orso – VitAntica https://www.vitantica.net Vita antica, preindustriale e primitiva Thu, 01 Feb 2024 15:10:35 +0000 it-IT hourly 1 Beargarden, la fossa dell’orso elisabettiana https://www.vitantica.net/2020/08/31/beargarden-fossa-orso/ https://www.vitantica.net/2020/08/31/beargarden-fossa-orso/#respond Mon, 31 Aug 2020 00:10:22 +0000 http://www.vitantica.net/?p=4963 Durante il regno di Elisabetta I (1558–1603), nella città di Londra venivano celebrati spettacoli cruenti i cui protagonisti erano animali selvatici e domestici. La “Fossa dell’Orso”, o Beargarden, recentemente apparsa in alcune serie televisive d’ispirazione medievale-fantasy, fu una realtà storica per diversi secoli in svariate regioni del mondo, uno spettacolo in grado di attrarre sostenitori e oppositori di ogni tipo, dal comune cittadino alle personalità più note tra nobiltà e menti illustri del tempo.

Bear-baiting

Traducibile come il “tormento dell’orso”, si trattava fondamentalmente di legare un orso ad un palo tormentandolo con cani addestrati, in attesa che l’orso si liberasse e facesse a pezzi i suoi assalitori.

Il bear-baiting era lo show-simbolo del Beargarden. Attività popolare fin dal XII secolo, intorno al XVI secolo molti orsi furono catturati e mantenuti con il specifico scopo di farli combattere nella fossa. In epoca medievale questi orsi viaggiavano di villaggio in villaggio per dare spettacolo, accompagnati da un “bear-leader”, un addestratore di orsi spesso italiano o francese.

Il combattimento nella fossa poteva assumere diverse forme: in alcuni casi l’orso veniva privato della vista, e frustato per alimentare la sua rabbia mentre cani addestrati venivano aizzati contro di lui. Per evitare di perdere l’orso durante lo scontro (mantenere un orso adatto al combattimento era costoso), e per limitare la perdita di preziosi cani addestrati, il combattimento terminava quando l’orso veniva totalmente sottomesso dall’attacco dei cani, o quando un numero sufficiente di cani veniva ucciso dal plantigrado.

Sebbene il bear-baiting fosse stato ufficialmente proibito dai puritani verso la fine del 1600, la pratica continuò per altri due secoli fino a svanire quasi completamente. In altre regioni del mondo, tuttavia, l’ “animal-baiting” continuò ad essere praticato fino a qualche decade fa.

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Verso la fine del XIX secolo, il Maharaja Gaekwad Sayajirao III organizzò un combattimento tra una tigre del Bengala e un leone per stabilire una volta per tutte se il secondo meritasse il titolo di “Re dei Felini”. Il vincitore tra i due contendenti (non sono riuscito a capire chi ne uscì vittorioso) affrontò poco dopo un orso grizzly di oltre 600 kg, perché qualcuno suggerì al Maharaja che, in realtà, in vincitore del primo combattimento non fosse davvero il “Re dei Carnivori”.

Il bear-baiting è rimasta una pratica relativamente comune nelle province pakistane del Punjab e di Sindh fino al 2004. Gli eventi, organizzati dalla criminalità locale, prevedevano di legare un orso ad una corda di 2-5 metri dopo avergli rimosso i canini e aver limato i suoi artigli, per poi scagliare contro il povero animale un branco di cani da combattimento.

In South Carolina il bear-baiting è sopravvissuto fino al 2013, anno in cui è stato proibito ufficialmente questo genere di spettacolo. Fino al XIX secolo si organizzavano combattimenti tra orsi e tori, specialmente in California e Messico, il cui risultato era tutt’altro che scontato e arricchiva le tasche dei bookmakers.

Beargarden

Intorno agli anni 60 del 1500 fecero la loro apparizione a Londra i Beargarden, strutture non molto differenti dai teatri del tempo, nelle quali si conducevano combattimenti tra animali, prevalentemente orsi e tori.

