raccoglitori – VitAntica https://www.vitantica.net Vita antica, preindustriale e primitiva Thu, 01 Feb 2024 15:10:35 +0000 it-IT hourly 1 La capacità di orientamento dei pigmei Mbendjele BaYaka https://www.vitantica.net/2019/07/30/capacita-orientamento-pigmei-mbendjele-bayaka/ https://www.vitantica.net/2019/07/30/capacita-orientamento-pigmei-mbendjele-bayaka/#respond Tue, 30 Jul 2019 13:10:23 +0000 https://www.vitantica.net/?p=4452 Come possono i cacciatori-raccoglitori che vivono nelle foreste più dense e impervie trovare la via di casa attraverso una spessa coltre di vegetazione che limita enormemente la visibilità?

Una ricerca condotta al Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology di Leipzig ha mostrato che il popolo Mbendjele BaYaka della Repubblica del Congo è in grado di indicare destinazioni fuori dal loro campo visivo con un livello di precisione straordinario. La capacità d’orientamento inoltre aumenta in base alla visibilità del sole, specialmente tra i bambini.

Orientarsi nella foresta

Il senso dell’orientamento all’interno di una foresta fitta e ricca di pericoli è una’abilità fondamentale per la sopravvivenza di un cacciatore-raccoglitore. I rischi non solo soltanto rappresentati da animali in grado di tendere agguati o presi alla sprovvista: non trovare più il percorso verso il villaggio o l’impossibilità di raggiungere risorse alimentari possono mettere in discussione la sopravvivenza di un’intera comunità.

Ma come è possibile sapere esattamente dove ci si trova all’interno di un ambiente che non offre riferimenti visivo-spaziali certi e in costante mutamento? Per scoprirlo, Haneul Jang e i suoi coleghi del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology hanno studiato il popolo congolese dei Mbendjele BaYaka.

Gli antropologi hanno condotto più di 600 test di orientamento con 54 individui Mbendjele BaYaka, sia uomini che donne, di età compresa tra i 6 e i 76 anni, scoprendo che sono dotati di uno straordinario senso della direzione e sono in grado di indicare la posizione di un obiettivo distante senza alcun riferimento spaziale certo.

I Mbendjele BaYaka

Il popolo Mbendjele BaYaka (chiamato anche Aka o Bayaka) è costituito da pigmei nomadi Mbenga che occupano 11 zone ecologiche del bacino del fiume Congo. Gli Aka sono tradizionalmente cacciatori-raccoglitori e basano la loro dieta su ben 63 piante diverse, 28 specie di selvaggina, 20 specie di insetti e una vasta gamma di noci, frutti, funghi e radici.

Solo di recente i Mbendjele BaYaka hanno iniziato a dedicarsi a piccole attività agricole stagionali. Per tutta la loro esistenza hanno condotto uno stile di vita nomade e basato sullo scambio: dai Ngandu, ad esempio, ottengono cetrioli, zucche, gombo, papaya, mango, ananas e riso in cambio di selvaggina e miele.

Gli Aka vivono in una società in cui la distinzione di ruoli tra uomini e donne è quasi nulla: i padri Mbendjele BaYaka spendono più tempo con i loro figli rispetto ai padri di qualunque altra cultura tradizionale conosciuta. Gli uomini aiutano le donne nelle loro attività quotidiane, compresa la cura dei figli, grazie anche allo stretto legame che si forma tra moglie e marito; dal canto loro, le donne partecipano alle attività di caccia senza alcun limite.

Un giovane Mbendjele punta ad  una risorsa alimentare durante il test condotto da Haneul Jang per verificare l'accuratezza del suo senso dell'orientamento nella foresta.
Un giovane Mbendjele punta ad una risorsa alimentare durante il test condotto da Haneul Jang per verificare l’accuratezza del suo senso dell’orientamento nella foresta.

“L’uguaglianza di genere tra i Mbendjele BaYaka può portare ad attività di raccolta su lunga distanza da parte delle donne, come per la caccia e la pesca che praticano gli uomini. Questo può consentrie alle donne e agli uomini di sviluppare abilità d’orientamento simili” spiega Haneul Jang.

