arco – VitAntica https://www.vitantica.net Vita antica, preindustriale e primitiva Thu, 01 Feb 2024 15:10:35 +0000 it-IT hourly 1 Video: costruire un arco da legno di scarsa qualità https://www.vitantica.net/2020/10/31/costruire-arco-legno-scarsa-qualita/ https://www.vitantica.net/2020/10/31/costruire-arco-legno-scarsa-qualita/#respond Sat, 31 Oct 2020 00:10:04 +0000 http://www.vitantica.net/?p=4888 La costruzione di un arco funzionale richiede un primo passaggio fondamentale: la selezione del legname. Tasso, quercia, noce, osage, ginepro, frassino e olmo sono generalmente materiali di prima scelta per la fabbricazione di un arco efficace, veloce e duraturo; l’esperienza millenaria accumulata dai costruttori di archi di tutto il mondo insegna che occorre trovare il giusto compromesso tra durezza ed elasticità.

I materiali più adatti alla costruzione di un arco non sono sempre facilmente disponibili: in molte regioni d’Europa, ad esempio, il tasso è un albero protetto; l’osage orange o il noce americano non sono legnami a buon mercato e devono generalmente attraversare l’Atlantico per raggiungere il Vecchio Continente.

E’ possibile fabbricare un arco sufficientemente potente da cacciare animali di media o grossa taglia usando legname di seconda o terza scelta, come quello reperibile nei più comuni centri del “fai da te”?

Per esperienza personale, posso dire che si, è possibile. Occorre prestare attenzione alla direzione delle fibre del legno e spendere un po’ di tempo a cercare la qualità di legno adatta, ma con l’aiuto di un materiale sintetico e molto comune come la fibra di vetro si può ottenere un’arma relativamente veloce e performante.

Il canale YouTube Kramer Ammons ha pubblicato nel dicembre 2019 una guida pratica e chiara per realizzare un arco utilizzando legname comune e fogli di fibra di vetro. La fibra di vetro sostituisce l’applicazione di materiali di origine naturale, come il tendine animale, utilizzati per aumentare la resistenza alla rottura e la potenza degli archi tradizionali.

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Sia chiaro, nulla può sostituire il tipo di legno che da millenni viene impiegato per la costruzione di archi. Il tasso, ad esempio, per quanto non propriamente duro (è considerato il più duro tra i legni morbidi), ha una struttura a strati in cui il durame scuro e l’alburno biancastro sono distintamente separati, e le fibre corrono longitudinalmente per tutto il tronco senza curvature eccessive, aspetti che ne facilitano la lavorazione e non costringono a “seguire gli anelli” come altro legname costringe a fare.

Ma costruire un arco con legno di scarsa qualità è possibile. E’ stato fatto innumerevoli volte (il sottoscritto ne ha realizzati due partendo da materiali non propriamente adatti) e, talvolta, la qualità e l’efficacia di un’arma di questo genere può davvero sorprendere.

BOW WOODS (FROM A MATHEMATICAL PERSPECTIVE)

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Medieval Myth Busting: arco lungo inglese e armatura https://www.vitantica.net/2019/11/21/medieval-myth-busting-arco-lungo-armatura/ https://www.vitantica.net/2019/11/21/medieval-myth-busting-arco-lungo-armatura/#comments Thu, 21 Nov 2019 00:04:17 +0000 https://www.vitantica.net/?p=4679 L’arco lungo inglese è un’arma estremamente potente che, nel tempo, ha assunto aspetti quasi leggendari. Ogni elemento relativo alle sue origini, alla sua efficacia e alla sua potenza distruttiva è stato oggetto di numerosissimi studi e analisi da parte di archeologi o semplici appassionati di storia della guerra.

Talvolta, alcune caratteristiche dell’arco lungo inglese sono state ingigantite, finendo per essere vittime di ciò che chiamo “l’inganno della katana”: si trattava sicuramente di armi incredibilmente sofisticate, estremamente potenti per l’epoca storica in cui sono state inventate, ma ogni arma è soggetta a limiti derivanti dal design, dai materiali impiegati per costruirla o dalla funzionalità per cui è stata concepita.

Nel video qui sotto, Tod Todeschini mette alla prova le prestazioni dell’arco lungo inglese grazie all’aiuto di esperti di arcieria, ricercatori ed esperti di metallurgia antica.

L’arco utilizzato nei test è la riproduzione di un’arma in legno di tasso rinvenuta all’interno del relitto della Mary Rose, affondata nel 1545, e capace di esercitare una potenza di 160 libbre. Estremamente difficile da tendere per una persona non allenata (e richiede molto sforzo anche ai più esperti), si trattava di un libbraggio apparentemente comune tra il XV e il XVI secolo.

I bersagli sono stati posizionati a distanze di 10 e 25 metri e rivestiti con tessuto protettivo, maglia di ferro e la riproduzione di un pettorale d’acciaio raffreddato ad aria e di spessore variabile: 2,5 millimetri al centro e 1,5 mm alle estremità.

I risultati sono interessanti: per quanto potente, l’arco lungo si dimostra sostanzialmente inefficace contro un bersaglio protetto da pettorale d’acciaio, dimostrando scarsissimo potere di penetrazione anche a distanze ravvicinate.

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Il problema fondamentale è che il bersaglio di un arciere era generalmente un soldato protetto da armature di maglia di ferro, cuoio rinforzato o tessuto. Sotto i dardi scagliati a pioggia da un manipolo di arcieri, ben pochi soldati si sentivano al sicuro o ben protetti.

La maglia metallica posta sotto i bersagli dell’esperimento è stata penetrata con relativa semplicità da una freccia da 80 grammi, dimostrando quando l’arco lungo inglese potesse dimostrarsi letale in uno scenario reale. Anche chi era così fortunato da poter indossare pettorali d’acciaio, spesso lasciava esposte braccia e gambe, protette da pezzi meno rigidi e costosi.

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La freccia per arco: evoluzione e caratteristiche delle frecce antiche https://www.vitantica.net/2019/11/18/freccia-arco-evoluzione-caratteristiche-frecce-antiche/ https://www.vitantica.net/2019/11/18/freccia-arco-evoluzione-caratteristiche-frecce-antiche/#respond Mon, 18 Nov 2019 00:10:40 +0000 https://www.vitantica.net/?p=4682 La freccia ha svolto un ruolo fondamentale nell’innovazione dell’ arcieria. E’ relativamente facile realizzare un semplice arco (molto meno facile è, invece, costruire un’arma adatta all’utilizzo in uno scenario reale), ma senza una freccia degna di tale nome si tratterà di uno strumento relativamente inefficace.

Esistono innumerevoli tipologie di frecce, ciascuna adatta ad un utilizzo specifico o capace di rivelarsi efficace in circostanze multiple. Non si tratta solo della punta: il peso, la lunghezza, la flessibilità e l’impennaggio di una freccia possono modificare enormemente le sue performances durante durante il volo.

