cereali – VitAntica https://www.vitantica.net Vita antica, preindustriale e primitiva Thu, 01 Feb 2024 15:10:35 +0000 it-IT hourly 1 Miglio e impero mongolo https://www.vitantica.net/2020/06/01/miglio-impero-mongolo/ https://www.vitantica.net/2020/06/01/miglio-impero-mongolo/#respond Mon, 01 Jun 2020 14:00:24 +0000 http://www.vitantica.net/?p=4872 Dare alla luce un impero richiede diversi elementi fondamentali: occorre avere un esercito potente, versatile e mobile; è necessario utilizzare un pensiero tattico e strategico, una dote non comune e che va coltivata attraverso sconfitte e vittorie; è indispensabile, inoltre, un’industria metallurgica e un artigianato in grado di produrre su larga scala tutto l’equipaggiamento necessario ai soldati durante le campagne di conquista.

Un altro elemento fondamentale è rappresentato dal cibo: sfamare un esercito richiede enormi risorse alimentari, risorse che in alcune regioni, a causa del clima o delle tecnologie agricole utilizzate, non era possibile produrre in abbondanza o in quantità tale da sostenere un intero esercito durante una lunga campagna militare.

Se analizziamo la nascita e la costruzione dell’impero mongolo di Gengis Khan, una domanda che sorge spontanea, e del tutto lecita, è come sia stato possibile per un popolo di pastori nomadi sostenere una lunga e faticosa campagna militare in una terra tipicamente poco fertile, spazzata da venti estremi, dagli estremi termici brutali, e che offre poche risorse alimentari.

Secondo uno studio condotto dal dottor Shevan Wilkin del Max Planck Institute for the Science of Human History, il segreto delle risorse alimentari mongole durante la costruzione dell’impero di Gengis Khan fu il miglio.

La scarsa fertilità della Mongolia

Il clima mongolo limita fortemente l’attività agricola. Se in tempi moderni la stagione agricola dura da 90 a 110 giorni, in passato era probabilmente più breve; solo l’ 1% del suolo mongolo è effettivamente coltivabile, e ancora oggi l’attività più produttiva in campo agricolo rimane la pastorizia, con il 75% delle terre coltivabili dedicate al pascolo.

In Mongolia si possono oggi coltivare mais, grano, orzo e patate, ma sia mais che patate erano colture del tutto sconosciute in Asia durante la nascita dell’impero mongolo. In corrispondenza di inverni particolarmente severi, ancora oggi (ad esempio, tra il 2009 e il 2010) è possibile perdere una parte consistente del raccolto, con influenze anche sul mercato dei prodotti di origine animale (senza pascoli e mangimi, l’allevamento ne risente).

La Mongolia ai tempi di Gengis Khan

Mobilità esercito mongolo

Alla nascita del celebre condottiero, in Mongolia risiedevano cinque confederazioni tribali, tra le quali la confederazione Khamag Mongol sotto la guida di Khabul Khan, il bisnonno di Gengis. La Mongolia si trovava sotto la costante pressione della dinastia cinese Jin, che non perdeva occasione per mettere le tribù mongole una contro l’altra per trovare l’occasione di occupare una parte dei territori sotto il loro dominio.

Dopo l’esecuzione di Ambaghai Khan, successore di Khabul, per mano della dinastia Jin grazie al tradimento della confederazione dei Tatar (i Tatari), i Khamag Mongol scatenarono un attacco alla frontiera cinese. L’attacco ebbe probabilmente l’effetto sperato: quattro anni dopo, nel 1147, i Jin firmarono un trattato di pace con i Khamag Mongol.

Dopo la firma del trattato, i Khamag attaccarono i Tatar per vendicarsi dell’esecuzione del proprio comandante, aprendo un periodo di ostilità che si concluse con la sconfitta dai Khamag nel 1161 da parte di un esercito composto da Tatar e Jin.

Temüjin nacque l’anno successivo, nel 1162, nel bel mezzo di un cambiamento climatico locale del tutto fortunato per i suoi futuri piani di conquista: le steppe aride e fredde dell’ Asia centrale poterono godere di un clima mite e umido, favorendo le attività agricole e l’allevamento che furono alla base del successo militare di Gengis Khan. In aggiunta, la confederazione Khamag, ormai disgregata, aveva occupato da diverse decadi le zone più fertili della Mongolia, fornendo una buona base di partenza per il futuro supporto all’esercito conquistatore di Gengis Khan.

Il miglio

Wilkin e i suoi colleghi della National University of Mongolia e dell’Istituto di Archeologia di Ulaanbaatar hanno analizzato il contenuto di isotopi di azoto e carbonio nelle ossa e nei denti di 137 individui rinvenuti in alcuni siti archeologici mongoli, ricostruendo la dieta delle popolazioni locali dall’ Età del Bronzo all’epoca della nascita dell’ impero di Gengis Khan.

I ricercatori hanno scoperto una differenza significativa tra gli antichi popoli mongoli e quelli del XII-XIII secolo: la dieta. L’alimentazione tipica dell’ Età del Bronzo era basata su latte e carne, con un piccolo apporto di verdure fornite dalle poche piante spontanee locali; intorno all’epoca della tregua con i Jin, invece, alcuni mantennero la dieta estremamente proteica dei loro antenati, ma molti altri iniziarono a consumare alimenti a base di miglio.

A partire dal IX secolo d.C., i popoli delle steppe mongole iniziarono a modificare la loro dieta includendo miglio e altri cereali: si passò da un contributo calorico da cereali pari al 2,5-5% della dieta al 26% nelle aree centro-settentrionali della Mongolia, un incremento che non può essere spiegato con soli fenomeni naturali senza includere nell’equazione commercio e agricoltura.