Donne e uomini si sono infatti dimostrati capaci in egual misura di orientarsi nella foresta più fitta e di indicare la direzione di oltre 60 obiettivi distanti fuori dal loro campo visivo.

“I nostri risultati sono consistenti con gli studi precedenti che hanno scoperto che non ci sono differenze di sesso nelle capacità d’orientamenti delle società cacciatrici-raccoglitrici in cui entrambi i sessi viaggiano attivamente lontano da casa”.

“In contrasto con gli uomini e le donne della nostra società” aggiunge Karline Janmaat, che ha supervisionato la ricerca, “in cui le donne hanno ancora più probabilità di lavorare a casa o vicino a casa rispetto agli uomini, abbiamo osservato che sia gli uomini che le donne Mbendjele BaYaka viaggiano lontano da casa, e non soprende il fatto che siano ugualmente bravi nelle attività di orientamento”.

Abilità appresa fin da piccoli

Gli antropologi hanno scoperto che i bambini Aka sono in grado di orientarsi nella foresta fin dall’età di 6 anni, e con un’accuratezza del tutto paragonabile a quella degli adulti. Quando il sole era alto e ben visibile tra gli alberi, inoltre, l’accuratezza dei bambini è cresciuta sensibilmente, specialmente nei test condotti in aree distanti o a loro poco familiari.

“Diversamente dagli adulti, che hanno un ottimo senso della direzione in aree distanti anche se non possono vedere la posizione del sole, i bambini compiono errori di orientamento grossolani in aree poco conosciute in cui non possono vedere il sole. Comunque, se riescono a vederlo, la loro precisione aumenta considerevolmente” afferma Jang.

“I Mbendjele BaYaka vivono in una foresta pluviale di pianura, in cui orientarsi è difficile per via della fitta vegetazione e dell’assenza di punti di riferimento distanti, come le vette delle montagne. I popoli che vivono in questo tipo di ambiente potrebbero avere la necessità di imparare fin da piccoli come usare la posizione del sole per stabilire una direzione”.

Quando il sole non è visibile

Le culture cacciatrici-raccoglitrici hanno più volte dimostrato di essere in grado di orientarsi in modo efficace e istintivo, che si tratti di popoli delle savane o delle foreste pluviali. Il sole non è l’unico punto di riferimento: nelle regioni tropicali, durante la stagione delle piogge, la nostra stella risulta spesso non visibile sulla volta celeste, vanificando ogni tentativo di trovare la giusta direzione basandosi sul sole.

I cacciatori-raccoglitori, oltre ad una memoria spaziale a volte più addestrata della nostra e più capace di comporre mappe mentali dell’ecosistema, sono abilissimi nell’individuare e interpretare gli indizi del territorio, dall’aspetto delle piante alle tracce animali, da piccole alterazioni del terreno alle ombre proiettate dalla flora.

Le più recenti ricerche sull’intelligenza spaziale umana (come la teoria di Silverman e Eals del 1992) supportano l’ipotesi che la capacità di navigare un ecosistema sia legata a diversi meccanismi specializzati connessi al significato e alla rilevanza di alcuni elementi dell’ambiente naturale.

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Ad esempio, nella maggior parte dei casi le donne appartenenti a società cacciatrici-raccoglitrici si rivelano particolarmente abili nel localizzare risorse alimentari vegetali in relazione ad altri punti di riferimento: ricordano molto bene la presenza di piante commestibili nell’area che circonda il loro insediamento, un’abilità che si può rivelare molto utile per orientarsi nella foresta.

La navigazione nello spazio avviene secondo due strategie differenti. Nelle strategie egocentriche, si tende a memorizzare la disposizione spaziale dell’ambiente in base alla posizione dell’osservatore, ricordando in seguito la sequenza di punti di riferimenti. Sono tecniche di orientamento spaziale che si basano su punti di riferimento locali (come risorse alimentari) e sulla direzione intrapresa per navigare all’interno di un ambiente familiare. Un esempio di strategia egocentrica è la navigazione che utilizza una sequenza di movimenti come “avanti 10 passi, gira a destra, avanti 5 passi, gira a sinistra”.

