scienza – VitAntica https://www.vitantica.net Vita antica, preindustriale e primitiva Thu, 01 Feb 2024 15:10:35 +0000 it-IT hourly 1 Donne e scienze nella storia (fino al XVII secolo) https://www.vitantica.net/2018/12/10/donne-scienza-storia-antica/ https://www.vitantica.net/2018/12/10/donne-scienza-storia-antica/#respond Mon, 10 Dec 2018 00:10:09 +0000 https://www.vitantica.net/?p=3102 Ricostruire il contributo delle donne nella medicina, nella filosofia e nelle scienze del passato è difficile: molte figure femminili non lasciarono alcuna traccia del loro lavoro, spesso considerato inopportuno, scomodo o pericoloso per lo status quo maschile.

In alcuni periodo storici, come nell’ antico Egitto o nella Grecia classica, le donne riuscirono ad ottenere ruoli di spicco nello studio della natura, nell’ astronomia e in medicina (non senza opposizioni da parte di alcune cerchie scientifiche maschili); durante il Medioevo, invece, l’emergere di donne istruite nei monasteri e incoraggiate alla ricerca intellettuale fu ben presto bloccata da un clero misogino, limitando il contributo femminile nello studio delle scienze.

A partire dall’ XI secolo emersero le prime università europee, ma generalmente alle donne era preclusa l’educazione universitaria. Ci furono alcune eccezioni: fin dalla sua fondazione, l’Università di Bologna accettò la partecipazione delle donne alle lezioni;in Italia l’istruzione femminile fu accolta con meno riserve rispetto al resto d’Europa, permettendo la formazione di circoli di ricerca al femminile come quello della Scuola medica di Salerno.

Donne e scienza nella storia: Maria Winckelmann
Donne e scienza nella storia: Maria Winckelmann

Durante il periodo della rivoluzione scientifica (tra il XVI e il XVII secolo), le donne iniziarono a riprendere lentamente un ruolo di spicco all’interno delle scienze: tra il 1650 e il 1710, il 14% degli astronomi tedeschi era costituito da donne come Maria Winckelmann, che operava nell’osservatorio astronomico dell’Accademia delle Scienze berlinese.

Alcune istituzioni scientifiche, tuttavia, come la Royal Society londinese e l’Accademia Francese delle Scienze, non accettarono la presenza di donne fino al XX secolo.

In questo post fornirò un elenco delle donne più influenti e prolifiche in ambito scientifico, medico e filosofico, dal mondo antico fino al XVII secolo. Elencarle tutte richiederebbe un articolo di proporzioni colossali, ma se avete suggerimenti o correzioni da segnalare commentate qui sotto e provvederò a revisionare il post non appena possibile.

2.700 a.C.: Merit-Ptah

Merit-Ptah (“Amata dal dio Ptah”) è il primo medico donna della storia il cui nome è sopravvissuto fino ad oggi. Sappiamo poco su di lei, ma ciò che sappiamo fornisce un quadro approssimativo del suo ruolo: secondo un’iscrizione fatta da suo figlio a Saqqara, Merit-Ptah fu il “Medico Capo” alla corte del faraone durante la Seconda Dinastia.

2.600 a.C.: Peseshet

Vissuta durante la Quarta Dinastia, Peseshet fu “colei che sovrintende gli altri medici donna”, ma non si sa con esattezza se fosse anche lei un medico. Oltre al ruolo di sovrintendente di medici e chirurghi, il suo compito era quello di organizzare i sacerdoti funerari della madre del faraone.

E’ possibile che Peseshet avesse un figlio di nome Akhethetep, ma non abbiamo alcuna conferma della loro relazione se non l’iscrizione su una falsa porta all’interno di una mastaba a Giza, iscrizione che cita anche Kanefer, un possibile marito di Peseshet.

2.000 a.C.: Agamede

Secondo Omero, Agamede era una curatrice dotata dei poteri di tutte le piante della Terra: suo padre fu Augea, il primo uomo ucciso in battaglia da Nestore.

1.200 a.C.: Tapputi

Tapputi, o Tapputi-Belatekallim, è considerata la prima chimica della storia. La sua abilità nella creazione di profumi è attestata da una tavoletta cuneiforme risalente al 1.200 a.C.: utilizzava fiori, olio, calamo, mirra e balsami per creare essenze profumate molto apprezzate in Mesopotamia. Impiegava acqua e altri solventi per effettuare distillazioni e filtraggi multipli allo scopo di estrarre gli aromi che utilizzava per la creazione di profumi.