Le ossa rinvenute nei pressi di insediamenti più vicini ai confini dell’impero Jin contenevano isotopi di carbonio (riconducibili al consumo di granaglie) in quantità significativamente superiore agli individui vissuti in regioni più remote, suggerendo che alcune aree della Mongolia, specialmente quelle vicine alle regioni cinesi, godessero di una produzione agricola ben strutturata.

Buona parte delle granaglie necessarie ad alimentare le orde mongole provenivano probabilmente da un’economia agricola basata sia sulla produzione locale, sia sugli scambi commerciali o sui saccheggi di prodotti della terra nelle aree limitrofe più fertili.

Non solo pastori

Questo scenario è in contrasto con la concezione tradizionale della storia mongola: un popolo di nomadi dall’economia scarsamente centralizzata, tecnologia agricola quasi inesistente e un’alimentazione quasi interamente basata su proteine animali e derivati del latte.

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In realtà, il contrasto non è così forte: è vero, i Mongoli erano un popolo nomade che non conosceva le tecniche agricole dei regni confinanti, e alimentava il suo esercito con carne di cavallo e derivati del latte, ma è altrettanto vero che la vicinanza con i territori Jin forniva loro l’opportunità di ottenere alimenti non facilmente disponibili nella steppa, alimenti con cui nutrire i propri figli e le proprie mandrie.

La storia tende spesso a semplificare l’economia delle civiltà passate, commettendo l’errore di creare dualismi non storicamente corretti. Un esempio sono le civiltà precolombiane e la loro economia apparentemente basata solo sul granturco: è vero che il mais costituiva la base dell’economia agricola di alcuni imperi americani, ma nei mercati aztechi o nordamericani era possibile trovare una gamma relativamente vasta di prodotti della terra, come tacchini, fagioli, zucche, cassava, patate, pomodori e cacao.

La pastorizia moderna in Mongolia è sempre stata identificata come un residuo del passato e l’indicatore di come un impero potesse fiorire in assenza di un’organizzazione politica, economica e agricola ben strutturata; ma l’esempio mongolo ha sempre rappresentato un’eccezione storica basata sull’analisi parziale dei resti archeologici. Grazie alle moderne tecniche di analisi dei reperti archeologici, stiamo pian piano realizzando, anche nel caso dell’ impero mongolo, che la realtà storica è spesso ben più complessa di semplici generalizzazioni facili da ricordare.

Economic Diversification Supported the Growth of Mongolia’s Nomadic Empires
How Millets Sustained Mongolia’s Empires

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Pinole, la farina di mais dei popoli mesoamericani https://www.vitantica.net/2019/10/25/pinole-farina-mais-popoli-mesoamericani/ https://www.vitantica.net/2019/10/25/pinole-farina-mais-popoli-mesoamericani/#respond Fri, 25 Oct 2019 00:10:00 +0000 https://www.vitantica.net/?p=4623 Il pinole, chiamato anche pinol o pinolillo, è un alimento utilizzato per secoli dai nativi nord e centroamericani come cibo di prima necessità o di sopravvivenza.

Grazie al suo alto valore nutritivo, il pinole fu spesso la prima scelta nelle scorte alimentari di chi doveva intraprendere lunghi viaggi senza la avere la possibilità di trasportare grandi quantità di provviste.

L’origine del pinole

Il termine pinole deriva dalla parola Nahuatl pinolli, che significa “farina di mais”. Ancora oggi è considerata la base per le bevande tradizionali di Nicaragua e Honduras, mentre gli indiani Tarahumara messicani utilizzavano questa polvere a base di mais prima di intraprendere le loro caratteristiche marce su lunghe distanze.

La prima testimonianza scritta del pinole risale ai primi anni del 1700: il comandante spagnolo Don Pedro Fages e la sua truppa, durante l’ esplorazione delle coste californiane, terminano le loro provviste alimentari e si videro costretti a chiedere aiuto ai nativi che risiedevano nell’area oggi chiamata Pinole.

Il cibo che fu loro donato era composto da una mistura di ghiande, semi e cereali selvatici, un mix definito dai locali come “pinole”, dall’antico termine azteco “pinolli”.

I Tarahumara preparano una sorta di "barretta energetica" con il pinole che producono.
I Tarahumara preparano una sorta di “barretta energetica” con il pinole che producono.

Il missionario John Gottlieb Ernestus Heckewelder, vissuto a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo, descrive nel suo “History, Manners and Customs of the Indian Nations” come il popolo dei Lenni Lenape (o Delaware) preparava e utilizzava questo alimento di prima necessità:

“Lo Psindamooan o Tassmanane, come lo chiamano loro, è il cibo più nutriente e durevole realizzato con il mais indiano. Il tipo di mais blu e dolce è quello che preferiscono. Lo arrostiscono su cenere calda fino a quando non esplode, a quel punto viene setacciato, pulito e pestato in un mortaio fino ad ottenere una specie di farina; quando vogliono preparare del pinole davvero buono, lo mescolano con zucchero”.

 

“Quando vogliono utilizzarlo, mettono in bocca un cucchiaio di questa farina, si chinano lungo un fiume o un ruscello e bevono. Se tuttavia hanno a disposizione una tazza o un altro recipiente, vi versano la farina e la mescolano nelle proporzioni di un cucchiaio per ogni pinta d’acqua”.

 

“Con questo cibo il viaggiatore e il guerriero partono per lunghi viaggi e spedizioni […] Le persone non abituate a questa dieta devono essere prudenti a non assumere troppo pinole in una volta sola, e a non essere tentati troppo dal suo sapore; è pericoloso ingerire più di un cucchiaio o due in un solo pasto; [il pinole] si gonfia nello stomaco e nell’intestino, come quando viene cotto sulla fiamma.”

Composizione e preparazione del pinole

Il pinole veniva originariamente prodotto arrostendo semi di mais su ceneri calde, procedendo successivamente a ripulirle prima di macinarle fino ad ottenere una farina grossolana.