La strategia allocentrica, invece, è più adatta alla navigazione in vaste aree o in regioni poco conosciute, pur essendo efficace anche nella navigazione locale: si basa principalmente su una mappa mentale dello spazio creata a partire da punti di riferimento ben visibili e riconoscibili, indipendentemente dal fatto che costituiscano o meno una risorsa utile. Un esempio di navigazione allocentrica è l’utilizzo dei punti cardinali per creare una mappa spaziale in grado di determinare la direzione da seguire per raggiungere la destinazione designata.

Sun, age and test location affect spatial orientation in human foragers in rainforests
Navigation skills develop early on among rainforest hunter-gatherers
Cognitive adaptations for gathering-related navigation in humans
Memory for Body Movements in Namibian Hunter-Gatherer Children

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Le caratteristiche di una società di cacciatori-raccoglitori https://www.vitantica.net/2018/07/16/caratteristiche-societa-cacciatori-raccoglitori/ https://www.vitantica.net/2018/07/16/caratteristiche-societa-cacciatori-raccoglitori/#comments Mon, 16 Jul 2018 02:00:14 +0000 https://www.vitantica.net/?p=1901 Cosa distingue una cultura basata sulla caccia e sulla raccolta da una società agricola o dedita alla pastorizia? Le tribù di cacciatori-raccoglitori sono meno belligeranti di quelle industrializzate o pre-industriali? Gli antropologi si pongono queste domande da diverso tempo; con anni di osservazioni e di duro lavoro sono riusciti a delineare alcune caratteristiche comuni tra le società cacciatrici-raccoglitrici conosciute, antiche e moderne.

Stile di vita nomade o seminomade

Molte società di cacciatori-raccoglitori conducono generalmente uno stile di vita nomade o seminomade (molto più raramente sono stanziali) e sono organizzate in piccole comunità dalla scarsa densità abitativa.

La vita totalmente nomade è più frequente in ambienti in cui le stagioni tendono ad essere più lunghe (e di solito più estreme), ma è abbastanza frequente a tutte le latitudine che la necessità di cibo e risorse costringa intere comunità a spostamenti frequenti tra diversi accampamenti stagionali.

Scarsa gerarchia sociale

Le società di cacciatori-raccoglitori osservabili in epoca moderna non dispongono di ufficiali politici specializzati. Più in generale, non esiste una vera e propria differenziazione in base alla ricchezza posseduta, ma molti beni sono di uso comune, case comprese (sono abitazioni occupate da un intero clan o gruppo familiare).

Esperienza e uguaglianza

Non importa se patriarcali o matriarcali, le società di cacciatori-raccoglitori tendono ad essere parzialmente egualitarie e ad apprezzare più l’esperienza sul campo piuttosto che la proprietà posseduta. Di solito non esiste un vero capo, ma piuttosto una gamma di esperti in vari campi (caccia, pesca, raccolta) che prendono l’iniziativa e che vengono seguiti dagli individui meno esperti.

Durante la caccia tutti devono fare la loro parte, compresi questi ragazzini Awa di ritorno da una battuta di caccia terminata con successo. Foto di Domenico Pugliese
Durante la caccia tutti devono fare la loro parte, compresi questi ragazzini Awa di ritorno da una battuta di caccia terminata con successo. Foto di Domenico Pugliese
Suddivisione dei ruoli

Il lavoro viene generalmente suddiviso solo in base ad età e sesso: le donne e i bambini si occupano solitamente della raccolta di piante spontanee e gli uomini invece si applicano nella pesca e nella caccia. La suddivisione dei ruoli non è rigida e immutabile e in alcune regioni del pianeta ci sono eccezioni degne di nota: nel popolo Aeta delle Filippine oltre l’ 80% delle donne partecipa alle attività di caccia e ottiene un successo maggiore rispetto agli uomini (31% contro 17%). Quando lavorano in combinazione con gli uomini, le probabilità di successo aumentano ulteriormente raggiungendo il 41%.

