Arco di Penobscot

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Le armi bianche sono la testimonianza dei progressi tecnologici del tempo in cui sono state realizzate. Superando il limite dell’arma bianca intesa come strumento di morte, ci si accorge che, in realtà, costituisce una delle più intense espressioni della tecnologia, della società e anche della moda del tempo in cui è stata costruita.

Questa piccola introduzione serve a presentare un’arma ben poco conosciuta ma che, come moltissime altre armi del passato, ha dimostrato quanto la povertà di materiali non sia affatto un limite per l’ingegno umano: l’ arco di Penobscot.

Soluzioni creative all’arco tradizionale

Quando parliamo dell’ arco ciò che ci viene in mente è l’immagine dell’ arco lungo inglese, o di qualche arco composito turco o dell’Estremo Oriente. Si tratta di armi formidabili, spesso funzionanti su principi differenti ma altrettanto efficaci: l’arco lungo inglese, per esempio, basava la sua potenza e la sua straordinaria gittata sulla natura e sulle dimensioni (fino a 2 metri) del legno utilizzato per realizzarlo.

Gli archi compositi, invece, potevano essere costruiti con materiali lignei dalle scarse proprietà meccaniche grazie all’ulteriore impiego di tendine e corno animale (il primo resistente in tensione, il secondo in compressione) o di bambù (straordinariamente flessibile e resistente in tensione).

arco lungo

Arco lungo da guerra, di origine britannica

In alcune regioni del mondo, tuttavia, la disponibilità di buoni materiali per la fabbricazione di archi era decisamente scarsa. Gli Inuit, per esempio, non disponevano di legname adatto se non quello ottenuto da pochi alberi dalle scarse proprietà meccaniche; ma come molti antichi popoli nordamericani, gli Inuit erano esperti di nodi: riuscivano a legare qualunque cosa sfruttando come corda…qualunque cosa, e questa loro abilità li rese in grado di realizzare archi con ossa di balena e tendini di renna senza l’ausilio di nessun collante.

Un altro esempio di materiali non propriamente adatti è l’arco di Holmegaard: l’assenza di legname della giusta densità o flessibilità costrinse i nostri antenati ad utilizzare legno di olmo o di frassino, considerato dall’arcieria moderna come materiale di seconda scelta.

L’arco di Penobscot su una delle soluzione alla povertà di buon materiale per la costruzione di archi. Esistono sei differenti varianti dell’arco di Penobscot, ma la più conosciuta è la versione Penobscot/Wabenaki.

L’arco di Penobscot: un arco doppio
Ricostruzione moderna di un arco di Penobscot
Ricostruzione moderna di un arco di Penobscot

L’arco di Penobscot fu realizzato dall’omonima tribù nativa che viveva nell’area nord-orientale degli Stati Uniti, in particolare in quello che oggi è lo Stato del Maine. La tribù di Penobscot apparteneva alla Confederazione Wabenaki, una confederazione di popoli nativi del Nord America nota principalmente per la realizzazione di straordinari mezzi di trasporto fluviali: le canoe in legno di betulla.

La regione Wabenaki non offriva legno decente per archi, ma solo materiale scarso in tensione, pessimo per sopportare lo stress a cui sono sottoposti i flettenti di un arco. La soluzione al problema fu la creazione di quello che alcuni considerano il primo “arco compound” della storia: fu aggiunto un piccolo arco di fronte all’arco principale, in modo tale da aumentare la potenza generale dell’arma e alleviare lo stress meccanico sull’arco principale. Questa tecnologia consentiva di ottenere, a partire da legno dalle scarse proprietà meccaniche, archi corti di potenza regolabile.

Questo tipo di design è antico: risalirebbe ad almeno 1.500 anni fa, ben prima dell’arrivo dei primi esploratori europei, e viene classificato generalmente come “arco col dorso incordato”, un metodo utilizzato da millenni per amplificare la potenza di un arco.

Per aumentare la resistenza e l’energia sprigionata da un arco, infatti, il dorso dell’arma (la parte rivolta verso il bersaglio) veniva spesso ricoperta da tessuto tendineo animale, flessibile e resistente, o da materiali in grado di alleviare la tensione che si genera quando l’arco si incurva verso l’arciere.

arco Penobscot

Alcune metodologie di irrobustimento del dorso prevedevano, al posto di colla e tendini, l’utilizzo di corda legata “a secco” al dorso dell’arco. Gli Inuit sfruttavano questo metodo per evitare che i loro archi in corno e ossa di balena si rompessero quando sottoposti a tensioni eccessive.

L’arco di Penobscot porta l’incordatura del dorso ad un livello superiore, aggiungendo un vero e proprio arco in miniatura al fusto. L’arco secondario non solo allevia la tensione e prolunga la durata dell’arma, ma aumenta sensibilmente l’energia impartita alla freccia al momento del lancio.

Un arco di Penobscot manovrato da un arciere esperto era in grado di uccidere un caribù o l’alce più grosso in circolazione con un colpo ben assestato; nonostante le scarse proprietà dei materiali utilizzati per la sua costruzione, la tecnologia inventata dai nativi consentiva di superare le limitazioni del legno e di ottenere armi superbe per la caccia.

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