Con l’aggiunta di acqua, la farina di mais così preparata diventava una sorta di zuppa d’avena, non particolarmente saporita ma capace di donare una piccola quantità di energia sufficiente per svolgere le attività quotidiane, o di consentire la sopravvivenza durante le stagioni più difficili.

Per renderlo più gradevole al palato, alla farina di mais arrostito venivano talvolta aggiunti cacao, dolcificanti naturali come zucchero di canna o miele, cannella, oppure farine prodotte da altri semi, come ghiande o altri cereali selvatici.

Preparare il pinole secondo metodi tradizionali richiedeva lavoro, specialmente se era prevista l’aggiunta di altri ingredienti oltre alla sola farina di mais: occorreva arrostire e tritare in un mortaio i semi di granturco, fare lo stesso con le fave di cacao, e procurarsi miele selvatico (attività che può risultare pericolosa), zucchero di canna o nettare di agave.

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Un alimento ricco di nutrienti

In base alla tipologia e alla qualità dei suoi ingredienti, il pinole può contenere un’elevata dose di vitamine, proteine, fibre e antiossidanti. L’aggiunta di zucchero e spezie, oltre a rendere più gradevole il sapore, gli può donare proprietà tonificanti ed energizzanti.

Dato il suo alto contenuto di fibre e la lenta digestione del mais, il pinole è in grado di saziare a lungo. Il pinole contiene mediamente 2-4 grammi di carboidrati per cucchiaio, 2 grammi di proteine e circa 20 milligrammi di sodio.

Circa 5 grammi di pinole contengono solo 35 calorie e forniscono un discreto apporto di vitamina A, C, B1, B2, B3, E, calcio, ferro, riboflavina e tiamina.

Fonti per “Pinole, la farina di mais dei popoli mesoamericani”

Pinole
Pinole: The Ultimate Bugout Food

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Timeline del cibo dalla preistoria al XVII secolo https://www.vitantica.net/2018/11/19/timeline-cibo-preistoria-xvii-secolo/ https://www.vitantica.net/2018/11/19/timeline-cibo-preistoria-xvii-secolo/#respond Mon, 19 Nov 2018 00:10:33 +0000 https://www.vitantica.net/?p=2616 Rintracciare l’origine delle pietanze consumate nell’arco della storia passata è un’impresa ardua e spesso senza conclusioni certe. Storici di tutto il mondo dedicano decadi della loro esistenza alla ricerca dell’origine del cibo senza tuttavia ottenere, in molti casi, risposte soddisfacenti o date esatte.

La timeline che riporto qui sotto cita l’origine di alcune delle pietanze più conosciute e le date di diffusione degli alimenti oggi facilmente reperibili in ogni supermercato. Sarà estremamente gradito qualunque suggerimento di integrazione o correzione dell’elenco.

 

2 milioni di anni fa: proteine animali

I primi ominidi iniziano a consumare carne, integrando proteine e grassi animali nella loro dieta a base noci e bacche.

250.000 anni fa: primo focolare

Secondo gli archeologi, il primo focolare fece la sua apparizione oltre 200.000 anni fa. Intorno ai focolari preistorici sono spesso stati trovati residui di carbone, ossa carbonizzate di animal terrestri o pesci, conchiglie e ceneri di materia vegetale.

40.000 anni fa: pesce d’acqua dolce

Prime testimonianze archeologiche del consumo di pesce da parte dell’essere umano: l’uomo di Tianyuan mangiava regolarmente pesce d’acqua dolce.

30.000 anni fa: farina

Prime testimonianze archeologiche in Europa della produzione di farina (leggi questo articolo per la storia di pane e farina), probabilmente impiegata per la fabbricazione di pane non lievitato

13.000-8.000 anni fa: riso asiatico

L’analisi genetica pubblicata su Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America dimostrerebbe che tutte le specie di riso asiatico, sia indica che japonica, emersero da un singolo episodio di domesticazione del riso selvatico Oryza rufipogon.

8.000 a.C.: coltivazione della zucca e della patata

La zucca inizia ad essere coltivata in Messico e la patata sul Lago Titicaca. Allo stesso periodo risale la prima coltivazione della banana in Papua Nuova Guinea e la raccolta di olive selvatiche da parte delle prime culture neolitiche del Mediterraneo.

Domesticazione cereali

7.000 a.C.: cereali

Inizia la coltivazione di cereali in Siria; gli agricoltori cinesi coltivano riso e miglio, utilizzando lo slash & burn e sistemi di deviazione dei corsi fluviali di piccola portata. In Messico invece inizia la coltivazione delle forme arcaiche di mais, mentre in Asia si fanno i primi tentativi di domesticazione della pecora.

6.570-4.530 a.C.: conservazione del pesce

Risalgono a questo periodo le prime tracce di lavorazione e conservazione del pesce in Israele. In India inizia la coltivazione del riso, anche se i dati a supporto di questa ipotesi sono ancora scarsi e controversi.

6.000 a.C.: prima vineria della storia

Nel Caucaso viene costruita la prima vineria della storia. La raccolta dell’uva e la domesticazione della vite iniziarono forse 2.000 anni prima in Georgia.

5.000 a.C.: tracce di formaggio

In Polonia ci sono prove certe della produzione di formaggio, mentre in Mesopotamia si inizia la domesticazione dei bovini (leggi questo post per l’antenato dei bovini moderni, il temibile uro selvatico). Nelle Americhe fa la sua prima apparizione una varietà quasi moderna di mais e inizia la coltivazione di fagioli.

4.500 a.C.: olive

Prime testimonianze archeologiche della coltivazione di olive per l’estrazione di olio.

4.000 a.C.: birra d’orzo

Nel Sahara si inizia a produrre formaggio, mentre in Mesopotamia appare la prima birra d’orzo, celebrata in un poema sumero e dedicata alla divinità Ninkasi.