La freccia è un oggetto molto delicato, che richiede precisione e cura nella sua fabbricazione. Un arciere molto fortunato potrebbe non essere mai costretto a sostituire il suo arco, ma dovrà necessariamente rimpiazzare una quantità innumerevole di frecce nel corso della sua carriera, specialmente se si dedica alla caccia.

Molte frecce si spezzano, altre vanno perdute nel sottobosco: è incredibilmente semplice mancare il bersaglio con un arco tradizionale. Anche disponendo di un buon arco e di un’ottima freccia, la distanza massima dal bersaglio non supera mai i 30 metri, distanza che tuttavia prevede un ampio margine d’errore nella caccia tradizionale.

La vita di una freccia è breve, intensa e spesso poco fortunata, specialmente se si considerano gli sforzi necessari a realizzare una dardo di ottima qualità, come mostra il video qui sotto.

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Le prime frecce

La storia della freccia è antichissima. I primi dardi adatti al lancio furono piccoli giavellotti di legno duro, probabilmente dalla punta semi-carbonizzata sulla fiamma, privi di impennaggio e dalla scarsa flessibilità.

Con le prime lavorazioni litiche l’essere umano si rese conto che alcune schegge di pietra avevano capacità di taglio e di penetrazione superiori a quelle di una semplice punta di legno.

Aguzzando l’ingegno, escogitarono sistemi anche molto sofisticati per costruire frecce sempre più veloci, potenti e letali. Il più antico esempio di proiettile con punta di pietra, compatibile sia con una freccia da arco che con un dardo di atlatl, risale a 64.000 anni fa ed è stato scoperto nella Caverna di Sibudu.

Per le prime frecce da arco della storia umana occorre però fare un balzo in avanti, a circa 10.000 anni fa: nella valle di Ahrensburg sono state scoperte frecce di legno di pino dotate di cocche, intagli che consentivano una maggiore aderenza alla corda dell’arco. E’ possibile che questi proiettili fossero stati preparati per l’uso in combinazione con un arco simile a quello di Holmegård.

Con l’avvento della lavorazione dei metalli, si susseguirono una serie di innovazioni tecnologiche delle punte di freccia: cuspidi di rame, bronzo, ferro e poi acciaio resero l’arco un’arma sempre più precisa e letale.

Le punte iniziarono a mutare forma, assumendo configurazioni diverse in base all’utilizzo: dalle semplici cuspidi da caccia furono sviluppate punte adatte a penetrare armature, punte contundenti per cacciagione di piccola taglia, cuspidi con barbigli per complicare qualunque manovra di rimozione del dardo una volta conficcatosi nel bersaglio.

Caratteristiche di una freccia per arco

Nel corso della storia si sono viste frecce di ogni tipo. Anche se le frecce moderne sono lunghe da 75 a 96 centimetri, nei vari millenni di conflitti bellici e attività venatoria si sono visti proiettili per arco lunghi dai 45 ai 150 centimetri.

Una freccia è costituita da 4 parti fondamentali: una punta (o cuspide) dal profilo solitamente aerodinamico; un fusto, o asta, che rappresenta il corpo della freccia; una cocca, il punto di collegamento tra la freccia e la corda dell’arco; e un impennaggio, il “sistema di volo” del proiettile.

Il fusto

In passato i fusti di freccia venivano realizzati con diversi tipi di legno, dipendentemente dalle esigenze pratiche. Le frecce “da volo”, ad esempio, avevano fusti più sottili e leggeri rispetto a quelle da guerra o da caccia.

Dato che la costruzione di frecce è un processo lungo e tedioso che termina spesso con la perdita di oltre la metà dei proiettili realizzati, alcuni popoli del pianeta escogitarono sistemi differenti per recuperare le frecce durante e dopo la caccia.

Uno di questi metodi era il fusto composito: una sezione di legno duro e rigido in corrispondenza della punta unito ad un fusto di legno più leggero e flessibile. In questo modo la freccia ha meno probabilità di spezzarsi irrimediabilmente durante la fuga della preda, il fusto tende a staccarsi facilmente al primo impatto mentre la punta potrà essere recuperata, se ancora integra e attaccata al bersaglio, una volta uccisa la preda.

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La caratteristica primaria di una freccia è il suo spine, il livello di rigidità del fusto. Quando si rilascia la corda di un arco, nelle fasi iniziali l’accelerazione della coda creerà una compressione nell’asta della freccia: il dardo inizierà a flettersi e continuerà a farlo anche durante il volo, un fenomeno definito “paradosso dell’arciere”.

Per evitare che il proiettile inizi a deviare dalla traiettoria desiderata a causa della flessione del fusto, lo spine deve essere adeguato alla potenza dell’arco e all’allungo dell’arciere. E per mantenere la necessaria stabilità in volo, specialmente nei metri iniziali, occorre che la freccia sia dotata di un buon impennaggio.

Impennaggio

Con il termine “impennaggio” si intende la parte stabilizzatrice del volo di una freccia. Anche se alcuni tipi di frecce non necessitano di impennaggio (come quelle utilizzate ancora oggi in alcune popolazioni della Nuova Guinea), l’aggiunta di appendici stabilizzatrici contribuisce a migliorare la precisione.

Tradizionalmente l’impennaggio viene realizzato con penne d’oca o di tacchino ancorate all’estremità opposta alla punta tramite fibre, colla o una combinazione di questi due elementi.

E’ fondamentale che le componenti dell’impennaggio abbiano una resistenza aerodinamica molto simile tra loro. Per ottenere una resistenza uniforme, i costruttori di frecce tagliano o bruciano le penne per modellarle e uniformarle, ottimizzandone la capacità stabilizzatrice.

Se si utilizzano penne naturali, ogni freccia avrà penne estratte dalla stessa ala. Le penne di tacchino estratte dall’ala destra, ad esempio, hanno una curvatura naturale che forza ad effettuare l’ impennaggio con una torsione verso destra.

Un impennaggio particolare, chiamato flu-flu, utilizza le sezioni lunghe delle penne di tacchino per creare sei o più appendici alari o una sorta di spirale in grado di esercitare maggiore resistenza all’aria, favorendo la caccia di prede aeree.

La cocca

La cocca è un incavo all’estremità opposta della punta che aiuta a mantenere corretta la rotazione della freccia prima del lancio e riduce la possibilità di farla cadere durante la trazione o il rilascio dell’arco.

La cocca serve inoltre a massimizzare l’energia trasferita dall’arco alla freccia: mantiene il proiettile saldo in corrispondenza del punto della corda che si muove più velocemente dopo il rilascio, il centro della corda.

Senza la cocca, la compressione di una freccia al momento del lancio potrebbe colpire l’arco, causando una perdita di precisione. Ogni fusto ha un piano di compressione “preferito”, specialmente se si tratta di legno: durante l’intaglio della cocca si dovrà quindi tenere in considerazione la direzione di flessione dell’asta.

