medioevo – VitAntica https://www.vitantica.net Vita antica, preindustriale e primitiva Thu, 01 Feb 2024 15:10:35 +0000 it-IT hourly 1 Sovrappeso e obesità nel Medioevo https://www.vitantica.net/2020/08/24/sovrappeso-obesita-medioevo/ https://www.vitantica.net/2020/08/24/sovrappeso-obesita-medioevo/#comments Mon, 24 Aug 2020 00:15:54 +0000 http://www.vitantica.net/?p=4928 Sovrappeso e obesità sono oggi considerati una piaga tipica dell’epoca moderna. L’abbondanza di cibo nel mondo industrializzato, inizialmente interpretata come un aumento della ricchezza di classi sociali che, in precedenza, avevano un accesso limitato alle risorse alimentari, si è infine rivelata un’arma a doppio taglio: più aumenta il cibo a disposizione, sia in quantità che in varietà, più ne consumiamo.

La concezione di un passato popolato da “persone sottili” a causa di uno scarso accesso alle risorse alimentari più ricche di calorie, in realtà, non è del tutto esatta. Anche se l’Europa affrontò diverse carestie durante il Medioevo, ricchi e privilegiati trovarono spesso il modo di permettersi tavole imbandite o semplicemente pasti regolari.

Nel Medioevo obesità e sovrappeso erano presenti, e l’eccesso di grasso corporeo suscitava opinioni diverse: se la magrezza veniva considerata generalmente un’espressione di frugalità e santità, sovrappeso e obesità erano spesso interpretate come espressione di ricchezza, status sociale, buona salute o scarso controllo delle proprie pulsioni.

Un corpo da guerra

L’Europa medievale ereditò l’immagine del soldato perfetto dall’antica Roma: peso eccessivo e abilità marziale non erano considerati molto compatibili. Secondo Ramon Llull, autore del XIII-XIV secolo, ogni combattente in sovrappeso dimostrava coi fatti di non essere in grado di esercitare sufficiente autocontrollo da poter ottenere il titolo di cavaliere.

Qualunque cavaliere in grado di permettersi una cavalcatura e un intero set di armi e armature disponeva di sufficienti risorse economiche da poter acquistare grandi quantità di cibo; allo stesso tempo, tuttavia, doveva essere in grado di trattenersi dal consumarlo in abbondanza, per mantenersi sano e abile al combattimento.

Durante il XIV secolo l’idea di un corpo atletico e potente si cementò ulteriormente: il corpo perfetto aveva spalle larghe e vita sottile, come mostrano alcuni tipici capi d’abbigliamento dell’epoca, che cercano di dare l’impressione di un petto ampio e di fianchi sottili.

Ritratto di Enrico VIII, di Hans Holbein
Ritratto di Enrico VIII, di Hans Holbein

Geoffroi de Charny, nel suo Libro della Cavalleria (1350 circa), si lamenta dei combattenti che non rispecchiano il canone estetico del guerriero e che cercavano di apparire più sottili di quanto no siano nella realtà, usando fasciature e altri stratagemmi:

Non è sufficiente per loro apparire come Dio li ha creati; non sono contenti di come sono, ma si fasciano a a tal punto da negare l’esistenza delle interiora che Dio ha dato loro: vogliono pretendere di non averle mai avute, ma tutti sanno che in realtà è proprio l’opposto. […] Molti di questi [cavalieri] sono stati catturati velocemente perché non potevano fare ciò che dovevano a causa delle limitazioni imposte da queste fasciature; e molti sono morti all’interno delle loro armature per lo stesso motivo, dato che non potevano minimamente difendersi. Anche senza le loro armature sono così fasciati e immobili da non poter fare nulla, non possono piegarsi o praticare sport che richiedono forza o agilità; possono a malapena sedersi…

I cavalieri erano tenuti a mostrare moderazione in ogni cosa, inclusa l’alimentazione. Alcuni autori medievali forniscono consigli su come determinare fin dalla fanciullezza quale potenziale cavaliere è destinato a diventare grasso in età adulta, per poterlo tenere lontano dalla vita marziale o indirizzarlo verso una serie di esercizi fisici in grado di mantenerlo in forma.

Grasso e privilegio

L’eccesso di peso era tuttavia soggetto a interpretazioni diverse che mutavano in base a posizione sociale, lavoro e sesso. Secondo alcuni autori, il sovrappeso non era incompatibile con la virtù: la nobiltà carolingia era nota per le enormi quantità di cibo consumate durante i banchetti, ma non per questo veniva considerata meno virtuosa.

Al duca Guido di Spoleto fu rifiutato il trono di Francia perché mangiava troppo poco, mentre numerosi manuali redatti per la nobiltà consigliavano di moderare il proprio appetito non per questioni morali, ma per non compromettere la capacità di regnare o amministrare.

In epoca medievale non mancano monarchi in sovrappeso o obesi. Carlomagno ad esempio viene descritto dal suo stesso biografo come una buona forchetta; la salma di Guglielmo il Conquistatore, invece, non fu in grado di entrare nel sarcofago per problemi di dimensioni eccessive, mentre Enrico VIII continuò a mangiare come l’atleta che fu in gioventù anche dopo un torneo in cui subì un grave infortunio, incidente che lo costrinse ad adottare uno stile di vita del tutto sedentario.

Il famoso ritratto di Enrico VIII dipinto da Hans Holbein suggerirebbe che il sovrano avesse raggiunto in tarda età un peso di quasi 200 kg, motivo per cui fu costretto ad essere trasportato su una lettiga anche per i piccoli spostamenti quotidiani.

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Secondo la tradizione di Galeno, sovrappeso e obesità erano associati alla decadenza dei valori morali. Il Secretum Secretorum, composto in lingua araba intorno al X secolo e tradotto in latino durante il XII secolo, contiene opinioni negative nei confronti dell’eccesso di peso.

Re Sancho I di Leon fu deposto dalla carica di regnante a causa della sua obesità, un fattore che limitava la sua vita quotidiana: non poteva cavalcare, maneggiare abilmente una spada, fare sesso con la moglie e nemmeno camminare senza l’aiuto della servitù. Secondo alcuni resoconti, pesava 240 kg e consumava sette pasti al giorno composti da abbondanti pietanze a base di carne.

Sancho fu costretto a fuggire dalla nonna Toda, la quale si affidò al celebre medico arabo Hasdai ibn Shaprut per poter far tornare il nipote in discreta forma fisica. Hasdai sottopose Sancho ad un severo regime alimentare basato su erbe medicinali e oppio, sottoponendolo a massaggi vigorosi e ad esercizio fisico fino a riportarlo sufficientemente in forma da consentirgli di tornare dalla nonna a dorso di cavallo e di ottenere nuovamente il trono nell’anno 960.

Monaci paffuti

Contadini e artigiani non avevano lo stesso accesso alle risorse alimentari che aveva la nobiltà, motivo per cui il grasso corporeo era da loro interpretato come espressione di ricchezza ed elevato status sociale. Le frequenti critiche ai membri più “rotondi” del clero derivavano dal fatto che la loro immagine corporea era un sintomo della decadenza della Chiesa e del peso che esercitava questa istituzione sulle spalle dei meno abbienti.

In una ricerca pubblicata nel 2014 dal titolo “The ‘Obese Medieval Monk’: A multidisciplinary study of a stereotype“, l’autrice Pip Patrick sostiene che l’obesità era relativamente comune tra i monaci medievali inglesi.

Esaminando i resti ossei di 274 monaci e confrontandoli con quelli di persone comuni per determinare l’incidenza di malattie e disturbi legati all’obesità, Patrick ha scoperto che i monaci sviluppavano osteoartriti ad una frequenza 6 volte maggiore rispetto al tipico contadino o artigiano; una frequenza molto simile è stata osservata anche nei disturbi alle articolazioni connessi all’eccesso di peso.

Sancho I di Leon
Sancho I di Leon

I corpi dei monaci inglesi erano sensibilmente più alti e robusti rispetto alla media a causa del regime alimentare che seguivano: pasti ricchi di grassi e proteine da consumare nel più breve tempo possibile, aspetto che potrebbe aver compromesso il loro sistema digestivo rendendolo efficiente.

Il tipico monaco inglese del XII secolo consumava durante la giornata almeno 6 uova, bollite o fritte nel lardo; un ricco porridge vegetale o uno stufato di carne e verdure; carne di maiale, di montone, d’anatra, oppure pesce di fiume o di mare; quasi mezzo chilogrammo di pane e frutta fresca o secca a volontà, il tutto accompagnato da birra.

Il corpo della donna

La rotondità non era un tratto fisico dalla connotazione negativa nella donna medievale. Lo storico francese Georges Vigarello afferma che il sovrappeso femminile era una condizione essenziale per la bellezza delle donne medievali.

Nel “Le Ménagier de Paris“, un manuale del 1393 che contiene informazioni sul corretto comportamento di una donna di casa, si cita il fatto che la donna, come il cavallo, deve possedere quattro qualità fondamentali: una splendida chioma, un bel petto, vita sottile e un grande fondoschiena.

La situazione era invece differente per le donne che conducevano una vita religiosa: il controllo dell’alimentazione e i lunghi digiuni erano parte integrante della strada verso la santità, per gli uomini come per le donne. L’aspetto sottile di una donna rappresentava il suo allontanamento dai piaceri della carne e non la rendeva appetibile come partner riproduttivo per la sua presunta incapacità di essere una buona moglie e madre.