3.600 a.C.: popcorn

Gli antichi abitanti del Messico sapevano che avvicinando chicchi di mais ad una fiamma si potevano ottenere popcorn.

3.500 a.C.: selezione della pecora

La produzione di birra si estende all’odierno Iran. In Cina inizia l’allevamento della carpa, mentre in Egitto e in Mesopotamia si inizia la selezione di diverse razze di pecore.

Anguria prima della domesticazione
Anguria prima della domesticazione (leggi questo post per vedere come si presentavano le piante più comuni prima e dopo la domesticazione da parte dell’essere umano).
3.000 a.C.: girasoli e cocomero

La coltivazione dell’uva per produrre vino si estende fino in Egitto. I girasoli iniziano ad essere coltivati in Nord America; sulle Ande invece inizia la coltivazione della patata.
Nel frattempo, in Egitto si diffonde la coltivazione del cocomero e in Nord Europa si produce birra tra le popolazioni germaniche.

III millennio a.C.: noodles e salsiccia

In un periodo non precisato del III millennio a.C. nascono i noodles in Cina. Nello stesso millennio nasce anche la salsiccia: una ricetta in lingua accadica riporta “involucri di budello ripieni di carne”.

2737 a.C.: nasce il tè

Secondo la leggenda, l’imperatore Shen Nung scoprì per puro caso la formula del tè: due foglie di un ramoscello in fiamme caddero nel suo calderone pieno d’acqua.

2.500 a.C.: maiali domestici

Alcuni vasi di ceramica provenienti da Jericho ed Egitto raffigurano maiali addomesticati. In Ungheria e a Troia il maiale, imparentato con il cinghiale, era relativamente comune.

2.400 a.C.: conservazione in salamoia

Non si ha una data certa sulla nascita dei primi alimenti in salamoia, ma in Mesopotamia il cibo veniva conservato in soluzioni saline tra il III e il II millennio a.C.

2.000 a.C.: formaggio in Egitto

Inizia la coltivazione del riso sulle rive del Gange. In Egitto vengono realizzati murali che descrivono la produzione di formaggio.

1.900 a.C.: bevande al cioccolato

Prime testimonianze archeologiche di bevande al cioccolato a Mokaya, Messico.

1.500 a.C.: patate diventano comuni

La patata è ormai coltivata in tutta l’America del Sud, come dimostrano numerosi siti archeologici.

Pagnotta scoperta ad Ercolano e risalente al 79 d.C.
1.100 – 1.000 a.C.: pane lievitato

Gli antichi Egizi producono pane non lievitato chiamato “ta“. La coltivazione del riso si diffonde in Medio Oriente e in Madagascar, mentre in Asia inizia la coltivazione del cetriolo.

V secolo a.C.: garum

Il garum (latinizzazione di garos) diventa un cibo molto comune in Grecia. Eschilo, Sofocle e Aristofane lo descrivono come una salsa a base di pesce, mentre Plinio sostiene che fosse prodotto a partire da intestini di pesce salati.

327-324 a.C.: riso arriva in Europa

Alessandro Magno fa conoscere il riso all’Europa quando torna dalla spedizione in India. Il riso non si diffonderà subito nel Vecchio Continente: i Romani preferivano importare vino di riso dall’ Oriente.

200 a.C.: salsa di soia

In Cina nasce la formula moderna della salsa di soia.

II secolo a.C.: invenzione del tofu

Secondo le leggende cinesi, il principe Liu An inventa il tofu.

I-II secolo d.C.: cedri sul Mediterraneo

I cedri (Citrus medica), provenienti dall’India, raggiungono il Mediterraneo.

544 d.C.: melanzana

Nel trattato cinese Qimin Yaoshu appare la prima citazione della melanzana, originaria dell’ India.

710-794 d.C.: tofu in Giappone

Il tofu sbarca in Giappone e diventa una parte importante dell’alimentazione dei monaci.

VIII secolo d.C.: il primo sushi e il Roquefort

Una versione arcaica del sushi, nota come narezushi e nata nel Sudest asiatico, si diffonde in Giappone. Nello stesso periodo si menziona in Europa il primo formaggio Roquefort.

Timeline e storia del cibo e delle ricette

IX secolo d.C.: il gorgonzola

Prima testimonianza della coltivazione di cetrioli in Francia. Il merluzzo si trova in molti mercati nordeuropei, e il gorgonzola viene citato per la prima volta (879), anche se occorrerà attendere l’ XI secolo per le sue rinomate striature blu. Il cocomero raggiunge l’India.

IX secolo d.C.: nasce il goulash

Gli storici che studiano l’origine del cibo collocano la nascita del goulash in Ungheria intorno al IX secolo.

997 d.C.: appare il termine “pizza”

Appare per la prima volta il termine “pizza” in un testo latino trovato a Gaeta.

XI secolo: burro di palude

In Irlanda viene prodotto il primo “burro di palude“.

XII secolo: tonnellate di Cheddar

Il cocomero raggiunge la Cina. In Europa viene documentata una grossa vendita di Cheddar: Enrico II d’Inghilterra acquista nel 1170 quasi 5 tonnellate di questo formaggio.

XIII secolo: hummus

Viene citato per la prima volta l’hummus in un libro di cucina egiziano.

XIV secolo: ricetta delle uova strapazzate

Il “Libro della cucina” di Zambrini cita per la prima volta in Europa le uova strapazzate.

1390: ricetta della torta di mele

The Forme of Cury“, libro di cucina scritto dal mastro cuoco di Riccardo II, riporta la prima ricetta della torta di mele (“For to Make Tartys in Applis“)

XV secolo: olio di palma

I Portoghesi iniziano a pescare il merluzzo. I primi viaggiatori europei in Africa (leggi questo post per una breve storia dell’esplorazione portoghese in Africa) assaggiano l’olio di palma e il cetriolo raggiunge l’isola caraibica di Hispaniola.

