libri – VitAntica https://www.vitantica.net Vita antica, preindustriale e primitiva Thu, 01 Feb 2024 15:10:35 +0000 it-IT hourly 1 Matthew Hopkins e il “The Discovery of Witches” https://www.vitantica.net/2020/10/05/matthew-hopkins-the-discovery-of-witches/ https://www.vitantica.net/2020/10/05/matthew-hopkins-the-discovery-of-witches/#comments Mon, 05 Oct 2020 00:19:25 +0000 http://www.vitantica.net/?p=4974 Quando si parla di stregoneria, sono due i principali eventi storici che vengono facilmente ricordati: la pubblicazione del Malleus Maleficarus, un testo intriso di superstizione e misoginia, e i processi per stregoneria di Salem.

I processi di Salem sono, in realtà, parte di una catena di eventi più ampia che coinvolse le colonie del New England e del Massachusetts. Ciò che accomuna questa serie di procedimenti giudiziari volti a determinare l’uso di magia nera da parte degli imputati è un testo pubblicato nel 1647 dal titolo “The Discovery of Witches“, il cui autore è ritenuto responsabile del 20% delle esecuzioni per stregoneria avvenute tra il XV e il XVII secolo in Inghilterra.

Matthew Hopkins, uno dei più celebri cacciatori di streghe della storia, svolse la sua attività contro la magia nera per soli 3 anni, ma fu un personaggio di enorme peso nei procedimenti giudiziari per stregoneria avvenuti nell’arco di oltre 50 anni.

Demoni e streghe

Nel 1599 Re Giacomo VI di Scozia scrisse una dissertazione filosofica sulla negromanzia contemporanea intitolandola “Daemonologie, In Forme of a Dialogue, Divided into three Books: By the High and Mighty Prince, James &c.“. L’opera includeva anche diversi studi di demonologia e magia nera, elencando informazioni sull’interazione tra demoni ed esseri umani e toccando anche figure mitologiche come vampiri e lupi mannari.

Re Giacomo non fu indotto a scrivere il “Daemonologie” spinto dalla sua passione per l’occulto, ma fu influenzato anche dallo svolgimento dei processi per stregoneria di North Berwick, iniziati nel 1590 e che culminarono con l’esecuzione di un celebre stregone nel 1591. Re Giacomo iniziò il suo libro affermando:

“La spaventosa abbondanza, in questo tempo e in questo paese, di questi detestabili schiavi del Demonio, streghe o incantatori, mi ha spinto (amato lettore) a pubblicare questo mio trattato per risolvere i dubbi sul fatto che questi assalti di Satana siano realmente praticati, e che sia necessario punirli severamente”.

Circa vent’anni dopo dalla pubblicazione del “Daemonologie” nacque Matthew Hopkins, figlio di un vicario puritano di Suffolk. Poco si conosce sulla sua infanzia e sulla sua educazione, ma sappiamo che rimase particolarmente colpito dai resoconti dei processi per stregoneria inglesi che si svolsero prima e dopo la sua nascita.

In giovane età Hopkins finì sotto l’ala protettrice di John Stearne, un cacciatore di streghe di Suffolk noto come “il pungolatore di streghe”. I due si incontrarono, secondo Hopkins, nel 1644 in occasione di un processo per stregoneria: Stearne aveva accusato di stregoneria 23 donne, e Hopkins fu scelto come assistente del cacciatore. Nel corso del processo 4 imputate morirono in prigione, mentre le rimanenti 19 furono trovate colpevoli e impiccate.

L’incontro tra Hopkins e Stearne culminò con la pubblicazione del “The Discovery of Witches“, un libro che influenzò enormemente la caccia alla streghe dei successivi 50-60 anni.

Cacciatori itineranti

Hopkins e Stearne iniziarono a viaggiare per l’ East Anglia con l’intento di eliminare streghe dal Suffolk, dall’Essex, dal Norfolk, dal Cambridgeshure e dall’Huntingdonshire, probabilmente muniti di salvacondotti che consentivano loro facili spostamenti tra le diverse contee coinvolte nella Guerra Civile Inglese.

Matthew Hopkins e il "The Discovery of Witches"

I due erano accompagnati da un seguito di donne e dichiaravano (senza ragione) di essere ufficiali del parlamento inviati con il preciso scopo di catturare e processare streghe. A spingerli non era la carità cristiana: i costi dei loro servizi servivano a coprire la compagnia e tre cavalli, e ammontavano a circa 20 scellini per città. In casi eccezionali i prezzi lievitavano enormemente: per la cittadina di Stowmarket furono richieste 23 sterline (l’equivalente di quasi 4.000 euro del 2020) più la copertura delle spese di viaggio.

Il Parlamento non era ignaro delle “gesta” di Hopkins e Stearne, soprattutto alla luce del fatto che la coppia impiegava metodi non convenzionali o non ufficialmente tollerati, come la tortura.

Il sistema di tortura preferito da Hopkins era la privazione del sonno: impedendo agli accusati di dormire per giorni interi, si tentava di sbriciolare ogni resistenza psicologica nei confronti degli accusatori, portando alla confessione di peccati o reati spesso mai commessi.

Stearne invece prediligeva il “pricking“: pungere con aghi o spilloni il corpo dell’accusato nel tentativo di provocare dolore o sanguinamento. Secondo le credenze popolari, chiunque non avesse provato dolore o non avesse sanguinato era di fatto invischiato nella magia nera.

In base alla stessa, assurda “logica”, una persona che non annega o galleggia dopo essere stata legata ad una sedia e immersa in acqua, deve essere considerata una strega: ha rinnegato il suo battesimo e di conseguenza dovrebbe essere respinta dall’acqua. Questo metodo fu abbandonato da Hopkins e Stearne nel 1645 a causa del fatto che era considerato illegale usare questo test senza il consenso dell’imputato.

I risultati di Hopkins

La coppia di cacciatori di streghe non fu esente da forti critiche fin dall’inizio del loro operato. Hopkins e Stearne furono interrogati per rispondere delle accuse di tortura e per chiarimenti sui prezzi che chiedevano per le loro prestazioni.

Al momento del loro ritiro, i due cacciatori di streghe avevano di certo accumulato una discreta fortuna: considerando che la retribuzione giornaliera di un agricoltore ammontava all’epoca a circa 6 pence, la base di 20 scellini richiesti ad ogni città equivaleva a circa un mese e mezzo di paga di un mezzadro.

Nel 1647 i due si ritirarono dall’attività, pubblicando nello stesso anno “The Discovery of Witches”, un libro che avrebbe costituito le basi per i processi di stregoneria nelle colonie nordamericane.

Il diretto operato di Hopkins e Stearne portò alla condanna per stregoneria di più persone rispetto ai precedenti 160 anni di caccia alle streghe. Si pensa che tra il 1644 e il 1647 Hopking sia stato coinvolto nell’esecuzione di oltre 100 donne accusate di stregoneria.

Matthew Hopkins – The Real Witch-Hunter
Matthew Hopkins
The Witch-finder General

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De Materia Medica di Dioscoride Pedanio https://www.vitantica.net/2019/07/22/de-materia-medica-di-dioscoride-pedanio/ https://www.vitantica.net/2019/07/22/de-materia-medica-di-dioscoride-pedanio/#respond Mon, 22 Jul 2019 00:10:30 +0000 https://www.vitantica.net/?p=4428 Il De Materia Medica è un compendio di medicina e botanica scritto da Dioscoride Pedanio. In esso è racchiusa una conoscenza così vasta in materia di piante medicinali da renderlo un’opera medica di assoluto successo nel bacino del Mediterraneo tra il I secolo d.C. e il 1500.