Alcuni trattati medievali analizzarono i corpi femminili e le loro rotondità mettendoli in relazione con la salute e la capacità riproduttiva. Nel Trotula, testo medico del XII secolo, il grasso corporeo viene messo in relazione alla menopausa (che inizierebbe intorno ai 35 anni per i corpi femminili dal moderato contenuto di grasso) e consiglia alcuni trattamenti per la perdita di peso: bagni caldi e sepoltura nella sabbia, per indurre una forte sudorazione (oggi sappiamo che questi trattamenti causano solo una perdita temporanea di liquidi, senza intaccare le riserve di grasso).

Fatness and Thinness in the Middle Ages
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Rimedio medievale efficace contro batteri resistenti ad antibiotici https://www.vitantica.net/2020/08/05/rimedio-medievale-efficace-contro-batteri-resistenti-ad-antibiotici/ https://www.vitantica.net/2020/08/05/rimedio-medievale-efficace-contro-batteri-resistenti-ad-antibiotici/#respond Wed, 05 Aug 2020 00:38:27 +0000 http://www.vitantica.net/?p=4961 Il libro delle ricette mediche di Bald (Bald’s Leechbook) contiene numerosi medicamenti tradizionali risalenti al Medioevo. Tra questi rimedi è presente anche una pomata per gli occhi, una mistura di erbe medicinali e ingredienti di origine animale che, come citato in questo post, si è dimostrata capace di contrastare le infezioni da Staphylococcus aureus.

I ricercatori della School of Life Sciences alla University of Warwick hanno anche trovato un altro potenziale utilizzo per questa antica ricetta medica: combattere la crescente resistenza agli antibiotici sviluppata da alcuni microrganismi nocivi in grado di generare biofilm.

Antibiotici e biofilm

Alcuni microrganismi sono in grado di formare ciò che viene definito “biofilm”, una pellicola protettiva formata dalla secrezione di composti polimerici che garantiscono la sopravvivenza di una o più colonie batteriche. Contrariamente al comportamento “planctonico”, in cui ogni cellula si muove in modo indipendente, nel biofilm i microrganismi si attaccano l’uno all’altro dopo aver concordato chimicamente alla formazione di una pellicola protettiva.

Il biofilm non solo fornisce adesione alla superficie che alimenta i microrganismi, o che consente loro di sopravvivere più agevolmente, ma li protegge dalle aggressioni di agenti per loro nocivi. Secondo le ultime ricerche in campo biomedico, circa l’80% delle infezioni registrate in Occidente è legato alla presenza di biofilm microbici, spesso formati da più specie microscopiche che si aiutano a vicenda per sopravvivere.

Ogni colonia che compone un biofilm eterogeneo, chiamato consorzio batterico, svolge le proprie funzioni metaboliche all’interno di una specifica nicchia, senza entrare in conflitto con le altre specie all’interno del biofilm.

I batteri che vivono sotto la protezione di un biofilm hanno caratteristiche differenti da quelli osservabili in forma planctonica: non solo cooperano senza conflitti, ma aumentano la loro resistenza nei confronti di antibiotici e detergenti.

I biofilm sono estremamente comuni in natura. La placca è un biofilm composto da alcuni batteri che popolano il cavo orale, come lo Streptococcus mutans; lo Pseudomonas aeruginosa e lo Staphylococcus aureus possono generare infiammazioni croniche ai polmoni grazie al biofilm che creano, molto difficile da contrastare per il sistema immunitario umano; nelle infezioni del tratto urinario o vaginali si riscontrano comunemente biofilm batterici sempre più difficili da combattere.

La pomata per gli occhi di Bald

Partendo dai risultati ottenuti dalla University of Nottingham nel contrastare lo Staphylococcus aureus usando rimedi medievali, i ricercatori hanno ricreato la pomata per gli occhi del Bald’s Leechbook.

Il medicamento prevede una mistura di aglio, cipolla (o porro) e secrezioni dello stomaco di mucca, da applicare direttamente sugli occhi. L’aglio contiene allicina, il composto che gli conferisce un odore pungente e che ha dimostrato più volte di avere effetti antibiotici (la pianta usa l’allicina per difendersi dai parassiti), ma non si è dimostrato altrettanto efficace nel contrastare i biofilm.

I ricercatori sono quindi giunti alla conclusione che sia il mix di ingredienti, e non l’azione del singolo, a risultare efficace contro i biofilm batterici. Inoltre, modificando le proporzioni indicate nel Bald’s Leechbook, l’efficacia nei confronti dei biofilm tende a diminuire.

“Abbiamo dimostrato che un rimedio medievale composto da cipolla, aglio, vino o bile può uccidere una gamma di batteri problematici sia sotto forma planctonica sia come biofilm” afferma Freya Harrison, dottoressa della School of Life Sciences. “Dato che la mistura non ha causato molti danni alle cellule umane in laboratorio, o su quelle dei topi, possiamo potenzialmente sviluppare un trattamento antibatterico sicuro ed efficace da questo rimedio”.

Efficacia antibatterica

Il rimedio medievale di Bald si è rivelato efficace contro diverse infezioni batteriche: Stenotrophomonas maltophilia (presente in diverse infezioni respiratorie), Acinetobacter baumanii (comune nelle ferite infette dei soldati in guerra), Staphylococcus aureus, Staphylococcus epidermidis (causa comune di infezioni a cateteri e infezioni chirurgiche) e Streptococcus pyogenes (responsabile della faringite, della tonsillite, della scarlattina e della febbre reumatica).

“La maggior parte degli antibiotici che usiamo oggi” spiega Harrison, “derivano da composti naturali, ma il nostro lavoro rende necessario esplorare non solo singoli composti, ma misture di prodotti naturali per il trattamento delle infezioni da biofilm. Pensiamo che le future scoperte di antibiotici derivati da prodotti naturali aumenteranno grazie allo studio di combinazioni di ingredienti, piuttosto che singole piante o composti”.

“Il nostro lavoro” continua Jassica Furner-Pardoe della Medical School alla University of Warwick, “dimostra l’importanza di utilizzare modelli di laboratorio realistici quando si cercano nuovi antibiotici di origine vegetale. Anche se un singolo componente è sufficiente ad uccidere colture batteriche planctoniche, fallisce contro modelli di infezione più realistici, mentre il rimedio completo funziona”.

Medieval medicine remedy could provide new treatment for modern day infections
Ancientbiotics: Medieval Medicines for Modern Infections

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Marijuana e hashish nel medioevo arabo https://www.vitantica.net/2020/03/16/marijuana-hashish-medioevo-arabo/ https://www.vitantica.net/2020/03/16/marijuana-hashish-medioevo-arabo/#respond Mon, 16 Mar 2020 00:10:34 +0000 https://www.vitantica.net/?p=4808 Il problema di uso e abuso di sostanze psicotrope, siano esse droghe leggere o pesanti, non è un fenomeno moderno. Anche se nell’antichità era molto più facile trovare sostanze (oggi illegali) nei mercati cittadini o dal proprio speziale di fiducia, la loro legalità e i comportamenti originati dal loro abuso furono per secoli oggetto di dibattito.

La marijuana, nel XXI secolo come in passato, ha conosciuto oppositori e sostenitori incalliti. Nel mondo medievale arabo era conosciuta sotto diversi nomi, primo tra tutti “l’ Erba”; la si poteva trovare nei mercati egiziani medievali e veniva impiegata per produrre hashish, consumato quotidianamente da una fetta di popolazione locale tra il XIII e il XV secolo.

Nel suo libro “The Herb: Hashish versus Medieval Muslim Society” (1971), Franz Rosenthal esamina l’uso della marijuana nella società medievale islamica, mostrando un quadro sociale e giuridico non molto differente da quello moderno.

Le droghe nell’ Egitto medievale

I reperti archeologici suggerirebbero che la cannabis fosse presente in Egitto già 5.000 anni fa, ma non si ha alcuna prova del suo utilizzo psicoattivo o ricreativo. La divinità egizia Seshat, dea della saggezza, della scrittura, delle scienze e dell’architettura, viene quasi sempre raffigurata con un emblema a sette punte sopra la testa, un emblema che per alcuni sarebbe riconducibile alla foglia di cannabis.

Secondo H. Peter Aleff, nell’articolo “Seshat and her tools” in cui sostiene che l’emblema della dea sia in realtà una foglia di cannabis:

“Molti egittologi hanno speculato a lungo sull’emblema che Seshat indossa sulla testa. Sir Alan Gardiner lo descrisse nel suo libro ‘Egyptian Grammar’ come un ‘fiore stilizzato (?) sormontato da corna’. Il suo punto interrogativo dopo ‘fiore’ riflette il fatto che non c’è alcun fiore che somiglia a quello. Altri lo hanno chiamato ‘stella sormontata da un arco’, ma le stelle nell’antica iconografia egizia avevano cinque punte, non sette come l’emblema di Seshat. Questo numero era così importante che portò il faraone Tutmosi III a chiamare questa dea ‘Sefkhet-Abwy’, o ‘Quella dalle sette punte'”.

Sappiamo per certo, invece, che l’Egitto iniziò a produrre hashish dalla canapa almeno 9 secoli fa. La prima testimonianza della parola “hashish” appare in un opuscolo pubblicato al Cairo nel 1123 d.C.. Il documento accusava i musulmani del ramo Nizaris, attualmente il più grande gruppo di ismailiti sciiti, di essere dei “mangiatori di hashish”. Il consumo di hashish tramite la combustione, infatti, non divenne comune fino all’introduzione del tabacco nel Vecchio Mondo: fino al 1500 l’hashish prodotto nel mondo islamico veniva ingerito e non fumato.