Timeline e storia del cibo e delle ricette

XVI secolo: nasce il tempura

I Portoghesi contribuiscono alla nascita del tempura: una volta giunti in Giappone, friggono gamberi per rispettare il divieto di mangiare carne durante alcuni giorni della settimana.

1516: leggi sulla birra

William IV, Duca di Bavaria, introduce la Reinheitsgebot, la più antica regolamentazione relativa alla qualità della birra: sono ammessi come ingredienti solo acqua, orzo/malto e luppolo.

1535: Europei e patate

Gli esploratori spagnoli vedono la prima patata in America. La patata raggiungerà la Spagna intorno al 1570 e verrà descritta scientificamente da Caspar Bahuin nel 1596 classificandola come tubero dal nome Solanum tuberosum.

1585: cioccolato in Europa

Il primo bastimento di cioccolato raggiunge l’Europa, partendo da Veracruz e approdando a Siviglia.

XVII secolo: vino frizzante

Viene volutamente prodotto per la prima volta vino frizzante. L’effervescenza del vino era già nota nell’ antica Grecia, ma non si conosceva cosa provocasse le bollicine. Nel Medioevo il vino frizzante era considerato di qualità nettamente inferiore e difficilmente vendibile sul mercato.

1605-1607: ricetta per la pasta sfoglia

Nasce la pasta sfoglia. La tradizione collega l’invenzione con Claude Lorrain, un pittore francese, ma è più probabile che questo prodotto abbia avuto origine in Spagna: la prima ricetta della pasta sfoglia viene dal libro spagnolo “Libro del arte de cozina” di Domingo Hernández de Maceras.

1609: riso in Nord America

Inizia la coltivazione del riso in Nord America.

1615: caffè verde

Venezia riceve il primo bastimento di caffè verde.

1629: cocomeri in America

Il cocomero arriva in Massachusetts. Impiegherà meno di 30 anni per diffondersi in quasi tutto il Nuovo Mondo.

1651: coltivazione delle patate in Europa

Il governo tedesco incoraggia la coltivazione della patata. Nel 1662 verrà fatto lo stesso dalla British Royal Society in Inghilterra.

1653: ricetta per la limonata

Nel “The French Cook” di Francoise Pierre viene descritta la prima ricetta per fare la limonata.

1683-1686: nasce il croissant

Secondo il “Larousse Gastronomique“, a Budapest nasce il croissant durante l’assedio della città da parte dei Turchi. Un’altra versione della storia colloca l’origine del croissant a Vienna nel 1683.

Timeline of food
The food timeline

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Coltivazione del frumento, raccolta e farina https://www.vitantica.net/2018/10/25/coltivazione-frumento-raccolta-farina/ https://www.vitantica.net/2018/10/25/coltivazione-frumento-raccolta-farina/#respond Thu, 25 Oct 2018 02:00:06 +0000 https://www.vitantica.net/?p=2417 La coltivazione del frumento ebbe inizio probabilmente almeno 10.000 anni fa nella Mezzaluna Fertile, anche se si hanno tracce di coltivazione di farro (Triticum dicoccum, una delle specie più antiche di frumento) risalenti ad oltre 11.000 anni fa. La prima selezione delle piante che producevano semi più grandi fu probabilmente inconsapevole: le piante più produttive rendono più facile il lavoro di raccolta dei semi.

La coltivazione del farro raggiunse le Grecia e Cipro intorno al 6500 a.C. e qualche secolo dopo sbarcò in Egitto. Per le prime tracce di coltivazione di frumento in Germania e in Spagna bisognerà attendere altri 1000 anni.

Il frumento può essere macinato finemente per produrre farina, la base della maggior parte degli alimenti a base di cereali e una materia prima in grado di consentire la produzione di svariate pietanze, dal pane alla pasta di ogni genere.

Il video qui sotto segue l’avventura dell’utente YouTube msbrunell nella coltivazione del frumento per ottenere farina commestibile utilizzando un orto e una semplice macina manuale.

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La dieta dei gladiatori: grasso è meglio https://www.vitantica.net/2018/06/26/dieta-gladiatori-grasso-carboidrati/ https://www.vitantica.net/2018/06/26/dieta-gladiatori-grasso-carboidrati/#respond Tue, 26 Jun 2018 02:00:06 +0000 https://www.vitantica.net/?p=1829 Il cimitero gladiatorio di Efeso, Turchia, scoperto nel 1993 e risalente al II-III secolo d.C. si è rivelato una vera miniera d’ informazioni per gli archeologi intenti a ricostruire la vita quotidiana dei gladiatori. Tra i dati raccolti finora, la dieta dei combattenti nelle arene ha rappresentato una vera sorpresa: l’analisi di 22 corpi effettuata nel 2014 da un team della Medical University di Vienna suggerirebbe che la maggior parte dei gladiatori non avesse il fisico scultoreo popolarizzato dalle pellicole hollywoodiane a causa di un’ alimentazione ricca di carboidrati e povera di proteine animali.

I ricercatori sono stati in grado di determinare la prevalenza di certi alimenti nella dieta dei gladiatori quantificando la presenza di particolari isotopi di carbonio, calcio, stronzio e zinco presenti nei resti ossei dei combattenti e paragonando i risultati con quelli ottenuti dall’analisi di altri resti umani (appartenuti a persone mai coinvolte nei giochi gladiatori) scoperti all’interno del cimitero di Efeso.

Basandosi sui risultati delle analisi i ricercatori hanno concluso che la dieta dei gladiatori, chiamata gladiatoriam saginam, fosse principalmente basata sui carboidrati forniti da cereali e legumi, con uno scarso apporto di proteine animali ma un’abbondante dose di calcio. A supporto di questa analisi ci sono anche alcuni documenti storici risalenti al II-III secolo che descrivono la vita nelle scuole gladiatorie: Plinio, ad esempio, nella sua Naturalis historia chiama i gladiatori “mangiatori d’orzo” (hordearii) proprio per l’alimento che costituiva la base della loro dieta.