VI secolo a.C.: Teano

Teano fu una filosofa di Crotone e una delle 29 allieve di Pitagora. Era la discepola preferita del filosofo e, secondo alcune fonti, sarebbe stata la figlia o la moglie di Pitagora; altre fonti invece sostengono che fosse la figlia di Brontino, successore di Pitagora.

Di Teano abbiamo sette lettere, tre delle quali sicuramente autentiche: descrivono una donna alla costante ricerca della giusta misura tra difetti ed eccessi, e una serie di consigli rivolti ad alcune amiche di Crotone su come educare i figli e come comportarsi in un rapporto di coppia.

Donne e scienza nell'antichità: Agnodice

IV secolo a.C.: Agnodice

Agnodice potrebbe essere stata la prima ostetrica e dottoressa di Atene, anche se ci sono molti dubbi sulla sua storicità. La storia di Agnodice è sopravvissuta fino ad oggi grazie all’opera Fabulae di Gaio Giulio Igino: secondo l’autore, Agnodice lavorava come medico ad Atene travestita da uomo perché al tempo le donne non potevano praticare la professione.

Dopo aver attirato le invidie di altri medici della città a causa del suo crescente seguito di pazienti femminili, fu processata e costretta a rivelare l’inganno: all’accusa di praticare illegalmente la professione medica, fu difesa dalle donne di Atene che confermarono la validità dei suoi trattamenti, costringendo i legislatori ad abolire la legge che impedive alle donne di diventare dottoresse.

II secolo a.C.: Aglaonice

Aglaonice fu un’astronoma greca del II-I secolo a.C. che viene menzionata da Plutarco e Apollonio di Rodi come una delle primissime studiose di astronomia. Era anche considerata una maga per la sua abilità di far sparire la Luna dal cielo, capacità che sembra essere legata alla facoltà di prevedere con un certo grado di approssimazione l’arrivo di un’eclissi lunare.

E’ possibile che Aglaonice fosse circondata da un gruppo di donne astronome, chiamate “streghe della Tessaglia”: nel Gorgia di Platone, Socrate parla delle “incantatrici della Tessaglia che, come si dice, fanno scendere la Luna dal cielo rischiando la perdizione”.

Donne e scienza nell'antichità: Maria la Giudea
Maria la Giudea
I-III secolo d.C.: Maria la Giudea

Maria la Giudea, conosciuta anche come Maria Prophetissima, Maria Prophetissa, Miriam la Profetessa o Maria d’Alessandria, fu una filosofa e alchimista vissuta ad Alessandria d’Egitto tra il I e il III secolo d.C..

Non abbiamo documenti storici che possano determinare con certezza la data della sua morte, ma sappiamo da Zosimo di Panopoli che fu un personaggio reale e che condusse una serie di esperimenti che aprirono la strada agli alchimisti e ai chimici venuti dopo di lei.

Nelle sue opere di alchimia (nessuna sopravvissuta in forma originale) vengono citati elementi che costituiranno la base dell’arte alchemica, come la leukosis (sbiancamento per macinazione) e la xanthosis (ingiallimento per calcinazione), o il bagnomaria (Balneum Mariae), procedimento molto comune nella chimica o in cucina.

V secolo d.C.: Ipàzia di Alessandria

Ipàzia fu matematica, astronoma e filosofa della scuola neo-platonica. Scrisse trattati di geometria, algebra e astronomia, inventò l’idroscopio per misurare il “peso dei liquidi”, perfezionò l’astrolabio e raffinò uno strumento per distillare l’acqua. Descrivere il lavoro (teoricoe pratico) e la filosofia di Ipàzia in poche righe è estremamente difficile, rimando quindi all’articolo di Wikipedia (in inglese).

Donne e scienza nell'antichità: pagina del De passionibus mulierum ante in et post partum di Trotula de Ruggiero
Pagina del “De passionibus mulierum ante in et post partum” di Trotula de Ruggiero
XI secolo: Trotula de Ruggiero

Conosciuta anche come Trottula, Trotta, Troctula, Trotula de Ruggiero fu un medico italiano di Salerno a cui viene attribuito il trattato De passionibus mulierum ante in et post partum, un’opera che ebbe un’enorme influenza sull’ostetricia e sulla ginecologia future.