Storia dell'hashish
Storia dell’hashish

Nel 1596 Jan Huyghen van Linschoten usa tre pagine della sua opera “Reys-gheschrift vande navigatien der Portugaloysers in Orienten” (“Resoconti di viaggio della navigazione portoghese in Oriente”) per descrivere la “bangue” (bhang, una preparazione commestibile della cannabis in uso nel subcontinente indiano).

“Come in India, la bangue è usata anche in Turchia e in Egitto, e viene prodotta in tre qualità chiamate con altrettanti nomi. La prima varietà è quella chiamata Assis (hashish) dagli Egiziani, fatta di polvere o foglie di canapa con l’aggiunta di acqua per ottenere una pasta o un impasto; ne mangiano cinque pezzi, ciascuno grande quanto una noce. L’hashish è usato dalla gente comune per via del suo prezzo basso”

Nell’arco dei secoli i governanti d’Egitto e gli ufficiali locali hanno spesso cambiato idea sul livello di tolleranza da applicare alla marijuana e all’hashish, specialmente per i sottoprodotti della canapa chiamata “canapa indiana”, la più coltivata nei giardini privati egiziani.

In alcuni periodi storici si decise di seguire una linea molto dura, dalla pena di morte per il possesso di hashish ad una procedura estremamente violenta e dolorosa prevista per i consumatori: la rimozione di tutti i molari (su editto dell’ emiro Sudun Sheikuni, anno 1378).

Durante l’epidemia di peste del 1419, invece, gli ispettori dei mercati locali si dimostrarono più tolleranti, ritenendo accettabile la vendita di hashish a patto che le transazioni fossero condotte privatamente a porte chiuse, lontano dai luoghi pubblici e dai mercati.

Il consumo di hashish, tuttavia, divenne sempre più frequente e comune nonostante le policy di controllo imposte dalle autorità: nel XV secolo era possibile consumarlo ovunque, nei bagni pubblici o durante feste private.

Gli oppositori dell’hashish

Anche se i medici medievali erano consapevoli degli effetti positivi della cannabis (la somministravano, ad esempio, per curare l’inappetenza o come diuretico), conoscevano altrettanto bene gli aspetti negativi causati dal consumo abituale, anche se spesso descrivevano le problematiche dell’utilizzo dei prodotti della canapa con esagerazioni prive di alcuna base scientifica o empirica.

Il medico Ibn Wahshiyah, vissuto nel X secolo, consigliò nella sua opera “Il Libro dei Veleni” di usare cautela nella somministrazione di hashish, dato che l’estratto di canapa potrebbe causare la morte se combinato ad altri farmaci.

Az-Zarkashi, medico egiziano del XIV secolo, fornisce una lista completa dei potenziali problemi legati all’uso di hashish:

“Distrugge la mente, riduce la capacità riproduttiva, produce elefantiasi, trasmette la lebbra, attrae malattie, produce tremori, fa puzzare la bocca, secca il seme, causa la caduta delle sopracciglia, brucia il sangue, provoca la carie, fa emergere malattie nascoste, danneggia gli intestini, rende gli arti inattivi, causa fiato corto, genera forti illusioni, diminuisce il potere dell’anima”.

Pensavate fosse finita la lista? Az-Zarkashi aggiunge molto altro:

“Riduce la modestia, rende la carnagione gialla, annerisce i denti, perfora il fegato, infiamma lo stomaco [..] L’hashish genera in coloro che la mangiano pigrizia e indolenza. Trasforma un leone in uno scarabeo e rende umile un uomo orgoglioso, e malato un uomo sano. Se la si mangia, non se ne ha mai abbastanza. Rende sciocche persone dotate di una buona parlantina, e stupidi gli intelligenti. Sottrae ogni virtù maschile e fa terminare la prodezza giovanile. Distrugge la mente, arresta lo sviluppo dei talenti naturali”

Le discussioni sull’hashish in ambito accademico e religioso non mancarono: c’era chi sosteneva che dovesse essere proibito come il vino, dato che si trattava di una sostanza intossicante; altri invece indicavano che il Corano e Maometto non menzionano mai (e di conseguenza non sanzionano) l’uso di marijuana.

Gli studiosi arabi tentarono anche di capire come comportarsi in determinate circostanze legali relative al consumo di cannabis: un uomo può chiedere il divorzio sotto l’effetto di hashish? (La risposta è si) Può alimentare i propri animali con cannabis? (No, a meno che non avesse intenzione di farli ingrassare)

Lo storico arabo al-Maqrizi descrisse il consumo di hashish durante il XV secolo, non mancando di condannare i consumatori abituali che contribuivano a rovinare la società del suo tempo:

“Il carattere e il morale sono diventati incredibilmente vili, il velo di timidezza e vergogna è stato sollevato, la gente usa un linguaggio volgare, si vanta dei propri difetti, ha perso ogni nobiltà e virtù, ha adottato ogni sorta di brutta qualità e vizio. Se non fosse per la loro forma umana, nessuno li considererebbe umani. Se non fosse per la loro percezione dei sensi, nessuno giudicherebbe loro gli esseri viventi”

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Il “movimento Pro-hashish”

Nonostante le condanne dei più severi studiosi e governanti arabi, erano in molti a considerare i prodotti della canapa come vere e proprie medicine, e l’uso ricreativo era molto comune.

I consumatori egiziani del Medioevo, in particolari i dotti che hanno ci hanno lasciato documentazione storica, riportarono spesso gli effetti dell’uso di hashish: letargia, fame, talvolta allucinazioni generalmente positive; c’era anche chi sosteneva che la musica avesse un suono migliore sotto gli effetti della cannabis.

Al-Ukbari, scrittore del XIII secolo apparentemente a favore del consumo di hashish, descrive gli effetti in questo modo:

“Solo le persone intelligenti e buone usano hashish. Quando la si prende, si dovrebbe consumare solo i cibi più leggeri e i migliori dei dolci. Occorre sedersi nei posti più piacevoli e circondarsi degli amici più cari.”

Secondo lo storico Takiy Eddin Makrizy, vissuto nella prima metà del XV secolo, la cannabis (che chiama kounab, hashish o kif) non era una buona abitudine, ma il suo consumo era così diffuso che alcuni contemporanei non esitavano a definirla come “un’istituzione sacra”.

Il testo medico del XVI secolo Makhzan-El-Adwiya celebra invece le virtù mediche dell’hashish:

“Le foglie, tritate fino a polverizzarle e inalate, purificano il cervello; la linfa delle foglie applicata sulla testa elimina la forfora e i parassiti; alcune gocce di succo introdotte nelle orecchie alleviano il dolore e distruggono vermi e insetti. E’ utile contro la diarrea e la gonorrea, limita le emissioni seminali ed è un diuretico. La polvere è raccomandata per applicazioni esterne sulle ferite: le radici o le foglie, bollite e schiacciate, sono eccellenti contro le infiammazioni e neuralgie”

Cannabis in the Islamic Middle Ages
HASHISH IN ISLAM 9TH TO 18TH CENTURY
Getting High in the Middle Ages: Hashish in Medieval Egypt

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Video: Combattimento dei Trenta https://www.vitantica.net/2020/03/11/video-combattimento-dei-trenta/ https://www.vitantica.net/2020/03/11/video-combattimento-dei-trenta/#respond Wed, 11 Mar 2020 00:05:08 +0000 https://www.vitantica.net/?p=4820 Il Combattimento dei Trenta fu una battaglia-torneo organizzata dalle due grandi potenze europee coinvolte nella guerra di successione bretone, Francia e Inghilterra, svoltasi il 26 marzo 1351.

Lo scontro concordato fu organizzato sotto forma di grande torneo nei pressi di una grande quercia, a metà strada tra Ploërmel e Josselin, con tanto di spettatori e nobiltà locale chiamati ad assistere allo scontro e a godere del grande rinfresco preparato per l’occasione.

Lo schieramento dei Blois, che contava 31 uomini, era capeggiato da Beaumanoir; quello dei Montfort, composto dallo stesso numero di combattenti, aveva come capitano Bemborough. Beaumanoir aveva a disposizione trenta guerrieri bretoni, mentre il suo rivale poteva contare su 20 inglesi, sei mercenari tedeschi e quattro bretoni.

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Il filmato qui sotto mostra una messa in scena del Combattimento dei Trenta.

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Il Combattimento dei Trenta https://www.vitantica.net/2020/03/09/combattimento-dei-trenta/ https://www.vitantica.net/2020/03/09/combattimento-dei-trenta/#respond Mon, 09 Mar 2020 00:30:37 +0000 https://www.vitantica.net/?p=4806 La concezione romantica dei cavalieri medievali europei sta ormai decadendo sotto i colpi della realtà storica. Ben lontani dall’essere tutti ligi ai codici d’onore e rispettosi del proprio avversario, le circostanze spesso violente e spietate del Medioevo richiedevano di fare il necessario per sopravvivere: tradimenti, omicidi e massacri di innocenti costituivano una buona parte delle gesta del tipico cavaliere medievale.

Ci sono episodi, tuttavia, che hanno contribuito a diffondere e gonfiare il romanticismo del cavalierato: uno di questi è ciò che viene chiamato Combattimento dei Trenta, una battaglia organizzata dalle due grandi potenze europee coinvolte nella guerra di successione bretone, Francia e Inghilterra, svoltasi il 26 marzo 1351.

La guerra per la successione bretone

Francia e Inghilterra non sono mai state molto amichevoli l’una con l’altra. Durante ciò che viene comunemente definita “Guerra dei cent’anni” le battaglie furono molte, e le casate di Montfort e di Blois furono tra le grandi protagoniste degli scontri.