Come la maggior parte degli atleti moderni, anche i gladiatori assumevano dosi massicce di calcio: i ricercatori, dopo il confronto tra il calcio osseo dei gladiatori e quello dei non combattenti, hanno definito “esorbitante” l’apporto quotidiano di calcio nelle ossa dei lottatori. L’integrazione di calcio avveniva probabilmente tramite supplementi a base di cenere d’ossa o materia vegetale incenerita.

dieta dei gladiatori

Il problema principale di questa dieta, un problema ben noto ai nutrizionisti moderni, è costituito dall’ eccessiva assunzione di carboidrati: buona parte dei carboidrati tende a trasformarsi in zuccheri che, se non utilizzati entro breve termine, si accumuleranno nell’organismo sotto forma di riserve adipose.

Secondo i ricercatori, il preciso scopo di un’alimentazione prevalentemente basata sui carboidrati era quello di far ingrassare i gladiatori per sviluppare uno strato protettivo di grasso attorno alle regioni vitali: il grasso avrebbe potuto limitare la profondità di una ferita, proteggere le terminazioni nervose più esposte e fornire massa aggiuntiva a qualunque colpo inferto all’avversario.
Senza contare il contributo del grasso alla spettacolarità dell’evento: la protezione fornita dallo strato adiposo consentiva di far durare i combattimenti più a lungo continuando a perdere sangue da ferite superficiali, una dimostrazione di tenacia e violenza che mandava in delirio i fan dei giochi gladiatori.

A questo punto è lecito porsi una domanda: perché l’estetica dei gladiatori arrivata fino a noi è quella di un combattente dal corpo asciutto e muscoloso? Secondo gli archeologi, anche i Romani idealizzavano il corpo umano nella loro arte: in assenza di corpi perfetti da ritrarre, gli artisti antichi tendevano a idealizzare il fisico dei personaggi che raffiguravano. Nell’ antica Grecia ad esempio ben poche persone potevano aspirare ad un fisico da atleta olimpico (gli stessi atleti olimpici, in base alla disciplina preferita, non erano sempre i “campioni di fitness” raffigurati nelle statue) e gli artisti tendevano a idealizzare il corpo umano per qualunque soggetto, dalle divinità tradizionali ai filosofi (noti per non possedere fisici atletici).

Nonostante l’accumulo di grasso in eccesso, sembra che i gladiatori godessero di buona salute e possedessero una muscolatura atletica e potente. Ogni gladiatore era un investimento oneroso per la scuola a cui apparteneva e i giochi gladiatori diventarono velocemente un business che faceva circolare ogni settimana una quantità incalcolabile di denaro; perdere un gladiatore per salute cagionevole si sarebbe rivelato un pessimo investimento per il suo proprietario.

Per mantenere intatto l’investimento i gladiatori ricevevano un trattamento medico-sanitario superiore rispetto a quello che riceveva la maggior parte della popolazione: pavimenti riscaldati per l’allenamento invernale, bagni, infermerie e medici di tutto rispetto, alcuni anche particolarmente celebri come Galeno di Pergamo, un medico greco che influenzò la medicina occidentale per almeno un migliaio d’anni.
La dieta a base di carboidrati seguita dai gladiatori non era quindi una conseguenza del loro status sociale o delle loro scarse finanze, ma una scelta attuata con il preciso scopo di mettere all’ingrasso i corpi dei combattenti.

Stable Isotope and Trace Element Studies on Gladiators and Contemporary Romans from Ephesus (Turkey, 2nd and 3rd Ct. AD) – Implications for Differences in Diet

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Cosa mangiavano gli uomini del Paleolitico? https://www.vitantica.net/2018/01/06/cosa-mangiavano-uomini-paleolitico/ https://www.vitantica.net/2018/01/06/cosa-mangiavano-uomini-paleolitico/#comments Sat, 06 Jan 2018 02:00:51 +0000 https://www.vitantica.net/?p=1203 Alcune delle diete moderne che rientrano nella categoria “paleodieta” non sono molto rappresentative di ciò che mangiavano realmente i nostri antenati cacciatori-raccoglitori.

Se le diete paleolitiche consigliano carne, pesce, frutta e verdure, escludendo altri alimenti come i cereali, i legumi e i cibi lavorati, la realtà è che gli abitanti del Pleistocene si adattavano a mangiare qualunque cosa fosse disponibile senza troppi sforzi o eccessivi rischi da correre e non mancavano di creatività in fatto di alimentazione.

Le diete paleolitiche moderne cercano di seguire questo principio di base: i nostri antenati cacciatori-raccoglitori non avevano ancora scoperto le gioie della coltivazione dei cereali, quindi occorre escludere dalla dieta grano, orzo e cereali vari.

Rovistavano in ogni carcassa animale (uccisa o trovata) alla ricerca di carne, grasso o midollo ancora commestibili, di conseguenza la paleodieta deve essere basata su una larga dose di proteine animali (ad esclusione dei derivati del latte).

Raccoglievano piante e frutta spontanei dalla boscaglia, ergo la frutta e la verdura sono sicuramente parte di una dieta paleolitica.

Sembra abbastanza coerente, no?

Il cibo moderno è diverso da quello del Paleolitico

La verità storica è molto più complessa di questa banale generalizzazione. In primo luogo, nel corso degli ultimi 10.000 anni la fisiologia umana è cambiata molto e si è evoluta diversificandoci dai nostri antenati cacciatori-raccoglitori; con essa è cambiata anche la base della nostra dieta: ciò che oggi acquistiamo al supermercato è spesso totalmente diverso dalla sua controparte naturale.