Trotula faceva parte di un circolo di studiose della Scuola medica di Salerno definite mulieres Salernitanae e alcune opere a lei attribuite potrebbero essere state redatte da altre donne appartenenti a questa cerchia.

Il De passionibus mulierum ante in et post partum è composto da 64 capitoli in cui vengono elencati precetti e consigli per la vita femminile: anticoncezionali, nozioni di ostetricia, malattie comuni e cure cosmetiche per pelle, labbra e capelli.

1098 – 1179: Ildegarda di Bingen

Ildegarda di Bingen fu una religiosa benedettina tedesca e nell’arco della sua carriera si cimentò nell’osservazione naturalistica, nella scrittura, nella filosofia, nello studio delle lingue, nella cosmologia e nella medicina.

Dopo aver preso i voti (1112-1115) si dedicò allo studio dell’enciclopedismo medievale e all’età di 40 anni iniziò a scrivere le sue prime opere su teologia, musica e medicina. Scrisse inoltre due trattati enciclopeici che raccoglievano tutta la conoscenza medica e botanica del suo tempo.

1360 – 1436: Dorotea Bucca

Dorotea Bucca fu un medico italiano sulla cui vita si sa ben poco: fu docente di medicina e filosofia all’Università di Bologna per oltre 40 anni, posizione ricoperta prima di lei da suo padre.

XIV secolo: Mercuriade

Mercuriade fu un dottoressa e chirurga della Scuola di Salerno, oltre che autrice di almeno tre trattati medici: De Febre Pestilenti, De Curatio e De Ungentis. E’ considerata una delle “donne di Salerno” del XIV secolo insieme a Abella, Rebecca Guarna e Francesca de Romana.

Nello stesso secolo emerse un’altra figura medica, Jacqueline Felice de Almania, accusata e processata a Parigi nel 1322 per il reato di aver praticato la professione medica senza regolare licenza.

Jacqueline riteneva che fosse inopportuno per i medici palpare il seno e l’addome delle donne e ben sette pazienti testimoniarono a suo favore durante il processo, sostenendo che fosse il miglior medico di Parigi e che non facesse pagare le pazienti nel caso le sue cure non avessero ottenuto l’effetto sperato.

Jacqueline fu bandita dalla professione medica con la promessa di una scomunica se avesse continuato ad esercitare come dottoressa, un episodio che fu alla base della futura impossibilità delle donne francesi di ottenere la licenza da medico fino al XIX secolo.

1623 – 1673: Margaret Lucas Cavendish

Duchessa di Newcastle-upon-Tyne, Margaret Lucas Cavendish fu filosofa, scrittrice e scienziata di fama tale da potersi permettere di pubblicare opere col suo nome in un periodo in cui le autrici femminili erano costrette a pubblicare le loro creazioni nell’anonimato o sotto falso nome.

Fu autrice di 21 pubblicazioni di natura filosofica e scientifica, tra le quali sei libri sulla filosofia naturale, oltre ad una ventina tra racconti e drammi.

Donne e scienza nell'antichità: Elena Cornaro Piscopia
Elena Cornaro Piscopia
1646 – 1684: Elena Cornaro Piscopia

Considerata una bambina prodigio fin dall’infanzia, ebbe un’educazione classica che le consentì, all’età di sette anni, di conoscere approfonditamente greco, latino, francese e spagnolo. Nel corso di poco tempo imparò anche il francese, l’arabo e l’ebraico, guadagnandosi il tiolo di “Oraculum Septilingue”.

Si dedicò quindi allo studio della matematica, della filosofia e della musica: era in grado di suonare arpa, violino, clavicordo e arpicordo; tutto questo nei primi 20 anni di vita. Superati i vent’anni, iniziò ad interessarsi di fisica, astronomia e linguistica.

Conseguì la laurea in filosofia all’Università di Padova nel 1678, un evento di tale risonanza che molti dotti e studenti dell’epoca giunsero nella città da ogni università italiana: Elena parlò in latino classico per un’ora spiegando passaggi difficili selezionati a caso dalle opere di Aristotele.

1670 – 1720: Maria Margaretha Kirch

Nota anche come Maria Winckelmann, fu un’astronoma tedesca e una delle prime a descrivere la congiunzione del Sole con Saturno, Venere e Giove nel 1709 e nel 1712. Studiò astronomia sotto la guida dell’astronomo autodidatta Christoph Arnold, vicino di casa che lavorava come fattore vicino a Leipzig.