La cocca deve resistere a diverse sollecitazioni meccaniche e viene spesso rinforzata con colla, fibre, legno duro o corno.

Cuspidi
Diversi tipi di cuspide utilizzati  nella storia
Diversi tipi di cuspide utilizzati nella storia

La punta, o cuspide, è l’estremità letale di una freccia. Ha subito moltissime evoluzioni nel corso di millenni passati per rispondere alle necessità di cacciatori e guerrieri sempre più esigenti: lacerare, penetrare, menomare il proprio obiettivo o semplicemente stordirlo.

Le punte di freccia hanno innumerevoli forme, pesi e funzioni, ma possono essere raggruppate in 5 categorie principali:

Punta Bodkin: si tratta di una cuspide rigida affusolata, generalmente in ferro battuto. Fu probabilmente creata per prolungare la gittata o creare frecce efficaci ed economiche su larga scala. Le punte Bodkin in acciaio si sono dimostrate capaci di penetrare maglie di ferro, ma non armature a piastre.

Cuspidi contundenti: Possono essere semplici rinforzi rigidi al fusto della freccia, o veri e propri pesi metallici in corrispondenza della punta. Le cuspidi contundenti tornano utili nella caccia di piccole prede, stordendole per facilitare la cattura ed evitare di danneggiare carne o pelle.

Broadhead: nell’immaginario collettivo, la classica punta di freccia è la broadhead dal profilo triangolare. Queste cuspidi hanno tipicamente 2 o 4 lame che causano emorragie nel bersaglio e velocizzano l’uccisione recidendo i vasi sanguigni principali. Sono punte ideali per la guerra o la caccia, ma costose da realizzare e mai utilizzate per l’allenamento.

Punte barbigliate: se si unisce il potere distruttivo di una broadhead con una serie di barbigli metallici, si ottiene una cuspide in grado di causare gravi danni e rendere particolarmente difficile l’estrazione dal bersaglio.

Punte d’allenamento: si tratta di cuspidi appuntite e robuste simili a proiettili, in grado di conficcarsi nel bersaglio con facilità senza tuttavia causare danni eccessivi.

Fonti per “La freccia per arco: evoluzione e caratteristiche delle frecce antiche”

Arrowheads
Everything You Need to Know About Medieval Arrows
Manchu war arrows
Arrow Shaft Design and Performance

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Modern History TV: essere un arciere medievale https://www.vitantica.net/2019/10/21/modern-history-tv-essere-un-arciere-medievale/ https://www.vitantica.net/2019/10/21/modern-history-tv-essere-un-arciere-medievale/#comments Mon, 21 Oct 2019 00:01:44 +0000 https://www.vitantica.net/?p=4615 Essere un buon arciere non è affatto semplice: dopo qualche ora di pratica ininterrotta ci si rende conto di quanto sia faticoso un gesto apparentemente semplice quale tendere una corda.

Gli arcieri inglesi iniziavano il loro addestramento fin da giovanissimi, un addestramento utile a sviluppare la precisione necessaria alla battaglia ma anche la muscolatura indispensabile per resistere a ore e ore di lanci verso obiettivi specifici.

Un arco lungo inglese risultava difficile da tendere anche per gli standard bellici medievali, esercitando forze superiori al 70-80 libbre. Anche essendo in buona forma fisica, muscolatura e tendini si affaticano molto velocemente a scapito di potenza e precisione.

La struttura scheletrica degli arcieri medievali mostra tutti gli effetti che una pratica continua e di lunga durata può provocare in un individuo: braccio sinistro più grande e massiccio, ossa irrobustite in corrispondenza del polso sinistro, della spalla sinistra e delle dita della mano destra.

La gittata dell’arco lungo inglese, secondo alcuni storici, poteva superare i 300 metri. Sappiamo che nel 1542 Enrico VIII stabilì che la distanza minima di pratica per gli adulti dovesse essere di 200 metri per le frecce “da volo” (più leggere di quelle da guerra), di poco inferiore per quelle pesanti.

La dotazione militare di un arciere medievale prevedeva da 60 a 72 frecce. Nessun arciere scagliava tutte le sue frecce alla massima velocità: anche il combattente più fisicamente preparato si sarebbe affaticato in pochissimo tempo. Usando gli archi da guerra più pesanti, la media di lancio era di 6-8 frecce al minuto.

La difficoltà nell’utilizzo dell’arco lungo inglese viene mostrata in questo video in cui Luke Woods, esperto  nell’impiego dell’arco lungo inglese, insegna l’uso dell’arco lungo a Jason Kingsley, presentatore del canale Modern History TV.

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Arco e frecce con strumenti dell’ Età della Pietra https://www.vitantica.net/2018/10/09/arco-frecce-eta-della-pietra/ https://www.vitantica.net/2018/10/09/arco-frecce-eta-della-pietra/#respond Tue, 09 Oct 2018 02:00:00 +0000 https://www.vitantica.net/?p=2235 Il più antico arco completo viene dalle torbiere di Holmegård e risale a circa 10.000 anni fa. Era realizzato in legno di olmo, aveva una sezione a D ed era lungo circa 150 centimetri. Potrà sorprendere sapere che quest’arma fu realizzata in un periodo in cui il bronzo era pressoché sconosciuto: l’abbattimento del tronco e la sua lavorazione furono possibili tramite primitivi ma sofisticati strumenti di pietra.

E’ possibile oggi realizzare un arco funzionante usando soltanto pietra e legno? Certamente! Ray Mears, esperto di bushcraft, spiega in questo video come sfruttare selce, legno, fuoco e resina di pino per ottenere un kit di arco e frecce in grado di abbattere le tipiche prede dell’uomo del Neolitico.

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L’ arco di Holmegaard https://www.vitantica.net/2018/09/26/arco-di-holmegaard/ https://www.vitantica.net/2018/09/26/arco-di-holmegaard/#respond Wed, 26 Sep 2018 02:00:05 +0000 https://www.vitantica.net/?p=2177 La produzione di archi per la caccia o la guerra fu un’ abilitá che si perfezionò nell’arco di svariati millenni. I nostri antenati furono costretti a sperimentare con materiali differenti e ad aguzzare l’ingegno per escogitare soluzioni creative a problematiche sempre diverse, spesso dipendenti dalla disponibilità locale di materiali o dal grado di sviluppo tecnologico raggiunto dalle comunità di cacciatori primitive o semi-primitive.

E’ molto probabile che i primi archi per la caccia non fossero molto differenti dagli “archi di sopravvivenza” realizzati ancora oggi: imperfetti, poco potenti e dalla scarsa longevità, rappresentarono tuttavia una soluzione immediata alla necessità di procacciarsi prede di piccole o medie dimensioni, generalmente molto sfuggenti e difficilmente avvicinabili.