Un esempio di mutamento della fisiologia umana spinta dalla dieta è la tolleranza al lattosio: nell’arco di circa 7.000 anni, molte popolazioni del pianeta si sono evolute per non sopprimere l’espressione di un gene che regola la trasformazione del latte in zuccheri, un gene che di solito si “spegne” una volta superata l’infanzia.

Affermare che i nostri antenati pre-agricoltura non mangiassero latte o latticini, quindi, non è del tutto corretto perché non si prende in considerazione, ad esempio, l’antica pastorizia (la domesticazione della pecora iniziò circa 11.000 anni fa).

Ancora oggi diversi popoli tribali sostengono le loro comunità tramite la raccolta, la caccia e la pastorizia, ottenendo la maggior parte delle proteine animali dal latte e dai suoi derivati.

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Di certo il latte e i latticini che consumavano i nostri antenati pre-agricoli erano diversi da quelli moderni, che sono spesso molto lavorati o frutto di tradizioni artigiane molto antiche ma che quasi sicuramente non erano ancora state elaborate tra i cacciatori-raccoglitori dell’ Età della Pietra.

Una volta appresa l’arte dell’agricoltura l’essere umano ha iniziato a mutare anche come conseguenza di una nuova dieta, diversa da quella prevalente nelle società pre-agricole.

Anche le piante hanno iniziato a mutare a seguito dei primi interventi di domesticazione: già in epoca romana, le piante coltivate a scopo alimentare in tutto l’impero erano state selezionate al punto tale da risultare quasi irriconoscibili rispetto alle varietà spontanee dell’ Età della Pietra.

Anche gli animali sono cambiati in modo sostanziale: siamo passati dal temibile uro alla ben più docile vacca, da feroci cinghiali a maiali che dipendono quasi interamente dall’essere umano per la loro sopravvivenza.

Il cibo dei nostri antenati preistorici

Cosa mangiavano quindi i nostri antenati della Preistoria? E’ possibile mangiare come loro nel mondo moderno? Per quanto riguarda il “cosa mangiavano”, tutto dipende dalla località geografica, dal clima e dalla disponibilità di risorse offerta dalle stagioni.

Nel mondo moderno possiamo avere banane in Europa grazie ad un complesso e costoso sistema di agricoltura intensiva e trasporti su lunghe distanze, ma i nostri antenati preistorici del Vecchio Continente non conoscevano pomodori, mais, fagioli o patate, piante che dopo la scoperta del Nuovo Mondo diventarono velocemente alimenti richiestissimi e alla base di molte diete.

Evoluzione della domesticazione del mais
Evoluzione della domesticazione del mais

La frutta che conosciamo oggi, come le mele, l’uva o i fichi, era molto più piccola e amara delle varietà moderne e probabilmente non otterrebbe molto successo sul mercato odierno; la verdura e i tuberi, invece, erano spesso totalmente diversi dalle varietà selezionate a partire dal Neolitico.

Molte delle verdure e dei tuberi che conosciamo oggi erano troppo piccoli, troppo amari o troppo velenosi per essere mangiati, o più semplicemente non erano disponibili in tutte le località geografiche (come la patata, che prima di Colombo cresceva solo in Sud America).

Questo non significa tuttavia che i cacciatori-raccoglitori non mangiassero carboidrati, anzi: una recente ricerca condotta dal Saxo Institute di Copenhagen dimostrerebbe che la dieta fosse in buona parte composta da carboidrati ottenuti da piante spontanee, come la tifa e altre piante acquatiche, o selvatiche, alcune delle quali sopravvissute fino all’epoca moderna.

Secondo Sabine Karg, a capo del team di ricerca, i cacciatori dell’ Età della Pietra mangiavano tutto quello che era possibile reperire e l’iniezione di energia che forniscono i carboidrati di alcune piante selvatiche erano l’ideale per uno stile di vita che richiedeva movimento e sforzo fisico costanti per ottenere un pasto completo.

“La salute dentale dei cacciatori-raccoglitori era eccellente” spiega Pia Bennike, antropologo dell’Università di Copenhagen. “C’è ben poco decadimento e nessuna carie. E’ comprensibile, dato che non consumavano molti carboidrati zuccherini: gli unici cibi dolci disponibili al tempo erano il miele e la frutta. Il vantaggio che avevano consumando le risorse di amido a loro disposizione era che si trattava di cibo integrale, che aiuta a pulire i denti”.

Non è vero inoltre, come sostengono alcune diete preistoriche formulate in epoca moderna, che i nostri antenati non consumassero cibi lavorati: la storia del pane è antichissima e fu probabilmente il primo cibo lavorato della storia, seguito da altre semplici lavorazioni degli alimenti forse simili al pemmican.

La qualità dei denti e soprattutto delle ossa dei nostri antenati paleolitici era insolitamente buona, segno che erano in grado di ottenere calcio senza necessariamente produrre latticini o rischiare di mungere un uro inferocito o una capra selvatica (altrettanto feroce). E’ possibile che la fonte di calcio preferita fossero i molluschi facilmente prelevabili durante i periodi di bassa marea.

Carne e pesce erano cibi “difficili”

cibo della preistoria

Carne e pesce erano sostanzialmente cibi poco comuni. Ottenere carne a sufficienza per sfamare un’intera comunità è un lavoro lungo, difficile e pericoloso, specialmente se si hanno a disposizione solo armi e trappole primitive.

Come dimostrano molte popolazioni tribali moderne, la caccia tradizionale è fatta soprattutto di fallimenti, e la pesca non è del tutto diversa anche se generalmente ottiene risultati migliori ed espone a meno rischi.

E’ vero che le proteine e i grassi animali forniti da caccia e pesca erano fondamentali per la comunità, ma la maggior parte delle calorie quotidiane provenivano dalla raccolta di piante spontanee, spesso piante ad alto contenuto di amido come la tapioca, il riso selvatico, le ghiande o il grano selvatico.