Tramite Arnold, Maria incontrò il famoso astronomo e matematico Gottfried Kirch, più vecchio di 30 anni, col quale si sposò nel 1692 ed ebbe 4 figli (tutti e quattro diventarono astronomi).

Maria e il marito lavoravano come un team, anche se formalmente lei era l’assistente dell’astronomo; insieme stilarono un elenco di effemeridi e registrarono dal 1697 le informazioni climatiche per produrre almanacchi e calendari utili per la navigazione.

Illustrazione dal Metamorphosis insectorum Surinamensium
Illustrazione dal “Metamorphosis insectorum Surinamensium” di Maria Sibylla Merian
1647 – 1717: Maria Sibylla Merian

Naturalista e illistratrice tedesca, dedicò buona parte della sua vita allo studio degli insetti ed è considerata una delle fondatrici dell’entomologia. Pubblicò il suo primo libro di illustrazioni del mondo naturale nel 1675, ma la sua passione per gli insetti si sviluppò fin dall’adolescenza.

Nel 1679 pubblicò il primo di due volumi dedicati a bruchi e farfalle, con particolareggiate illustriazioni dell’evoluzione di questi insetti durante il loro ciclo vitale.

Nel 1699 Merian viaggiò in Suriname per studiare gli insetti tropicali, pubblicando nel 1705 Metamorphosis insectorum Surinamensium, un’opera che influenzò gli illustratori naturalisti negli anni a venire. Secondo David Attenborough, Merian è una delle più personalità più significative dell’entomologia antica e moderna.

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La nascita del microscopio ottico https://www.vitantica.net/2018/04/18/nascita-del-microscopio-ottico/ https://www.vitantica.net/2018/04/18/nascita-del-microscopio-ottico/#respond Wed, 18 Apr 2018 02:00:40 +0000 https://www.vitantica.net/?p=1583 Allo stesso modo del telescopio, anche l’invenzione del primo microscopio è legata alla storia delle lenti ottiche. Le prime lenti, chiamate “pietre di lettura”, consentivano di ingrandire gli oggetti osservati fino a 6-10 volte e venivano generalmente utilizzate per l’ingrandimento del testo di un manoscritto o per osservare i dettagli minuti degli insetti.

Le pietre da lettura aprirono la strada all’osservazione di dettagli minuti del mondo naturale, come le caratteristiche di ali, zampe e testa degli insetti, ma erano strumenti per nulla economici e venivano realizzati con vetro dotato di scarsa trasparenza e lavorati con tecniche manuali che creavano imperfezioni nel materiale e deformazioni delle immagini prodotte.

Il microscopio di Zacharias Janssen

Per il primo microscopio vero e proprio bisogna aspettare gli anni ’90 del 1500, periodo in cui Zacharias Janssen (a cui il figlio attribuiva anche la paternità del telescopio) e suo padre Hans iniziarono a sperimentare la combinazione di diverse lenti emisferiche scoprendo, dopo qualche tentativo fallito, di poter ottenere ingrandimenti superiori a quelli consentiti da una singola lente da lettura.

Come per un telescopio, anche un microscopio composito è dotato di un obiettivo (la lente, o il sistema di lenti, più vicina all’oggetto da osservare) e un oculare (un sistema di lenti posto vicino all’occhio). L’obiettivo si occupa di raccogliere la luce e “inviarla” all’oculare, la cui funzione è quella di ingrandire ulteriormente l’immagine già ingrandita generata dall’obiettivo.

Questa combinazione consente di creare ingrandimenti regolabili e generalmente superiori a quelli ottenibili da una singola lente, anche se i primi microscopi compositi soffrivano di limitazioni ottiche dovute all’inesperienza dei loro creatori e alla tecnologia del vetro ancora troppo arretrata per realizzare lenti limpide e prive di imperfezioni.

Microscopio di Janssen

Anche se i prototipi del microscopio di Janssen non sono sopravvissuti fino ad oggi, sappiamo dalla documentazione storica che uno dei primi esemplari (probabilmente costruito nel 1595 insieme al padre Hans) era costituito da 3 tubi del diametro di circa 5 centimetri e 2 lenti, otteneva ingrandimenti da 3x a 9x ma generava immagini poco nitide.