I Montfort, sostenuti dagli Inglesi, non perdevano occasione per decimare i Blois, spalleggiati dalla Francia, e i loro avversari facevano lo stesso alla prima circostanza utile. Ma durante la conquista del Ducato di Bretagna si raggiunse una posizione di stallo tra le due fazioni: nessuna delle parti coinvolte riusciva ad avere la meglio, motivo per cui fu deciso di comune accordo di organizzare una sorta di torneo, una vera e propria battaglia tra pochi combattenti selezionati che avrebbero lottato per la supremazia del territorio conteso.

Sembra che l’iniziativa del torneo fu presa a seguito di una sfida personale tra due cavalieri: Robert Bemborough, soldato dei Montfort e dislocato a Ploërmel, fu ufficialmente sfidato a duello da Jean de Beaumanoir, che occupava il villaggio di Josselin per conto dei Blois.

Pare che fu lo sfidato, Bemborough, a proporre di allargare la sfida a qualche decina di cavalieri per ciascuna fazione, trasformandola in una sorta di mini-battaglia; la proposta fu accettata con entusiasmo dai Blois.

L’estensione del duello ad altri combattenti, secondo alcuni cronisti dell’epoca, non era motivata dalla convinzione che uno scontro circoscritto avrebbe potuto mettere fine al conflitto. La risposta di Bemborough alla sfida rivoltagli da Jean de Beaumanoir fu che un semplice duello non avrebbe intrattenuto le dame inglesi e francesi quanto una vera battaglia tra 20-30 uomini scelti.

Le Combat des Trente (entre Ploërmel et Josselin), Pierre Le Baud (1480)
Le Combat des Trente (entre Ploërmel et Josselin), Pierre Le Baud (1480)

Secondo i due cronisti Jean Le Bel e Jean Froissart, il torneo era animato da ragioni d’onore, escludendo ogni sorta di conflitto personale tra i combattenti coinvolti. Il problema della proprietà del Ducato di Bretagna viene esposto come una semplice questione di principio, più che un tassello strategico per la supremazia di Francia o Inghilterra.

Non mancano tuttavia storie popolari e documenti che raccontano versioni differenti: quelli francesi sostengono che Bemborough facesse scorrerie tra la popolazione locale uccidendo chiunque senza ragione; in questo caso, Jean de Beaumanoir viene presentato come il liberatore del popolo dalla tirannia inglese.

La battaglia

Lo scontro concordato fu organizzato sotto forma di grande torneo nei pressi di una grande quercia, a metà strada tra Ploërmel e Josselin, con tanto di spettatori e nobiltà locale chiamati ad assistere allo scontro e a godere del grande rinfresco preparato per l’occasione.

Lo schieramento dei Blois, che contava 31 uomini, era capeggiato da Beaumanoir; quello dei Montfort, composto dallo stesso numero di combattenti, aveva come capitano Bemborough. Beaumanoir aveva a disposizione trenta guerrieri bretoni, mentre il suo rivale poteva contare su 20 inglesi, sei mercenari tedeschi e quattro bretoni.

La documentazione storica ci consente di sapere anche i nomi dei guerrieri coinvolti nel torneo, un elenco consultabile a questo link: Combat of the 30: Jean de Beaumanoir v. Robert Bramborough.

La battaglia fu combattuta da cavalieri e fanti armati di spade, daghe, lance e asce. Secondo Froissart, il torneo fu impregnato di gesti di galanteria e azioni eroiche, ma non mancarono i morti e i feriti: dopo diverse ore di combattimento, un totale di sei corpi giacevano senza vita sul campo di battaglia, 4 dello schieramento francese e due appartenenti alle fila inglesi.

Le Combat des Trente (1857)
Le Combat des Trente (1857)

La fatica e i caduti portarono di comune accordo ad un’interruzione, per consentire ai guerrieri di mangiare, abbeverarsi ed essere curati dalle ferite subite. Alla ripresa delle ostilità, il leader inglese Bemborough fu ferito mortalmente da un soldato francese, costringendo i suoi uomini a formare un solido schieramento difensivo attorno al corpo del capitano.

Dopo diversi tentativi, i Francesi riuscirono a sfondare le difese inglesi grazie allo scudiero Guillaume de Montauban, che ruppe le linee difensive effettuando una carica in sella al suo cavallo e mettendo fuori gioco sette cavalieri inglesi, costringendo i rimanenti alla resa.

Il risultato della battaglia fu la vittoria dello schieramento francese. Gli Inglesi contarono nove morti e oltre venti feriti; alcuni di loro furono presi come ostaggi e rilasciati dopo il pagamento di un piccolo riscatto.

Le conseguenze dello scontro

Anche se il torneo non ebbe alcun effetto sul risultato della guerra bretone di successione, fu cantato per molto tempo dai trovieri e preso ad esempio come ideale di scontro cavalleresco. Una pietra commemorativa fu collocata sul luogo dello scontro, a metà strada tra Josselin e Ploermel.

Anche in questo caso non mancarono versioni della vicenda diametralmente opposte: nella versione francese, i Montfort erano i “cattivi”, dipinti come una masnada di mercenari e briganti che tormentavano la povera gente francese.

L’obelisco commemorativo voluto da Napoleone nel 1811 e posizionato sul sito dello scontro afferma che “trenta bretoni i cui nomi sono riportati qui sotto, lottarono per difendere i poveri, i braccianti e gli artigiani e scacciare gli stranieri attratti dal suolo della Contea. Posteri dei Bretoni, imitate i vostri antenati!“.

Gli Inglesi, invece, non esaltarono particolarmente la vicenda, forse per nascondere la sconfitta. La versione inglese sostiene che i Francesi avessero in qualche modo imbrogliato. Edward Smedley (1788–1836), nella sua “Storia di Francia“, afferma che la manovra dello scudiero che sfondò lo schieramento difensivo inglese aveva “le sembianze di un tradimento”.

La battaglia ebbe eco anche nelle decadi successive, con conseguenze durature sullo status della nobiltà inglese e francese: a distanza di vent’anni, Jean Froissar si accorse della presenza di un reduce dello scontro, Yves Charruel, seduto al tavolo di Carlo V grazie alla posizione sociale ottenuta dalla partecipazione al Combattimento dei Trenta.

Combat of the Thirty
A Verse Account of the Combat of the Thirty
Combat of the 30 – 26 March 1351
The Combat of the Thirty: Knightly deeds in a dirty little war

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Come si allenavano i guerrieri medievali? https://www.vitantica.net/2020/02/03/allenamento-guerrieri-medievali/ https://www.vitantica.net/2020/02/03/allenamento-guerrieri-medievali/#respond Mon, 03 Feb 2020 00:03:03 +0000 https://www.vitantica.net/?p=4773 Cavalieri e soldati del Basso Medioevo scendevano in battaglia indossando un equipaggiamento ingombrante e pesante. La dotazione da guerra prevedeva, oltre al peso dell’armatura, svariati chilogrammi di armi e oggetti d’utilità quotidiana; tutto questo peso richiedeva necessariamente una buona forma fisica e una discreta dose di forza e resistenza.

Combattere con armi bianche, inoltre, stanca molto velocemente, come spiegato in questo post sulle spade. Brandire una spada, una lancia o una mazza per qualche minuto contro una serie di combattenti motivati ed esperti richiede necessariamente grande resistenza, anche senza l’ingombro dell’armatura.

Per quanto i secoli passati possano essere stati turbolenti, non c’era costantemente una guerra da combattere. Soldati e cavalieri trascorrevano buona parte del loro tempo a riposo, svolgendo mansioni di routine o semplicemente lavorando nei campi o in città. Come facevano i guerrieri medievali a mantenere una robusta forma fisica anche durante i periodi di pace?

Il Castello della Salute

La risposta alla necessità di mantenersi in forma anche durante i periodi più pacifici arrivò da Sir Thomas Elyot, che nel 1537 (forse già nel 1534) pubblicò The Castell of Helth. Chiamato modernamente “The Castle of Health“, si tratta di un volume incentrato sul mantenimento della salute fisica dei guerrieri e indirizzato a chiunque non fosse familiare con il greco, la lingua solitamente impiegata per diffondere la conoscenza scientifica. Anche se tecnicamente la pubblicazione dell’opera non è collocabile nel Basso Medioevo, le fondamenta dei suoi contenuti derivano dalle esperienze e dalle conoscenze maturate durante l’ “età di mezzo”.

Ritratto di Elyot realizzato da Hans Holbein il Giovane
Ritratto di Elyot realizzato da Hans Holbein il Giovane

The Castle of Health riscosse un notevole successo, venendo pubblicato in ben 17 edizioni, ma fu inizialmente sottoposto a censura a causa della critica da parte dei medici del tempo, che temevano la diffusione di conoscenze riservate tra il grande pubblico.

In modo simile ad un moderno personal trainer, Elyot consiglia una serie di esercizi ed attività capaci di mantenere forte e in salute un guerriero, basandosi sul livello di partenza del combattente e collocando gli esercizi in quattro categorie distinte.

Secondo la teoria degli umori in voga al tempo di Elyot, le personalità “flemmatiche” o “sanguigne” tendono ad essere rispettivamente lente e grasse, o grasse e appassionate; per queste personalità, secondo l’autore, sono più indicati esercizi orientati allo sviluppo della forza o della resistenza.

I consigli per il mantenimento di un buono stato di salute prevedevano una dieta equilibrata, riposo, purghe e aria di buona qualità. Enfatizzavano inoltre il valore dell’esercizio fisico regolare, anche se  alcuni suggerimenti potrebbero sembrare bizzarri o privi di fondamenta scientifiche ad un lettore moderno.