Tempo libero: meno ore di lavoro

I cacciatori-raccoglitori tendono a lavorare meno ore e a disporre di più tempo libero rispetto ai produttori di cibo: circa 6,5 ore di lavoro contro le 8,8 delle società agricole o industrializzate.

Cooperazione nella caccia e nella raccolta

La sopravvivenza delle comunità di cacciatori-raccoglitori, come anche di quelle agricole, dipende in buona parte dalla cooperazione dell’intero gruppo sociale: molti membri sono quotidianamente impegnati a procacciare cibo tramite la caccia e la raccolta, a mantenere le risorse a disposizione (come bestiame e orti) o a preparare e conservare il cibo per i periodi più duri.

Speranza di vita

Il 57% dei cacciatori-raccoglitori moderni raggiungerà l’età di 15 anni; tra questi, il 64% riuscirà a superare i 45 anni, con un’ aspettativa di vita compresa tra i 21 e i 37 anni. L’ 80% dei decessi è causato da malattie e il 20% da atti violenti o incidenti.

Aspettativa di vita dei cacciatori-raccoglitori moderni da una ricerca del 2007 condotta dalla UC Santa Barbara
Apprendimento:

Se paragonata ad una società che produce attivamente cibo, una cultura di cacciatori-raccoglitori pone meno enfasi sull’obbedienza, sulla responsabilità individuale o sull’insegnamento verbale; ma le culture con una forte impronta cacciatrice sono più portate a presentare traguardi da superare ai loro bambini.

Scorte di cibo e risorse alimentari

I cacciatori-raccoglitori sono tendenzialmente meno suscettibili a carestie e all’imprevidibilità delle risorse alimentari. Il loro stile di vita li ha abituati all’ottenimento di risorse alimentari da qualunque pianta o animale commestibile e la varietà di specie vegetali che consumano impedisce di incappare nei problemi tipici della monocoltura.

Manipolazione del territorio:

Molte società cacciatrici-raccoglitrici manipolano attivamente il territorio utilizzando il fuoco per bruciare le piante infestanti o non commestibili, oppure applicando la tecnica slash-and-burn per creare nuovi territori di caccia.

Belligeranza

Secondo alcune ricerche, la maggior parte delle popolazioni di cacciatori-raccoglitori ingaggia guerre con altri gruppi sociali almeno una volta ogni due anni; secondo altre invece gli scontri violenti si verificherebbero con minore frequenza rispetto alle culture produttrici di cibo. I risultati di queste analisi variano in base al valore che assumono termini come “pace” e “guerra” tra gli indigeni e tra i ricercatori: alcune azioni violente (come il punire severamente chi ha violato un tabù) non vengono considerate atti di guerra ma solo disciplina e rispetto delle tradizioni.

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Caccia o raccolta

Più ci si trova vicino all’equatore e in “località verdi” in cui la disponibilità di piante commestibili è elevata, meno i cacciatori-raccoglitori saranno dediti alla pesca o alla caccia. In queste circostanze, anche gli uomini partecipano attivamente alla raccolta. In climi più freddi, invece, la caccia e la pesca diventano attività predominanti (come tra gli Inuit, in cui l’attività di raccolta è pressoché inesistente a favore di una dieta a base di grasso e proteine animali).

Matriarcale o patriarcale

Più una società di cacciatori-raccoglitori si dedica alla raccolta, più avrà probabilità di avere una struttura matriarcale. Le società patriarcali e matriarcali non mostrano differenze nella frequenza di atti di guerra o violenti: l’elevata densità di popolazione e la complessità della cultura sembrano essere fattori che influiscono sulla belligeranza.

Territorio

Una società cacciatrice-raccoglitrice ha bisogno di un vasto territorio per poter sopravvivere; la sedentarietà è possibile solo in aree con una particolare abbondanza di risorse facilmente reperibili e un terreno adatto a supportare grandi quantità di monocoltura.