L’ingrandimento era regolabile tramite lo slittamenti dei tre tubi: quando lo strumento veniva esteso al massimo, raggiungeva i 45 centimetri di lunghezza e otteneva ingrandimenti di 9x.

Il microscopio di Cornelius Drebbel

Dopo aver lavorato alla costruzione dei suoi primi telescopi, Galileo Galilei realizzò nel 1610 che alcune configurazioni di due o più lenti consentivano di ingrandire oggetti vicini, ma fu solo nel 1624, dopo aver visto un microscopio in un’esibizione a Roma nel 1622, che costruì la sua versione migliorata del microscopio composito.

Il microscopio su cui Galileo basò il proprio modello fu lo strumento di Cornelius Drebbel, un inventore olandese a cui si attribuisce nel 1621 la costruzione del primo microscopio composito basato su lenti convesse.

Alcuni storici ritengono che fu Drebbel il primo artigiano a inventare il microscopio composito e che il primato di Janssen non sia fondato su basi solide. Durante una visita a Londra nel 1619, l’ambasciatore olandese Willem Boreel vide un microscopio ottico nel laboratorio di Drebbel e lo descrisse come uno strumento lungo circa mezzo metro, dal diametro di circa 5 centimetri e supportato da 3 delfini d’ottone.

Lo strumento che Drebbel creò nel 1621 e che Galileo osservò a Roma era un microscopio composto da due lenti convesse che consentivano di contenere la lunghezza dell’apparecchio e di ottenere un campo visivo più vasto rispetto alle lenti emisferiche.

Struttura del microscopio di Hooke
Struttura del microscopio di Hooke

Ben presto ci si rese conto che quando si accumulano lenti per ottenere ingrandimenti sempre maggiori ci si scontra con le leggi della fisica, specialmente quando si lavora con lenti di scarsa qualità: l’ immagine diventa sempre meno nitida, la luce raccolta dal microscopio diminuisce e il livello di dettaglio diventa velocemente inaccettabile.

I difetti dei primi microscopi

Alcuni dei primi utilizzatori del microscopio (come Robert Hooke) modificarono il loro strumento a 3 lenti rimuovendone una: la qualità delle lenti stesse e l’uso di una terza lente diminuivano così tanto la qualità dell’immagine da rendere l’apparecchio quasi inutilizzabile.

Nonostante i suoi difetti, il microscopio aprì gli occhi umani verso il mondo dell’infinitamente piccolo: nel 1625 Francesco Stelluti e Federico Cesi pubblicarono Apiarium, il primo resoconto delle loro osservazioni effettuate con un microscopio composito molto probabilmente basato su quello di Drebbel.

Nel 1655 invece Robert Hooke coniò la parola “cellula” nell’opera Micrographia, una collezione di disegni basati sulle sue osservazioni effettuate con un microscopio realizzato dal londinese Christopher White.

I microscopi di Stelluti/Cesi e Hooke, come tutti quelli prodotti nello stesso periodo, risentivano di problemi legati alla qualità delle lenti: le imperfezioni e l’opacità delle lenti realizzate all’epoca impedivano di ottenere immagini nitide e luminose.

Microscopio di van Leeuwenhoek
Microscopio di van Leeuwenhoek
Il microscopio di Antonie van Leeuwenhoek

I microscopi di Antonie van Leeuwenhoek (prodotti a partire dal 1674) potrebbero sembrare un passo indietro rispetto ad altri apparecchi della sua epoca: si basavano su lenti sferiche singole e non avevano un ingrandimento regolabile.

Ma la vera rivoluzione di van Leeuwenhoek fu la qualità delle sue lenti: dopo aver perfezionato i processi di produzione e lucidatura del vetro, riuscì a realizzare piccole lenti sferiche capaci di ingrandire fino a 275 volte e intelaiate su strutture d’argento o di rame.

Van Leeuwenhoek realizzò almeno 25 microscopi a lente singola, piccoli strumenti dotati di viti usate per regolare la messa a fuoco e la posizione del campione osservato. Per molti anni nessuno riuscì a replicare le tecniche di costruzione di van Leeuwenhoek, specialmente i miglioramenti che introdusse nei processi di lavorazione del vetro, ma l’artigiano olandese produsse oltre 500 lenti sferiche che distribuì in tutta Europa allo scopo di diffondere la sua invenzione senza rilasciare alcun segreto sul processo di lavorazione del vetro che aveva elaborato.

