituti e missioni religiose allo scopo di convertirli alla “vita civile”: ai bambini veniva impedito di parlare la lingua dei loro antenati o di mantenere tradizioni aborigene antiche di millenni utilizzando repressione psicologica e fisica.

Fortunatamente, l’epoca della generazione rubata e della repressione sistematica degli aborigeni è finita (anche se le sue conseguenze sono palpabili ancora oggi) e l’astronomia moderna ha iniziato a collaborare con la tradizione per svelare le conoscenze astronomiche degli antichi australiani, nozioni in larga parte perdute nel corso degli ultimi due secoli.

“Questa scoperta ha un’enorme importanza per la comprensione delle straordinarie abilità di questa cultura” dice Janet Mooney, a capo dell’ Indigenous Australian Studies. “Rende fieri non solo me in quanto aborigena, ma anche molti altri aborigeni australiani”.

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The Emu in the Sky
Aboriginal Stonehenge: Stargazing in ancient Australia

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Il cielo notturno dei nostri antenati https://www.vitantica.net/2018/04/10/cielo-notturno-antenati/ https://www.vitantica.net/2018/04/10/cielo-notturno-antenati/#comments Tue, 10 Apr 2018 02:00:19 +0000 https://www.vitantica.net/?p=1596 Cosa contribuì alla nascita di miti e leggende sul cielo e sugli astri che lo popolano? Forse spettacoli come l’immagine di copertina di questo post ebbero il loro contributo nell’alimentare la fantasia dei nostri antenati.

La foto qui sopra (che consiglio di vedere nel formato originale) è ovviamente l’opera di un apparecchio fotografico e dei “trucchi” che mette a disposizione al suo utilizzatore. I nostri antenati, tuttavia, non ebbero a disposizione strumenti come telescopi o binocoli per migliaia di anni, limitandosi ad osservare il cielo notturno ad occhio nudo o con tubi d’osservazione privi di lenti. Cosa potevano osservare sulla volta celeste i nostri predecessori?

Simulazione della Via Lattea (con il software Stellarium) vista da un cielo privo di inquinamento luminoso
Simulazione della Via Lattea (con il software Stellarium) vista da un cielo privo di inquinamento luminoso. 
Simulazione della Via Lattea con il dettaglio di costellazioni, pianeti e vari corpi celesti
Simulazione della Via Lattea con il dettaglio di costellazioni, pianeti e vari corpi celesti

Nei tempi antichi, quando l’inquinamento luminoso era ridotto al minimo anche nei grandi insediamenti urbani, i nostri antenati potevano godere di uno spettacolo mozzafiato: il firmamento era costellato da almeno 9.000 astri visibili ad occhio nudo (tra emisfero boreale e australe), stelle che ben presto iniziarono ad essere raggruppate per poi diventare successivamente le 88 costellazioni che conosciamo oggi.

Le fotografie astronomiche facilmente reperibili in Rete mostrano anche frequenze luminose invisibili all’occhio umano e stelle impossibili da distinguere sfruttando alcuni espedienti: la capacità del sensore fotografico di percepire frequenze che superano la sensibilità dell’occhio umano, e la possibilità di mantenere l’otturatore aperto per lungo tempo allo scopo di catturare più luce stellare possibile.

Tra questi espedienti è ormai una costante la manipolazione grafica digitale, capace di esaltare colori, luminosità e contrasti non ottenibili con il solo apparecchio fotografico.

Foto della Via Lattea prima e dopo l'elaborazione digitale
Foto della Via Lattea prima e dopo l’elaborazione digitale

Grazie ai sensori digitali di ultima generazione, una qualunque fotocamera può catturare anche stelle non visibili a occhio nudo, superando il limite di magnitudine stellare osservabile dall’occhio umano (circa 6,5-7 nelle migliori condizioni di oscurità).

Questo tuttavia non significa che i nostri antenati ammirassero una volte celeste deludente rispetto agli standard fotografici moderni; rimarreste sorpresi nell’osservare il cielo notturno in una località lontana dall’inquinamento luminoso urbano.

Oggi, l’illuminazione elettrica diffusa in ogni continente provoca seri problemi per le osservazioni astronomiche ad occhio nudo. E’ molto difficile poter osservare stelle di magnitudine 2-3 in corrispondenza di medi o grandi agglomerati urbani, e in determinate condizioni atmosferiche può risultare addirittura impossibile.

Ci sono situazioni, invece, in cui il limite dell’occhio umano può viene temporaneamente aggirato permettendo l’osservazione di stelle di magnitudine superiore a 7: durante le sue osservazioni ad Atene nel XIX secolo, l’astronomo tedesco Johann Friedrich Julius Schmidt riuscì a vedere stelle di magnitudine 7,4, contando e distinguendo chiaramente ad occhio nudo ben 102 astri.

Scala del cielo buio di Bortle
Scala del cielo buio di Bortle, che determina il grado di inquinamento luminoso del cielo notturno

Le foto di questo post non sono ovviamente la replica esatta di ciò che i nostri progenitori potevano ammirare quando sollevavano la testa verso il cielo, ma si tratta di una buona approssimazione in grado di rendere l’idea del cielo notturno dell’antichità.

Ancora oggi è possibile vedere o intravedere a occhio nudo le Pleiadi e il loro alone bluastro, la galassia di Andromeda, la nebulosa della Carena, la nebulosa di Orione e il cluster M13 nella costellazione di Ercole, senza contare i cinque pianeti più vicini a noi: Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno.

Simulazione della Via Lattea vista ad occhio nudo
Simulazione della Via Lattea vista ad occhio nudo e in presenza di scarso inquinamento luminoso
Simulazione della Via Lattea (con il software Stellarium) e costellazione di Orione
Simulazione della Via Lattea (con il software Stellarium) e costellazione di Orione
Simulazione della Via Lattea e Orione con il dettaglio di costellazioni, pianeti e vari corpi celesti
Simulazione della Via Lattea e Orione con il dettaglio di costellazioni, pianeti e vari corpi celesti

Questi spettacoli dello spazio sono godibili a occhio nudo nelle località meno soggette ad inquinamento luminoso, un problema che colpisce ormai la maggior parte della superficie terrestre abitata.

La Via Lattea, la galassia in cui risiede il nostro sistema solare, è uno degli scenari più affascinanti del cielo notturno e un soggetto perfetto per l’osservazione a occhio nudo: ciò che occorre è soltanto un cielo scuro, condizioni atmosferiche ideali (niente Luna) e una notte estiva, uno dei periodi dell’anno ideali per osservarla.

How To See the Milky Way
What’s my naked-eye magnitude limit?
9,096 Stars in the Sky—Is That All?

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La nascita del telescopio rifrattore e riflettore https://www.vitantica.net/2018/04/07/nascita-telescopio-rifrattore-riflettore/ https://www.vitantica.net/2018/04/07/nascita-telescopio-rifrattore-riflettore/#respond Sat, 07 Apr 2018 02:00:42 +0000 https://www.vitantica.net/?p=1568 Galileo Galilei fu uno dei primi astronomi della storia ad utilizzare un strumento astronomico basato su lenti per osservare l’universo, ma chi fu il primo ad inventare il telescopio ?
La storia del telescopio è strettamente legata a quella delle lenti e delle superfici riflettenti.