L’origine e il successo dell’opera

Il medico greco Dioscoride Pedanio scrisse tra il 50 e il 70 d.C. un’opera in cinque volumi conosciuta in tutta Europa con il titolo di “De Materia Medica”. Dioscoride nativo di Anazarbus e studiò presso la scuola farmacologica di Tarsus, probabilmente sotto il medico locale Laecanius Arius, a cui fu dedicato il De Materia Medica.

Il libro nacque dall’esperienza farmacologica e botanica acquisita da Dioscoride durante i suoi studi in Anatolia, e dalla sua pratica botanica volta a individuare e utilizzare le piante medicinali per la cura delle patologie più diffuse nel suo tempo.

Il De Materia Medica è una raccolta di informazioni utilizzate in campo medico da Greci, Romani e altre culture antiche che vivevano sulle coste del Mediterraneo. Il libro contribuì alla formazione delle rinomate scuole di medicina arabe assieme alle opere di altri autori greci, come Galeno e Ippocrate.

Il De Materia Medica restò in uso per almeno 1500 anni dopo la sua pubblicazione. Durante il Medioevo fu tradotto in latino e in arabo, mentre nel Rinascimento furono effettuate traduzioni anche in italiano, in spagnolo, in tedesco e in francese.

De Materia Medica di Dioscoride Pedanio
La raffigurazione di una Artemisia absinthium in una delle copie illustrate del De Materia Medica di Dioscoride Pedanio (Juliana Anicia Codex)

Il commentario del medico e botanico arabo Ibn al-Baitar, vissuto nel XII secolo, fu uno dei più completi lavori di analisi del De Materia Medica; grazie ad esso, gli studiosi moderni sono stati in grado di identificare molte piante, radici e bacche descritte nell’opera di Dioscoride.

Fino al XVI secolo gli erboristi di tutta Europa basarono il loro lavoro sull’opera di Dioscoride e sugli scritti di Teofrasto. GLi erbari di Leonhart Fuchs, Valerius Cordus, Lobelius, Rembert Dodoens, Carolus Clusius, John Gerard e William Turner furono a tutti gli effetti indirizzati dal De Materia Medica e dall’esperienza botanica del suo autore.

Oggi sopravvivono diversi manoscritti del De Materia Medica, alcuni corredati di commenti e note minori, altri forniti di illustrazioni aggiunte da fonti arabe e indiane. Una di queste versioni è il Juliana Anicia Codex, redatto a Costantinopoli intorno al 512-513 d.C.; altre copie del manoscritto sopravvivono nei monasteri del Monte Athos o nella Biblioteca Nazionale di Napoli.

Un’opera farmacologica e botanica dall’approccio moderno

Ogni pianta o sostanza all’interno del De Materia Medica viene descritta in modo dettagliato, concentrando l’attenzione sul suo uso medicinale e allegando talvolta alcuni consigli su come identificarla. Ad esempio, descrivendo le proprietà medicinali dei papaveri Dioscoride fornisce un aiuto sull’identificazione delle specie allegando una descrizione sul differente aspetto dei loro semi.

Dopo queste utili informazioni per distinguere le diverse specie, Dioscoride passa all’aspetto farmacologico, indicando che l’estratto di alcuni papaveri causa sonnolenza, mentre gli estratti di altre specie possono trattare infiammazioni o, se mescolati con miele, creare uno sciroppo per la tosse.

La raffigurazione di un ciclamino in una delle copie illustrate del De Materia Medica di Dioscoride Pedanio (Juliana Anicia Codex)
La raffigurazione di una Artemisia absinthium in una delle copie illustrate delDe Materia Medica di Dioscoride Pedanio (Juliana Anicia Codex)

Il De Materia Medica contiene quindi sia il riconoscimento delle piante medicinali, sia il loro effetto farmacologico, oltre ad indicazioni e ricette per preparare i medicamenti con gli ingredienti indicati.

L’opera di Dioscoride contiene anche informazioni utili a distinguere un preparato medicinale autentico da uno contraffatto. Menzionando le raccomandazioni di altri medici, come Diagoras, Andrea e Mnesidemus, non manca di far notare che i loro consigli non provengono dall’esperienza diretta e che sono quindi da considerarsi non autentici.

Fino al periodo dei Tudor, gli erbari maggiormente diffusi in Gran Bretagna continuarono a classificare le piante secondo lo schema indicato da Dioscoride e da altri autori classici: non tramite l’analisi della loro struttura o delle loro somiglianze, ma al profumo e al sapore, alla loro edibilità e all’impiego medicinale.

Il contenuto del De Materia Medica

L’opera contiene la descrizione di circa 600 piante e di diverse sostanze di origine animale (35 in totale) e minerale (90), oltre che la formulazione di quasi 1.000 medicinali ottenibili con questi ingredienti.

La raffigurazione di una pianta di cannabis in una delle copie illustrate del De Materia Medica di Dioscoride Pedanio (Juliana Anicia Codex)
La raffigurazione di una pianta di cannabis in una delle copie illustrate del De Materia Medica di Dioscoride Pedanio (Juliana Anicia Codex)

Il libro è diviso in cinque volumi, ognuno dei quali è incentrato su determinate tipologie di piante dalle proprietà organolettiche e medicinali comuni.

Volume I: piante aromatiche. Descrizione delle piante in grado di produrre olio aromatico, come il nardo, la valeriana, la cannella, la resina di pino, la mela, la pesca, il limone e l’albicocca;

Volume II: animali ed erbe. Questo volume contiene informazioni su sostanze di origine animale, incluse creature marine, rettili e anfibi, oltre a dettagli sull’impiego di cereali e vegetali come l’asparago, la bietola, la cipolla e l’aglio;

Volume III: radici, semi ed erbe. Primo dei due volumi incentrati sulle radici, sui semi e sulle erbe. Vengono descritte le proprietà medicinali di liquirizia, cumino, prezzemolo e genziana;

Volume IV: radici, semi ed erbe. Secondo volume dedicato a radici e tuberi, semi ed erbe spontanee dall’uso medicinale;

Volume V: viti, vini e minerali. Proprietà medicinali e informazioni per identificare i diversi tipi di vite e d’uva, oltre a contenuti dedicati alle sostanze di origine minerale come ossido di zinco, ossido di ferro e verderame.

Il De Materia Medica è uno dei primi testi ad avere un approccio metodico e approfondito all’utilizzo delle piante medicinali. Descrive con dovizia di particolari alcuni antidolorifici, come la corteccia di salice, l’oppio e il colchico d’autunno (“falso zafferano”); tratta l’impiego di piante in grado di causare aborti, trattare infezioni del tratto urinario, lenire il mal di denti o i dolori intestinali.

Molte delle piante e delle sostanze descritte nel De Materia Medica trovano ancora impiego nella farmacopea moderna come medicine naturali, diluenti, aromi ed emollienti. Altre invece sono cadute in disuso per via delle pratiche superstiziose indicate da Dioscoride: le piante del genere Echium servivano a fabbricare amuleti contro il morso dei serpenti, mentre il Polemonium caeruleum trovava impiego contro le punture di scorpione.