Anche se la fauna selvatica era molto più densa, trovare carcasse da sfruttare a scopo alimentare non era affatto facile; i molluschi e il pesce che vive in acque basse erano molto più facili da catturare rispetto ad un coniglio e ad un grande mammifero, ma ne occorrevano grosse quantità (che richiedevano molto tempo per essere accumulate) per sfamare a sazietà una famiglia.

Le proteine animali di più facile reperimento erano quelle contenute negli insetti: le larve commestibili sono state per millenni un alimento pregiato o di prima necessità in molte culture del mondo e ancora oggi riempiono le bancarelle di molti mercati asiatici e sudamericani.

I nostri antenati del Paleolitico erano quindi la perfetta definizione di “animali opportunisti” dal punto di vista alimentare: ogni risorsa incontrata sul loro cammino veniva consumata o lavorata per produrre strumenti, senza porsi il problema del contenuto di proteine, carboidrati o grassi del cibo.

Se avessero avuto a disposizione i derivati del latte o la frutta moderna, i cacciatori-raccoglitori dell’Età della Pietra non avrebbero esitato a consumare questi alimenti in quantità.

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Domesticazione dei cereali forse iniziata prima dell’agricoltura https://www.vitantica.net/2017/10/29/domesticazione-dei-cereali-iniziata-prima-agricoltura/ https://www.vitantica.net/2017/10/29/domesticazione-dei-cereali-iniziata-prima-agricoltura/#comments Sun, 29 Oct 2017 02:00:09 +0000 https://www.vitantica.net/?p=778 I processi che portarono alla domesticazione di piante come grano, orzo e riso potrebbero essere iniziati molto prima di quanto dimostrano le testimonianze archeologiche in nostro possesso, in un periodo in cui i nostri antenati dell’ultima Era Glaciale non erano ancora diventati sedentari ma si limitavano a raccogliere le piante spontanee che incontravano lungo i loro spostamenti stagionali.

Un team di ricerca guidato da Robin Allaby della Warwick’s School of Life Sciences ha trovato prove genetiche del fatto che la pressione ecologica esercitata dai cacciatori-raccoglitori su grano, orzo e riso potrebbe essere stata sufficiente a costringere queste piante a mutare e adattarsi molto prima della loro effettiva domesticazione da parte dell’essere umano.

Ad esempio, l’uomo ha iniziato ad addomesticare e selezionare attivamente il “piccolo farro” (Triticum monococcum) circa 9500 anni fa in Medio Oriente, ma la ricerca di Allaby ha scoperto che gli esemplari selvatici di questa pianta iniziarono a mutare a partire da 30.000 anni fa probabilmente per effetto della pressione umana. L’orzo invece, già coltivato in Medio Oriente dal VII millennio a.C., avrebbe iniziato a mutare circa 21.000 anni fa.

I ricercatori sono stati in grado di tracciare la linea temporale dell’evoluzione di alcuni cereali prelevando materiale genetico dai resti millenari di semi o piante e analizzando la frequenza di evoluzione di loro geni.

Le piante selvatiche che si diffondono tramite semi hanno un gene che le rende in grado di disperdere la maggior parte dei propri semi per garantire una più alta percentuale di successo. Alcune di queste piante, come l’orzo, dispongono di un’ alterazione genetica che impedisce il rilascio ottimale dei semi una volta raggiunta la maturazione; queste piante sono la scelta più ovvia per raccogliere del maggior numero di semi e una raccolta incentrata sulle piante più produttive crea inevitabilmente una pressione evolutiva sia nelle piante “normali” che in quelle fornite della mutazione.

Per esempio, se in natura le piante che disperdono meno semi hanno un tasso di successo inferiore, le attività di raccolta da parte dell’essere umano aumentano notevolmente la possibilità di dispersione dei semi e di conseguenza il successo riproduttivo degli esemplari dotati della mutazione.

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I ricercatori hanno analizzato questo gene che impedisce la dispersione dei geni ed effettuato calcoli per capire quando abbia iniziato a modificarsi rispetto alla sua “versione” non mutata, scoprendo che i cereali presi in esame hanno preso la strada della domesticazione molto prima di quanto precedentemente stimato e senza un intervento umano specificamente volto alla domesticazione di queste piante. “Questo studio cambia la natura del dibattito sulle origini dell’agricoltura” spiega Robin Allaby, “mostrando che alcuni processi naturali portano alla domesticazione sul lungo termine”.

Gli esemplari di riso asiatico (Oryza sativa) dotati di un gene per trattenere semi invece di disperderli, nell’arco di circa 1.000 anni tra il VI e il V millennio, sono passati dal 15% al 46,7% per via delle prime attività agricole di popolazioni sedentarie che vivevano lungo il Fiume Azzurro (Yangtze). Ma l’evoluzione relativa alla dispersione dei semi iniziò molto prima, almeno 13.000 anni fa, periodo in cui sembra non fossero presenti in Cina insediamenti stabili dediti all’agricoltura.

E’ possibile quindi che nostri antenati del Pleistocene raccogliessero riso, grano e orzo in abbondanza, così in abbondanza da sottoporre queste piante ad una pressione tale da farle adattare all’attività umana.
E’ anche ragionevole ipotizzare (senza per ora avere alcuna prova) che alcune attività agricole da parte di popolazioni stanziali iniziarono molto prima di quanto si sia portati a pensare dalle testimonianze archeologiche in nostro possesso, dando inizio alla selezione dei cereali e successivamente abbandonandola a causa dell’estremo cambiamento climatico causato dall’arrivo dell’ ultima fase dell’ era glaciale Würm, tra i 40.000 e i 10.000 anni fa.

Geographic mosaics and changing rates of cereal domestication

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