Oggetti simili a lenti sembrano essere stati realizzati ben 4.000 anni fa (come la lente di Nimrud), ma non è ancora ben chiaro se siano state create per sfruttare le loro proprietà ottiche, come semplici decorazioni o come strumenti per l’accensione del fuoco.

Sappiamo però che gli esperimenti sulle proprietà della luce sono vecchi di almeno 2.500 anni: quando i Greci iniziarono ad osservare il mondo con occhio critico, si resero conto ad esempio delle proprietà ottiche di sfere riempite d’acqua, descrivendo fenomeni come la riflessione e la rifrazione della luce.

Tra il IX e il XII secolo nel mondo arabo e successivamente in Europa entrarono in uso quelle che furono definite “pietre da lettura”, delle piccole lenti di vetro emisferiche in grado di ingrandire gli oggetti sotto osservazione, come le lettere di un manoscritto. La creazione di queste lenti fu possibile grazie all’inventore arabo Abbas ibn Firnas, che perfezionò il procedimento di produzione del vetro per ottenere lenti con poche imperfezioni e dalla scarsa opacità.

Nello stesso periodo in Europa venivano prodotte le lenti Visby, oggetti a base di quarzo rinvenuti in diverse tombe vichinghe svedesi. Queste lenti, spesso montate su supporti d’argento, sarebbero state utilizzate come gioielli ma la loro origine non è ancora ben chiara, e ad oggi non esiste alcuna prova che siano state utilizzate come strumenti ottici.

Per le prime, vere lenti ottiche bisogna aspettare il XIII secolo, periodo in cui furono creati in Nord Italia i primi occhiali da vista. Firenze e Venezia diventarono importanti centri di produzione di lenti mentre l’Olanda e la Germania si affermarono nei secoli successivi come produttori di occhiali e strumenti ottici.

Hans Lippershey, inventore del telescopio rifrattore
Replica del telescopio rifrattore di Galileo Galilei
Replica del telescopio rifrattore di Galileo Galilei (The Board of Trustees of the Science Museum)

Non fu un caso che l’ inventore del primo telescopio, Hans Lippershey, fosse nato e cresciuto tra Paesi Bassi e Germania. Il 2 ottobre del 1608 Hans Lippershey, produttore di lenti e occhiali, cercò di brevettare a Middelburg un’invenzione descritta come uno strumento “per vedere cose lontane come se fossero vicine”.

Qualche settimana dopo, prima che la proposta di brevetto di Lippershey potesse essere esaminata dall’ufficio competente, un altro produttore di lenti olandese, Jacob Metius, depositò una proposta di brevetto identica. A Lippershey e Metius non furono concessi brevetti, ma a Lippershey fu garantita un rendita dalle copie del suo design.

Esistono diverse versioni che narrano come Lippershey giunse all’invenzione del telescopio. La prima sostiene che l’artigiano avesse osservato due bambini giocare con le lenti del suo laboratorio scoprendo grazie a loro come ingrandire oggetti lontani.

Un’altra storia afferma invece che Lippershey copiò il design del suo telescopio da qualche altro artigiano: Johannes Zachariassen, ad esempio, sostenne nel 1655 che suo padre, Zacharias Janssen, inventò il telescopio nel 1590, quasi 20 anni prima di Lippershey, ma ancora oggi non esiste alcuna prova sostanziale che Hans Lippershey abbia rubato il design del suo telescopio da Janssen.

Il telescopio di Lippershey era un rifrattore molto rudimentale basato su una lente convessa e una concava. Questo design consentiva di ottenere un’immagine non capovolta (come in un binocolo) e un’ingrandimento di circa 3x. La notizia dell’invenzione del telescopio si diffuse rapidamente in tutta Europa e scatenò la fantasia di astronomi e artigiani dell’epoca, che iniziarono a sperimentare nuovi design e a scoprire nuove proprietà ottiche delle lenti.

Descrizione delle macchie solari realizzata da Galileo tra il 1611 e il 1612
Descrizione delle macchie solari osservate con il telescopio rifrattore di Galileo tra il 1611 e il 1612

Thomas Harriot, astronomo e matematico inglese, fu il primo a disegnare la superficie osservabile della Luna sfruttando l’aiuto di un telescopio il 26 luglio 1609, circa 4 mesi prima delle osservazioni di Galileo Galilei.

Galileo perfeziona il telescopio

Galileo ricevette la notizia dell’invenzione di Lippershey nel giugno del 1609, quando si trovava a Venezia. Tentò subito di replicare il telescopio olandese, apportando sempre più miglioramenti allo strumento: il suo primo telescopio poteva ingrandire gli oggetti osservati fino a tre volte, ma nell’arco di poco tempò ne creò uno capace di ingrandire 8 volte, fino a creare il primo telescopio galileiano: era lungo circa un metro e disponeva di una lente-obiettivo del diametro di 37 millimetri, permettendo un ingrandimenti di 23x.

Con questo strumenti Galileo iniziò la serie di osservazioni astronomiche che lo resero celebre e immortale nella storia della scienza: tra ottobre e novembre del 1609 scoprì l’esistenza di alcuni satelliti di Giove (i satelliti galileiani Io, Europa, Ganimede e Callisto), osservò le valli lunari, le fasi di Venere e le macchie solari (quasi certamente il primo nella storia ad osservare il Sole indirettamente tramite una proiezione).

Lo strumento di Galileo fu il primo ad essere chiamato “telescopio”: il nome fu inventato nel 1611 da Giovanni Demisiani durante il banchetto in cui si celebrava l’ingresso di Galilei nell’ Accademia dei Lincei.

Grazie al suo telescopio, Huygens descrive Saturno e i suoi anelli nel Systema Saturnium del 1659
Grazie al suo telescopio, Huygens descrive Saturno e i suoi anelli nel Systema Saturnium del 1659

Keplero fu il primo ad accorgersi nel 1611 che il design di Galileo aveva limitazioni che un telescopio basato su due lenti biconvesse (invece che una concava e una convessa) non aveva. Era possibile combinare diverse lenti biconvesse per ottenere immagini ancora più ingrandite e un campo visivo più vasto.

La prima espressione complessa di questo design fu il telescopio costruito da Christiaan Huygens: lo strumento aveva come obiettivo una lente di 57 millimetri e come oculare un sistema di lenti piano-convesse capace di ottenere un ingrandimento di 50x. Grazie a questo telescopio, Huygens fu il primo ad osservare nel 1655 gli anelli di Saturno e la prima luna di questo pianeta, Titano.

Isaac Newton: inventore del telescopio riflettore
Il telescopio di Newton realizzato nel 1671
Il telescopio di Newton realizzato nel 1671 (The Royal Society, London)

Dopo Huygens ci si rese conto che un telescopio basato su lenti presenta una serie di problemi difficilmente superabili: accumulando lenti per aumentare l’ingrandimento o il campo visivo si generano aberrazioni cromatiche o di altra natura difficilmente risolvibili se non con la creazione di lenti sempre più grandi, costose e dalla lunghezza focale poco pratica: il telescopio kepleriano di Johannes Hevelius, lungo 46 metri e appoggiato sul tetto di tre case, si rivelò estremamente difficile da puntare e le lenti da cui era composto dovevano essere continuamente allineate durante l’uso.