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The 1500th Anniversary (512-2012) of the Juliana Anicia Codex: An Illustrated Dioscoridean Recension

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Picatrix e magia medievale https://www.vitantica.net/2019/06/14/picatrix-magia-medievale/ https://www.vitantica.net/2019/06/14/picatrix-magia-medievale/#respond Fri, 14 Jun 2019 00:10:24 +0000 https://www.vitantica.net/?p=4298 Per coloro che non hanno mai manifestato interesse per l’occultismo medievale, il nome Picatrix potrebbe dire ben poco o nulla; ma questo testo astrologico di 400 pagine rappresentò un vero e proprio caposaldo della magia medievale e rinascimentale, un compendio di nozioni astrologiche, alchemiche e magiche diffuse in Medio Oriente.

Chi scrisse il Picatrix?

Il Picatrix è una collezione di credenze magiche del Medio Oriente, una sorta di manuale di magia astrologica. Scritto in arabo tra il 1047 e il 1051, alla metà del XIII secolo fu tradotto in spagnolo per volere di Alfonso X di Castiglia, appassionato di astrologia e di occultismo. La versione latina fu realizzata successivamente alla traduzione in spagnolo a partire dalla fine del XV secolo.

Lo storico arabo Ibn Khaldun attribuì la paternità del Picatrix a Maslama al-Magriti (probabilmente Abu Maslama Muhammad ibn Ibrahim ibn Abd al-da‘im al- Marjti, un celebre matematico e alchimista arabo), vissuto tra il X e l’ XI secolo; non esiste tuttavia alcun accenno all’opera nelle biografie di al-Majriti e la data di realizzazione del manoscritto non è coerente con quella del decesso dell’alchimista, morto tra l’anno 1004 e il 1008.

Secondo le analisi degli storici, il Picatrix è una raccolta di nozioni prelevate da oltre 200 differenti testi di magia e astrologia che circolavano durante il X-XI secolo, come il De Imaginibus di Thabit Ibn Qurra e altri documenti di origine ellenica e mediorientale.

Il titolo originale in arabo, Ghâyat al-Hakîm (“L’obiettivo del Saggio”), fu successivamente tradotto in Picatrix per ragioni non ancora chiarite. E’ possibile che si tratti di una traslitterazione scorretta del termine “Buqratis“, che appare cinque volte nel secondo libro del documento e che inizialmente fu interpretato dagli storici come un riferimento a Ippocrate.

Chi scrisse il Picatrix?

L’ipotesi di un nesso con il padre della medicina fu successivamente scartata per via della presenza di riferimento al medico greco con il nome Ypocras, anche se alcuni ricercatori, come lo studioso di filosofia araba Henri Corbin, continuano a propendere per l’ipotesi del legame con Ippocrate.

Ciò che sappiamo per certo, tuttavia, è che intorno al XIV secolo il Picatrix, nella sua versione in spagnolo e in latino, riscosse un enorme successo in tutta Europa e finì sugli scaffali di molte librerie del tempo. La Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze custodisce una copia del testo latino effettuata nel 1536.

Il contenuto del Picatrix

Anche se alcuni studiosi medievali consideravano il Picatrix una raccolta di superstizioni prive di alcun valore reale, altri ritenevano il libro un’opera pericolosa. Il Picatrix contiene infatti incantesimi che spaziano dal controllo degli agenti atmosferici all’evocazione di creature soprannaturali, e una serie di informazioni magico-astrologiche utili per chiunque avesse desiderato diventare un praticante di occultismo.

Il Picatrix è diviso in 4 libri, suddivisi a loro volta in capitoli. Nel Primo Libro viene descritto a grandi linee il “firmamento” e l’effetto generale che ha sulla sfera soprannaturale, fornendo descrizioni di cosa sia realmente la magia e del suo impatto sulla vita reale.

Il Secondo Libro si concentra sull’effetto dettagliato delle dinamiche celesti sul mondo materiale, di come i pianeti, la Luna e le stelle possano essere usate per attività magico-divinatorie con accenni al mondo induista e delle sue influenze sul contenuto dell’opera.

Quattro immagini di Saturno in una pagina del Picatrix custodito alla Biblioteka-Jagiellonska
Quattro immagini di Saturno in una pagina del Picatrix custodito alla Biblioteka-Jagiellonska

Nel Terzo Libro si scende ulteriormente nel dettaglio dei pianeti e delle loro sfere d’influenza, di come possano interagire con animali, piante e minerali per ottenere effetti benefici o, al contrario, causare sofferenza e distruzione.

Il Quarto Libro è incentrato sull’evocazione di creature soprannaturali. Spiega come evocare spiriti e demoni usando diverse pratiche rituali allo scopo di ottenere conoscenza o piegarli al proprio volere.

Il Picatrix si propone essenzialmente come una guida verso l’esaudimento dei propri desideri utilizzando la magia astrologica e il mondo soprannaturale. Usando una serie di giustificazioni filosofiche, l’autore del testo propone l’idea che tutte le pratiche magiche contenute nel libro non siano in contrasto con la sfera religiosa, ma siano al contrario approvate dalle entità divine, se non addirittura coadiuvate da esse.

Gli incantesimi del Picatrix
Incantesimo di distruzione

Il Picatrix riporta un incantesimo in grado di creare una landa desolata a patto di eseguire il rituale nei modi e nei tempi più corretti. L’incantesimo prevede l’uso di una sottile lastra di piombo (un oggetto comune nelle pratiche magiche ellenica) da posizionare nell’area da inaridire e da decorare con simboli magici usando il fluido cerebrale di un maiale; fino a quando la lastra rimarrà in posizione, nessun essere vivente oserà addentrarsi in quella landa desertica.

L’anello del potere

Il Picatrix è principalmente un testo di magia astrologica e fa spesso riferimento ai pianeti del Sistema Solare. Per sfruttare al meglio il potere soprannaturale fornito dai pianeti e dagli astri, il Picatrix consiglia di creare anelli utilizzando materiali di diversa natura: ad esempio, per evocare il potere di Saturno è necessario fabbricare un anello di piombo e turchesi e incidervi un uomo che cavalca un drago mentre brandisce una falce.

Secondo l’autore, se si indossa l’anello le forze oscure saranno ben disposte verso l’utilizzatore, e si potrà controllare esseri umani, scorpioni, serpenti e topi, oltre a poter conoscere i segreti più profondi dell’animo umano e delle forze astrali. Il tutto a patto di non entrare in posti scuri e di non consumare carne speziata con aneto.

Immagine di Venere in una pagina del Picatrix
Immagine di Venere in una pagina del Picatrix
Veleni ed elisir

Il Picatrix contiene diverse ricette di veleni ed elisir; alcune prevedono l’uso di ingredienti particolari, rari o semplicemente disgustosi: sudore di maiale, cervello d’asino, grasso di scimmia o urina di gatto nero.

Una delle ricette più complesse prevede l’uso di un rospo:

“Fissare ogni zampa con un chiodo. Colpire il rospo con un bastone. Pian piano, si gonfierà e si arrabbierà, espellendo un triplo veleno a tre colori. Collocare un recipiente sotto l’animale e prelevare il veleno. Alla fine liberarsi del rospo. Lettere, cibo e alte cose diventano mortali se unti con questo veleno. Se si lascia il veleno a fermentare in un vaso di piombo diventerà ancora più potente. Se si distillerà il veleno fermentato, penetrerà maggiormente nei tessuti.”