No, hunter gatherers were not peaceful paragons of gender equality
Carol R. Ember. 2014. “Hunter-Gatherers” in C. R. Ember, ed. Explaining Human Culture. Human Relations Area Files
Hunter-gatherer

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Popoli incontattati o isolati https://www.vitantica.net/2018/04/28/popoli-incontattati-isolati/ https://www.vitantica.net/2018/04/28/popoli-incontattati-isolati/#respond Sat, 28 Apr 2018 02:00:02 +0000 https://www.vitantica.net/?p=1654 Sul pianeta esistono ancora circa 100 piccole comunità tribali che non hanno mai avuto alcun contatto con le civiltà che le circondano. Alcuni di questi popoli non sono ancora stati turbati dagli avvenimenti del mondo esterno, mentre altri sono stati costretti ad uscire dal loro isolamento per difendersi dall’avanzata della modernità.

I tentativi di contatto non ostile con una tribù isolata sono spesso molto complessi, delicati e procedono con estrema lentezza. Anche se talvolta i linguaggi sembrano simili ad altri ceppi linguistici, rimangono incomprensibili per le popolazioni locali ormai uscite dal loro passato isolamento.

Le difese immunitarie di queste tribù isolate sono inoltre notoriamente deboli nei confronti delle malattie “occidentali” come il morbillo, la varicella o l’influenza. Infine, non sempre le buone intenzioni di esploratori e linguisti vengono premiate: alcuni popoli mai contattati si sono dimostrati ostili e violenti in passato, oltre che estremamente territoriali e gelosi del loro isolamento.

Posizione delle tribù mai contattate all'inizio del XXI secolo
Mappa che mostra la posizione delle tribù mai contattate all’inizio del XXI secolo (zone nere)
Sentinelesi

L’isola di North Sentinel ospita un esempio più unico che raro di tribù semi-primitiva vissuta in quasi totale isolamento dal resto del mondo per secoli interi. Il mistero sull’ origine dei Sentinelesi è di difficile risoluzione: i primi contatti del mondo occidentale con gli abitanti di North Sentinel si verificarono soltanto nella seconda metà del XVIII° secolo e le informazioni sulla loro storia precedente al 1700 sono del tutto inesistenti.

I Sentinelesi sembrano essere il tipico esempio di società semi-primitiva di cacciatori-raccoglitori: sopravvivono grazie alla caccia, alla pesca e alla raccolta di frutta spontanea e sono probabilmente organizzati in nuclei familiari che condividono grandi capanne capaci di ospitare anche 30-40 persone, caratteristica spesso comune nelle comunità tribali composte da clan.

Gusawi, Lengguru, Kokiri, Derewo, Teriku

Tribù della papua Nuova Guinea

I nomi che ho elencato rappresentano solo una parte delle tribù della Papua Nuova Guinea che non hanno ancora avuto contatti con la civiltà. Vaste aree della Nuova Guinea non sono ancora state esplorate da scienziati e antropologi per via della fitta giungla che ricopre le isole.

Molte delle tribù in contatto con il mondo industrializzato si fanno vedere solo sporadicamente e mantengono intatte molte delle antiche tradizioni del loro antenati (un tempo erano “cacciatori di teste” e ancora oggi capitano scontri violenti tra tribù rivali).

Le province indonesiane ospitano almeno 44 popolazioni ancora sconosciute, la cui esistenza è stata dedotta principalmente dai residui di attività umane nella foresta o dalle poche fotografie esistenti dei loro villaggi.

Toromona

I Toromona sono una delle 5 popolazioni incontattate della Bolivia e fino ad oggi nessun non-nativo ha mai incontrato un esponente di questa cultura.

I Toromona vengono citati fin dalla conquista spagnola dell’America del Sud: padre Miguel Cavello Balboa li descrive come abili combattenti che non dimostrano alcuna pietà di fronte al nemico.

Nel 1997, il biologo norvegese Lars Hafskjold tentò invano di contattare i Toromona nella giungla boliviana, sparendo all’interno del parco nazionale Madidi senza lasciare alcuna traccia. I nativi vedono raramente i Toromona e gli incontri ravvicinati con i locali possono tramutarsi velocemente in attacchi violenti.

Akuntsu
Gli ultimi 5 esponenti della tribù Akuntsu rimasti in vita dopo il massacro del loro popolo
Gli ultimi 5 esponenti della tribù Akuntsu rimasti in vita dopo il massacro del loro popolo

Popolazione brasiliana che vive in una piccola regione alimentata dal fiume Omere e una delle 67 tribù incontattate della foresta pluviale che ricopre buona parte del Brasile.