Una soluzione al problema giunse dalle prime osservazioni delle proprietà degli specchi concavi. Nel 1652 l’astronomo gesuita Niccolò Zucchi provò a sostituire l’obiettivo di un telescopio con uno specchio concavo di bronzo, ma non fu soddisfatto della qualità dell’immagine e abbandonò l’idea.

Circa 10 anni dopo James Gregory progettò un telescopio che utilizzava uno specchio concavo e uno piano per concentrare l’immagine verso un punto d’uscita, un design comunemente utilizzato nei telescopi moderni; nessun artigiano di sua conoscenza era capace di realizzare specchi di qualità tale da poter essere impiegati come obiettivo ottici e il progetto di Gregory non si concretizzò mai.

Schema di funzionamento del telescopio riflettore newtoniano
Schema di funzionamento del telescopio riflettore newtoniano

Isaac Newton fu il primo ad avere sia le competenze matematico-ottiche sia l’abilità tecnica necessarie a realizzare il primo telescopio riflettore. Dopo essere giunto alla conclusione che le aberrazioni dei telescopi rifrattori non potevano essere eliminate completamente, iniziò a sperimentare con gli specchi concavi fino a costruire nel 1668 il primo telescopio riflettore della storia.

Lo specchio del telescopio di Newton, largo circa 5 centimetri, era stato costruito con una lega di stagno e rame (speculum) e lucidato fino a diventare riflettente e assumere una concavità sferica. La lega metallica dello specchio tendeva ad opacizzarsi col passare del tempo ed era necessario lucidare l’obiettivo almeno due volte l’anno per mantenere delle proprietà ottiche accettabili.

Il telescopio newtoniano, come tutti quelli prodotti nei successivi 40-50 anni, aveva il principale difetto di mostrare immagini poco nitide a causa di specchi poco riflettenti e della forma stessa dell’ obiettivo: la curvatura sferica non ottimizza la riflessione della luce verso un punto focale comune e crea aberrazioni delle immagini.

Illustrazioni sul funzionamento del telescopio riflettore realizzate da Isaac Newton
Illustrazioni sul funzionamento del telescopio riflettore realizzate da Isaac Newton (The Huntington Library, Art Collections, and Botanical Gardens)

Con questo strumento, Newton riuscì tuttavia ad osservare le lune galileiane di Giove e le fasi di Venere; spronato dal suo successo decise quindi di costruire un secondo telescopio riflettore in grado di un ingrandimento di 38x, presentandolo alla Royal Society of London nel dicembre del 1672.

Il telescopio newtoniano non riscosse immediatamente successo per via delle difficoltà nella produzione di specchi di buona qualità e della precisione richiesta per la costruzione del tubo ottico e della montatura.

Fu solo con il miglioramento nelle tecniche di produzione degli specchi e di lucidatura (e con il telescopio newtoniano di John Hadley del 1721) che ci si rese conto dei vantaggi del telescopio riflettore: anche se introduceva aberrazioni sferiche (superabili), eliminava quelle cromatiche ed era facilmente scalabile: costruire uno specchio di grandi dimensioni diventò progressivamente più semplice, pratico ed economico di una lente di pari diametro.

Who Invented the Telescope?
Timeline of telescope technology

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Shen Kuo, il più celebre ricercatore e inventore cinese dell’ XI secolo https://www.vitantica.net/2018/03/17/shen-kuo-ricercatore-inventore-cinese-xi-secolo/ https://www.vitantica.net/2018/03/17/shen-kuo-ricercatore-inventore-cinese-xi-secolo/#respond Sat, 17 Mar 2018 02:00:01 +0000 https://www.vitantica.net/?p=1467 In tempi moderni è molto difficile ottenere un vasto e approfondito bagaglio di competenze multidisciplinari, ma in antichità non erano rare figure che si applicavano contemporaneamente nella filosofia, nella matematica, nella botanica e nell’astronomia, effettuando scoperte o delineando teorie rivoluzionarie in rapida successione.

Erano altri tempi, questo è certo; ma gli studiosi a 360 gradi del passato hanno contribuito alla nascita della ricerca scientifica, anche considerando gli errori che hanno commesso per l’assenza di metodi d’indagine scientifici e rigorosi.

Uno di questi personaggi costantemente alla ricerca di risposte fu Shen Kuo: nell’ arco della sua vita si dedicò a qualunque disciplina conosciuta al tempo: matematica, astronomia, geologia, zoologia, botanica, farmacologia, agronomia, archeologia, cartografia, diplomazia, idraulica, poesia, musica ed economia.

Chi fu Shen Kuo

Shen Kuo (1031 – 1095) fu il più famoso scienziato e uomo di stato della dinastia Song e certamente uno dei più celebri e prolifici ricercatori dell’ultimo millennio: molte idee e strumenti in uso ancora oggi sono riconducibili al suo lavoro svolto in differenti discipline, come la geomorfologia o il concetto di cambiamento climatico.

Dopo aver superato brillantemente gli esami imperiali per diventare funzionario governativo (1063), Shen Kuo fu ben presto notato dal governo centrale e assunto come studioso e ufficiale del governo, ottenendo sempre più riconoscimenti pubblici e ricoprendo cariche importanti come quella di direttore dei lavori idraulici e capo del dipartimento di astronomia imperiale.

Shen Kuo fu spesso inviato nelle varie regioni della Cina per effettuare ispezioni sui problemi e le inefficienze del regno. In questo periodo di ispezioni e verifiche iniziò a produrre alcune delle sue opere sull’idraulica, sulla geologia e sull’astronomia; ma fu solo durante i 6 anni di allontanamento forzato dalla corte (a causa di una disfatta militare di cui Shen Kuo fu ingiustamente accusato) che lo studioso cinese si dedicò anima e corpo agli studi accademici, ricerche che gli fecero ottenere una revoca degli arresti domiciliari e che lo immortalarono nella storia come uno dei più grandi sperimentatori del passato.

Shen Kuo scrisse estensivamente su svariati soggetti, dalla musica all’arte militare, dalla medicina all’astronomia. Qui sotto riporto un elenco dei suoi lavori più importanti, compresi alcuni che segnarono la storia antica.

Mappatura

Uno degli atlanti più vasti mai redatti da Shen Kuo conteneva 23 mappe della Cina e delle regioni limitrofe in scala uniforme di 1:900.000. L’inventore cinese produsse anche mappe a rilievo utilizzando segatura, legno, cera d’api e pasta di grano: le mappe tridimensionali erano già note da almeno 800 anni e raffigurate su superfici come vasi, urne e turiboli, ma Shen Kuo fu probabilmente il primo a creare una vera e propria mappa a rilievo dettagliata su una vasta superficie piana.

Farmacologia

Nei suoi trattati farmacologici, Shen Kuo descrisse le difficoltà di eseguire diagnosi corrette ed effettuare terapie valide, oltre a fornire informazioni sulla selezione degli ingredienti e la preparazione di medicamenti. Grazie alle nozioni apprese nel campo della botanica, della zoologia e della mineralogia, Shen descrisse sistematicamente centinaia di piante, animali e minerali presenti in Cina.