L’esatta posizione di tutti i beargarden londinesi è incerta per svariate ragioni. In primo luogo, i combattimenti tra animali non erano affatto rari in città e venivano condotti in diverse località, alcune solo temporaneamente utilizzate come teatro per scontri tra animali. Secondo il poeta inglese John Taylor, tra il 1620 e il 1621 i combattimenti con tori e orsi si svolgevano in almeno quattro località diverse lungo la riva meridionale del Tamigi, nei dintorni del distretto di Southwark.

Un particolare Beargarden rimase impresso nelle menti delle personalità dell’epoca. La mappa Speculum Britanniae del 1593, e la Civitas Londini del 1600, indicano che questo Beargarden si trovava vicino al teatro The Rose. Lo storico inglese John Stow affermò nel 1583 che questo beargarden veniva comunemente chiamato “Giardino di Parigi”.

Bear baiting a Londra negli anni '20 del 1800 (Hulton-Deutsch Collection / Getty Images)
Bear baiting a Londra negli anni ’20 del 1800 (Hulton-Deutsch Collection / Getty Images)

Alcuni spettatori degli show del Beargarden definirono lo spettacolo come “un passatempo rude e sgradevole”, come Samuel Pepys nel 1666; altri ancora, come i puritani, si spinsero oltre definendolo uno spettacolo demoniaco, affermando addirittura che il crollo dei Beargarden del 1583 in cui rimasero uccise otto persone fu un atto divino per punire i peccatori che assistevano allo spettacolo.

Il combattimento tra animali aveva tuttavia molti sostenitori, tra i quali la regina Elisabetta I e buona parte della nobiltà di corte. Nel 1573, Elisabetta nominò Ralph Bowes come “Master of Her Majesty’s Game at Paris Garden“, allo scopo di facilitare la realizzazione di spettacoli di suo gradimento; la regina arrivò addirittura a non firmare una decisione parlamentare volta a proibire il bear-baiting durante la domenica.

Considerato il vasto pubblico e la presenza quasi costante di grandi personalità inglesi o straniere dell’epoca, il Giardino di Parigi non era soltanto un luogo in cui assistere a spettacoli cruenti, ma il posto ideale per condurre affari di stato, atti di spionaggio, o accogliere gli ambasciatori provenienti dalle più remote regioni del mondo conosciuto. Nel 1578 William Fleetwood, ufficiale giuridico di alto grado della città di Londra, definì il Beargarden come un posto in cui gli ambasciatori stranieri incontravano le proprie spie sfruttando l’oscurità del “giardino”.

Lo spettacolo

Come accennato in precedenza, nel Beargarden avvenivano spettacoli di ogni tipo: orsi contro cani, tori contro cani, pony con scimmie legate sul dorso contro cani (spettacolo realmente accaduto, come testimonia il Duca di Najera nel 1544).

Immagine dall' Antibossicon di William Lily (1521). Folger Digital Image Collection
Immagine dall’ Antibossicon di William Lily (1521). Folger Digital Image Collection

Ma gli orsi erano i veri protagonisti, e probabilmente subivano le torture più crudeli. Gli orsi più resistenti si guadagnavano un nome, come “George Stone”, “Ned Whiting”, “Sackerson” o “Harry Hunks”, un orso cieco, anziano e particolarmente tenace che veniva ripetutamente frustato fino al sanguinamento profuso.

Gli orsi venivano addestrati come gladiatori: venivano incoraggiati a reagire su comando dell’addestratore, a fingersi morti per terminare un match. Le ferite che accumulavano durante gli scontri con i mastini inglesi li rendevano sempre più deboli, ciechi e incapaci di difendersi, ma questo non impediva ai loro proprietari di sfruttarli fino all’ultimo: frustandoli ripetutamente e legandoli ad un palo si tentava in ogni modo di renderli furiosi.

Lo spettacolo mandava la folla in delirio. Il bearbaiting, per quanto violento e insensato per un osservatore moderno, veniva pubblicizzato come una festa: lo show era spesso preceduto e accompagnato da musica e fuochi d’artificio, balli e veri e propri cori da tifoseria.