The Castle of Health non è l’unica opera a descrivere il regime d’allenamento di un cavaliere: la biografia di Jean II Le Maingre (1409), noto col nome di Boucicaut e celebre combattente del suo tempo, espone alcuni esercizi eseguiti dal cavaliere per mantenersi in forma. Nell’allenamento di Boucicaut sono previsti esercizi contemplati anche nel The Castle of Health, come l’arrampicata, la pratica con armi bianche, il sollevamento di carichi pesanti e la danza.

Copertina del "The Castel of Helth"
Copertina del “The Castel of Helth”
Esercizi forti o violenti

Con “forti e violenti” Elyot intendeva ciò che oggi viene comunemente definito allenamento per la forza, una selezione di esercizi mirati a irrobustire la muscolatura.

Tra questi esercizi erano inclusi:

  • Lotta, “soltanto per i giovani uomini inclini alla guerra”;
  • Scavare terreno pesante, ricco d’argilla;
  • Trasportare o sostenere carichi pesanti;
  • Arrampicarsi o camminare lungo un pendio scosceso;
  • Afferrare una corda e arrampicarsi;
  • Rimanere appeso con le mani su qualunque cosa posizionata sufficientemente in alto da lasciare il corpo in sospensione;
  • Alzare le mani in posizione verticale, stringendo i pugni e mantenendo questa posa per qualche tempo;
  • Tenere salde le braccia sui fianchi mentre un compagno cerca di allontanarle dal corpo.
Esercizi veloci

Questi esercizi non hanno uno scopo ben preciso, ma sono probabilmente poco indicati per le personalità “flemmatiche” o “sanguigne”. Elyot suggerisce che siano più adatti a persone propense alla collera, malinconiche o neurotiche, spesso dalla corporatura esile e dominate da umori come bile gialla e bile nera.

  • Corsa;
  • Esercizi con le armi;
  • Lancio della palla;
  • Camminare sulle punte dei piedi tenendo le mani in alto;
  • Muovere le mani in alto e in basso senza utilizzare pesi.

Prefazione del The Castel of Helth

Esercizi veementi

Gli “esercizi veementi” sono una combinazione di esercizi veloci ed esercizi violenti. Elyot suggerisce che questo tipo di esercizi sia adatto a persone di corporatura normale già abituate a movimenti intensivi e veloci.

  • Ballare danze che prevedano il sollevamento della partner;
  • Lanciare una palla e rincorrerla;
  • Lanciare un giavellotto;
  • Corsa con finimenti, una sorta di allenamento di resistenza dove un compagno d’armi tenta di frenare il movimento tramite un’imbragatura.
Esercizi moderati

Tra gli esercizi moderati rientrano le attività di resistenza, come lunghe camminate o l’allenamento per il combattimento a cavallo. Questi esercizi sono adatti a chiunque, specialmente a chi è ancora stremato da esercizi violenti o veloci e ha bisogno di un training più moderato, o agli anziani.

Isolamento muscolare

Elyot introduce anche un concetto alla base del moderno bodybuilding, l’isolamento di un gruppo muscolare. Questo tipo di allenamento può appianare gli squilibri muscolari presenti in un individuo concentrando lo sforzo su alcune aree specifiche del corpo.

Per le gambe, le braccia e le spalle, Elyot raccomanda stretching e l’uso di pesi, insieme alla pratica con armi bianche come lance o picche. Per il petto e i polmoni, invece, l’autore prescrive una respirazione ritmica come quella praticata durante il canto, allo scopo di espellere l’eccesso di umori.

“Elyot aveva capito chiaramente le differenti necessità d’esercizio per i differenti tipi di corporatura. Anche se i nostri antenati si sbagliavano nel credere che l’esercizio dovrebbe essere contestualizzato nel modello umorale di come corpo e mente funzionano, avevano sicuramente ragione sul fatto che l’esercizio contribuisce alla salute fisica e mentale” afferma Joan Fitzpatrick, autrice di un’ analisi del The Castle of Health.

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How to have a good workout: lessons from the 16th century
10 Workout Tips From a 14th Century Knight
Sir Thomas Elyot
The Castel of helth

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Video: la produzione di birra nel Medioevo https://www.vitantica.net/2019/08/01/video-produzione-birra-nel-medioevo/ https://www.vitantica.net/2019/08/01/video-produzione-birra-nel-medioevo/#respond Thu, 01 Aug 2019 00:10:07 +0000 https://www.vitantica.net/?p=4460 La qualità, la diversità e la popolarità della birra sono aumentate vertiginosamente grazie all’industria moderna. Innovazioni nella creazione, nel gusto, nell’aspetto, nel marketing e nel design delle etichette hanno elevato la birra e la sua produzione a una forma d’arte.

La birra è stata documentata archeologicamente e storicamente in varie culture fin dalla preistoria. I ricercatori hanno esplorato e interpretato il ruolo sociale della birra e della sua produzione. Questo video documenta gli esperimenti di produzione della birra secondo le tecniche medievali condotti da Brian Costello e Reanna Phillips ed esposti nel 2018 alla 40° Theoretical Archaeology Group Conference.

Nel video viene mostrato il procedimento, gli ingredienti e il gusto della birra medievale paragonati alla produzione moderna di questa bevanda. Lo scopo dei ricercatori è stato quello di riprodurre l’arte della produzione di birra nel Medioevo.

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Danegeld, la tassa per tenere a bada i Vichinghi https://www.vitantica.net/2019/07/05/danegeld-la-tassa-per-tenere-a-bada-i-vichinghi/ https://www.vitantica.net/2019/07/05/danegeld-la-tassa-per-tenere-a-bada-i-vichinghi/#respond Fri, 05 Jul 2019 00:10:58 +0000 https://www.vitantica.net/?p=4331 I Vichinghi seminarono il terrore in Inghilterra e in Francia a partire dal IX secolo, depredando ogni prezioso su cui riuscivano a mettere le mani e uccidendo o rendendo schiavo chiunque si opponesse alle loro razzie.

Ma dopo i primi tempi di sgomento e di incapacità nel controllare l’avanzata vichinga, i regnanti inglesi e francesi iniziarono a prendere le dovute contromisure nei confronti dei saccheggiatori danesi e scandinavi.

Oltre a costituire forze di difesa in posizioni strategiche, fu introdotta la danegeld (“tassa danese”), una tassa ideata con lo scopo di pagare i Vichinghi per scoraggiarli dal devastare e depredare.

Il terrore dei Vichinghi

E’ ormai noto da tempo che l’Inghilterra e il nord della Francia furono le regioni più colpite dagli attacchi dei Vichinghi. A partire dal primo episodio di saccheggio, avvenuto nel 793 ai danni di una comunità monastica del tutto indifesa, il terrore dei raid norreni iniziò a diffondersi in tutta la Gran Bretagna.

Secondo la Cronaca anglosassone, una collezione di annali redatta durante il regno Alfredo il Grande, i Vichinghi ingaggiarono almeno 50 battaglie con gli Inglesi, distruggendo e depredando villaggi, città e monasteri.

Dublino divenne uno dei principali punti di scambio degli schiavi ottenuti dalle vittorie vichinghe in Irlanda, Scozia e Inghilterra meridionale. “Sotto molti aspetti i Vichinghi erano l’equivalente medievale del crimine organizzato” afferma Simon Keynes, professore della Cambridge University. “Praticavano estorsioni su scala massiccia, usando la minaccia della violenza per estorcere grandi quantità d’argento dall’Inghilterra e da altri stati europei vulnerabili”.

Dopo qualche decade di relativa pace, i Vichinghi ripresero i loro raid. Sotto Alfredo il Grande e suo figlio Edward, il Wessex, unico tra i regni inglesi che si opposero all’avanzata vichinga riappropriandosi delle terre sottratte dai norreni, era stato dotato di fortificazioni e di un esercito regolare per poter contrastare una futura invasione.

Ma invece di un regnante forte in grado di gestire efficacemente le risorse belliche a sua disposizione, i Vichinghi trovarono Æthelred II “lo Sconsigliato”, colui che inaugurò ufficialmente l’epoca delle grandi estorsioni norrene in Inghilterra.

La danegeld in Inghilterra

La “tassa danese” ha origine principalmente da quattro episodi in cui gli Inglesi, stanchi di dover costantemente temere le incursioni danesi sul loro territorio e guidati da un regnante probabilmente inadatto al suo ruolo, decisero di pagare una sorta di “pizzo” per evitare problemi o interrompere assedi e guerre. Questa tattica, usata anche da Alfredo il Grande, divenne quasi una consuetudine sotto Æthelred II.

Æthelred II "lo Sconsigliato" (Æthelred II "the Unready")
Æthelred II “lo Sconsigliato” (Æthelred II “the Unready”)

Nella prima circostanza, nel 991, Æthelred II decise di scoraggiare i Vichinghi da altre incursioni donando loro 3,3 tonnellate d’argento, l’equivalente di circa 10.000 sterline moderne. Sotto il comando di Olav Tryggvason, i Vichinghi avevano raggiunto l’Inghilterra con una flotta di 94 navi, la più vasta flotta d’invasione norrena mai vista da oltre un secolo.

Nella seconda, nel 994, l’assedio di Londra da parte di re Sveinn Haraldsson (“Barbaforcuta”) e Olav Tryggvason fu interrotto da un altro pagamento in argento, evento che convinse i Vichinghi che fosse più semplice estorcere pagamenti con la minaccia di raid e assedi piuttosto che sacrificare vite umane nel tentativo di portare a termine un saccheggio.