Ingegneria civile

Grazie a Shen Kuo sappiamo che tra il 1068 e il 1077 l’ufficiale di corte Huang Huaixin fece costruire il primo bacino di carenaggio coperto per la riparazione di barche lunghe fino a 60 metri.

Shen dedicò parte del suo tempo ad analizzare l’efficacia dei nuovi sistemi di chiuse fluviali elaborate dall’ingegnere Qiao Weiyo: calcolò che questa nuova tecnologia consentiva di evitare l’assunzione di almeno 500 lavoratori e di permettere il transito di barche dalla stazza almeno 5 volte più grande rispetto alle chiuse utilizzate in precedenza.

Shen fu l’unico studioso del suo tempo ad analizzare il lavoro dell’architetto Yu Hao, il costruttore di una celebre pagoda di legno andata a fuoco nel 1044 e sostituita nel 1049 da una pagoda in mattoni (chiamata “Pagoda di Ferro”).

Anatomia

Shen Kuo fu il primo a smentire la teoria che la gola contenesse tre valvole invece di due, fornendo una sua personale interpretazione: la gola conteneva un sistema (la laringe) per distribuire il “qi” presente nell’aria lungo tutto il corpo, mentre l’esofago non era altro che un tubo che trasportava il cibo verso lo stomaco. Le dissezioni di cadaveri effettuate nel XII secolo volte a dimostrare o smentire queste affermazioni rivelarono che Shen Kuo aveva ragione.

Shen Kuo, matematica e gioco del go
Matematica

Shen Kuo si applicò intensivamente nella matematica e nella geometria. Fu uno dei primi ad impiegare la trigonometria per la risoluzione di problemi pratici e a cercare di trovare una rappresentazione pratica per i grandi numeri fino a 10 alla 43. Il suo lavoro sulla lunghezza di archi e cerchi fornì le basi per la trigonometria sferica formulata nel XIII secolo da Guo Shoujing.

L’applicazione della matematica a problematiche reali lo spinse a calcolare la lunghezza massima di una campagna militare in base all’approvvigionamento di risorse, ma il suo contributo matematico si può osservare in moltissime delle sue ricerche, dal calcolo delle tasse sui terreni a problemi legati al potere d’acquisto della valuta.

Utilizzando le permutazioni matematiche, Shen calcolò il numero di posizioni possibili in una scacchiera per il gioco del go: 847.288.609.443.

Ottica

Shen Kuo fu il primo cinese ad effettuare calcoli basati sulle osservazioni effettuate con una camera oscura. Anche se fu l’arabo Ibn al-Haytham (965–1039) il primo a sperimentare con la camera oscura, Shen Kuo detiene il primato per la prima descrizione delle proprietà geometriche e quantitative di questo strumento, elaborando concetti come i punti focali e osservando che l’immagine prodotta da uno specchio concavo risulta invertita.

Shen non si definì mai come il primo cinese ad aver effettuato esperimenti con la camera oscura, attribuendo i primi studi a Duan Chengshi vissuto nel IX secolo sotto la Dinastia Tang.

Bussola magnetica

Shen Kuo fu il primo a descrivere l’impiego in navigazione di una bussola ad ago magnetico e il concetto di vero nord (Polo Nord geografico). Shen descrive con dovizia di particolari la procedura utilizzata per magnetizzare un ago di ferro o d’acciaio e i differenti metodi di realizzazione di una bussola con ago sospeso, scoprendo nel frattempo che “gli aghi magnetici sono sempre leggermente spostati verso Est invece che puntare esattamente verso Sud”.

Shen Kuo fu il primo a suggerire l’impiego di una rosa dei venti a 24 punti invece che gli 8 tradizionalmente utilizzati, idea che poco dopo la sua morte entrò nella pratica comune della costruzione delle bussole cinesi.

Riproduzione del cucchiaio magnetico cinese
Riproduzione di un cucchiaio magnetico cinese
Archeologia

Shen Kuo fu uno dei primi ricercatori antichi ad introdurre concetti moderni nell’archeologia del tempo, cercando di descrivere la storia e l’utilizzo dei reperti antichi sulla base di prove empiriche e criticando le ricostruzioni storiche fantasiose prive di alcun fondamento.

Shen formulò l’idea che l’archeologia doveva necessariamente avere un approccio interdisciplinare per descrivere correttamente i reperti riportati alla luce e mise in pratica molte delle sue conoscenze in campo metallurgico e geometrico per fornire valide spiegazioni sulla natura di molti oggetti antichi.

Il suo interesse per l’archeologia e l’astronomia lo portò a ricostruire una sfera armillare basata sulle descrizioni presenti in testi antichi; fu inoltre il primo a fornire una spiegazione dettagliata della costruzione delle antiche spade cinesi realizzate in ferro battuto e in acciaio.

Geologia

Shen Kuo fu il primo a formulare un’ipotesi sulla formazione delle terre emerse (geomorfologia) basata su svariate osservazioni del territorio cinese e sull’analisi di conchiglie fossili scoperte a centinaia di chilometri di distanza dal mare. Secondo Shen, le terre emerse venivano costantemente rimodellate da processi di erosione, sollevamento e deposizione di sedimenti.

L’inventore cinese scrisse anche che i bambù pietrificati scoperti in regioni in cui questa pianta non cresce erano l’indicatore che il clima terrestre avesse subito modifiche nel corso della storia.

Meteorologia

Anche se i Cinesi fecero numerosissime osservazioni meteorologiche nei secoli precedenti alla nascita di Shen Kuo, l’inventore fu il primo in Oriente a descrivere accuratamente i tornado e a formulare l’ipotesi che gli arcobaleni fossero formati dall’effetto che la luce solare produceva quando incontrava le particelle di pioggia.

Il suo concetto di rifrazione atmosferica è del tutto coerente con i principi scientifici moderni e precede quello di Roger Bacon (1214-1294), il primo europeo a suggerire che i colori dell’arcobaleno fossero la conseguenza della rifrazione della luce solare.

Shen ipotizzò anche che la luce del sole, prima di raggiungere la superficie della Terra, subisse un processo di rifrazione che falsava la posizione dell’astro sulla volta celeste mostrandolo più in alto di quanto lo fosse nella realtà.

Mappa stellare di Su Song, contemporaneo di Shen Kuo
Mappa stellare di Su Song, contemporaneo di Shen Kuo
Astronomia

Trovandosi a capo del Dipartimento di Astronomia, Shen Kuo si rivelò particolarmente prolifico in questa disciplina: migliorò il design dello gnomone, della sfera armillare e della clessidra. Migliorò il tubo d’osservazione astronomico inventato nel V secolo allargandolo per osservare senza limitazioni il movimento della stella polare e riuscendo così a calcolare, in tre mesi di osservazioni, che questa stella si era mossa di circa 3 gradi.

Shen fu il primo cinese a cercare di spiegare perché i corpi celesti fossero sferici, in contrasto con il concetto di Terra piatta in voga all’epoca in Cina. Fu anche il primo a ipotizzare che la Luna non emettesse luce ma riflettesse quella solare.

Shen Kuo formulò ipotesi per spiegare le variazioni nel moto dei pianeti, incluso il moto retrogrado. Assieme al suo collega Wei Pu, ricalcolò le orbite dei corpi celesti conosciuti eseguendo osservazioni tre volte per notte nell’arco di cinque anni consecutivi e correggendo le coordinate lunari e solari calcolate 350 anni prima dall’astronomo Yi Xing.