Il successo del microscopio di van Leeuwenhoek

La fitta corrispondenza di van Leeuwenhoek (circa 190 lettere) con la Royal Society è la testimonianza delle sue scoperte con il microscopio a lente singola:

  • Cercò di stimare la quantità di microrganismi presenti in un’unità d’acqua;
  • Descrisse accuratamente la struttura del cristallino;
  • Osservò microrganismi ciliati nel 1674;
  • Fu il primo ad osservare gli spermatozoi nel 1677;
  • Descrisse la struttura delle fibre muscolari nel 1682;
  • Descrisse batteri del genere Selenomonas, specie che normalmente vivono nel tratto intestinale degli animali, nel 1683.

La lente migliore prodotta da van Leeuwenhoek era una piccola sfera di vetro spessa circa 1,2 millimetri e dotata di una lunghezza focale di 1 millimetro. Consentiva di ingrandire oggetti 270 volte, ma alcuni storici sostengono che l’artigiano avesse creato lenti più potenti, capaci di ingrandimenti di 480x.

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Per i successivi 200 anni il microscopio di van Leeuwenhoek fu il modello dominante in campo scientifico e non subì notevoli variazioni: con un mondo intero da osservare sotto una lente, lo strumento a lente singola si dimostrò sufficiente fino a quando i biologi non si domandarono se ci fosse qualcosa di ancora più piccolo di ciò che potevano osservare in quelle piccole sfere di vetro.

Nell’arco di due secoli i regni animale e vegetale iniziarono a svelarsi in tutto il loro fascino: Marcello Malpighi, uno dei padri della biologia, analizzò la struttura dei polmoni e dei capillari, Jan Swammerdam osservò e descrisse i globuli rossi e dimostrò il ciclo vitale degli insetti, mentre Robert Hooke realizzò una serie di disegni sugli insetti dal valore entomologico inestimabile.

Timeline of microscope technology
A complete Microscope History
The Microscope in the Dutch Republic

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La nascita del telescopio rifrattore e riflettore https://www.vitantica.net/2018/04/07/nascita-telescopio-rifrattore-riflettore/ https://www.vitantica.net/2018/04/07/nascita-telescopio-rifrattore-riflettore/#respond Sat, 07 Apr 2018 02:00:42 +0000 https://www.vitantica.net/?p=1568 Galileo Galilei fu uno dei primi astronomi della storia ad utilizzare un strumento astronomico basato su lenti per osservare l’universo, ma chi fu il primo ad inventare il telescopio ?
La storia del telescopio è strettamente legata a quella delle lenti e delle superfici riflettenti.

Oggetti simili a lenti sembrano essere stati realizzati ben 4.000 anni fa (come la lente di Nimrud), ma non è ancora ben chiaro se siano state create per sfruttare le loro proprietà ottiche, come semplici decorazioni o come strumenti per l’accensione del fuoco.

Sappiamo però che gli esperimenti sulle proprietà della luce sono vecchi di almeno 2.500 anni: quando i Greci iniziarono ad osservare il mondo con occhio critico, si resero conto ad esempio delle proprietà ottiche di sfere riempite d’acqua, descrivendo fenomeni come la riflessione e la rifrazione della luce.

Tra il IX e il XII secolo nel mondo arabo e successivamente in Europa entrarono in uso quelle che furono definite “pietre da lettura”, delle piccole lenti di vetro emisferiche in grado di ingrandire gli oggetti sotto osservazione, come le lettere di un manoscritto. La creazione di queste lenti fu possibile grazie all’inventore arabo Abbas ibn Firnas, che perfezionò il procedimento di produzione del vetro per ottenere lenti con poche imperfezioni e dalla scarsa opacità.

Nello stesso periodo in Europa venivano prodotte le lenti Visby, oggetti a base di quarzo rinvenuti in diverse tombe vichinghe svedesi. Queste lenti, spesso montate su supporti d’argento, sarebbero state utilizzate come gioielli ma la loro origine non è ancora ben chiara, e ad oggi non esiste alcuna prova che siano state utilizzate come strumenti ottici.

Per le prime, vere lenti ottiche bisogna aspettare il XIII secolo, periodo in cui furono creati in Nord Italia i primi occhiali da vista. Firenze e Venezia diventarono importanti centri di produzione di lenti mentre l’Olanda e la Germania si affermarono nei secoli successivi come produttori di occhiali e strumenti ottici.