Gli attacchi vichinghi non cessarono, ma continuarono quasi costantemente. Nell’anno 1002 Æthelred II ordinò il massacro di tutti i norreni presenti sul suolo inglese: nella serie di omicidi perse la vita anche Gunhilde, sorella di Sveinn Haraldsson, scatenando un’altra invasione nel 1004 guidata proprio da Barbaforcuta e interrotta dopo le numerose perdite subite dai norreni.

Nell’anno 1007, Æthelred I si garantì due anni di pace con i Danesi pagando l’incredibile cifra di 13 tonnellate d’argento, una quantità destinata a salire qualche anno dopo per contrastare il ritorno di Sveinn Haraldsson.

Un tributo ideato con il preciso scopo di tenere a bada i Vichinghi iniziò ad essere richiesto in Inghilterra intorno all’inizio del XI secolo sotto il nome di gafol, parallelamente alla heregeld, una tassa per il mantenimento di un esercito di difesa inizialmente costituito da mercenari norreni.

Pietra runica U 344 a Orkesta, Svezia, per commemorare il pagamento di una danegeld a Thorkell
Pietra runica U 344 a Orkesta, Svezia, per commemorare il pagamento di una danegeld a Thorkell

Introdotta ufficialmente in Inghilterra da Æthelred II nel 1012, la gafol servì inizialmente a pagare una truppa di mercenari scandinavi, guidata da Thorkell l’Alto, ingaggiata per tenere a bada gli incursori danesi. Thorkell era stato lui stesso un saccheggiatore: dopo l’uccisione dell’arcivescovo Ælfheah, aveva ricevuto quasi 18 tonnellate d’argento come pagamento per lasciare in pace l’Inghilterra meridionale.

Intuendo una perdita di lealtà da parte dei suoi uomini, Thorkell riunì i suoi guerrieri più fedeli e decise di passare al nemico, portandosi dietro le 45 navi che avrebbe usato un anno dopo per fermare l’invasione di Sveinn Haraldsson e di suo figlio Cnut (Canuto).

Questo tipo di estorsione non fu un’esclusiva dell’Inghilterra: secondo Snorri Sturluson, anche la Finlandia e i regni del Baltico pagavano in argento gli Svedesi per evitare i loro attacchi. I Sami pagavano questo tributo sotto forma di pelle e pellicce, mentre gli inglesi pagavano in penny, monete da 1,3-1,5 grammi d’argento puro: si calcola che furono prodotti, sotto il regno di Æthelred II, oltre 40 milioni di penny per pagare i Vichinghi.

La raccolta dei tributi per la tassa danese era basata sullo hide, l’unità di misura che determinava laquantità di terra sufficiente a supportare una famiglia. Nel Kent, invece, si utilizzava il sulung, la quantità di terra arabile in una stagione da 4 gioghi.

La danegeld in Francia

La prima raccolta di denaro per una danegeld avvenne in Frisia nell’810: i Danesi sbarcarono nella regione con circa 200 navi e sconfissero i locali in tre differenti occasioni, chiedendo un pesante tributo ai regnanti della regione.
Non sappiamo con esattezza la cifra del pagamento, ma sappiamo per certo che la somma fu raccolta grazie all’imposizione di tasse, con un primo pagamento di circa 40 kg d’argento.

Questo episodio fu il precursore di una stagione di tributi e riscatti chiesti dai Danesi a partire dall’anno 836 fino al termine del regno di Ludovico il Pio (840). L’ultima danegeld documentata raccolta in Frisia risale all’852, anno in cui 252 navi vichinghe gettarono l’ancora sulla costa e domandarono un tributo: non si conosce l’ammontare del tributo, ma sappiamo che fu pagato e che i Vichinghi lasciarono pacificamente la Frisia.

Nella Francia Occidentale, la prima danegeld fu pagata a Ragnar Lothbrok per interrompere l’assedio di Parigi: quasi sei tonnellate d’argento convinsero i Vichinghi a ritirarsi per qualche tempo. Nell’anno 858 un’altra danegeld fu raccolta probabilmente per pagare Bjorn, figlio di Ragnar, che aveva condotto diversi raid lungo la Senna.

Non esiste invece una documentazione storica che supporti l’idea di una danegeld statale in Bretagna; è più probabile che si trattasse di una raccolta di fondi locale attuata in periodi di emergenza.

Nell’anno 847 il leader bretone Nominoe fu sconfitto tre volte dai Vichinghi danesi, sconfitta che lo costrinse ad aprire un negoziato con gli invasori per convincerli a lasciare la Bretagna in cambio di denaro e preziosi.

Una situazione simile accadde nell’anno 869 e fu documentata dal monaco benedettino Regino di Prüm: i raid vichinghi furono arrestati con il pagamento di 500 capi di bestiame.

In Bretagna i Vichinghi iniziarono a chiedere riscatti per la restituzione di prigionieri illustri: nell’854 rilasciarono su compenso il vescovo Courantgenus, mentre nell’855 i monaci di Redon offrirono ai danesi un calice e un piatto d’oro in cambio della vita del conte Pascweten.

Danegeld
Danegeld – The Vikings and money in England
The Collection of Danegeld and Heregeld in the Reigns of Aethelred II and Cnut
A Viking Mystery

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Abitudini alimentari del Medioevo https://www.vitantica.net/2019/07/01/abitudini-alimentari-medioevo/ https://www.vitantica.net/2019/07/01/abitudini-alimentari-medioevo/#comments Mon, 01 Jul 2019 00:31:49 +0000 https://www.vitantica.net/?p=4246 Come mangiavano i nostri antenati medievali? Generalizzare su un’intera epoca non è mai corretto, specialmente in presenza di informazioni frammentarie o oggetto di dibattito da parte degli storici. Ma qualche dato certo lo abbiamo.

Quanti e quali pasti durante la settimana

Abbiamo diverse informazioni storiche su come si consumasse un pasto nelle case più ricche, ma meno dati sui pasti della gente comune. I nobili seguivano certamente un’etichetta basata sulla dietetica medievale e su ciò che appariva più opportuno per la dottrina cristiana, mentre i meno abbienti semplicemente mangiavano ciò che riuscivano a portare sulla tavola con cucchiai di legno, coltelli (l’uso della forchetta si affermò solo nel XIV anche tra i nobili) o le mani.

In Europa era consuetudine effettuare due pasti durante la giornata: un pranzo corposo a metà mattina e una cena leggera verso il tramonto. Questo sistema rimase consistente per svariati secoli, intramezzato da piccoli pasti intermedi dipendenti dallo status sociale e dalle disponibilità alimentari.

Era considerato immorale dai cristiani fare una colazione corposa e dedicarsi a banchetti accompagnati da bevande alcoliche, considerate segno di debolezza ed espressioni stesse del peccato di gola.

Era relativamente normale fare pasti ridotti o merende durante la giornata, anche se non particolarmente graditi dalla Chiesa. Non era raro che alcuni lavoratori ricevessero piccole “mance” per comprare nuncheons, pasti frugali da consumare durante le pause.

Il tipo e le modalità di un pasto erano soggetti a variazioni regionali. Nell’Europa meridionale, dove vite e olivi crescevano senza problemi, il vino era una bevanda comune sia tra i ricchi che tra la gente comune, anche se c’erano evidenti differenze di qualità nelle bevande che consumavano i primi rispetto ai vini di scarsa qualità acquistabili dai secondi.

A nord, invece, la birra era la bevanda più diffusa tra il popolo, mentre il vino costituiva un prodotto d’importazione riservato ai più ricchi. Anche fichi, datteri e melograni erano materie prime raramente usate nelle cucine nordiche per via del loro costo.

L’olio d’oliva era un ingrediente universalmente impiegato nella cucina delle regioni che si affacciavano sul Mediterraneo. A settentrione erano più diffusi oli ricavati da papavero, noci e nocciole, acquistabili a buon mercato, oppure burro e lardo, usati in grandi quantità come sostituti dell’olio.

Nei monasteri, la struttura della dieta era dettata dalla Regola benedettina, ma i monaci erano abili nell’aggirare i limiti imposti dalla Chiesa. Ad esempio, ogni monaco poteva consumare massimo 300 ml di vino al giorno, ma non esisteva alcun limite alla birra: nell’ Abbazia di Westminster, ad ogni monaco era consentito consumare 4,5 litri di birra ogni giorno.

Ai monaci era vietato consumare la carne di animali a quattro zampe per tutto l’anno, ad eccezione degli individui più deboli e dei malati. La regola veniva tuttavia facilmente aggirata considerando le frattaglie e il bacon come alimenti non a base di carne.

La corretta alimentazione medievale

Abitudini alimentari del Medioevo

La dieta del Medioevo era molto influenzata dalla teoria dei quattro umori. Ogni tipo di cibo veniva classificato come caldo o freddo, umido o secco, seguendo la teoria proposta da Galeno che dominò la scienza medica fino al XVII secolo.

Secondo i dotti medievali, la digestione umana era un processo del tutto simile alla cottura dei cibi: per poter assorbire tutti i nutrienti degli alimenti, lo stomaco deve essere riempito seguendo una procedura corretta.

I medici consigliavano di iniziare con cibi facilmente digeribili, proseguendo con il consumo di alimenti via via più pesanti, per evitare che la materia più difficilmente digeribile potesse otturare lo stomaco causando una digestione lenta e la putrefazione di una parte del tratto digestivo.

Lo stomaco doveva essere “aperto” a inizio pasto con cibi caldi e secchi, come spezie ricoperte di miele o vino addolcito; a fine pasto, occorreva “chiudere” lo stomaco usando formaggio stagionato, vino speziato o zucchero.