Natura

Shen Kuo descrisse come gli insetti predatori fossero in grado di controllare quelli infestanti che causavano danni agricoli incalcolabili in Cina. Si dimostrò anche preoccupato per la deforestazione causata dall’industria del ferro e per la produzione di inchiostri, suggerendo l’utilizzo del petrolio come sostituto del carbone e creando un inchiostro a base di petrolio più resistente di quelli impiegati in precedenza.

Shen Kuo

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Scorpion Tree e archeoastronomia dei nativi Chumash https://www.vitantica.net/2018/01/05/scorpion-tree-e-archeoastronomia-dei-nativi-chumash/ https://www.vitantica.net/2018/01/05/scorpion-tree-e-archeoastronomia-dei-nativi-chumash/#respond Fri, 05 Jan 2018 02:00:40 +0000 https://www.vitantica.net/?p=661 Lo Scorpion Tree è una vecchia quercia che si trova nelle Santa Lucia Mountains, nei pressi della contea di San Luis Obispo, California. Sarebbe soltanto un vecchio albero come molti altri se solo non fosse per un’incisione sul suo tronco che, fino a pochi anni fa, si riteneva fosse stata fatta da cowboy di passaggio.

Ma non si tratta di un semplice lavoro d’intaglio di un mandriano: la lucertola a sei zampe scavata nella corteccia dello Scorpion Tree, lunga ben un metro, è incorniciata da un rettangolo e si trova vicino a due sfere intagliate allo stesso modo nel tronco; un’ opera d’arte dal profondo significato simbolico realizzata, a quanto pare, dai nativi Chumash.

I Chumash sono una tribù di nativi americani che è vissuta nelle zone costiere della California per millenni: i primi insediamenti infatti risalirebbero a circa 10.000 anni fa.

Prima del contatto con l’ invasore occidentale si stima che la popolazione si aggirasse attorno a 10-20.000 individui; ma all’ inizio del 1900, tra vaiolo ed influenza, la popolazione si ridusse a circa 200 persone, che fortunatamente sono riuscite a risollevare le sorti della tribù portandola a circa 5000 unità attuali.

Astronomia dei nativi americani

“Sono stato il primo a capire che si trattava di un motivo dei Chumash” dice Rex Saint Onge, paleontologo, riferendosi ai nativi americani della regione che hanno lasciato disegni e incisioni simili a quelli dello Scorpion Tree su alcune rocce e caverne nella zona tra Santa Barbara e Malibu.

Nel caso della vecchia quercia, tuttavia, non si tratta di un petroglifo o di una pittura rupestre ma di un motivo inciso su corteccia d’albero, l’unico del suo genere per quanto riguarda la cultura dei nativi americani dell’intera costa occidentale degli Stati Uniti.

Dopo aver speso diverso tempo a studiare la simbologia di queste incisioni, Saint Onge ha compreso che i disegni riportati sulla vecchia quercia non sono altro che una rappresentazione del cielo: si tratterebbe infatti della relazione tra il Grande Carro e la Stella Polare.

archeoastronomia nativi americani
Due raffigurazioni di cielo e terra secondo gli Ipai, popolazione nativa che probabilmente condivideva molti aspetti culturali con i Chumash.

La cosa sorprendente è che i Chumash sono sempre stati considerati un popolo di cacciatori-raccoglitori-pescatori privo di nozioni astronomiche se non per un’osservazione superficiale del cielo e delle stelle, probabilmente utilizzate per orientarsi.

Ma essendo una delle poche popolazioni americane in grado di navigare l’oceano, una qualche conoscenza delle stelle dovevano pure averla, ma nessuna delle loro nozioni astronomiche pare essere giunta a noi; nulla, a parte le incisioni sullo Scorpion Tree.

Essendo un paleontologo, Saint Onge non aveva molte nozioni astronomiche. Ma come un bravo scienziato deve saper fare, si è rimboccato le maniche e ha iniziato a studiare.
Ha imparato che la Stella Polare è il fulcro della rotazione del Grande Carro, che ruota attorno ad essa in 24 ore e che la posizione della costellazione durante il tramonto può comunicare la stagione in cui ci si trova.

Se Saint Onge ha imparato tutto questo attraverso i libri, i Chumash pare lo avessero appreso osservando il cielo con pazienza e occhio attento nell’arco di anni, se non di generazioni.

Antichi “libri” di astronomia

Il lavoro di incisione del tronco dell’albero quindi non è un semplice motivo impresso sulla pianta durante una visione sciamanica indotte da sostanze psicoattive, come spesso avveniva durante le cerimonie Chumash e come era stato ipotizzato per decenni dai paleontologi.

Si tratta invece di una sorta di pagina del loro “libro” di astronomia, utilizzata come parte del calendario Chumash per stabilire in quale stagione ci si trovasse e regolare i ritmi della vita tribale.

Una delle pitture rupestre Chumash
Una delle pitture rupestre Chumash

I Chumash hanno lasciato una vasta gamma di pitture rupestri all’interno di caverne, sulle pendici di montagne e su svariate superfici rocciose spesso vicine a corsi d’acqua, sorgenti o specchi d’acqua permanenti.

I nativi Chumash credevano che questi luoghi avessero una connessione diretta con il soprannaturale ed erano spesso frequentati dagli alchuklash, gli sciamani, per avere le loro visioni entrando in uno stato alterato di coscienza attraverso l’uso di sostanze allucinogene.

I soggetti di queste pitture rupestri sono esseri umani, animali, corpi celesti e forme geometriche dal significato non ancora compreso, raffigurati da disegni fatti con dita intinte nei pigmenti. Una delle pitture sembrerebbe rappresentare l’ eclissi solare del novembre 1677, mentre altre mostrano probabilmente la posizione di alcuni astri o pianeti.

Datare le incisioni sull’albero è estremamente difficile, tant’è che oggi come oggi non si sa quando siano state effettuate. Si ipotizza anche che le incisioni non siano state fatte da antichi Chumash ma da una famiglia vissuta nella zona ed estinta dall’ epidemia di influenza del 1918.

Ma Saint Onge è convinto che si tratti di un’antica mappa celeste, un’incisione che dovrebbe far rivalutare completamente la complessità culturale dei Chumash e le loro nozioni in fatto di astronomia.

A supportare l’ipotesi di Saint Onge c’è Joe Talaugon, anziano Chumash e fondatore del Guadalupe Cultural Arts Center, che sostiene che la cultura Chumash sia sopravvissuta quando, oltre 200 anni fa, le missioni spagnole hanno cercato di sradicarla per far posto alla fede cristiana.

“Il popolo Chumash sta realizzando che ha una connessione profonda con suoi antenati e vuole rinnovarla. E’ importante per me come anziano che si faccia luce sulla nostra storia. L’incisione su quell’albero ha aperto molte strade per la ricostruzione della nostra storia”.

A Tree Carving in California: Ancient Astronomers?