Gli Akuntsu sono cacciatori-raccoglitori e possono mantenere il loro stile di vita grazie all’abbondanza di animali nel loro tradizionale territorio di caccia. Vengono considerati dal 1995 (anno del primo contatto) una “tribù isolata” ma prima del loro riconoscimento ufficiale hanno condotto vere e proprie guerriglie nella giungla contro l’avanzata dell’industria del legname e del bestiame: i sette individui rimanenti contattati nel 1995 erano gli unici sopravvissuti ad un massacro condotto da una squadra di allevatori locali e oggi ne sopravvivono soltanto 5.

Uru-Eu-Wau-Wau
Uno dei villaggi Uru-Eu-Wau-Wau visto dall'alto
Uno dei villaggi Uru-Eu-Wau-Wau visto dall’alto

Gli Uru-Eu-Wau-Wau vivono nella foresta brasiliana in 6 villaggi abitati da altrettanti sottogruppi tribali. Il primo contatto con la civiltà risale al 1981 e corrisponde ad un declino demografico causato da malattie e scontri violenti con le milizie dell’industria della gomma: nel 1981 si contavano 250 individui, ma nel 1993 la popolazione era scesa a 89 individui totali.

Dalla metà degli anni ’90 del secolo scorso, gli Uru-Eu-Wau-Wau hanno iniziato ad aumentare di numero e ora dispongono della loro “Terra Indigena Uru-Eu-Wau-Wau”, una regione protetta dal governo brasiliano in cui solo i membri della tribù possono risiedere legalmente.

La protezione governativa tuttavia non tutela completamente i nativi Uru-Eu-Wau-Wau: cercatori d’oro e taglialegna meccanizzati continuano ad invadere il loro territorio causando spesso scontri violenti con i popoli tribali locali.

Awá (o Guajá)
Awá in ritorno da una battuta di caccia
Awá in ritorno da una battuta di caccia

Gli Awá sono una tribù brasiliana non contattata che vive nella foresta amazzonica orientale. Ad oggi si contano 350 membri, un centinaio dei quali non ha mai avuto alcun incontro con il mondo civilizzato.

Come altre popolazioni tribali, anche gli Awá sono soggetti a forti pressioni da parte dell’industria del legname, pressioni che sono spesso sfociate in conflitti, omicidi e stragi da parte dell’apparato industriale moderno.

Gli Awá vivevano in origine come cacciatori-raccoglitori nomadi e furono costretti, agli inizi del 1800, a fuggire dalle loro tradizionali aree di caccia a causa dell’arrivo dei coloni europei. Verso la fine del XX secolo sono stati letteralmente massacrati a centinaia, compresi molti che avevano ormai abbandonato lo stile di vita nomade.

Nel 2011 le violenze da parte dell’industria del legname raggiunsero l’apice con l’omicidio di una bambina Awá di 8 anni, bruciata viva come avvertimento a tutte le popolazioni tribali dell’area che intendevano arrestare l’avanzata delle ruspe e delle motoseghe.

Lacandon

Il popolo Lacandon, di origine maya, vive nella giungla messicana da secoli e finì sull’orlo dell’estinzione nel 1943. Fortunatamente, la tribù ha subito una ripresa demografica negli ultimi decenni, anche se si è divisa in due: un gruppo ora vive nelle aree urbanizzate mentre un altro, composto da circa 650 persone, è ancora geloso del proprio isolamento dalla civiltà e continua a vivere nella giungla.

La regione definita “Selva Lacandona” è stata evitata per secoli a causa delle leggende che circolavano su quella regione così densamente ricoperta da alberi e liane. Il primo contatto con il mondo occidentale, avvenuto intorno alla metà del XX secolo, fu traumatico per i Lacandon: riduzione del loro tradizionale territorio di caccia, malattie che coglievano impreparato il loro sistema immunitario e influenze culturali moderne troppo allettanti per essere rifiutate.

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Uncontacted peoples
Awá (Brazil)

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