Ancora oggi molte comunità di cacciatori-raccoglitori impiegano armi da lancio considerate rozze per gli standard moderni, come gli archi africani che non riescono a raggiungere un allungo completo per via dei limiti fisici dei materiali utilizzati (legno troppo duro, fragile o tenero) o per colpa delle tecniche di lavorazione primitive (strumenti di pietra o di metallo grezzo e scarsa consapevolezza delle moderne tecniche di arcieria).

Questo non significa tuttavia che non svolgano il loro compito, per quanto limitato possa essere il loro impiego, o che non utilizzino soluzioni ingegnose per ovviare ai limiti della tecnologia utilizzata.

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Arco di tipo Holmegaard

Quello che viene chiamato arco di tipo Holmegaard rappresenta un tipico esempio di arco imperfetto e al contempo rivoluzionario. Realizzati nello spazio di oltre 4.000 anni, gli esemplari più antichi sono stati scoperti in Danimarca (a Holmegård, Ringkloster o Møllegabet) e sono realizzati in legno di olmo, un materiale non particolarmente ambito nell’ arcieria moderna (anche se io stesso ho realizzato due archi in legno di olmo che non hanno nulla da invidiare ad armi in materiale più pregiato).

Il loro profilo piramidale è considerato talvolta “eccessivo”: flettenti troppo lunghi e larghi lo rendono generalmente ingombrante e meno performante rispetto ad armi più sottili e leggere.

Nonostante la sua struttura, l’ arco di Holmegaard è un mix di soluzioni adottato dai nostri antenati per superare i limiti imposti dalla tecnologia e dai materiali disponibili in epoca preistorica; sottovalutare la capacità offensiva di queste armi è un errore grossolano: molte pitture rupestri europee dimostrano che erano adatte alla caccia di animali di grossa taglia, come cervi o ibex.

Uno dei due archi di Holmegaard
Uno dei due archi di Holmegaard

Il tipico arco di Holmegaard ha flettenti larghi con una sezione biconvessa. L’impugnatura è sottile e rigida anche durante la messa in tensione dell’arco. Gli archi rinvenuti finora hanno una lunghezza compresa tra 150 e 170 centimetri, con flettenti larghi poco meno di 6 centimetri.

Avendo flettenti molto ampi, questi archi potevano essere realizzati anche a partire da legname più comune e meno denso, come acero, frassino, quercia e olmo. Secondo le analisi degli archeologi e la presenza di anelli molto sottili sul legno, gli alberi abbattuti per la fabbricazione di questi archi crescevano principalmente in località coperte dall’ombra.

I due archi di Holmegård

Da Holmegård abbiamo due archi recuperati dalle paludi di torba danesi: uno quasi completo e un altro frammentato, entrambi in legno di olmo e risalenti a 8.500 anni fa. L’arco completo misura circa 152 centimetri in lunghezza, ha flettenti larghi 4,4 centimetri che si riducono di dimensioni verso le punte fino a raggiungere 1,9 centimetri di larghezza.

Il secondo arco invece si è rotto poco sotto l’impugnatura; la lunghezza del frammento (circa 90 centimetri) farebbe pensare ad una lunghezza totale dell’arma completa di 165-180 centimetri.

Replica di arco di Holmegaard
Replica di arco di Holmegaard

L’arco di Holmegaard è considerato non molto efficiente secondo gli standard moderni, ma ciò che lo rende meno potente rispetto ad un arco del XX secolo è anche un fattore che contribuisce al suo successo. I cacciatori-raccoglitori hanno da sempre privilegiato la resistenza e la praticità alla potenza: rimpiazzare uno strumento utile come un arco di legno pregiato richiede tempo e molto lavoro, elementi che in uno stile di vita semi-primitivo non abbondano di certo.

Un arco eccessivamente lungo e largo potrà anche essere meno potente e manovrabile di uno più leggero e minuto, ma è anche capace di sopportare maggiormente lo stress dovuto ad un utilizzo costante, prolungato e in condizioni ambientali non ideali.

Non bisogna inoltre sottovalutare la capacità offensiva di un arco di Holmegaard: il fatto che un gruppo di cacciatori potesse abbattere grosse prede è un indizio evidente della loro potenza. Anche se le repliche moderne di archi di Holmegaard hanno prestazioni tali da renderli adatti alle competizioni, gli archi di Holmegaard originali non erano così rifiniti da ottenere performance moderne ma svolgevano egregiamente il loro compito nelle situazioni più disparate.

Mesolithic Bows from Denmark and Northern Europe
the oldest bow in the world

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Come costruire un arco improvvisato in situazioni di emergenza https://www.vitantica.net/2018/08/27/arco-improvvisato-sopravvivenza/ https://www.vitantica.net/2018/08/27/arco-improvvisato-sopravvivenza/#comments Mon, 27 Aug 2018 02:00:45 +0000 https://www.vitantica.net/?p=2072 L’ arco fu uno strumento che rivoluzionò le tecniche di caccia dei nostri antenati: più preciso dell’ atlatl e dalla gittata più elevata, si tratta di un mix di materiali e fisica elementare volto ad ottimizzare il lancio di un proiettile, ma deve essere costruito con cura per poter diventare uno strumento affidabile e duraturo.

I costruttori di archi moderni hanno elaborato metodologie, ormai considerate standard, per realizzare archi di tutti i tipi. Ci sono limiti a cui un arco deve offrire una certa tolleranza: tensioni e compressioni eccessive, umidità ambientale e densità del materiale di partenza sono tutti elementi che vanno considerati quando l’intenzione è quella di fabbricare un arco per la caccia o per la guerra.

Ci sono tuttavia alcune circostanze in cui è impossibile impiegare strumenti e tecniche facilmente utilizzabili nel proprio workshop e non è possibile prendere ogni precauzione per ridurre il rischio di rottura di un arco sotto tensione. In queste situazioni potrebbe essere utile sapere come costruire un arco partendo da zero e adoperando quasi esclusivamente tecnologie e metodi primitivi.

La scelta del legno

Legno per archi

Un arco funzionale può essere costruito a partire da legno verde. Ogni costruttore di archi che si rispetti è abituato a far stagionare il legname per almeno 6-12 mesi allo scopo di rimuovere l’acqua in eccesso all’interno delle fibre lignee, ma in situazioni di emergenza il tempo di stagionatura è un fattore che può essere del tutto ignorato con la consapevolezza di non poter mai raggiungere le prestazioni di un arco realizzato con metodi “canonici”.

Il primo passo per la costruzione di un arco improvvisato è la scelta del materiale. Tipicamente i migliori legni da arco sono il tasso, il frassino e la quercia, ma nulla impedisce di utilizzare altri legni mediamente densi come l’ olmo, l’ acero o il faggio. Io stesso ho realizzato un arco in legno di olmo a partire da un quarto di un tronco e le sue prestazioni non hanno nulla da invidiare ad archi costruiti a partire da alberi considerati ideali per lo scopo.

Per l’occasione saranno ritenuti adatti non solo piccoli tronchi ma anche rami spessi 4-5 centimetri e lunghi circa 1,5-1,8 metri, il più possibile privi di nodi e ripuliti da tutti i rami secondari. Legni più densi consentiranno di ottenere flettenti più sottili e archi più corti rispetto a legni meno pesanti.