Nella sua versione moderna, come quella osservata in Pakistan fino a qualche anno fa, lo scontro poteva essere di piccola portata (un solo orso e qualche cane), oppure includere numerosi partecipanti, come 10 orsi e oltre una quarantina di cani.

L’ultimo spettacolo noto del Beargarden londinese si svolse nel 1682 in onore di un ambasciatore marocchino. Un cavallo particolarmente ostile (responsabile, pare, della morte di diversi uomini e cavalli) fu costretto a combattere nella fossa con un branco di cani; dopo averli uccisi tutti, su incitazione della folla l’animale fu giustiziato a colpi di spada dai guardiani del Beargarden.

The Bankside Playhouses and Bear Gardens
The Gruesome Blood Sports of Shakespearean England
Beargarden
Bear-baiting
Elizabethan Bear & Bull Baiting

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L’ orso bruno, il gigante delle foreste https://www.vitantica.net/2017/11/04/orso-bruno/ https://www.vitantica.net/2017/11/04/orso-bruno/#respond Sat, 04 Nov 2017 02:00:17 +0000 https://www.vitantica.net/?p=751 L’ orso bruno (Ursus arctos), che comprende sottospecie come l’ orso bruno eurasiatico e il grizzly, è il secondo più grande carnivoro terrestre esistente e in un passato lontano rappresentò l’incubo di ogni cacciatore-raccoglitore delle regioni temperate del pianeta.

L’orso bruno esiste da almeno 1 milione di anni e ha iniziato fin da subito a differenziarsi in base all’ecosistema che popolava separandosi in almeno 16 sottospecie, alcune delle quali ormai estinte.

L’uomo anatomicamente moderno ha dovuto quindi imparare a coesistere con questi animali notoriamente poco amichevoli e molto più abbondanti nelle foreste del Pleistocene rispetto ad oggi.

I nativi americani vedevano l’orso come un animale da temere e rispettare: erano ben consapevoli di cosa fosse in grado di fare un orso inferocito ad un piccolo gruppo di caccia e spesso preferivano evitare qualunque incontro.

Nelle tribù in cui si praticava la caccia del grizzly per scopi rituali, la spedizione di caccia doveva essere preceduta da una seria preparazione tattica e da un rituale propiziatorio, e non veniva mai condotta con meno di una mezza dozzina di abili cacciatori.

L’ orso bruno: il gigante della foresta

L’ orso bruno è un animale dalla corporatura imponente, anche se le sue dimensioni possono variare notevolmente in base alla sottospecie d’appartenenza.

Un maschio adulto (di solito il 30% più grande di una femmina) può superare i 2,5 metri in posizione bipede e i 150 centimetri in altezza al garrese su quattro zampe.

Il cranio è lungo dai 30 ai 45 centimetri ed è armato di canini appuntiti e denti robusti che riflettono la grande varietà alimentare della sua dieta.

L’orso bruno è munito di zampe enormi: quelle anteriori, più piccole del 40% rispetto alle posteriori, possono superare i 20 centimetri di lunghezza e sono armate di unghie ricurve lunghe fino a 15 centimetri.

Zampa di grizzly del Columbus Zoo, Columbus, Ohio
Zampa di grizzly del Columbus Zoo, Columbus, Ohio

Il peso degli orsi bruni varia notevolmente in base alla regione geografica in cui vivono e alla disponibilità stagionale di cibo: gli orsi europei e dello Yellowstone, ad esempio, hanno una media stagionale che oscilla tra 115 e i 360 kg.

Con l’approssimarsi dell’inverno, l’orso bruno inizia a fare incetta di qualunque risorsa alimentare riesca a fiutare per riuscire ad accumulare grasso utile a sopravvivere l’ ibernazione invernale (leggi questo articolo sulle strategia di sopravvivenza invernale degli animali), che consuma ogni riserva energetica dell’animale perché, contrariamente al letargo, non si tratta di un lungo sonno ininterrotto ma di un torpore che a volte viene interrotto da stimoli esterni.

Possiamo presumere che, in un periodo in cui vaste foreste ricoprivano la maggior parte dell’ Europa, l’orso bruno potesse raggiungere dimensioni ancora più rilevanti rispetto ai suoi discendenti moderni, sottoposti a forti pressioni ambientali.

