I nostri antenati erano più intelligenti e astuti di noi?

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Uno dei meccanismi principali che regola l’evoluzione delle specie del nostro pianeta è la pressione che un ecosistema esercita sulle varie fasi del ciclo vitale di un organismo.

L’essere umano si è spesso trovato a subire varie forme di pressione dall’ambiente che lo circondava: i cambiamenti climatici, i grandi predatori e i cicli di estinzione di animali e piante hanno costretto i nostri antenati a spremere le meningi e a sviluppare un ingegno sofisticato per risolvere i problemi quotidiani.

La necessità di aguzzare l’ingegno

Il mondo moderno ci offre un’incredibile gamma di strumenti e tecnologie che semplificano enormemente la nostra vita, a partire da un semplice accendino a gas: ci consente di avere il fuoco a portata di mano con il minimo sforzo e un ingombro irrilevante.

In passato, generare una fiamma era spesso un procedimento relativamente complicato che comportava una certa perizia, ed era frequentemente ostacolato dalla semplice umidità ambientale o dalle imperfezioni dei materiali utilizzati.

Astuzia e conoscenza erano quindi armi fondamentali nell’arsenale intellettivo dei nostri antenati: la dura vita a contatto con gli elementi li costringeva a trovare soluzioni spesso creative a problemi oggi ritenuti semplici, o addirittura banali, ma che in una cultura semi-primitiva possono costituire un serio pericolo per la sopravvivenza di un’intera comunità.

Secondo alcuni ricercatori, la stessa pressione che ha contribuito a plasmare e a far evolvere il nostro cervello sta progressivamente sparendo dal mondo moderno, rendendo sempre meno necessario l’utilizzo delle nostre risorse intellettive per sopravvivere all’ambiente che ci circonda.

Scarsa pressione evolutiva

Questa ipotesi è stata proposta nel 2012 da una studio, pubblicato sulla rivista Trend in Genetics, in cui gli autori sostengono che la pressione evolutiva sull’essere umano si sia fatta sempre più lieve a partire dai primi insediamenti agricoli di migliaia di anni fa.

“Lo sviluppo delle nostre abilità intellettive e l’ottimizzazione di migliaia di geni coinvolti nell’intelligenza si è probabilmente verificata in gruppi dispersi di individui prima che i nostri antenati emergessero dall’Africa” spiega Gerald Crabtree, membro del team di ricerca della Stanford University.

Quando vagavano liberi per le savane africane alla ricerca di un pasto facile, i nostro progenitori erano dotati di un bagaglio di abilità emerso col tempo dalle loro necessità di sopravvivenza: modellare una pietra o un pezzo di legno, ad esempio, poteva garantire un vantaggio di importanza vitale contro la megafauna preistorica, o un utilissimo supporto per la cattura di grosse prede ad alto contenuto proteico.

Agricoltura e limiti intellettivi

Secondo Crabtree, dopo la diffusione dell’agricoltura e con l’emergenza di strutture sociali organizzate per la produzione di cibo e utensili, i nostri antenati che vivevano in aree densamente popolate iniziarono a perdere molte delle capacità che possedevano durante la fase da cacciatori-raccoglitori.

Agricolture e intelligenza

Queste abilità, non più necessarie in una vita sedentaria, fecero posto ad altre capacità la cui importanza a fini evolutivi è decisamente meno rilevante: in un insediamento urbano non ha alcun senso preoccuparsi costantemente di ogni fase della semina e del raccolto, dato che ci sono pochi membri altamente specializzati che si occupano della produzione agricola per conto dell’intera comunità (leggi questo articolo sulle conseguenze negative dell’agricoltura neolitica).

“Un cacciatore-raccoglitore che non escogitava una soluzione efficace per ottenere cibo o riparo era probabilmente destinato a morire, e con lui tutta la sua progenie, mentre oggi un dirigente di Wall Street che compie un errore concettualmente simile riceve un bonus cospicuo e risulta un partner più attraente. E’ chiaro che la selezione evolutiva estrema è ormai una cosa del passato” spiega Crabtree.

Effetto Flynn

La conclusione dei ricercatori sembra in contrasto con i dati che riguardano i cambiamenti di quoziente intellettivo nelle popolazioni del pianeta nell’arco degli ultimi 100 anni: la media si è alzata sensibilmente rispetto ai secoli passati, un fenomeno definito “Effetto Flynn” e che mostra un aumento diffuso e indipendente dalla cultura del valore medio del quoziente intellettivo.

Ma i dati relativi all’Effetto Flynn potrebbero rappresentare solo un quadro parziale per via del fatto che il calcolo del quoziente intellettivo non tiene in considerazione diverse tipologie di intelligenza, limitandosi a quella logico-matematica.

Secondo Crabtree, entro 120 generazioni (circa 3.000 anni), l’intera popolazione umana subirà gli effetti di almeno due mutazioni in grado di compromettere le nostre capacità intellettive o emotive.

Queste alterazioni saranno lente ma progressive: “Credo che in futuro conosceremo ognuna delle milioni di mutazioni umane che possono compromettere le nostre funzioni intellettive, e come queste mutazioni interagiscano con altri processi e con i fattori ambientali” sostiene Crabtree.

“Raggiunto quel traguardo, forse saremo in grado di correggere magicamente ogni mutazione in ogni cellula di un organismo indipendentemente dalla sua fase di sviluppo. A quel punto, il brutale processo di selezione naturale non sarà più necessario”.

Allarmismo inutile?

Non molti ricercatori condividono i risultati di Crabtree: il fatto che si verifichino mutazioni nei geni coinvolti nell’intelligenza non significa che il genere umano stia inevitabilmente diventando più stupido. La diversificazione del nostro corredo genetico ha infatti contribuito a creare una popolazione eterogenea anche nelle capacità intellettive.

“Non c’era uno Stephen Hawking 200.000 anni fa” spiega Thomas Hills, psicologo della University of Warwick. “Ma ora abbiamo persone dotate delle sue capacità e che fanno scoperte che non avremmo mai realizzato continuando a vivere nell’ambiente a cui si erano adattati i nostri antenati”.

Se decine di migliaia di anni fa occorreva il giusto mix di intelligenza visivo/spaziale e cinestetica, il passaggio all’agricoltura ha consentito ad altre intelligenze di emergere e occupare un ruolo predominante all’interno del set di abilità indispensabili all’uomo moderno: uccidere un cervo con un preciso colpo di lancia poteva tornare molto utile 40.000 anni fa, ma all’interno di un ufficio (ambiente di lavoro tipico di centinaia di milioni di persone) è una competenza priva di alcuna funzione pratica.

Study suggests humans are slowly but surely losing intellectual and emotional abilities


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