Il materiale di partenza non deve essere totalmente esente da difetti: nella maggior parte dei casi sarà inevitabile la presenza di qualche nodo che complicherà il processo di tillering (la rimozione di materiale per aumentare la curvatura dei flettenti), ma un arco d’emergenza non ha bisogno di essere perfetto per svolgere il suo lavoro.

Le sezioni dell’arco
Suddivisione in sezioni di un arco
Suddivisione in sezioni di un arco

Una volta ottenuto il giusto materiale occorrerà suddividere l’arco in sezioni individuando quelle che saranno il ventre, il dorso e l’impugnatura. Per determinare ventre e dorso esiste un metodo molto semplice e pratico: dopo aver messo il pezzo di legno in posizione verticale con un’estremità appoggiata sul terreno e l’altra immobilizzata da una mano, bisogna spingere l’asta in corrispondenza del centro e osservare la curvatura che assumerà. L’asta ruoterà e si curverà in base alla direzione delle fibre: la parte concava dell’asta sarà il ventre, mentre quella convessa diventerà il dorso dell’arco.

La prima regola d’oro per costruire un arco funzionante è la seguente: limitare al minimo gli interventi di rimozione di materiale dal dorso dell’arco. Si tratta della sezione sottoposta a maggiori tensioni durante l’uso e ogni piccolo difetto o crepa sul dorso si tradurrà in rotture spesso difficilmente sanabili, se non addirittura catastrofiche. Il ventre dell’arco sarà invece la zona in cui verranno effettuati i maggiori interventi di rimozione del materiale ligneo.

Una volta identificato il centro geometrico dell’asta, è necessario delimitare la zona dell’impugnatura riservando almeno 6-7 centimetri di materiale sopra e sotto il centro. Se la corteccia non è rigida come quella delle conifere, è possibile mantenerla sul dorso dell’arco come “meccanismo di sicurezza”: lo strato di corteccia contribuirà a contenere la tensione sul dorso mantenendo l’integrità strutturale dell’arco anche in caso di difetti interni nel legno.

Iniziare a lavorare il ventre dell’arco

forma di un arco "self bow"

Questa fase prevede l’asportazione di materiale dal ventre e dai lati per ottenere una curvatura dolce e uniforme tra braccio superiore e inferiore. Ripetendo il procedimento di curvatura usato per determinare ventre e dorso sarà possibile individuare zone in cui il legno si piega più facilmente o tende ad essere più rigido. Dalle zone rigide occorrerà rimuovere materiale per renderle più flessibili, mentre le sezioni più soggette a curvatura saranno lasciate intatte fino a quando non si dimostreranno troppo rigide a seguito dell’asportazione di materiale da altri punti dell’arma.

Occorre procedere con intelligenza e pazienza in questa fase: la rimozione di materiale dal ventre e dai fianchi deve essere graduale e sempre seguita da una nuova piegatura dell’asta, per verificare zone di eccessiva flessibilità che costringerebbero a ridurre la potenza finale dell’arco rimuovendo altro materiale da aree in precedenza già flessibili.

Le linee guida durante questa fase sono:

  • Non intaccare il dorso dell’arco, ma lavorare solo il ventre e i fianchi;
  • Per una maggiore integrità strutturale, la forma dei flettenti dovrà essere quella “piramidale”: larghi all’altezza dell’impugnatura e stretti (1,5-2,5 cm) alle estremità;
  • Rimuovere materiale un poco alla volta;
  • Controllare continuamente la flessibilità dell’asta dopo la rimozione di materiale da sezioni circoscritte;
  • La zona dell’impugnatura deve essere rigida (non è necessario, ma semplifica il lavoro di rimozione del materiale);
  • Gli ultimi 10-15 centimetri di ogni flettente devono essere rigidi o semi-rigidi.

Quando i due flettenti dell’asta saranno in grado di assumere una leggera curvatura uniforme tra loro (non perfetta, ma dolce e senza angoli troppo accentuati) si potrà procedere con la fase successiva. Non è necessario che i flettenti si pieghino fino ad assumere la curvatura finale: una curvatura di circa 10 centimetri è sufficiente per eseguire il tillering che porterà l’arma all’allungo desiderato.

Tillering, tips e ulteriore lavorazione

Tillering di un arco

A questo punto sarà necessario creare i tips (le parti terminali dei flettenti in cui si aggancia la corda) incidendo il legno per ricavare una coppia di solchi per ogni flettente, facendo attenzione a non scavare troppo profondamente nel ventre o a non intaccare il dorso. Lo scopo dei solchi è quello di mantenere la corda in posizione e non è necessario che siano profondi.

Ora è il momento di usare la “corda da tillering”: si tratta di una corda più lunga dell’arco stesso in modo tale da non tenerlo in tensione e utilizzata per regolare la procedura di asportazione del legno e verificare precisamente la curvatura dei flettenti.

Dopo aver incordato l’arco, occorrerà posizionarlo su una superficie che lo mantenga orizzontale (un tavolo, un grosso ramo, un tronco cavo) e tendere lentamente la corda abbassandola di qualche centimetro per osservare la curvatura dei flettenti. Ci saranno sicuramente imperfezioni: flettenti che non si piegano secondo una curvatura dolce, zone più rigide rispetto ad altre o piccole fratture da compressione in fase di formazione.

Man mano che si rimuove materiale sarà necessario tendere l’arco sempre di più, fino a raggiungere la lunghezza del proprio allungo: l’ allungo si può definire come la distanza tra la mano che impugna l’arco e la base della mandibola. Il procedimento richiede buon occhio e una certa dose di pazienza, ma è di gran lunga più facile da eseguire su un pezzo di legno verde che su uno stagionato: l’umidità delle fibre renderà l’asta più tollerante alla tensione e agli errori di lavorazione, oltre che meno soggetta a rotture.

Il tillering sarà ultimato quando i due flettenti saranno in grado di curvarsi in modo uniforme e fino alla distanza del vostro allungo. Al termine del tillering si potrà finalmente incordare l’arco con la corda definitiva e provare a tenderlo ripetutamente per verificare la tenuta dei tips ed eventuali anomalie. Ricordarsi sempre di non rilasciare la corda di un arco senza freccia: potrebbe rovinare completamente l’arma o far esplodere i flettenti (con conseguenze non molto piacevoli per l’utilizzatore, investito da schegge di legno).

Rifinitura

Se vi trovate nella situazione in cui un arco funzionante può fare la differenza tra la vita e la morte, potete usare immediatamente l’arma appena prodotta. Se il tillering è andato a buon fine avrete un’arma relativamente efficace e durevole, con prestazioni che potrebbero migliorare man mano che il legno perde l’umidità eccessiva accumulata nelle fibre.