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Timeline delle invenzioni dal I al XVII secolo https://www.vitantica.net/2017/12/27/timeline-invenzioni-al-xvii-secolo/ https://www.vitantica.net/2017/12/27/timeline-invenzioni-al-xvii-secolo/#respond Wed, 27 Dec 2017 02:00:52 +0000 https://www.vitantica.net/?p=1190 Non è stato immediato compilare questo elenco di invenzioni tra il I secolo d.C. e il XVII secolo, per cui chiedo scusa anticipatamente per eventuali inesattezze o errori. Inviate le vostre segnalazioni e provvederò a correggere!

I secolo d.C.: ombrello, mantici e eolipila
  • Eolipila: Erone di Alessandria inventa l’ eolipila, detta anche “motore di Erone”: si tratta di un motore mosso da due getti che espellono vapore, un’invenzione che ispirò motori a vapore e turbine idrauliche del millennio successivo.
  • Distributore automatico: nello stesso periodo, Erone inventa anche il primo distributore automatico della storia (distribuiva acqua benedetta in cambio di una moneta).
  • Mantici idraulici: l’inventore cinese Tu Shih inventa nel 31 d.C. i primi mantici idraulici per alimentare i forni di fusione del ferro.
  • Ombrello: Wang Mang inventa nel 21 d.C. il primo ombrello pieghevole, un oggetto inizialmente destinato ad un carro cerimoniale ma che successivamente verrà utilizzato su larga scala.
  • Estrazione mineraria idraulica: i Romani inventano un sistema per rilevare ed erodere oro dai depositi minerari sfruttando corsi d’acqua.
II secolo: carriola, sismometro, carta
  • Carriola: in una tomba a Chengdu, Cina, viene scoperta la prima carriola nota all’archeologia, risalente al 118 d.C.;
  • Sismometro: Zhang Heng, inventore e astronomo cinese, inventa nel 132 d.C. un sismometro basato sul movimento di un pendolo.
  • Catalogo stellare: Claudio Tolomeo compila un catalogo di tutte le stelle visibili ad occhio nudo.
  • Geografia di Tolomeo: Tolomeo redige un’opera che per i successivi 1300 anni sarà considerata la più completa rappresentazione del mondo abitato conosciuto. Nella Geografia si trovano anche tecniche di calcolo della latitudine e della longitudine e metodi per effettuare proiezioni cartografiche.
  • Carta: l’inventore cinese Cai Lun inventa nel 105 d.C. il primo metodo moderno per la produzione di carta.
III secolo: stampa, balestra e turbina ad acqua
  • Stampa: sotto la dinastia Han nasce la stampa con blocchi di legno incisi;
  • Turbina ad acqua: sembra sia apparsa la prima volta sotto l’Impero Romano ed era utilizzata per la macinatura dei cereali.
  • Carro che punta a Sud: durante la Guerra dei Tre Regni, l’inventore Ma Jun realizza un carro su due ruote sormontato da una piccola statua che indicava costantemente il Sud indipendentemente dalla direzione del veicolo e senza sfruttare il magnetismo. Lo strumento serviva ad orientarsi nei cunicoli scavati sotto le città assediate.
  • Balestra a ripetizione: in Cina viene inventata la balestra a ripetizione.
  • Segheria: a Ierapoli viene costruita la prima segheria meccanizzata alimentata da una ruota ad acqua.
IV secolo: staffe e vetro dicroico
  • Mulinello da pesca: secondo le testimonianze letterarie cinesi, intorno al IV secolo d.C. viene inventato il primo mulinello da pesca, ma la prima rappresentazione grafica di questo strumento risale al 1195.
  • Perforazioni petrolifere: il primo pozzo per l’estrazione del petrolio è cinese e risale al 347 d.C.. Fu scavato utilizzando pali di bambù con teste di perforazione metalliche; nonostante la bassa tecnologia di questo impianto d’estrazione, i primi perforatori raggiunsero la profondità di ben 240 metri. Il petrolio veniva utilizzato come combustibile per la produzione di sale.
  • Staffe: sempre in Cina fanno la loro apparizione le prime selle munite di staffe.
  • Vetro dicroico: la Coppa di Licurgo è il primo esempio di “nanotecnologia”: il vetro dicroico che la compone è stato contaminato da nanoparticelle d’oro e d’argento per ottenere spettacolari effetti di luce.
V secolo: collare per cavalli e bussola rudimentale
  • Collare per cavalli: i primi collari per cavalli, in grado di facilitare il compito di trascinamento di aratri o carichi pesanti, compaiono in Cina verso la metà del V secolo;
  • Carro che punta a Sud magnetico: Zu Chongzhi reinventa il carro sfruttando il magnetismo e senza la maggior parte della meccanica prevista per la versione precedente.
VI secolo: fiammiferi e carta igienica
  • Fiammiferi: i cinesi inventano i primi fiammiferi a zolfo nel 577 d.C.
  • Carta igienica: la prima testimonianza dell’utilizzo di carta igienica risale al 589 d.C. sotto la dinastia Sui.
VII secolo: fuoco greco, banconote e porcellana
  • Fuoco greco: Kallinikos inventa (o introduce) un’arma incendiaria chiamata fuoco greco.
  • Banconota: sotto la dinastia Tang vengono introdotte le prime banconote per evitare i pesanti e voluminosi sacchi di monete di rame durante le grandi transazioni di denaro.
  • Porcellana: sempre sotto la dinastia Tang appare la prima vera porcellana nelle regioni settentrionali della Cina.
VIII secolo: bustina da tè
  • Collare per cavalli in Europa: prima introduzione del collare per cavalli in Europa settentrionale.
  • Bustina da tè: le prime bustine da tè fanno la loro apparizione in Cina sotto la dinastia Tang: erano in carta piegata e cucita in modo tale da formare una busta in grado di preservare a lungo l’aroma e il gusto delle foglie.
IX secolo: polvere da sparo e concetto di zero
  • Polvere da sparo: alcuni alchimisti cinesi della dinastia Tang scoprono la miscela per produrre la polvere da sparo durante la ricerca dell’ elisir dell’immortalità (per millenni i cinesi furono ossessionati dall’immortalità). La prima ricetta precisa scritta per la produzione di polvere da sparo risale all’ XI secolo, ma già un secolo prima fu impiegata per realizzare le prime armi esplosive o a razzo della storia.
  • Zero: viene inventato in India il concetto di zero come numero e non come simbolo di separazione. Lo zero viene impiegato nei calcoli e trattato come tutti gli altri numeri;
X secolo: fuochi d’artificio e aratro pesante
  • Lancia di fuoco: la dinastia Song vede la nascita della prima arma da fuoco, un tubo di bambù (e successivamente di metallo) caricato con polvere nera in grado di sparare fiamme e schegge.
  • Fuochi d’artificio: inizialmente realizzati con involucri di bambù riempiti di polvere da sparo.