Il potere di Marte

Il Picatrix suggerisce che ogni pianeta può essere utilizzato per causare dolore o morte in base alla necessità. Saturno, ad esempio, può essere usato contro agricoltori e padri, mentre il Sole è efficace contro medici e filosofi; la Luna, invece, causa sofferenza nei regnanti e negli esattori delle tasse.

Marte sembra essere un pianeta “multiuso” adatto a causare dolore a chiunque. Secondo l’autore del Picatrix, il pianeta Marte è all’origine delle guerre, della deposizione di nobiluomini e sovrani, dei cattivi pensieri degli uomini malvagi.

Specchio magico

Lo specchio magico è uno strumento divinatorio rimasto in voga per molti secoli. Il Picatrix sostiene che uno specchio magico debba essere realizzato in oro o in argento seguendo un procedimento molto complesso, che prevede ingredienti come capelli di donna, seta, rami di pruno, incenso, sangue e sperma.

Attorno allo specchio occorre incidere i nomi di sette stelle, sette angeli e sette venti. Se il procedimento viene seguito alla lettera, lo specchio magico sprigionerà tutto il suo potere:

“Se si gette lo sguardo nello specchio e lo si custodisce al meglio, sappi che attraverso di esso unirai uomini, venti, spiriti, demoni, i viventi e i morti. Tutto ti obbedirà ed eseguirà il tuo comando…Avrai potere sui venti, sugli esseri umani e sui demoni, e farai ciò che vuoi. Quando sarai lavato e pulito, chiamali; verranno da te con obbedienza. Lavati su un catino o qualunque contenitore pulito pieno d’acqua. Osserverai il compimento di ciò che brami.”

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Picatrix : the Latin version of the Ghayat al-?akim / edited by David Pingree.
Picatrix: A Medieval Treatise on Astral Magic
How to become an EVIL wizard – medieval magic from Picatrix
Il trattato sul Picatrix e i suoi rapporti con la magia
The Picatrix

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La creazione di un manoscritto medievale https://www.vitantica.net/2019/02/09/creazione-manoscritto-medievale/ https://www.vitantica.net/2019/02/09/creazione-manoscritto-medievale/#respond Sat, 09 Feb 2019 00:10:44 +0000 https://www.vitantica.net/?p=3738 Patricia Lovett, calligrafa di professione per la British Library, ha creato una serie di video di 2-3 minuti che illustrano in breve l’intero procedimento di creazione di un manoscritto medievale, dalla creazione degli strumenti di scrittura alla rifinitura delle pagine.

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Come realizzare penne per la scrittura

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Realizzazione dell’inchiostro di “gallozze” di quercia, escrescenze ricche di tannini che si sviluppano su alcuni alberi, e gomma arabica

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Selezione e preparazione della pelle animale usata nella realizzazione delle pagine dei manoscritti

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Impostazione della struttura della pagina

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Preparazione dei pigmenti

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Le miniature

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Il Codice Mendoza https://www.vitantica.net/2019/02/01/codice-mendoza-aztechi/ https://www.vitantica.net/2019/02/01/codice-mendoza-aztechi/#respond Fri, 01 Feb 2019 00:10:20 +0000 https://www.vitantica.net/?p=3118 Il Codice Mendoza, noto anche come Codice Mendocino o La colección Mendoza, è un codice azteco creato tra il 1529 e il 1553 contenente una serie di preziose informazioni sulla vita dell’impero azteco, come la lista dei regnanti, i tributi pagati dai popoli sottomessi e una descrizione sulla vita quotidiana delle culture mesoamericane.

La storia del Codice Mendoza

Il Codice prende il nome dal viceré della Nuova Spagna Antonio de Mendoza, che lo commissionò per donarlo a Carlo V. Il codice è stato compilato utilizzando i pittogrammi tradizionali degli scribi aztechi, in aggiunta a traduzioni e commenti in spagnolo.

Codice Mendoza: La fondazione di Tenochtitlan
Codice Mendoza: La fondazione di Tenochtitlan

Il manoscritto fu realizzato tra il 6 luglio 1529 e il 1553, dato che si cita Hernan Cortes e reca la firma del cosmografo francese André Thevet, possessore del Codice Mendosa che scrisse il suo nome in cinque pagine diverse datando la sua firma in due occasioni con l’anno 1553.

Sembra che il manoscritto sia stato scritto in fretta e furia prima del suo invio in Spagna e la data certa della sua composizione è materia di dibattito ancora oggi.

Codice Mendoza: La conquista di Itzcoatl
Codice Mendoza: La conquista di Itzcoatl

Una volta terminato, il Codice Mendoza si imbarcò da Veracruz verso la Spagna, ma nel 1549 la nave su cui veniva trasportato fu attaccata da corsari francesi e depredata. Il Codice, insieme al bottino, raggiunse quindi la Francia ed entrò in possesso di André Thevet, cosmografo di Enrico II.

Codice Mendoza: La conquista di Ahuitzotl
Codice Mendoza: La conquista di Ahuitzotl

Secondo Samuel Purchas, scrittore del XVI-XVII secolo e penultimo possessore del Codice Mendoza, il manoscritto fu poi acquistato dall’inglese Richard Hakluyt per 20 corone francesi, per poi giungere nelle mani di Purchas nel 1616. Il Codice Mendoza fu depositato nella Bodleian Library di Oxford nel 1659 e si perse la memoria della sua esistenza fino al 1831, anno in cui gli accademici inglesi si resero conto della sua rilevanza storica.

La pagina finale del Codice Mendoza spiega le circostanze della sua produzione:

Il lettore dovrà scusare lo stile grezzo dell’interpretazione delle raffigurazioni di questa storia, perché l’interprete non si prese il tempo per lavorare lentamente…Questa storia fu consegnata all’interprete 10 giorni prima della partenza della flotta, e la tradusse senza cura perché gli Indiani giunsero tardi ad un accordo; quindi fu tradotto di fretta e non fu perfezionato lo stile, e nemmeno [il traduttore] spese del tempo a ripulire le parole e la grammatica o a fare una copia presentabile.

Codice Mendoza
Contenuto del Codice Mendoza

Il Codice Mendoza è compostoda 71 pagine divise in tre sezioni.

Sezione I

Storia degli Aztechi dal 1325 al 1521, dalla fondazione di Tenochtitlan fino alle prime battute della conquista spagnola. Contiene un elenco di tutti i regnanti e delle città da loro conquistate.

Codice Mendoza: Lista delle città tenute a pagare tributi
Codice Mendoza: Lista delle città tenute a pagare tributi
Sezione II

Lista di tutte le città conquistate dalla Triplice Alleanza e dei tributi che pagavano all’impero azteco. Questa sezione è probabilmente copiata dal manoscritto Matrícula de Tributos, un elenco dei tributi pagati dalle città sottomesse all’influenza azteca, ma il Codice Mendoza contiene cinque province non elencate nel Matrícula.

Codice Mendoza: Lista dei tributi
Codice Mendoza: Lista dei tributi
Sezione III

Contiene un elenco di raffigurazioni della vita quotidiana degli Aztechi.

Codice Mendoza
Codice Mendoza: attività quotidiane

Lo scopo iniziale del Codice era quello di fornire ai regnanti una serie di informazioni affidabili sui popoli mesoamericani conquistati dalla Spagna.