Hans Lippershey, inventore del telescopio rifrattore
Replica del telescopio rifrattore di Galileo Galilei
Replica del telescopio rifrattore di Galileo Galilei (The Board of Trustees of the Science Museum)

Non fu un caso che l’ inventore del primo telescopio, Hans Lippershey, fosse nato e cresciuto tra Paesi Bassi e Germania. Il 2 ottobre del 1608 Hans Lippershey, produttore di lenti e occhiali, cercò di brevettare a Middelburg un’invenzione descritta come uno strumento “per vedere cose lontane come se fossero vicine”.

Qualche settimana dopo, prima che la proposta di brevetto di Lippershey potesse essere esaminata dall’ufficio competente, un altro produttore di lenti olandese, Jacob Metius, depositò una proposta di brevetto identica. A Lippershey e Metius non furono concessi brevetti, ma a Lippershey fu garantita un rendita dalle copie del suo design.

Esistono diverse versioni che narrano come Lippershey giunse all’invenzione del telescopio. La prima sostiene che l’artigiano avesse osservato due bambini giocare con le lenti del suo laboratorio scoprendo grazie a loro come ingrandire oggetti lontani.

Un’altra storia afferma invece che Lippershey copiò il design del suo telescopio da qualche altro artigiano: Johannes Zachariassen, ad esempio, sostenne nel 1655 che suo padre, Zacharias Janssen, inventò il telescopio nel 1590, quasi 20 anni prima di Lippershey, ma ancora oggi non esiste alcuna prova sostanziale che Hans Lippershey abbia rubato il design del suo telescopio da Janssen.

Il telescopio di Lippershey era un rifrattore molto rudimentale basato su una lente convessa e una concava. Questo design consentiva di ottenere un’immagine non capovolta (come in un binocolo) e un’ingrandimento di circa 3x. La notizia dell’invenzione del telescopio si diffuse rapidamente in tutta Europa e scatenò la fantasia di astronomi e artigiani dell’epoca, che iniziarono a sperimentare nuovi design e a scoprire nuove proprietà ottiche delle lenti.

Descrizione delle macchie solari realizzata da Galileo tra il 1611 e il 1612
Descrizione delle macchie solari osservate con il telescopio rifrattore di Galileo tra il 1611 e il 1612

Thomas Harriot, astronomo e matematico inglese, fu il primo a disegnare la superficie osservabile della Luna sfruttando l’aiuto di un telescopio il 26 luglio 1609, circa 4 mesi prima delle osservazioni di Galileo Galilei.

Galileo perfeziona il telescopio

Galileo ricevette la notizia dell’invenzione di Lippershey nel giugno del 1609, quando si trovava a Venezia. Tentò subito di replicare il telescopio olandese, apportando sempre più miglioramenti allo strumento: il suo primo telescopio poteva ingrandire gli oggetti osservati fino a tre volte, ma nell’arco di poco tempò ne creò uno capace di ingrandire 8 volte, fino a creare il primo telescopio galileiano: era lungo circa un metro e disponeva di una lente-obiettivo del diametro di 37 millimetri, permettendo un ingrandimenti di 23x.

Con questo strumenti Galileo iniziò la serie di osservazioni astronomiche che lo resero celebre e immortale nella storia della scienza: tra ottobre e novembre del 1609 scoprì l’esistenza di alcuni satelliti di Giove (i satelliti galileiani Io, Europa, Ganimede e Callisto), osservò le valli lunari, le fasi di Venere e le macchie solari (quasi certamente il primo nella storia ad osservare il Sole indirettamente tramite una proiezione).

Lo strumento di Galileo fu il primo ad essere chiamato “telescopio”: il nome fu inventato nel 1611 da Giovanni Demisiani durante il banchetto in cui si celebrava l’ingresso di Galilei nell’ Accademia dei Lincei.

Grazie al suo telescopio, Huygens descrive Saturno e i suoi anelli nel Systema Saturnium del 1659
Grazie al suo telescopio, Huygens descrive Saturno e i suoi anelli nel Systema Saturnium del 1659

Keplero fu il primo ad accorgersi nel 1611 che il design di Galileo aveva limitazioni che un telescopio basato su due lenti biconvesse (invece che una concava e una convessa) non aveva. Era possibile combinare diverse lenti biconvesse per ottenere immagini ancora più ingrandite e un campo visivo più vasto.