Il cibo più adatto al consumo umano era quello moderatamente caldo e umido, il più simile agli umori del corpo umano. Il vino bianco era considerato più “freddo” del vino rosso, una distinzione applicata anche all’aceto; l’umore del latte invece variava in base all’animale che lo aveva prodotto.

Un consiglio molto comune un epoca medievale era quello di tritare, filtrare e stagionare gli alimenti prima o dopo la cottura: secondo i medici del tempo, la consistenza fine degli alimenti facilitava l’assorbimento dei nutrienti da parte dell’organismo.

Gli ingredienti tipici di un pasto europeo
Cereali e verdura

Il pane non era così comune tra i popoli nordici fino al 1300: i cereali venivano generalmente consumati attraverso porridge, farinate o zuppe, specialmente nelle regioni più settentrionali in cui il grano era difficile da coltivare.

Con la rivoluzione agricola avvenuta tra il 500 e il 1300, la disponibilità di cereali iniziò ad aumentare e le granaglie andarono a sostituire buona parte dei prodotti alimentari di origine animale per via del loro costo contenuto e della relativa abbondanza rispetto alla carne.

Abitudini alimentari del Medioevo

I cereali più consumati in epoca medievale erano segale, orzo, grano saraceno, miglio e avena. La farina più fine era generalmente troppo costosa per un contadino e veniva riservata alla produzione di pane per i nobili. Il pane per la gente comune era scuro, ricco di crusca e realizzato con una farina macinata grossolanamente.

In periodi di scarsità di cereali venivano impiegati sostituti come noci, legumi secchi, ghiande, felci o qualunque altra materia vegetale potesse essere preparata come farina.

Per quanto riguarda la frutta e la verdura, le più consumate erano sicuramente il cavolo, i cardi, le cipolle e le carote. Legumi come ceci, fave e piselli erano altrettanto importanti in quanto fonte di preziose proteine per le classi più povere.

Sulle coste del Mediterraneo era comune mangiare limoni, arance amare, melograni, fichi, datteri e uva, mentre a nord era più semplice ottenere zuccheri da mele, pere, prugne e fragole selvatiche.

Carne, pesce e prodotti caseari

I prodotti caseari, come burro e formaggio, costituivano un’importante fonte di proteine animali per chi non poteva permettersi la carne. Alcuni tipi di formaggio molto diffusi ancora oggi nacquero in epoca tardo-medievale proprio per rifornire le classi più povere di preziose proteine.

Il latte non veniva solitamente consumato dagli adulti, ad eccezione dei malati, degli anziani e dei più poveri. Date le difficoltà nel mantenere fresco il latte di vacca, spesso veniva sostituito dal latte di mandorla, più facile da conservare e ingrediente molto diffuso nella cucina medievale.

Macellazione di un maiale in un quadro del 1616 di Pieter Brueghel
Macellazione di un maiale in un quadro del 1616 di Pieter Brueghel

La carne di maiale era la più comune per ovvie ragioni: un suino richiede meno spazio rispetto ad un bovino, può nutrirsi di qualunque cosa e fornisce un’incredibile quantità materia commestibile.

L’uomo del Medioevo mangiava tutto del maiale, dalle orecchie all’utero; gli intestini, la vescica e lo stomaco erano invece perfetti per confezionare insaccati.

Oltre a carne proveniente da maiali, bovini, ovini, volatili di ogni tipo e selvaggina tradizionale come cervi e cinghiali, non era raro consumare altri animali considerati “intoccabili” in tempi moderni, come porcospini e ricci: un libro del XV secolo intitolato “Das Kochbuch des Meisters Eberhard” (“Il ricettario del Maestro Eberhard”) sostiene che la carne di riccio sia un toccasana per i malati di lebbra.

La carne poteva costare anche 4 volte il prezzo di un peso equivalente in pane, mentre il pesce poteva arrivare fino a 16 volte. Ad eccezione delle città costiere, il pesce era un alimento molto costoso nelle regioni più interne e difficilmente consumato dalla gente comune.

Con il termine “pesce” l’uomo medievale si riferiva anche a mammiferi marini, come le balene o i beluga, ai castori, alle lontre e ad alcune specie di oche che vivono in prossimità della costa. I pesci d’acqua dolce più consumati erano carpe, lamprede, trote, lucci e persici.

Spezie e condimenti

Anche le spezie più comuni oggi rappresentavano una spesa che ben pochi potevano permettersi: pepe nero, cannella, cumino, noce moscata, zenzero e chiodo di garofano dovevano essere importati dall’ Asia o dall’ Africa, cosa che li rendeva estremamente costosi.

Secondo stime recenti, si calcola che ogni anno, in epoca medievale, l’Europa importasse circa 1.000 tonnellate di pepe e altre 1.000 tonnellate di spezie varie; il valore economico combinato di queste 2.000 tonnellate di spezie era tale da poter fornire cereali per un anno a 1,5 milioni di persone.

La spezia più comune era il pepe bianco, mentre la più ricercata e costosa era lo zafferano, considerato perfetto per una dieta equilibrata per via dei suoi umori caldi e secchi. Lo zucchero era considerato una spezia a causa del suo alto costo di produzione.

Gli “odori” più comuni in Europa erano menta, prezzemolo, aneto, finocchio e anice. Assieme all’olio d’oliva nelle regioni mediterranee e a quello di semi o noci nelle aree settentrionali, il latte di mandorle era molto comune nelle ricette medievali.

Il sale era pressoché ovunque, anche se con evidenti differenze di qualità tra le classi sociali. La salagione e l’ essiccamento erano le forme più comuni per conservare gli alimenti, specialmente carne e pesce. Il sale meno costoso conteneva impurità che lo coloravano di nero o verde; il sale di maggiore qualità, invece, era molto simile a quello acquistabile oggi in ogni negozio di alimentari.

Le calorie di un pasto medievale

La maggior parte della gente più povera consumava pasti contenenti grandi dosi di carboidrati. Il grosso dell’apporto calorico era fornito da cereali e alcolici; anche quando ci si poteva permettere della carne, la Chiesa non consentiva di consumarla ogni giorno.

Tra i nobili i cereali costituivano il 60-70% dell’apporto calorico, almeno fino al XIV secolo, anche quando era possibile includere più facilmente grandi quantità di carne e pesce nei loro pasti.

Con la fine della Peste Nera sia nobili che gente comune riuscirono a integrare più carne nella loro dieta. Secondo i resoconti dettagliati dell’aristocrazia inglese del XV secolo, specialmente quelli dell’ Earl di Warwick, sappiamo che i membri della famiglia potevano consumare fino a 1,7 kg di carne assortita in un pasto autunnale e circa 1 kg in un pasto estivo, con l’aggiunta di mezzo chilogrammo di pane e 1 litro abbondante di birra o vino.

All’Abbazia di Westminster, intorno al tardo XV secolo, ogni monaco poteva consumare ogni giorno circa 1 kg di pane, 5 uova (ad eccezione del venerdì e della Quaresima), quasi 1 kg di carne 4 giorni alla settimana (esclusi Quaresima e Avvento) e circa 1 kg di pesce 3 giorni la settimana.

Abitudini alimentari nel Medioevo

I ricercatori dell’ Organic Geochemistry Unit dell’ Università di Bristol hanno recentemente analizzato i resti di vasellame e le ossa animali rinvenuti in alcuni siti medievali inglesi. La loro ricerca, pubblicata sulla rivista Journal of Archaeological Science, mette in evidenza alcune delle abitudini alimentari della gente comune.

“Troppo spesso il dettaglio della vita quotidiana della gente ordinaria, come il cibo e il vestiario, è sconosciuta” spiega Julie Dunne, coautrice della ricerca. “Tradizionalmente, ci focalizziamo sulle figure storiche rilevanti perché vengono citate negli antichi documenti. Si sa molto sulle pratiche alimentari medievali della nobiltà e delle istituzioni ecclesiastiche, ma meno su quale cibo consumassero i contadini medievali”.

Le analisi dei resti organici hanno mostrato che stufati di carne (bovina o di montone) e verdure, come cavoli e porri, erano alla base della dieta dei contadini medievali. Anche i “formaggi verdi” (green cheese) costituivano un’importante fonte di proteine e grassi per la gente comune.

L’apporto calorico totale di un individuo vissuto nel Medioevo è ancora oggetto di dibattito. La stima più comunemente accettata è che un bracciante avesse bisogno di 2.900 calorie al giorno per lavorare nei campi, mentre un soldato o un marinaio avevano un fabbisogno che si aggirava tra le 3.000 e le 3.500 calorie al giorno.

Gli aristocratici consumavano generalmente 4.000 – 5.000 calorie al giorno, mentre il record spettava ai monaci: da 4.500 calorie in giorni come Quaresima o Avvento fino a 6.000 calorie durante i giorni normali; i monaci soffrivano frequentemente di problemi di salute legati all’obesità.

La cucina medievale

Nella maggior parte delle case di contadini e operai, la cucina era essenzialmente costituita da un focolare nel centro della stanza principale. In questo modo era possibile cucinare e, allo stesso tempo, produrre il calore necessario al riscaldamento dell’abitazione.

Verso il Tardo Medioevo la cucina inizia a diventare una stanza separata: l’evoluzione da focolare centrale a cucina inizia con lo spostamento del fuoco verso le pareti, fino alla separazione fisica dell’area dedicata alla cottura tramite una parete o una stanza dedicata.

La separazione dell’area cottura dalla stanza in cui si svolgeva la maggior parte della vita casalinga consentì di ridurre il fumo e gli odori in presenza di ospiti, e di diminuire il rischio di incendio di materiali facilmente infiammabili, come tavoli di legno, sedie e tessuti.