Le rifiniture applicabili a questo arco di legno verde potrebbero essere:

  • Levigatura del ventre con pietre abrasive per rimuovere eventuali schegge o irregolarità;
  • Modellare l’impugnatura per renderla più comoda;
  • Cospargere l’arma di olio o grasso per impermeabilizzarla dalla pioggia o dall’umidità;
Frecce

In una situazione d’emergenza non sarete certamente in grado di consultare alcuna tabella di riferimento per il diametro, il peso o lo spine delle frecce da impiegare con la vostra nuova arma; dovrete procedere per tentativi e imparare dai vostri errori.

E’ bene partire con la consapevolezza che le frecce di qualità sono oggetti che richiedono molto tempo per essere realizzati e sono in gran parte responsabili della precisione di un arco. I cacciatori-raccoglitori antichi e moderni sono perfettamente a conoscenza del valore di una buona freccia e fanno di tutto per recuperare i proiettili che non hanno raggiunto l’obiettivo.

La freccia più semplice è un banale bastoncino di legno dritto e appuntito, levigato e privo di nodi per esercitare poca frizione sull’arco e mantenere una traiettoria stabile. Questo tipo di freccia non è adatta al tiro su distanze medio-lunghe e la sua stabilità in volo è determinata quasi esclusivamente dal peso della punta, come un volano da badminton.

Una freccia di qualità richiede più lavoro e cura dei dettagli. Molte frecce tradizionali sono composte da due segmenti: la punta, realizzata in legno duro, osso o metallo, e una parte recuperabile e riutilizzabile, la più lunga da realizzare. Ma la necessità di costruire un set di frecce in poco tempo è un limite che costringe alla semplicità.

Una piccola asticella di legno privata della corteccia, come un ramo di nocciolo o un bastoncino di pino, può essere facilmente raddrizzata utilizzando il calore di una fiamma viva. Avvicinando il ramo alla fiamma per qualche secondo e raddrizzandolo con le mani o con i denti si potranno correggere molti difetti di curvatura.

Per migliorare la gittata e la stabilità in volo sono necessari due elementi:

  • Peso della punta: la punta deve essere composta da un materiale denso in grado di spostare il baricentro della freccia verso di essa (non eccessivamente);
  • Impennaggio: la presenza di piume, filamenti di tessuto o fibre vegetali all’estremità opposta della punta consente di stabilizzare il volo della freccia e di aumentarne gittata e precisione.

 

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Cenni sull’ arco: storia, funzionamento e prestazioni https://www.vitantica.net/2017/09/05/arco/ https://www.vitantica.net/2017/09/05/arco/#comments Tue, 05 Sep 2017 20:17:30 +0000 https://www.vitantica.net/?p=109 Arco e frecce non sono state di certo le prime armi da lancio della storia, ma nel corso dei millenni si sono rivelati strumenti in grado di cambiare radicalmente lo stile di vita dei nostri antenati.

Considerato da molti come un’arma ormai datata e difficile da utilizzare, nelle mani di un esperto tiratore un arco è in grado di ottenere prestazioni sensazionali, dimostrandosi estremamente preciso e letale nel suo raggio d’azione ottimale.

Il primo arco: rudimentale e autocostruito

La mia passione per l’arco nasce in tenera età grazie a mio fratello maggiore, appassionato di arcieria. Il mio primo arco fu una via di mezzo tra un giocattolo e un arco improvvisato costruito a tempo perso da mio zio con legno di olmo, un materiale utilizzato fin dal Neolitico per realizzare ottimi archi in mancanza di legname di primissima scelta.

Costruire un arco rudimentale non è così difficile (leggi questo post per le istruzioni su come realizzare un arco improvvisato): è sufficiente trovare un ramo fresco adatto allo scopo, non troppo nodoso e relativamente dritto, modellarne il profilo per ottenere un dorso (la parte esposta verso il bersaglio) e un ventre  (la zona esposta verso il tiratore), e metterlo in tensione con spago, corda per archi o qualunque altra stringa sia possibile reperire con facilità.

Non è necessario che il ramo sia uniforme in larghezza, e nemmeno che l’arco sia simmetrico o esteticamente gradevole: basta soltanto che sia un buon compromesso tra elasticità e rigidità.

Un arco del genere, realizzabile in meno di un’ora se si possiede un coltello ben affilato e una discreta manualità, non avrà di certo prestazioni paragonabili ad un arco realizzato secondo i criteri dettati dall’esperienza di un arciere esperto. Col passare del tempo, l’acqua che impregna il legname tenderà ad evaporare facendogli perdere l’elasticità originale e aumentando le probabilità che l’arco possa fratturarsi quando sottoposto a tensioni eccessive.

Il primo, vero arco
replica di arco di Holmegaard
Replica di arco di Holmegaard

Un degli archi più antichi della storia è stato scoperto in Danimarca: definito “arco di Holmegaard“, risale a circa 6.000 anni prima di Cristo e fu realizzato in legno di olmo.

Costruito seguendo rudimentali criteri di arcieria e frutto secoli di esperienze e fallimenti, le prestazioni di questo arco sono estremamente superiori a quelle di uno strumento realizzato in un’ora o poco più ed è senza ombra di dubbio più adatto alla caccia.

ll materiale ligneo è stato ottenuto da un tronco privo di nodi, cresciuto all’ombra e ricco di fibre dritte e parallele, un mix ideale per resistere alla tensione a cui è sottoposto il dorso di un arco; la lavorazione del legno, inoltre, mostra le tracce di una mano esperta, probabilmente quella di un costruttore professionista.

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Per ottenere un arco che sia in grado di competere con quelli dei nostri antenati, è necessario addentrarsi nel regno dell’ arcieria e prepararsi psicologicamente ad affrontare una lunga serie di fallimenti, alcuni dei quali disastrosi.

Posso testimoniare, per esperienza personale, che i primi archi che tenterete di realizzare  si romperanno, esploderanno in decine di schegge di legno o semplicemente non saranno sufficientemente potenti da lasciarvi soddisfatti.

I requisiti minimi di un arco per la caccia

Per cacciare con la speranza di riuscire ad abbattere preda al di sopra dei 30-50 kg, è necessario possedere un arco che abbia una potenza sufficiente ad uccidere sul colpo o ferire letalmente un animale da una distanza compresa tra i 2 e i 30 metri.

A distanze superiori, dipendentemente dalla potenza dell’arco e dalla capacità dell’ arciere, la forza di penetrazione della freccia tende a diminuire e l’efficacia del tiro potrebbe non essere tale da garantire un’uccisione sicura. Qualunque cacciatore che si rispetti dovrebbe cacciare con la consapevolezza di poter uccidere la sua preda nel modo più veloce possibile, per evitare di far soffrire inutilmente l’animale e per impedire che possa fuggire o nascondersi.