Codice Mendoza

Buona parte del suo contenuto potrebbe essere stato copiato da fonti pre-ispaniche, quasi tutte andate distrutte durante le campagne di eradicazione del primo vescovo messicano Juan de Zumarraga.

Codex Mendoza

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Consigli in cucina dal X secolo https://www.vitantica.net/2018/11/14/consigli-in-cucina-dal-x-secolo/ https://www.vitantica.net/2018/11/14/consigli-in-cucina-dal-x-secolo/#respond Wed, 14 Nov 2018 00:10:44 +0000 https://www.vitantica.net/?p=2457 Il “Libro dei Piatti” (Kitab al-Tabikh) è uno dei libri di cucina medievali più interessanti mai scoperti e tradotti. Scritto da Ibn Sayyar al-Warraq nel X secolo, è il più antico libro arabo di cucina e copre un vasto numero di elementi della tavola, dalle buone maniere ai benefici di alcuni cibi o bevande.

Il libro di ricette arabo contiene informazioni sugli utensili necessari in cucina, istruzioni sull’utilizzo e la conservazione delle spezie più comuni, consigli per gli alimenti da somministrare ad anziani e bambini, numerosi poemi sul cibo e, ovviamente, un’enorme collezione di ricette.

L’opera comprende oltre 600 ricette suddivise in 132 capitoli, ricette che spaziano dalla carne alla birra a base di miele; l’opera è corredata anche da una serie consigli pratici per la cucina, alcuni riportati qui sotto.

Come evitare che il cibo vada a male

Tagliare cipolle, porri, carote, melanzane e altre verdure con lo stesso coltello usato per tagliare la carne farà andare a male il piatto, è bene saperlo. Occorre avere un coltello speciale per tagliare la carne e uno per tagliare le verdure.

Pentole maleodoranti

Se le pentole puzzano e sono ricoperte di grasso, buttare al loro interno una o due noci e lasciarle in pentola per qualche tempo. Le noci assorbiranno gli odori grassi. Per dimostrarlo, prendete una delle noci e apritela. Il suo odore sarà così ripugnante da risultare intollerabile.

La pentola del porridge

Il porridge è cotto in pentole di rame ricoperte da stagno perché questi cibi vengono generalmente mescolati con forza e a lungo fino a farli addensare. Le pentole di pietra non resisterebbero mai ad un trattamento simile dato che potrebbero rompersi.

Conservare le spezie

I barattoli di vetro sono l’ideale per conservare le spezie, subito dopo vengono i contenitori di vimini. I peggiori contenitori per le spezie sono i sacchetti di pelle.

Cibo bruciato

Si può eliminare l’odore di ogni cibo bruciato piazzando urina nella pentola. Tuttavia, un metodo migliore per eliminare gli odori è versare il contenuto della pentola bruciata in un altro contenitore e poi raschiare il cibo bruciato. Questo viene fatto solo in casi estremi.

Le uova migliori

Le uova migliori sono quelle di gallina o di fagiano. Poi vengono quelle d’anatra, ma forniscono meno nutrienti e sono di scarsa qualità. Per quanto riguarda le uova di rondine o di altri uccelli, è meglio assumerle come medicinali.

Le uova, bollite e strapazzate, sono nutrienti ma lente da digerire e impiegano molto tempo per attraversare il sistema digestivo. Le uova poco cotte alimentano l’organismo in modo molto veloce. Le uova cotte in stufati sono meno dannose di quelle bollite e più veloci da digerire.

Cuocere le verdure

Quando si prepara la verdura, scaldare l’acqua in una pentola e lasciarla arrivare a ebollizione. Prendere le verdure, legarle in fasci e aggiungerle all’acqua calda. Ci dovrebbe essere acqua a sufficienza per coprire le verdure. Mantenere alta la fiamma sotto la pentola. Quando si aggiungono le verdure, non lasciar morire la fiamma, anzi, alimentarla con altro combustibile.

Quando le verdure stanno bollendo, coprire la pentola con un coperchio altrimenti diventeranno giallognole. Non aggiungere acqua fredda mentre stanno bollendo altrimenti ingialliranno. Una volta cotte le verdure, toglierle dalla pentola e disporle su un piatto.

Riso al latte

Lavare il riso e lasciarlo a bagno nel latte per tutta la notte. Versare acqua in una grande pentola di rame, la quantità dovrebbe essere sufficiente a coprire il riso, o poco meno. Aggiungere grasso all’acqua: può essere burro chiarificato da latte di vacca, olio di mandorle o di sesamo. Lasciar bollire.

Aggiungere il riso e la quantità desiderata di miele. Attendere fino a quando sarà quasi cotto e aggiungere gradualmente il latte fino a cottura completa. Rimuovere la pentola dal fuoco.
Il piatto diventerebbe ancora più delizioso se si sostituisse il miele con zucchero bianco. Occorre immergere il riso in latte appena munto e può essere fatto solo durante notti fredde.

Book Review of “Ibn Sayyar al-Warraq’s Tenth-century Baghdadi Cookbook” by Nawal Nasrallah
Medieval Cooking Tips

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Malleus Maleficarum, il Martello delle Streghe https://www.vitantica.net/2018/09/24/malleus-maleficarum-il-martello-delle-streghe/ https://www.vitantica.net/2018/09/24/malleus-maleficarum-il-martello-delle-streghe/#respond Mon, 24 Sep 2018 02:00:57 +0000 https://www.vitantica.net/?p=2167 Il Malleus Maleficarum è uno dei più noti trattati medievali sulla stregoneria, celebre sia in epoca moderna che nel contesto storico della sua pubblicazione. Scritto nel 1486 da Heinrich Kramer e Jacob Sprenger e pubblicato l’anno seguente, fu ideato con lo scopo di fornire un manuale passo-passo per la battaglia contro il Male e fornire a inquisitori e magistrati del tempo gli strumenti necessari per identificare, accusare e interrogare chiunque fosse stato sospettato di praticare la magia nera.

L’origine del Malleus Maleficarum

Sia Kramer che Sprenger erano domenicani e inquisitori della Chiesa Cattolica, esperti quindi nei procedimenti giudiziari volti a determinare la colpevolezza o l’innocenza di un potenziale adoratore del Demonio.

La presentazione ufficiale dell’ opera avvenne il 9 maggio del 1487 alla Facoltà di Teologia dell’Università di Colonia, ma ricevette moltissime critiche da parte dei teologi della Santa Inquisizione che la giudicarono non etica e ricca di procedure illegali, oltre che inconsistente con le dottrine demonologiche cattoliche.

La creazione del Malleus Maleficarum fu il frutto dell’esperienza inquisitoria in Tirolo di Kramer: nel 1484 il domenicano iniziò una persecuzione sistematica di chiunque fosse sospettato di stregoneria, una persecuzione non esente da critiche: Kramer fu bandito da Innsbruck e definito dal vescovo locale come “un vecchio uomo rimbambito” a causa della sua particolare inclinazione ad appioppare un verdetto di colpevolezza anche in assenza di prove valide e alla sua tendenza a focalizzarsi sulle abitudini sessuali delle presunte streghe.

Kramer si vantava di aver processato personalmente 100 donne, condannandone al rogo almeno la metà. I suoi metodi prevedevano, oltre a pratiche particolarmente crudeli spesso sanzionate o non contemplate dalla Chiesa, il forzare le accusate a disegnare e a descrivere nel dettaglio i loro atti sessuali, cosa che di certo non contribuì al suo buon nome in molte cittadine europee.