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10 miti sulla vita nel Medioevo https://www.vitantica.net/2019/06/17/10-miti-vita-medioevo/ https://www.vitantica.net/2019/06/17/10-miti-vita-medioevo/#comments Mon, 17 Jun 2019 00:10:36 +0000 https://www.vitantica.net/?p=4324 Il Medioevo, forse più di altri periodi storici, è pieno di miti storicamente inaccurati o basati su dati inesistenti. Nell’immaginario collettivo, il Medioevo rappresente i “secoli bui”, un periodo di scarsa cultura, di osservanza religiosa quasi maniacale e di stratificazione sociale netta e ingiusta.

Ma nell’arco di circa 1.000 anni le evoluzioni sociali, culturali e scientifiche non furono poche, e nemmeno trascurabili. Smontando alcuni miti e leggende metropolitane che riguardano il Medioevo, diventa evidente che l’ “età di mezzo” fu un periodo molto più complesso e dinamico di quanto siamo stati portati a ritenere da libri, film e luoghi comuni.

Terra piatta

Come spiegato in questo post sull’evoluzione dell’idea di Terra piatta, i nostri antenati medievali non credevano affatto che la Terra fosse un disco. Il concetto di pianeta sferico era già noto da secoli e comunemente accettato dai dotti dell’epoca.

Paradossalmente, l’idea di una Terra piatta torna di moda nel 1800 in alcuni ambienti non legati al mondo scientifico: Washington Irving fu il primo a suggerire l’idea (poi smentita) che nel Medioevo il concetto di Terra piatta fosse una credenza diffusa e comunemente accettata.

Ius primae noctis

Verso il XVI secolo iniziò a circolare l’idea che i nobili europei medievali avessero diritto a trascorrere la prima notte di nozze dei loro sudditi in compagnia delle spose. Ciò che viene definito come ius primae noctis, o droit du seigneur in francese, è in realtà un mito: non esiste alcuna documentazione storica che attesti l’esistenza di questa usanza.

Secondo lo storico Alessandro Barbero, specializzato in storia del Medioevo:

«Lo ius primae noctis è una straordinaria fantasia che il Medioevo ha creato, che è nata alla fine del Medioevo, ed a cui hanno creduto così tanto, che c’era quasi il rischio che qualcuno volesse metterlo in pratica davvero, anche se non risulta che sia mai successo davvero. In realtà è una fantasia: non è mai esistito.»

Strumenti di tortura

La tortura fu una tradizione millenaria che solo di recente abbiamo formalmente abolito. I torturatori medievali disponevano certamente di strumenti adatti ad esprimere tutto il loro sadismo, ma non si trattava di molti oggetti che oggi attribuiamo alla tortura medievale: la vergine di Norimberga, lo strappa seno e la famigerata “pera” non furono inventati nel Medioevo ma diversi secoli più tardi.

Nel caso della vergine di Norimberga, ad esempio, si tratta di una macchina di tortura ideata nel XVIII secolo. Non esistono fonti storiche precedenti al XIX secolo che citino l’uso di questo strumento nel Medioevo.

Anche la pera orale (o quella vaginale e rettale), strumento di tortura ad espansione, è frutto della fantasia del XIX secolo e gli unici esemplari esistenti sono stati creati nel 1800.

La maggior parte dei miti legati alle torture medievali sono stati inventati tra il 1700 e il 1800 per rappresentare il Medioevo come un’ epoca buia e violenta rispetto all’età moderna.

Cinture di castità

Le storie sulle cinture di castità sono tutte molto simili: quando un signore medievale o un cavaliere si allontanavano da casa per andare in guerra o imbarcarsi per intraprendere una crociata in Terra Santa, facevano indossare alle mogli una cintura di castità per evitare ogni sorta di tradimento.

La realtà è che le cinture di castità non esistevano nel Medioevo. Le ricerche sull’origine delle cinture di castità escludono l’esistenza di questo strumento prima del XVI secolo, periodo dopo il quale furono usate molto raramente fino al XIX secolo, quando divennero relativamente comuni come oggetti per prevenire la masturbazione.

Vino, birra ma non acqua

Una leggenda piuttosto curiosa sostiene che i nostri antenati medievali bevessero vino e birra per evitare di consumare acqua, spesso inquinata dai liquami prodotti dalle città e dagli animali domestici. Escludendo una resistenza immunitaria maggiore alla nostra nei confronti di alcuni (ma non tutti) agenti patogeni presenti nell’acqua, nel Medioevo erano disponibili sorgenti d’acqua potabile un po’ ovunque.

Gli antichi, pur non disponendo della strumentazione scientifica moderna, erano perfettamente in grado di trovare fonti d’acqua fresca pulite e adatte al consumo umano. Ogni città spendeva una fortuna per cercare di mantenere un apporto d’acqua costante per ogni utilizzo, compreso il consumo umano.

Alcuni trattati medici non proibivano il consumo d’acqua, ma lo regolavano in base alla teoria degli umori: ad esempio, il Regimen Sanitatis Salerni consigliava il consumo di acqua di sorgente o di acqua piovana, ma specificava che durante i pasti era preferibile bere vino, perché l’acqua avrebbe “raffreddato lo stomaco” impedendo una corretta digestione.

Vita molto breve

La gente del Medioevo moriva intorno ai 30 anni? No. C’è differenza tra aspettativa di vita e longevità: era difficile raggiungere l’età adulta a causa di malattie, guerre e alimentazione, ma una volta raggiunta si poteva sopravvivere fino a 60-70 anni senza troppe difficoltà.

Come spiegato nel post “Speranza di vita e longevità dei nostri antenati“, la mortalità infantile era elevata rispetto agli standard moderni, ma una volta superati gli anni più duri dell’infanzia non era affatto raro raggiungere e superare i 50 anni.

Niente viaggi

I nostri antenati medievali avevano a disposizione meno mezzi di trasporto rispetto a noi, ma questo non significa affatto che non si spostassero dal loro paese natale. Abbiamo molta documentazione storica che ci parla di viaggi commerciali o di piacere, anche su distanze medio-lunghe.

I contadini si recavano in pellegrinaggio, visitavano chiese e monasteri non solo in prossimità delle loro case, ma anche oltremare. Alcuni dovevano recarsi a intervalli più o meno regolari verso i mercati dei villaggi o delle città confinanti, che in Inghilterra distavano mediamente 10-20 km l’uno dall’altro.

William Wey, uno dei primi membri dell’ Eton College, scrisse diversi resoconti dei suoi viaggi, compresi due pellegrinaggi in Terra Santa, fornendo preziosi consigli di viaggio ai suoi contemporanei: come trovare un passaggio per attraversare il Mediterraneo, come tutelarsi da fregature con un contratto di viaggio e quale fosse il posto migliore su una nave per evitare il caldo e i cattivi odori.

Scarsa igiene personale

Sicuramente l’igiene medievale non era all’altezza degli standard moderni, ma ognuno faceva quel che poteva per rimanere pulito. La documentazione e l’arte medievali ci offrono numerosi esempi di persone intente a fare il bagno e a lavarsi viso e mani.

Maino De Maineri, autore del Regimen sanitatis, parla dell’efficacia di un bagno nel ripulire il corpo dalla sporcizia accumulata durante il lavoro all’aperto, e consiglia un bagno anche per alleviare i processi digestivi e per fermare la diarrea.

Anche se per molte persone avere un bagno in casa non era un’opzione, esistevano bagni pubblici in tutta Europa: nella sola Parigi del XIII secolo era possibile trovare ben 32 stabilimenti per fare un bagno; a Southwark ne esistevano 18, tutti forniti di acqua calda.

Le “case del bagno” iniziarono il loro declino nel XVI secolo, probabilmente per un mix di moralità religiosa e per la diffusione di malattie come la peste e la sifilide (quest’ultima connessa alla presenza di bordelli negli stabilimenti di alcuni bagni pubblici).

Tutti erano estremamente religiosi

Ieri come oggi, esistevano persone molto devote e persone che semplicemente erano indifferenti alla religione. Ci sono testimonianze scritte di molti esponenti del clero che si lamentano di quante persone non si presentino a messa o non seguano alcuna pratica religiosa.

Contadini e teologi seguivano spesso una loro interpretazione della religione e ognuno di loro praticava il culto in base alle sue personali preferenze. E’ vero che esistevano dei tabù legati alla religione, ma non erano unanimamente accettati come si è portati a pensare.

Inoltre, l’Europa medievale non era popolata da soli cristiani. Anche se non esisteva un clima di diversità etnica e religiosa simile a quello moderno, moltissime città erano abitate da un mix di diverse etnie e fedi.
Per circa 800 anni buona parte della Spagna fu musulmana; a partire dall’ VIII secolo, Inghilterra e Francia ospitarono nordafricani e mediorientali in numeri sorprendenti.

Servitori di umili origini

Non tutti i servitori erano di basso rango sociale; al contrario, i servitori di uomini di potere provenivano spesso da famiglie nobili. Molti servitori erano militari, come guardie, scudieri, cacciatori e sentinelle; ciambellani, dispensieri, falconieri e maggiordomi provenivano spesso dalla nobiltà locale.

La maggior parte dei servitori nell’Inghilterra medievale era di sesso maschile: nella dimora dell’ earl del Devon erano presenti 135 membrì della servitù, solo 3 dei quali erano donne.

Servire un lord era considerato parte della formazione personale di un giovane: si trattava di un praticantato che avrebbe insegnato abilità utili in età adulta, oltre ad essere un modo per guadagnarsi il pane.

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