  • Aratro pesante: tra il X e l’ XI secolo appaiono in Europa i primi aratri pesanti, contribuendo sensibilmente all’aumento di popolazione registrato in questo periodo.
XI secolo: caratteri mobili e bacini di carenaggio
  • Caratteri mobili: nel 1088 in Cina viene pubblicata la prima opera stampata con il metodo dei caratteri mobili in ceramica.
  • Banconote: le banconote diventano di uso comune in Cina intorno all’anno 1024.
  • Bacino di carenaggio: il primo bacino di carenaggio sembra fare la sua comparsa nel 1068 in Cina.
  • Trasmissione a catena: l’inventore e astronomo Su Song inventa un sistema a trasmissione a catena per far muovere una sfera armillare e un orologio astronomico
XII secolo: bussola navale e cannoni
  • Bussola navale: nel 1119 lo storico cinese Zhu Yu descrive l’utilizzo di una bussola ad acqua dotata di un ago metallico magnetizzato che galleggiava all’interno di una ciotola.
  • Cannone: risale al 1128 la prima scultura raffigurante un cannone un cannone.
  • Occhiali da sole: sembra che i primi occhiali da sole siano stati realizzati in Cina sfruttando piccoli pannelli di quarzo affumicato incastrati in una montatura.
XIII secolo: razzi, mine esplosive e occhiali da vista
  • Razzi: in Cina vengono utilizzati i primi razzi militari a polvere da sparo.
  • Scappamento a corona e vèrghe: intorno al 1237 in Europa viene inventato il primo sistema di scappamento interamente meccanico, lo scappamento a corona e vèrghe;
  • Mina esplosiva: alcuni documenti storici risalenti al 1277 suggerirebbero il primo utilizzo di una mina esplosiva per fermare l’avanzata mongola verso Guangxi.
  • Occhiali da vista: i primi occhiali da vista sono probabilmente nati a Pisa nel 1286.
  • Cannone: prime testimonianze archeologiche della costruzione di cannoni di metallo e piccoli mortai dal peso contenuto, come il Cannone di Heilongjiang che risale probabilmente al 1288.
  • Polvere da sparo in Europa: Roger Bacon cita nel suo libro “Opus majus” del 1248 una ricetta per la preparazione della polvere da sparo.
XIV secolo: archibugio e astrario
  • Astrario: Giovanni Dondi inventa un orologio astronomico meccanico mosso da pesi e in grado di calcolare i moti del Sole, della Luna e dei cinque pianeti conosciuti, indicando anche le ore di luce alla latitudine di Padova, l’ora e i minuti in gruppi di dieci.
  • Archibugio: antenato del moschetto, la prima testimonianza del suo impiego risale al 1364 in Lombardia, anche se probabilmente il termine “archibuxoli” si riferiva al tempo ai tiratori di schioppo, un piccolo cannone portatile.
  • Armi da fuoco in Europa: nel 1331 Cividale del Friuli fu attaccata utilizzando qualche tipo di arma da fuoco non meglio identificabile. I primi cannoni, simili a quelli cinesi, appaiono nel Vecchio Continente nel 1326 e la produzione sul suolo europeo sembra essere iniziata nell’anno successivo.
XV secolo: clavicembalo whyskey
  • Caratteri mobili in metallo: nel 1454 viene stampata la Bibbia di Gutenberg, la prima opera in Europa stampata con questa tecnica.
  • Clavicembalo: verso la metà del secolo viene inventato il clavicembalo.
  • Grilletto: nel 1411 viene inventato il primo grilletto meccanico a frizione per armi da fuoco.
  • Whiskey: l’anno ufficiale della nascita del whiskey è il 1494.
  • Arma portatile ad avancarica: i fucili ad avancarica (prime forme di moschetto) fanno la loro prima apparizione intorno al 1475 in Italia e in Germania.
  • Anemometro: Leon Battista Alberti inventa il primo anemometro nel 1450.
XVI secolo: matite, microscopio e orologio da tasca
  • Orologio da tasca: Peter Henlein inventa nel 1510 il primo orologio tascabile.
  • Matita: la prima matita a grafite fu inventata nel 1565 da Conrad Gesner.
  • Bottiglia di birra: nel 1568 a Londra entra in circolazione la prima birra imbottigliata.
  • Proiezione di Mercatore: il cartografo Gerardo Mercatore crea nel 1569 una proiezione cartografica che verrà in seguito largamente impiegata per la realizzazione di mappe nautiche.
  • Macchina da maglieria: nel 1589, William Lee inventa a Parigi la prima macchina da maglieria per la produzione su larga scala di calze da donna.
  • Microscopio: anche se il dibattito sulla paternità di questo strumento è ancora aperta, il principale candidato come inventore del microscopio ottico a lente singola o composito (1590 circa) è l’olandese Zacharias Janssen (probabilmente realizzò lo strumento con l’aiuto del padre).
  • Teoria del contagio: Girolamo Fracastoro, collega di Copernico e professore di logica all’Università di Padova, pubblica nel 1546 il “De contagione et contagiosis morbis” (Sul contagio e sulle malattie contagiose), il primo trattato a descrivere il contagio da parte di germi patogeni.
  • Termometro galileiano: Galileo Galilei crea il primo termometro ad ampolla (probabilmente nel 1593), un termometro ad acqua e alcool.
XVII secolo: telescopio e pentola a pressione
  • Telescopio: la prima traccia scritta di un telescopio è un brevetto del 1608 registrato in Olanda da Hans Lippershey. Nel 1609 Galileo produsse una sua versione del telescopio a rifrazione.
  • Barometro ad acqua: Giovanni Battista Baliani inventa nel 1641 il primo barometro ad acqua, probabilmente l’evoluzione di uno strumento già in uso durante i viaggi esplorativi nelle Americhe.
  • Barometro a mercurio: Evangelista Torricelli crea intorno al 1643 il primo barometro a mercurio, chiamato anche “tubo di Torricelli”.
  • Bastoncini di Nepero: Giovanni Nepero, matematico, astronomo e fisico scozzese, inventa nel 1617 uno strumento di calcolo in grado di facilitare l’esecuzione di moltiplicazioni.
  • Pascalina: Blaise Pascal inventa l’antenato della moderna calcolatrice nel 1642. La Pascalina consentiva di addizionare e sottrarre numeri composti da massimo 12 cifre.
  • Velocità della luce: nel 1676 l’astronomo danese Ole Rømer è il primo ad effettuare una misura quantitativa della velocità della luce.
  • Pentola a pressione: Denis Papin inventa nel 1679 la pentola a pressione brevettandola con la descrizione «Il qui presente “digestore” rende digeribili molte quantità di cibi, tra cui le carni più dure».
  • Pompa pneumatica: Otto von Guericke inventa nel 1650 la prima pompa pneumatica in grado di creare il vuoto impiegato nel celebre esperimento degli “emisferi di Magdeburgo”.