In tempi recenti, tuttavia, sono stati osservati esemplari dalle dimensioni straordinarie: il peso massimo registrato per un orso bruno dello Yellowstone è di quasi 500 kg, mentre alcuni orsi bruni slovacchi e bulgari hanno raggiunto il peso di 400 kg, circa il doppio della media dei maschi adulti della regione.

Orso Kodiak del Kodiak National Wildlife Refuge, Alaska
Orso Kodiak del Kodiak National Wildlife Refuge, Alaska

Il record di orso bruno più grande spetta però all’ orso Kodiak (Ursus arctos middendorffi): vive nell’ Arcipelago Kodiak in Alaska e per millenni ha rappresentato un formidabile avversario per i nostri antenati.

L’esemplare selvatico di orso Kodiak più pesante superava i 750 kg e aveva un cranio lungo più di 70 centimetri, ma un normale maschio adulto pesa stagionalmente tra i 272 e i 635 kg, con un peso medio annuale di circa 500 kg; le femmine sono più leggere del 30% ma ugualmente feroci, specialmente se si trovano costrette a difendere la prole.

Habitat dell’ orso bruno

L’orso bruno è probabilmente il più adattabile tra le specie d’orso attualmente esistenti sul pianeta. Non ha particolari preferenze d’altitudine, tanto da essere stato osservato sia nelle zone costiere sia ad altezze di 5.000 metri sul livello del mare.

Gli orsi bruni sembrano prediligere zone semi-aperte con macchie di fitta vegetazione che possono sfruttare per riposarsi durante il giorno, ma sono stati osservati in ogni ecosistema temperato dell’emisfero settentrionale.

In Europa l’orso bruno tende a popolare aree boschive come le Alpi, i Pirenei e il Caucaso; nelle regioni più settentrionali, come in Scandinavia, si è perfettamente adattato a vivere in foreste densamente ricoperte da alberi e sottobosco.

In Asia Centrale lo si può trovare anche nella steppa e al confine di aree desertiche, come l’orso bruno della Siria (Ursus arctos syriacus) o l’orso bruno del Gobi (Ursus arctos gobiensis). In Siberia questo animale si è perfettamente adattato alle foreste di pini, dove trova rifugio per riposare tra un pasto e l’altro.

Lo stile di vita dell’ orso bruno

Le femmine di orso bruno hanno un meccanismo riproduttivo particolare: dopo essere state fecondate da un maschio, l’ovulo inizia a dividersi e rimane nell’utero per circa sei mesi.

Durante la quiescenza invernale, i feti aderiscono alla parete uterina e, se la madre dispone di sufficienti riserve di energia, diventeranno cuccioli che verranno partoriti otto settimane, dopo mentre la madre si trova in ibernazione.  Se l’orso non ha abbastanza risorse energetiche, gli embrioni vengono riassorbiti e non si verificherà alcun parto.

Orso bruno e cuccioli
Orso bruno e cuccioli

Generalmente mamma orsa partorisce da 1 a 3 cuccioli (4 cuccioli è poco comune, 5-6 più raro) che pesano tra i 300 e i 500 grammi e raggiungeranno dopo l’allattamento i 7-9 kg e un livello di sviluppo tale da essere in grado di cibarsi di alimenti solidi.

L’educazione dei cuccioli è interamente affidata alla madre: i piccoli la seguiranno per 2-4 anni, periodo durante il quale impareranno tecniche di sopravvivenza come la caccia, la pesca, la difesa dai predatori, dove trovare il miglior rifugio per l’inverno e quali risorse alimentari sono più nutrienti.

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L’orso bruno è un animale solitario molto intelligente, è un opportunista non particolarmente attivo come predatore, anche se non disdegna la caccia e la pesca se non richiedono un eccessivo dispendio di energie.

L’orso bruno ha il cervello più grande, in proporzione alla massa corporea, di tutti i carnivori terrestri. Ha dimostrato più volte di poter utilizzare strumenti (come sfruttare rocce ricoperte di conchiglie per grattarsi la schiena), abilità che richiede funzioni cognitive avanzate.