Estratto dalla seconda stampa del Malleus Maleficarum
Estratto dalla seconda stampa del Malleus Maleficarum

La scrittura del Malleus Maleficarum fu per Kramer una sorta di giustificazione per i processi e le persecuzioni di cui si rese protagonista durante i suoi anni di attività inquisitoria.

Il nome di Sprenger fu aggiunto successivamente nel 1519, a 33 anni dalla prima pubblicazione e a 24 anni dalla morte dello stesso Sprenger; ad oggi alcuni storici dubitano che possa essere considerato a tutti gli effetti uno degli autori dell’opera e ritengono che fosse uno dei principali oppositori delle attività di Kramer; altri, invece, propendono per l’ipotesi che Sprenger abbia partecipato solo marginalmente alla stesura del testo.

Il Malleus Maleficarum diventa il manuale dei cacciatori di streghe

Tra il 1487 ed il 1520, il Malleus fu adottato come manuale primario dai cacciatori di streghe europei (ma non dall’ Inquisizione, almeno ufficialmente, anche se riscosse molto successo tra ecclesiastici e giudici).

L’opera fu pubblicata in venti edizioni in meno di 40 anni e altre sedici dal 1574 al 1669, divenendo una delle cause scatenanti di grandi e piccoli processi di stregoneria o di focolai di “panico da magia nera” in tutta Europa.

Se durante il 1400 era raro essere processati per pratiche magiche proibite, la sempre più difficile lotta alle eresie cristiane spianò la strada ai processi per stregoneria del 1500, secolo in cui l’esistenza della magia nera era ormai un’idea consolidata in Europa.

Leggendo l’opera appare evidente come il testo abbia contribuito ad alimentare la fobia bei confronti di tutto ciò che poteva apparire anormale: il Malleus Maleficarum accusa le streghe di eresia, malvagità fine a se stessa, infanticidio, cannibalismo, di effettuare incantesimi oscuri nei confronti dei loro oppositori e dei ministri di Dio, di procurare sfortuna o malattie tramite sortilegi, senza contare poteri del tutto fuori dall’ordinario come la terrificante capacità di sottrarre il pene agli uomini.

L’introduzione del Malleus Maleficarum contiene la bolla papale “Summis desiderantes affectibus“, indirizzata a Heinrich Institoris (il nome con cui era conosciuto Kramer) e Jakob Sprenger.

Secondo la data riportata sul documento, la bolla sarebbe stata emessa nel 1484, due anni prima del termine del Malleus Maleficarum, e approvata da una commissione di teologi dell’Università di Colonia; secondo gli storici, la bolla non fu un’approvazione papale ufficiale dell’opera di Kramer e Sprenger, ma una forzatura dei due autori per giustificare i loro metodi e la loro visione della stregoneria.

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Il contenuto del Malleus Maleficarum

Il corpo principale del Malleus Maleficarum si divide in tre sezioni:

Prima sezione

Dato che il Demonio esiste e ha il potere di fare cose strabilianti, anche le streghe esistono e non hanno altro in mente che aiutare il Maligno nella sua opera di corruzione del genere umano.

Il potere del Diavolo è ai suoi massimi quando interviene la sessualità umana. Le donne libidinose fanno sesso col Demonio e ogni forma di stregoneria contemplerebbe il peccato carnale.

In questa sezione si accenna anche a Incubi e Succubi, a incantesimi d’amore e d’odio utilizzati dalle praticanti della stregoneria, a come la magia nera possa trasformare un uomo in una bestia, fino a trattare aborti e deformità causate da incantesimi malvagi.

Seconda sezione

Questa parte del Malleus Maleficarum tenta di spiegare i poteri attribuiti ad una praticante di magia nera. Si inizia mostrando i poteri delle streghe e le loro strategie di reclutamenti di adepti. Viene anche spiegato come le streghe lancino i loro incantesimi e i rimedi per proteggersi contro di essi.

Scorrendo l’indice, si notano spiegazioni su come il Diavolo possa impossessarsi di un corpo umano, come le streghe possano spingere un uomo a commettere atrocità e omicidi, addirittura come possano generare uragani e tempeste.

Terza sezione

La terza sezione spiega i metodi di caccia alle streghe ed è specialmente rivolta agli accusatori e ai magistrati coinvolti nei processi di stregoneria. E’ una guida passo dopo passo su come condurre un processo, da come procedere con l’accusa fino ai metodi di interrogatorio (e di tortura) dei testimoni. Ad esempio, una donna che non piange durante il processo è da considerarsi automaticamente una strega.

Uno dei particolari più agghiaccianti riguarda le procedure ideali per ottenere una confessione: i carcerieri preparano gli strumenti di tortura, per poi spogliare la testimone per accertarsi che gli abiti non contengano “residui di stregoneria”.

Il giudice tenta quindi di persuadere l’interrogata a rendere spontanea testimonianza; nel caso la prigioniera non avesse intenzione di confessare, si iniziano ad applicare i metodi di tortura per gradi: prima la punizione corporale, seguita da una pausa per ottenere una “libera” confessione.

Streghe raffigurate nel "The History of Witches and Wizards", 1720
Streghe raffigurate nel “The History of Witches and Wizards”, 1720
Malleus Maleficarum: espressione di superstizione, misoginia e sadismo

Il Malleus Maleficarum si dimostra un chiaro lavoro impregnato di misoginia, di ignoranza, di superstizioni e di crudeltà disumana. Ogni piccola imperfezione o ogni comportamento ambiguo venivano considerati una prova schiacciante di colpevolezza.

Per un inquisitore ottuso come Kramer, malattie, tempeste e fenomeni naturali anomali erano prove evidenti dell’esistenza del Demonio e della stregoneria, che si manifestavano soprattutto attraverso la donna per via della naturale debolezza del suo essere femminile (secondo gli autori, la parola femina deriva da fe + minus, o “fede minore”).

Tutte queste farneticazioni sull’effettiva esistenza del Male e su vaste comunità di streghe nascoste in ogni ombra erano poi infarcite da un sadismo che ha ben pochi precedenti. Basti pensare ad uno dei metodi suggeriti per verificare se una donna fosse o meno una strega: si lega un sasso al collo e la si getta in acqua. Se galleggia, è indemoniata e deve quindi essere messa al rogo; se affoga, è ugualmente colpevole e peccaminosa.

Gli argomenti per la discriminazione delle donne sono ben evidenti nel manuale, a partire dal titolo: Maleficarum è un chiaro riferimento alla malvagità femminile. Anche se le argomentazioni misogine non rappresentano una novità in Europa, sono tuttavia una selezione delle congetture e dei pensieri discriminatori più radicati del tempo.

Kramer e Sprenger dipingono un’immagine duale del mondo, un costante scontro tra poli opposti: Dio e Satana, Maria ed Eva, gli uomini e le donne. Ogni principio positivo è accoppiato ad un concetto negativo e la perfezione non è data da un sottile equilibrio tra gli opposti ma dall’ eradicazione totale dell’elemento negativo.