Evitando di fare troppi calcoli, è necessario che il nostro arco sia in grado di scagliare una freccia ad una velocità compresa tra i 46 e i 100 metri al secondo. Se da piccini avete tentato di costruire un arco improvvisato, vi sarete accorti che per ottenere queste prestazioni non basta tagliare il primo ramo dritto da un albero di tasso e attaccarci una corda. E’ necessario, invece, adottare alcune tecniche, spesso antiche quanto l’ arcieria stessa, che possano potenziare l’ “effetto molla” di un pezzo di legno.

Il problema della tensione

Un arco non è altro che una molla azionata da una corda. Quando si rilascia la corda, come ogni buona molla il nostro arco tenderà ad assumere nuovamente la sua forma naturale e stabile.

Più questa molla è in tensione, più la freccia acquisterà energia cinetica da scaricare sul bersaglio. Allo stesso tempo, tuttavia, un’eccessiva tensione può portare alla rottura dell’arco: non sono affatto rare esplosioni di flettenti sottoposti a stress meccanico eccessivo. Come risolvere il problema della tensione?

Tipi di arco

Le soluzioni adottate dai nostri antenati sono state principalmente due: l’allungamento o la curvatura del corpo dell’arco, e la realizzazione di archi compositi.

Nel primo caso, la soluzione all’eccessiva tensione consiste nell’ allungare o curvare il corpo dell’arco per poter accumulare energia aggiuntiva da scaricare sulla freccia, contenendo contemporaneamente lo stress che il fusto deve subire ad ogni tiro; la seconda soluzione, invece, è livello successivo dell’ arceria antica: lo sfruttamento delle proprietà fisiche di materiali differenti per ottenere prestazioni superiori a quelle del solo legno.

L’arco composito: tendine e corno

Il legname perfetto, purtroppo non esiste. Se sotoposto a troppa tensione, si romperà; se posto sotto un’eccessiva pressione, si spaccherà. Esistono ovviamente qualità di legno palesemente più adatte alla costruzione di archi rispetto ad altre, ma le proprietà meccaniche del legno hanno comunque dei limiti.

Utilizzare materiali alternativi al legno ha consentito di oltrepassare la barriera imposta dalle proprietà fisiche del materiale. Probabilmente avrete già sentito parlare di archi realizzati in legno e corno, o legno e tendini, ma cosa significa esattamente?

Quando tendiamo l’arco, il dorso dell’arma è sottoposto ad una tensione che inevitabilmente, con il tempo o sotto sforzo eccessivo, tenderà a rompere le fibre esterne del legno.

Per ovviare al problema dell’eccessiva tensione e alleviare parte dello stress meccanico, i nostri antenati ebbero l’idea di utilizzare i tendini animali incollati sul dorso dell’arco.

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I tendini sono filamenti organici estremamente resistenti, ma anche molto elastici: hanno la tendenza a riassumere la loro lunghezza naturale se messi in tensione e poi rilasciati, bene o male lo stesso comportamento di un elastico di gomma. Incollare tendini animali sul dorso dell’arco non solo garantiva una durata maggiore dell’arma, ma anche un “effetto molla” superiore che incrementava di molto potenza e gittata.

Il corno, invece, è un materiale generalmente debole sotto tensione, ma molto forte sotto pressione, ed è ideale per il ventre dell’arco, la parte esposta verso il tiratore.

Quando il dorso dell’arco è sotto tensione, il suo ventre si trova sotto pressione; una pressione eccessiva sul ventre può creare incrinature che, col tempo e l’utilizzo, possono compromettere l’integrità strutturale dell’arco.

Aggiungendo strisce di corno sul ventre, questo materiale verrà sottoposto alla maggior parte della pressione, stabilizzerà il nucleo di legno da pressioni o tensioni eccessive e aumenterà la potenza dell’arco contribuendo a riportare l’arma alla sua forma naturale con maggior forza.

tipi di arco sezione

Prestazioni di un arco antico

L’ arco turco, uno dei più celebri archi compositi della storia e classico esempio di arco composito in corno, otteneva prestazioni incredibili se si considera la sua lunghezza, di gran lunga inferiore rispetto ad un arco lungo inglese.

L’abilità di un arciere turco veniva riconosciuta ufficialmente se riusciva ad effettuare un tiro da 500-600 metri con una “freccia da volo” (freccia studiata appositamente per raggiungere lunghe distanze), ma distanze superiori furono  raggiunte più che agevolmente da tiratori come Tozkoparan Iskender (845 metri) o Mîr-i Alem Ahmed Aga (839 metri).

Se ci spostiamo in Europa, invece, il celebre arco lungo inglese d’epoca medievale consentiva, nelle mani di un tiratore esperto, di scagliare con precisione 10-12 frecce al minuto a distanza di 60-100 metri, e con sufficiente precisione da centrare il corpo di un uomo.

Il corpo di un arco lungo inglese era interamente realizzato in legno di tasso, un materiale ideale per via della netta distinzione tra durame (legno più duro e adatto alla compressione) e l’alburno (parte esterna del tronco, più elastica e resistente alla tensione).

Con una serie di trovate ingegnose, i nostri antenati riuscirono a risolvere i tradizionali problemi dell’arcieria, problemi che devono affrontare anche i costruttori moderni e che spesso vengono risolti utilizzando soluzioni millenarie. La tecnologia antica, per quanto lontana dalle metodologie e dai risultati di oggi, era molto più avanzata di quanto siamo abituati a pensare e la storia dell’ arco ne è un esempio evidente.

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Il trapano ad archetto https://www.vitantica.net/2017/09/05/il-trapano-ad-arco/ https://www.vitantica.net/2017/09/05/il-trapano-ad-arco/#respond Tue, 05 Sep 2017 18:41:39 +0000 https://www.vitantica.net/?p=148 Il trapano ad archetto è l’evoluzione del trapano a mano volta ad ottimizzare la produzione di calore e a minimizzare lo sforzo necessario a produrre una brace.

Il trapano ad archetto, utilizzato anche per la perforazione di roccia, osso o legno, è uno strumento nato migliaia di anni fa ma che purtroppo ha lasciato poche testimonianze archeologiche data la natura facilmente deperibile del legno.

Il trapano ad archetto necessita di ogni componente utilizzato nel trapano a mano: un piolo e una base su cui farlo ruotare. A differenza della tecnica manuale, viene impiegato un arco di legno e una corda di fibra vegetale/animale per imprimere al piolo una rotazione più veloce tramite un movimento orizzontale che non logora le mani e limita lo sforzo.

Contrariamente al trapano a mano, viene esercitata sul piolo una pressione verso il basso utilizzando un “fermo”, una sede per l’estremità superiore del piolo, utile a tenerlo allineato verticalmente con la base mentre l’arco imprime la rotazione.

Il fermo altro non è che un pezzo di legno in cui verrà ricavato un incavo per ospitare l’estremità superiore del piolo. L’incavo deve consentire una presa salta sul piolo ma non generare troppa frizione durante la rotazione. E’ possibile ad esempio lubrificare l’incavo con grasso animale o olio vegetale per ridurre la frizione e il calore generato.