La prima espressione complessa di questo design fu il telescopio costruito da Christiaan Huygens: lo strumento aveva come obiettivo una lente di 57 millimetri e come oculare un sistema di lenti piano-convesse capace di ottenere un ingrandimento di 50x. Grazie a questo telescopio, Huygens fu il primo ad osservare nel 1655 gli anelli di Saturno e la prima luna di questo pianeta, Titano.

Isaac Newton: inventore del telescopio riflettore
Il telescopio di Newton realizzato nel 1671
Il telescopio di Newton realizzato nel 1671 (The Royal Society, London)

Dopo Huygens ci si rese conto che un telescopio basato su lenti presenta una serie di problemi difficilmente superabili: accumulando lenti per aumentare l’ingrandimento o il campo visivo si generano aberrazioni cromatiche o di altra natura difficilmente risolvibili se non con la creazione di lenti sempre più grandi, costose e dalla lunghezza focale poco pratica: il telescopio kepleriano di Johannes Hevelius, lungo 46 metri e appoggiato sul tetto di tre case, si rivelò estremamente difficile da puntare e le lenti da cui era composto dovevano essere continuamente allineate durante l’uso.

Una soluzione al problema giunse dalle prime osservazioni delle proprietà degli specchi concavi. Nel 1652 l’astronomo gesuita Niccolò Zucchi provò a sostituire l’obiettivo di un telescopio con uno specchio concavo di bronzo, ma non fu soddisfatto della qualità dell’immagine e abbandonò l’idea.

Circa 10 anni dopo James Gregory progettò un telescopio che utilizzava uno specchio concavo e uno piano per concentrare l’immagine verso un punto d’uscita, un design comunemente utilizzato nei telescopi moderni; nessun artigiano di sua conoscenza era capace di realizzare specchi di qualità tale da poter essere impiegati come obiettivo ottici e il progetto di Gregory non si concretizzò mai.

Schema di funzionamento del telescopio riflettore newtoniano
Schema di funzionamento del telescopio riflettore newtoniano

Isaac Newton fu il primo ad avere sia le competenze matematico-ottiche sia l’abilità tecnica necessarie a realizzare il primo telescopio riflettore. Dopo essere giunto alla conclusione che le aberrazioni dei telescopi rifrattori non potevano essere eliminate completamente, iniziò a sperimentare con gli specchi concavi fino a costruire nel 1668 il primo telescopio riflettore della storia.

Lo specchio del telescopio di Newton, largo circa 5 centimetri, era stato costruito con una lega di stagno e rame (speculum) e lucidato fino a diventare riflettente e assumere una concavità sferica. La lega metallica dello specchio tendeva ad opacizzarsi col passare del tempo ed era necessario lucidare l’obiettivo almeno due volte l’anno per mantenere delle proprietà ottiche accettabili.

Il telescopio newtoniano, come tutti quelli prodotti nei successivi 40-50 anni, aveva il principale difetto di mostrare immagini poco nitide a causa di specchi poco riflettenti e della forma stessa dell’ obiettivo: la curvatura sferica non ottimizza la riflessione della luce verso un punto focale comune e crea aberrazioni delle immagini.

Illustrazioni sul funzionamento del telescopio riflettore realizzate da Isaac Newton
Illustrazioni sul funzionamento del telescopio riflettore realizzate da Isaac Newton (The Huntington Library, Art Collections, and Botanical Gardens)

Con questo strumento, Newton riuscì tuttavia ad osservare le lune galileiane di Giove e le fasi di Venere; spronato dal suo successo decise quindi di costruire un secondo telescopio riflettore in grado di un ingrandimento di 38x, presentandolo alla Royal Society of London nel dicembre del 1672.

Il telescopio newtoniano non riscosse immediatamente successo per via delle difficoltà nella produzione di specchi di buona qualità e della precisione richiesta per la costruzione del tubo ottico e della montatura.

Fu solo con il miglioramento nelle tecniche di produzione degli specchi e di lucidatura (e con il telescopio newtoniano di John Hadley del 1721) che ci si rese conto dei vantaggi del telescopio riflettore: anche se introduceva aberrazioni sferiche (superabili), eliminava quelle cromatiche ed era facilmente scalabile: costruire uno specchio di grandi dimensioni diventò progressivamente più semplice, pratico ed economico di una lente di pari diametro.

Who Invented the Telescope?
Timeline of telescope technology

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