 

Timeline of historic inventions

Inventions and Discoveries

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Terra piatta: storia sulla teoria del disco terrestre https://www.vitantica.net/2017/12/18/terra-piatta-storia-sulla-teoria-del-disco-terrestre/ https://www.vitantica.net/2017/12/18/terra-piatta-storia-sulla-teoria-del-disco-terrestre/#respond Mon, 18 Dec 2017 02:00:34 +0000 https://www.vitantica.net/?p=1144 La rinascita della corrente “terrapiattista” nel XXI° secolo dovrebbe suonare come un campanello d’allarme: interpretare la scienza senza competenze o in base a gusti, preconcetti o credenze personali non può fare altro che danni e provocare ripercussioni future sull’intera società umana.

Ma il modello cosmologico di Terra piatta non è un fenomeno nuovo: in un passato non molto lontano ci furono civiltà o sottoculture che ritenevano che il nostro pianeta fosse un’enorme distesa bidimensionale.

I nostri antenati erano però ottimi osservatori del mondo naturale e si resero conto, nell’arco di qualche secolo o millennio, che in realtà la Terra aveva una forma pressoché sferica e che tutto ciò che la faceva sembrare piatta non era altro che un’illusione sensoriale causata dal nostro punto d’osservazione.

Il disco terrestre

Per millenni gli antichi Egizi e i popoli mesopotamici basarono la loro cosmologia e astronomia su un modello comune: la Terra era un disco piatto che galleggiava in un oceano dalle dimensioni non definite, ed era sormontato da una cupola che costituiva il firmamento.

Il “disco terrestre” fu un concetto condiviso anche da molti autori e filosofi della Grecia presocratica, dai popoli norreni delle origini, dagli Ebrei e dai Cinesi, che mantennero questa credenza per lungo tempo: fu solo nel XVII secolo che l’astronomia occidentale fece il suo ingresso in Estremo Oriente dimostrando la sfericità della Terra.

Modello di Terra piatta e cupola celeste condiviso da molte civiltà antiche
Modello di Terra piatta e cupola celeste condiviso da molte civiltà antiche

Intorno al VI-V secolo a.C. tuttavia alcuni celebri matematici e filosofi greci, tra i quali Pitagora e Parmenide, iniziarono ad accumulare sempre più prove empiriche a favore di un modello cosmologico basato su una Terra tutt’altro che piatta, ma sferica.

La Terra sferica

Intorno al 330 a.C. Aristotele era così certo che il pianeta fosse un globo sferico da effettuare la prima stima della circonferenza terrestre, seguito nel 240 a.C. da Eratostene, che si avvicinò molto al valore reale della raggio della Terra basandosi sulla dimensione delle ombre proiettate dal Sole nelle città di Alessandria e Assuan.

 

Raffigurazione del calcolo eseguito da Eratostene per calcolare le dimensioni del globo terrestre
Raffigurazione del calcolo eseguito da Eratostene per calcolare le dimensioni del globo terrestre

La percezione del mondo come un pianeta sferico spinse Cratete di Mallo, filosofo greco vissuto tra il III e il II secolo a.C., a creare una rappresentazione del globo terrestre composta da 4 grandi continenti separati da mari e fiumi: in opposizione al mondo abitato (oikumene) c’erano gli antipodi, una regione sotto la zona torrida e considerata irraggiungibile e inabitabile.

Intorno al I secolo d.C., Plinio il Vecchio dava ormai per scontato che tutti i cittadini dei domini romani concordassero sul fatto che la Terra fosse sferica, ma fino a due secoli prima i supporter della Terra piatta come Tito Lucrezio Caro sostenevano che l’ipotesi fosse semplicemente ridicola: come spiegare il fatto che l’oceano rimaneva “incollato” al pianeta senza scivolare lungo la superficie, precipitando verso il vuoto cosmico? Cosa giustificava l’esistenza degli antipodi, un luogo totalmente disabitato e irraggiungibile?

Mappa del mondo conosciuto realizzata nel 1491 da Enrico Martello e probabilmente consultata da Colombo per la pianificazione del suo primo viaggio verso Occidente.
Mappa del mondo conosciuto realizzata nel 1491 da Enrico Martello e probabilmente consultata da Colombo per la pianificazione del suo primo viaggio verso Occidente.
La Terra è una mela o una pera?

Durante il periodo dei Padri della Chiesa la Terra sferica rimase un concetto comune e condiviso in tutto l’Occidente, con alcune eccezioni riguardo alla forma del pianeta e all’abitabilità degli antipodi.

Nel corso dei secoli la Terra fu raffigurata nei modi più disparati, tra i quali una specie di mela (o pera) che galleggiava in un oceano infinito emergendo solo in parte dall’acqua.

In questo periodo le discussioni cosmologiche iniziarono a concentrarsi sempre meno sulla forma del nostro pianeta e sempre più sulla sua reale posizione nell’universo: la Terra era il centro dell’universo o solo un satellite del Sole?

I sostenitori della Terra piatta hanno costituito una minoranza nell’arco di tutto il Medioevo. A partire dall’ VIII secolo d.C. il modello di pianeta sferico era ormai ben consolidato tra gli astronomi occidentali, anche se è difficile stabilire quanto il concetto si fosse propagato negli strati sociali meno alfabetizzati.

In alcune culture norrene l’ipotesi della Terra piatta e circolare sembra svanire del tutto intorno al XIII secolo e nell’arco delle esplorazioni del 1400-1500 si accumularono prove empiriche schiaccianti a favore della sfericità della Terra: quando Magellano completò la prima circumnavigazione del globo terrestre nel 1522, l’Europa si convinse finalmente e definitivamente che la Terra fosse sferica e completamente esplorabile.

Mappa della Terra piatta creata da Orlando Ferguson nel 1893
Mappa della Terra piatta creata da Orlando Ferguson nel 1893
Il ritorno della Terra piatta

Agli inizi del 1800 tuttavia l’ipotesi della Terra piatta tornò a fare capolino, inizialmente attraverso un’interpretazione errata della storia medievale da parte di alcuni autori e filosofi come Washington Irving, che sostenevano che durante il Medioevo la dottrina cosmologica dominante fosse quella della Terra piatta.

Fu in questo periodo che si originò il mito secondo il quale Colombo fu costretto a combattere l’ideologia della Terra piatta, apparentemente sostenuta dagli astronomi della corte castigliana, per poter realizzare il suo primo viaggio verso le Indie.

La realtà è che i dotti spagnoli sapevano benissimo che la Terra era una sfera, ma non concordavano con Colombo sul numero di miglia marine corrispondenti ad un grado di longitudine: i calcoli del navigatore genovese avevano ridotto il raggio terrestre a circa 2/3 del valore calcolato da Tolomeo e avevano sovrastimato le dimensioni dell’Asia.

Nel 1849 Samuel Rowbotham pubblicò il suo Zetetic Astronomy: Earth Not a Globe, opera che cercava di dimostrare che la Terra non fosse sferica ma un disco piatto in cui il Polo Nord occupava il centro mentre il Polo Sud correva lungo la circonferenza.

La sua seconda opera astronomica, The inconsistency of Modern Astronomy and its Opposition to the Scripture, fu pubblicata nel 1864 nel tentativo di rafforzare l’idea della Terra piatta e conquistò le menti di migliaia di futuri sostenitori di questa ipotesi.

Sulla base delle idee di Rowbotham nacque nel 1893 la Universal Zetetic Society, che nel 1956 sarebbe diventata la moderna Flat Earth Society che ancora oggi, anche in presenza di innumerevoli prove sulla sfericità della Terra, conta fin troppi sostenitori.

Aggiornamento 10/12/2018

Ancora oggi il mito della Terra piatta dilaga, nonostante tutte le prove a sostegno di un pianeta sferico. L’utente YouTube Wolfie6020, sfidato dall’utente Flat Out Hero, ha dimostrato (come se fosse necessario) che la Terra è sferica volando dalle Galapagos al Golfo di Guinea, imbarcandosi poi per il Polo Nord per finire tornando alle Galapagos. In palio 100.000 dollari, non ancora pagati dal Flat Out Hero.

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Flat Earth

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