Secondo il Malleus, l’unico modo in cui una donna può salvarsi dalle sue passioni evitando di diventare una servitrice del Demonio è quello di dedicare la sua intera esistenza alla castità; dato che la vita monastica non era alla portata di tutte le donne, la conclusione più naturale era che la maggior parte delle donne sono destinate alla dannazione e che l’eradicazione fisica delle streghe fosse un atto necessario per la salvezza dell’uomo.

Malleus Maleficarum

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Scoperti tre libri avvelenati in una biblioteca danese https://www.vitantica.net/2018/07/03/tre-libri-avvelenati-biblioteca-danese/ https://www.vitantica.net/2018/07/03/tre-libri-avvelenati-biblioteca-danese/#comments Tue, 03 Jul 2018 02:00:01 +0000 https://www.vitantica.net/?p=1883 Nel romanzo di Umberto Eco “Il nome della rosa”, un monastero benedettino è teatro di alcune morti misteriose e apparentemente prive di alcun legame. Dopo le indagini di Guglielmo da Baskerville e del suo novizio Adso da Melk, si scopre che il colpevole degli omicidi era un manoscritto avvelenato (il secondo libro della Poetica di Aristotele).

Per quanto l’opera sia realistica, alcuni potrebbero aver rifiutato l’idea di un “avvelenamento da libro” nel 1327, ma come spesso accade la realtà supera abbondantemente la fantasia: anche se non specificamente realizzati per intossicare l’essere umano, alcuni libri antichi possono davvero rappresentare un pericolo letale.

Una recente analisi dei manoscritti custoditi nella libreria della University of Southern Denmark ha rivelato che tre volumi rari custoditi all’interno della collezione e risalenti al XVI-XVII secolo hanno copertine intrise di arsenico, un veleno noto fin dai tempi antichi per la sua mortalità.

L’analisi dei manoscritti è partita da tutt’altri presupposti: i curatori della biblioteca volevano verificare se le copertine dei volumi fossero state realizzate riciclando frammenti di pergamena, una pratica spesso utilizzata durante il XVI-XVII secolo. I raggi X hanno infatti mostrato che le copertine sono un “collage” di vari pezzi di pergamena dal contenuto in latino, testi ormai illeggibili per via di una copertura verdastra che oscura quasi totalmente ogni tratto d’inchiostro.

Verde di Parigi a base di arsenico
Verde di Parigi a base di arsenico

E’ stato proprio questo curioso strato verde l’origine della scoperta: nel tentativo di superare gli strati opachi che nascondono il contenuto dei frammenti di pergamena, i ricercatori hanno determinato che la patina verdastra è composta principalmente da arsenico e rame che dona alla copertina una colorazione definita “verde di Parigi” o “verde smeraldo”.

L’arsenico è un elemento ancora ampiamente utilizzato per alcune leghe metalliche e impiegato in passato in numerose formule per erbicidi e insetticidi. Gli effetti letali dell’arsenico sono ben conosciuti fin dall’antichità, tanto da essere stato uno dei veleni preferiti per gli omicidi politici. Il corpo umano può sviluppare col tempo una certa resistenza (mitridatismo) alla velenosità dell’arsenico, ma si tratta pur sempre di un veleno estremamente potente che attacca il sistema digestivo e quello nervoso causando danni irreversibili anche a piccole dosi.

Problemi causati dall'esposizione a coloranti a base di arsenico, dal "Annales d'hygiène publique et de médecine légale" del 1859
Problemi causati dall’esposizione a coloranti a base di arsenico, dal “Annales d’hygiène publique et de médecine légale” del 1859

Il pigmento a base di arsenico scoperto sulle copertine dei tre libri era relativamente semplice da produrre nel XIX secolo, e fu proprio in quel periodo che le copertine dei tre volumi furono intrise di arsenico per scopi non collegati all’estetica.

In determinate circostanze i composti di arsenico possono essere trasformati in arsina, un gas altamente tossico con un distinto odore di aglio e che in epoca Vittoriana causò non pochi problemi, specialmente quando impiegato per decorare le carte da parati. Lo strato di arsenico delle copertine non si trova in superficie ma su uno degli strati inferiori: l’intento degli artigiani fu probabilmente quello di protegge queste rare opere dall’azione di insetti e microrganismi.

I tre libri sono attualmente custoditi in scatole separate all’interno di un armadio ventilato, per evitare qualunque contaminazione di altri volumi ed eventuali intossicazioni accidentali per i frequentatori della biblioteca. In futuro i volumi saranno digitalizzati per limitare al minimo il contatto con le copertine avvelenate.

How we discovered three poisonous books in our university library

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Consigli sul sesso di un medico francese del XVI secolo https://www.vitantica.net/2018/05/27/consigli-sesso-medioevo/ https://www.vitantica.net/2018/05/27/consigli-sesso-medioevo/#respond Sun, 27 May 2018 02:00:56 +0000 https://www.vitantica.net/?p=1706 Symphorien Champier fu un medico francese vissuto tra il 1471 e il 1539. Champier acquistò una discreta fama nel suo tempo: dopo aver seguito Antonio di Lorena in Italia, fu nominato cavaliere di Marignan, fondò la “Scuola dei medici di Lione” (L’Ecole des Médecins de Lyon) e si distinse per il suo servizio civico come medico e assessore a Montpellier.

Nel 1503, Symphorien Champier pubblicò un testo che nei suoi quattro volumi discuteva della natura e dello status sociale della donna, oltre ad affrontare lo spinoso argomento (specialmente per l’epoca) della parità dei sessi.

Nel quarto volume del suo La nef des dames vertueuses (“La nave delle dame virtuose”), intitolato “Il Libro del Vero Amore”, Champier elenca alcune linee guida per praticare sesso sicuro e avere un concepimento sano.

Non tutti possono fare sesso

Secondo Champier, non tutti possono permettersi il lusso di praticare sesso. Il sesso è per “una persona sanguigna, calda e umida, o una persona flemmatica, ma chi ha corpi secchi e sottili dovrebbe fuggire dai rapporti carnali come si fugge da un assassino o da un bandito. Non c’è nulla di più letale”.

Il sesso era caldamente sconsigliato anche per persone con una vista scarsa, uno stomaco debole, o che non lo avevano praticato per lungo tempo, senza contare gli individui in età avanzata: “Più d’ogni altra cosa, gli anziani devono evitare atti carnali”.

Anna di Francia riceve il La nef des dames vertueuses da Symphorien Champier
Anna di Francia riceve il “La nef des dames vertueuses” da Symphorien Champier
L’età adatta per sesso e concepimento

Secondo Champier, una donna raggiunge l’età perfetta per il matrimonio e il concepimento tra i 16 e i 20 anni, mentre un uomo intorno ai 30-35 anni. Se il matrimonio dovesse coinvolgere una ragazza troppo giovane, questa potrebbe subire conseguenze negative per tutta la sua vita, avvertendo gli uomini che “invece di essere serviti da loro, sarete costretti a servirle“.

Un altro fattore determinante oltre all’età è, secondo Champier, l’altezza della ragazza: se è troppo bassa occorre aspettare necessariamente i 21 anni in modo tale da avere “bambini attraenti e di buon temperamento, oltre a membra ben proporzionate e buone menti. In caso contrario, saranno imperfetti e bassi“.

Il giusto momento per fare sesso

Per essere sicura del concepimento, una coppia non può dedicarsi al sesso come e quando vuole. Secondo Champier, il sesso in primavera garantisce un concepimento quasi sicuro perché gli umori primaverili sono caldi e umidi. Anche l’inverno sembra essere un periodo ideale, mentre l’estate o l’autunno sono caldamente sconsigliati dal medico francese.