L’orso bruno non è fortemente territoriale: è possibile trovare diversi adulti che convivono pacificamente in un’area relativamente ristretta a patto che non ci siano contese su una femmina fertile o in una situazione di scarsità di cibo.

Non è raro che molti orsi si aggreghino episodicamente nella stessa area in cerca di cibo o attratti dall’ odore di una carcassa: anche se non sono strettamente territoriali, di fronte ad una fonte di cibo contesa da più esemplari si formano gerarchie spontanee basate su età e dimensioni, o determinate da segnali aggressivi o brevi scontri fisici.

L’orso bruno è un animale longevo: le femmine possono sopravvivere fino ai 28 anni d’età e mantengono il picco riproduttivo fino ai 20 anni. Si calcola che mediamente un orso possa vivere circa 25 anni, indipendentemente dal sesso; l’orso più longevo mai osservato in natura aveva 37 anni, mentre in cattività un maschio adulto può sopravvivere fino a 47 anni.

cuccioli orso bruno

La mortalità infantile tra gli orsi residenti in aree protette dalla caccia va dal 13 al 44% entro il primo anno di vita, ma può superare il 75% in alcune regioni. Un cucciolo d’orso è una preda relativamente facile per predatori come lupi, tigri siberiane e altri orsi bruni, ma è la malnutrizione che causa la maggior parte delle vittime durante i primi due anni di vita.

Competizione tra uomo, orso e altri predatori per le risorse alimentari

L’essere umano si trovò spesso a dover competere per le risorse alimentari con i grandi orsi bruni del Pleistocene per via della dieta di questi animali, la più onnivora del regno animale.

Proprio come l’essere umano, l’orso è un opportunista eccellente e non disdegna o trascura alcuna fonte di cibo che trova al suo passaggio, sia essa rappresentata da bacche, carogne di animali o radici e tuberi.

Proprio come noi, anche l’orso cerca di evitare di sprecare troppe energie per ottenere calorie preziose, tendenza che lo portava in passato a competere per le stesse risorse desiderate dai nostri antenati.

Circa il 90% del cibo consumato da un orso bruno è composto da materia vegetale come bacche, frutta, ghiande, funghi, muschi, radici e tuberi per un totale di oltre 200 specie di piante e funghi.

Anche se la carne e il pesce sono ottime fonti di proteine e grassi e la loro presenza nella dieta varia in base alla regione e alla stagione, i carboidrati e gli zuccheri delle piante che consumano gli orsi bruni contribuiscono in larga parte all’accumulo di grasso in vista dell’inverno.

Un’altra importante fonte di cibo per gli orsi bruni di tutto il mondo sono gli insetti: gli orsi bruni dello Yellowstone, ad esempio, possono consumare fino a 40.000 falene in un solo giorno durante le enormi migrazioni delle Euxoa auxiliaris e non disdegnano affatto api, formiche, vermi e coleotteri di ogni tipo.

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Per quanto non ami particolarmente la caccia attiva, l’orso bruno è potenzialmente capace di cacciare ogni grande mammifero che vive nel suo habitat.

Nelle fatte di orso sono state rilevate le tracce di oltre 100 differenti specie di mammiferi, da piccoli roditori come scoiattoli e topi ad animali ben più grossi, come marmotte e castori.

Non sono rari inoltre gli attacchi a ungulati come cervi, renne e alci specialmente in aree boscose, dove gli orsi bruni possono tendere agguati e superare il loro svantaggio in velocità e agilità.

L’orso bruno ha dovuto imparare a difendersi non solo dalla competizione con l’essere umano, ma anche da altri predatori apicali dei suoi habitat, come lupi, tigri, leoni di montagna e altre specie di orsi tra cui il famigerato orso dal muso corto (Arctodus spp.), un orso nordamericano scomparso circa 11.000 anni fa pesante circa il doppio rispetto ad un Kodiak moderno e che superava i 3,5 metri di altezza sulle zampe posteriori.

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