Schema di un trapano ad archetto
Schema di funzionamento di un trapano ad archetto

L’ arco è composto da un pezzo di legno ricurvo alle cui estremità viene legata una corda, non troppo tesa per non rallentare la rotazione del piolo ma non allentata a tal punto da slittare sul piolo stesso.

Il pezzo di legno costituirà l’archetto non dovrà essere troppo flessibile da piegarsi facilmente ma nemmeno troppo rigido da rischiare di rompersi sotto sforzo. Se l’archetto è troppo flessibile, la stringa tenderà a scivolare dal piolo e non sarà possibile applicare la frizione necessaria a generare rotazioni efficaci; se l’arco è poco flessibile, la corda tenderà ugualmente a scivolare e rischierà di rompersi.

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La stringa dell’archetto può essere realizzata con un’infinità di materiali reperibili più o meno facilmente in natura: strisce di pelle, tendine, cotone, canapa, e qualunque altro materiale vegetale utile per creare cordame.

La corda dovrebbe essere sufficientemente spessa da non danneggiarsi facilmente dopo un utilizzo costante e vigoroso: uno spessore pari al doppio di quello di un laccio da scarpe costituisce una buona base per un utilizzo quotidiano dell’archetto.

Se la mano dominante è la destra, la posizione più comoda sarà quella di tenere l’archetto con la mano destra, il fermo del piolo con la sinistra e la base di legno ben salda sul terreno con il piede sinistro, sfruttando la tibia come “stabilizzatore” per il braccio sinistro, che mantiene il piolo sul posto.

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Arco di Penobscot https://www.vitantica.net/2017/09/05/arco-di-penobscot/ https://www.vitantica.net/2017/09/05/arco-di-penobscot/#respond Tue, 05 Sep 2017 15:40:11 +0000 https://www.vitantica.net/?p=81 Le armi bianche sono la testimonianza dei progressi tecnologici del tempo in cui sono state realizzate. Superando il limite dell’arma bianca intesa come strumento di morte, ci si accorge che, in realtà, costituisce una delle più intense espressioni della tecnologia, della società e anche della moda del tempo in cui è stata costruita.

Questa piccola introduzione serve a presentare un’arma ben poco conosciuta ma che, come moltissime altre armi del passato, ha dimostrato quanto la povertà di materiali non sia affatto un limite per l’ingegno umano: l’ arco di Penobscot.

Soluzioni creative all’arco tradizionale

Quando parliamo dell’ arco ciò che ci viene in mente è l’immagine dell’ arco lungo inglese, o di qualche arco composito turco o dell’Estremo Oriente. Si tratta di armi formidabili, spesso funzionanti su principi differenti ma altrettanto efficaci: l’arco lungo inglese, per esempio, basava la sua potenza e la sua straordinaria gittata sulla natura e sulle dimensioni (fino a 2 metri) del legno utilizzato per realizzarlo.

Gli archi compositi, invece, potevano essere costruiti con materiali lignei dalle scarse proprietà meccaniche grazie all’ulteriore impiego di tendine e corno animale (il primo resistente in tensione, il secondo in compressione) o di bambù (straordinariamente flessibile e resistente in tensione).

arco lungo

Arco lungo da guerra, di origine britannica

In alcune regioni del mondo, tuttavia, la disponibilità di buoni materiali per la fabbricazione di archi era decisamente scarsa. Gli Inuit, per esempio, non disponevano di legname adatto se non quello ottenuto da pochi alberi dalle scarse proprietà meccaniche; ma come molti antichi popoli nordamericani, gli Inuit erano esperti di nodi: riuscivano a legare qualunque cosa sfruttando come corda…qualunque cosa, e questa loro abilità li rese in grado di realizzare archi con ossa di balena e tendini di renna senza l’ausilio di nessun collante.

Un altro esempio di materiali non propriamente adatti è l’arco di Holmegaard: l’assenza di legname della giusta densità o flessibilità costrinse i nostri antenati ad utilizzare legno di olmo o di frassino, considerato dall’arcieria moderna come materiale di seconda scelta.

L’arco di Penobscot su una delle soluzione alla povertà di buon materiale per la costruzione di archi. Esistono sei differenti varianti dell’arco di Penobscot, ma la più conosciuta è la versione Penobscot/Wabenaki.

L’arco di Penobscot: un arco doppio
Ricostruzione moderna di un arco di Penobscot
Ricostruzione moderna di un arco di Penobscot

L’arco di Penobscot fu realizzato dall’omonima tribù nativa che viveva nell’area nord-orientale degli Stati Uniti, in particolare in quello che oggi è lo Stato del Maine. La tribù di Penobscot apparteneva alla Confederazione Wabenaki, una confederazione di popoli nativi del Nord America nota principalmente per la realizzazione di straordinari mezzi di trasporto fluviali: le canoe in legno di betulla.

La regione Wabenaki non offriva legno decente per archi, ma solo materiale scarso in tensione, pessimo per sopportare lo stress a cui sono sottoposti i flettenti di un arco. La soluzione al problema fu la creazione di quello che alcuni considerano il primo “arco compound” della storia: fu aggiunto un piccolo arco di fronte all’arco principale, in modo tale da aumentare la potenza generale dell’arma e alleviare lo stress meccanico sull’arco principale. Questa tecnologia consentiva di ottenere, a partire da legno dalle scarse proprietà meccaniche, archi corti di potenza regolabile.

Questo tipo di design è antico: risalirebbe ad almeno 1.500 anni fa, ben prima dell’arrivo dei primi esploratori europei, e viene classificato generalmente come “arco col dorso incordato”, un metodo utilizzato da millenni per amplificare la potenza di un arco.

Per aumentare la resistenza e l’energia sprigionata da un arco, infatti, il dorso dell’arma (la parte rivolta verso il bersaglio) veniva spesso ricoperta da tessuto tendineo animale, flessibile e resistente, o da materiali in grado di alleviare la tensione che si genera quando l’arco si incurva verso l’arciere.

arco Penobscot

Alcune metodologie di irrobustimento del dorso prevedevano, al posto di colla e tendini, l’utilizzo di corda legata “a secco” al dorso dell’arco. Gli Inuit sfruttavano questo metodo per evitare che i loro archi in corno e ossa di balena si rompessero quando sottoposti a tensioni eccessive.

L’arco di Penobscot porta l’incordatura del dorso ad un livello superiore, aggiungendo un vero e proprio arco in miniatura al fusto. L’arco secondario non solo allevia la tensione e prolunga la durata dell’arma, ma aumenta sensibilmente l’energia impartita alla freccia al momento del lancio.

Un arco di Penobscot manovrato da un arciere esperto era in grado di uccidere un caribù o l’alce più grosso in circolazione con un colpo ben assestato; nonostante le scarse proprietà dei materiali utilizzati per la sua costruzione, la tecnologia inventata dai nativi consentiva di superare le limitazioni del legno e di ottenere armi superbe per la caccia.

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