Anche l’orario ha la sua rilevanza: fare sesso subito dopo aver consumato un pasto non è raccomandato perché potrebbe indebolire l’intero organismo e causare ritenzione idrica; ma anche fare sesso poco prima di mangiare non sembra essere una buona pratica, con conseguenze che possono arrivare fino alla cecità o alla paralisi.

"Symphorien Champier: The Ship of Virtuous Ladies", traduzione del testo effettuata da Todd Reeser e pubblicata nel 2017
“Symphorien Champier: The Ship of Virtuous Ladies”, traduzione del testo effettuata da Todd Reeser e pubblicata nel 2017
Il cibo adatto al sesso

Champier invita a non giudicare troppo duramente le coppie che non riescono ad avere figli, perché il loro problema potrebbe derivare da un regime alimentare non corretto.

Per le donne, consumare troppa acqua fredda o mangiare molti cibo amari o conditi con aceto può causare sterilità temporanea, e lo stesso vale per gli uomini. Anche mangiare troppo o troppo poco può causare sterilità o difficoltà nel concepimento.

Quanto sesso?

Secondo Champier, occorre astenersi dal praticare troppo sesso perché, come sostenevano anche i medici persiani Avicenna e al-Razi, “troppo sesso danneggia i nervi. Danneggia e indebolisce lo stomaco, rende vecchi precocemente, fa perdere i capelli e peggiora la vista“.
Il medico francese fa notare che “chi ha praticato troppo sesso durante la giovinezza potrebbe soffrire di gotta e avere le membra debilitate in età avanzata“.

Symphorien Champier: The Ship of Virtuous Ladies
Sex Tips from Late Medieval France

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Eneide e propaganda politica sotto Ottaviano Augusto https://www.vitantica.net/2018/02/26/eneide-propaganda-politica-ottaviano-augusto/ https://www.vitantica.net/2018/02/26/eneide-propaganda-politica-ottaviano-augusto/#respond Mon, 26 Feb 2018 02:00:46 +0000 https://www.vitantica.net/?p=1420 La tattica di alludere al passato come ad un tempo di gloria e di valori universalmente condivisibili non è un fenomeno nuovo tipico del mondo moderno.

Nella Roma di Ottaviano il concetto di “rendere Roma nuovamente grande”, molto simile al recente “make America great again” di Donald J. Trump, fu impiegato con successo per ottenere il consenso dell’opinione pubblica facendo leva sulle emozioni e sulla distorsione della realtà storica.

La letteratura al servizio di Roma

L’Impero romano ebbe ufficialmente inizio con il principato di Ottaviano Augusto nel 27 a.C., circa 4 secoli prima della suddivisione in pars occidentalis e pars orientalis avvenuta dopo la morte di Teodosio I.

Dopo aver sconfitto i suoi rivali politici, Ottaviano si fece “Augusto” dal senato e iniziò a dipingere il nuovo ordine imperiale come la restaurazione della Roma delle origini, tempo in cui valori e ideali erano certamente migliori del mondo corrotto in cui vivevano i Romani del tempo.

Secondo la ricercatrice Elena Giusti della Facoltà di Storia Classica dell’Università di Cambridge, Ottaviano si servì anche della letteratura per diffondere e promuovere una visione distorta e storicamente inaccurata dell’antica gloria di Roma e dei suoi valori.

“Il mio interesse nella poesia di Augusto e nella sua tendenza a rimodellare le tradizioni e a relegare i fatti ad una posizione secondaria è stata inspirata dalla mia esperienza come millennial cresciuta nell’Italia di Berlusconi” spiega Giusti.

“La mia ricerca si è focalizzata sulla lettura dell’Eneide di Virgilio come una forma di poesia politica mirata a plasmare all’opinione pubblica appellandosi ai sentimenti invece che basandosi sui fatti”.

Eneide e propaganda imperiale

L’Eneide, scritta da Publio Virgilio Marone tra il 29 a.C. e il 19 a.C., narra dell’eroe troiano Enea e della sua ricerca di un luogo ideale per la fondazione di Roma.

Nel Libro I, Enea approda a Cartagine, dove verrà accolto con benevolenza da Didone, regina di Tiro. Dopo l’intervento degli dei, nel Libro IV Enea lascia la città sotto le maledizioni della regina, che si ucciderà poco dopo la sua partenza con la spada donata dall’eroe troiano.

Ottaviano Augusto

Secondo Giusti, l’opera fu molto probabilmente commissionata a Virgilio da Augusto per sponsorizzare il nuovo regime imperiale. Alludendo nei suoi versi alle guerre puniche e alla vittoria di Roma contro Cartagine, Virgilio tenta di trasportare il lettore in un tempo in cui storia e mito si mescolano per tracciare una linea di congiunzione tra la forza e la gloria della Roma del passato e quella del nuovo regime di Ottaviano.

Nel periodo in cui fu scritta l’Eneide, la Repubblica romana era da poco caduta trascinando la popolazione in un periodo di grandi cambiamenti sociali e scontri civili; il nuovo periodo di pace portato dall’imperatore Augusto, per quanto fosse l’origine del nuovo regime assolutistico di Roma, sembrava l’unica soluzione per ottenere la prosperità perduta.

Creando un parallelismo tra Enea e Ottaviano, l’Eneide tenta di unire i Romani, colpiti dal trauma del recente conflitto civile, sotto una causa comune basata sul ricordo dei tempi che furono, quando Roma era sotto la minaccia di una potenza straniera.

Avversari antichi e moderni

Nell’Eneide Virgilio rappresenta Cartagine attraverso uno mix di allusioni mitologiche e storiche, mescolando fatti realmente accaduti con pura fantasia per poter risultare interessante ed efficace nella retorica politica del tempo e, allo stesso tempo, attaccare indirettamente gli avversari pubblici di Ottaviano (come Antonio e Cleopatra).

Virgilio evoca una serie di associazioni tra le guerre puniche e i recenti disordini civili di Roma, ottenendo come effetto quello di identificare gli avversari politici di Ottaviano come veri e propri nemici stranieri e di legittimare il coinvolgimento di Augusto nella guerra civile.

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Giusti sostiene anche che, paradossalmente, la Cartagine dipinta da Virgilio riveli la natura illusoria della restaurazione di Ottaviano dei valori della Repubblica romana e della sua origine mitologica, un sintomo di una possibile frustrazione dell’autore nel supportare il nuovo regime di Roma.

“Sappiamo che Virgilio, come la maggior parte dei Romani, ha sofferto personalmente durante gli scontri civili e che le proprietà della sua famiglia furono confiscate, anche se successivamente restituite” continua Giusti.

“Secondo me è chiaro dal poema che questa sua preoccupazione primaria era in realtà la memoria traumatica delle guerre civili e del cambiamento radicale delle istituzioni della Repubblica”.

Probabilmente questa frustrazione dell’autore è il motivo per cui, secondo la tradizione, Virgilio lasciò scritto nel suo testamento di bruciare l’opera nel caso non fosse riuscita a completarla prima della sua morte. Contravvenendo alla volontà del defunto, Vario Rufo preservò il manoscritto che successivamente fu pubblicato per ordine di Ottaviano Augusto.

Making Rome great again: fake views in the ancient world

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