atlatl – VitAntica https://www.vitantica.net Vita antica, preindustriale e primitiva Thu, 01 Feb 2024 15:10:35 +0000 it-IT hourly 1 Archeologia sperimentale: lancio con il propulsore https://www.vitantica.net/2018/10/04/archeologia-sperimentale-lancio-propulsore/ https://www.vitantica.net/2018/10/04/archeologia-sperimentale-lancio-propulsore/#respond Thu, 04 Oct 2018 02:00:48 +0000 https://www.vitantica.net/?p=2214 Inizialmente i propulsori erano semplice tavole rigide di legno, ma col passare del tempo vennero sperimentati materiali più flessibili e differenti lunghezze in base alla distanza raggiungibile e al grado di accuratezza desiderato. Propulsori più corti, infatti, obbligano a distanze di lancio più brevi ma impartiscono al dardo una traiettoria più rettilinea.

Lancio con il propulsore, arma da lancio in uso nel Paleolitico superiore, usata dai Magdaleniani. Invenzione che precede l’arco. Consiste di un supporto in legno (leva) con un gancio nell’estremita opposta all’impugnatura, solitamente in palco di renna o avorio di mammuth. Nel gancio veniva applicata una lunga asta (zagaglia) con punta di pietra o osso. La sua gittata può arrivare a 100 metri.

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Caccia preistorica al bradipo gigante raccontata dalle orme impresse su una distesa salata https://www.vitantica.net/2018/05/02/caccia-bradipo-gigante-orme/ https://www.vitantica.net/2018/05/02/caccia-bradipo-gigante-orme/#comments Wed, 02 May 2018 02:00:47 +0000 https://www.vitantica.net/?p=1667 Comprendere nel dettaglio le tecniche di caccia dei nostri antenati del Pleistocene è una questione complessa. Possiamo fare deduzioni plausibili analizzando i cacciatori-raccoglitori moderni (come per la caccia di persistenza), esaminando le antiche armi da caccia oppure usando la logica e il buon senso; ma non è affatto semplice realizzare un quadro completo di come i nostri antenati cacciassero la megafauna, animali di grossa taglia come gli uri o i bradipi giganti.

In qualche occasione, tuttavia, abbiamo la fortuna di avere a disposizione indizi capaci di narrarci chiaramente il racconto della caccia, come nel caso delle orme del White Sands National Monument, un complesso di dune sabbiose a base di cristalli di gesso che in tempi recenti è stato il luogo di nascita del programma spaziale statunitense ma, in un passato preistorico, fu teatro di numerose battute di caccia.

Caccia al bradipo gigante

Una recente ricerca pubblicata sulla rivista Science Advances ha analizzato una serie di tracce rimaste impresse nella distesa salata di White Sands chiamata Alkali Flat, tracce risalenti a circa 10.000 anni fa e che documenterebbero con straordinaria precisione l’inseguimento e la lotta contro un bradipo gigante, un avversario formidabile per uomini che impugnavano armi di legno, osso e pietra.

Tracce del bradipo gigante (Megatherium) e degli esseri umani che lo inseguivano
Tracce del bradipo gigante (Megatherium) e degli esseri umani che lo inseguivano

Alkali Flat era un lago in epoca glaciale, ma con il progressivo riscaldamento climatico iniziò a ridursi fino a diventare una distesa salata che, in occasione delle piogge periodiche, si trasformava in una distesa fangosa, uno strato ideale per conservare le tracce del passaggio di uomini e animali.

Sulla distesa salata di Alkali Flat sono rimaste impresse numerosissime impronte appartenenti alla megafauna del Pleistocene come mastodonti, mammut, cammelli, metalupi e bradipi giganti; le loro “tracce fantasma” sono per lo più visibili solo in determinate condizioni atmosferiche (strato salato non troppo spesso e poco umido) e in alcuni casi sono state scavate ed esaminate nel dettaglio, rivelando informazioni incredibili.

Le tracce più interessanti sembrano essere quelle lasciate da un bradipo gigante: all’interno o intorno alle sue orme sono state trovate quelle di esseri umani, suggerendo che un gruppo di uomini preistorici si fosse messo all’inseguimento dell’animale fino a raggiungerlo, circondarlo e abbatterlo.

Tracce del bradipo gigante (Megatherium) e degli esseri umani che lo inseguivano

Alcune delle tracce umane si trovano all’interno di quelle del bradipo, altre invece sono posizionate attorno ad orme che sembrano indicare che l’animale avesse assunto una posizione difensiva, sollevandosi sulle due zampe posteriori per poter agitare quelle anteriori nel tentativo di colpire gli aggressori.

Agitando le potenti zampe anteriori artigliate, il bradipo gigante tendeva a perdere l’equilibrio finendo per appoggiarsi al terreno su 4 zampe prima di assumere nuovamente la posizione difensiva eretta.

Il bradipo gigante era un avversario temibile

Il Megatherium, comunemente chiamato bradipo gigante, fu uno dei più grandi mammiferi terrestri mai esistiti. Poteva misurare fino a 6 metri da unestremità all’altra ed era grande quanto un elefante moderno. Grazie alla sua coda, di fatto una “terza gamba”, poteva assumere una stazione eretta per raggiungere le fronde degli alberi inaccessibili alla maggior parte degli erbivori del suo tempo.

Affrontare in campo aperto un bradipo gigante non è affatto semplice: questo animale poteva superare i 4 metri in posizione eretta e raggiungere le 5 tonnellate di peso. Era inoltre dotato di artigli anteriori lunghi circa 30 centimetri e capaci di difenderlo efficacemente dalla maggior parte dei grandi predatori.

Tutte le armi da lancio disponibili all’epoca non erano in grado di ferire seriamente un bradipo gigante da una distanza di oltre 10 metri, anche perché l’animale disponeva di pelle spessa e resistente in grado di fermare l’impatto di un pesante proiettile di atlatl.

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Per cacciare un bradipo gigante, quindi, era necessario posizionarsi a distanza molto ravvicinata e giocare con la morte ad ogni affondo di lancia. Considerata la lentezza nei movimenti dell’animale e la disposizione delle orme sulla scena dello scontro, il bradipo di Alkali Flat fu probabilmente abbattuto cercando di attirare la sua attenzione verso un “uomo-esca” per consentire agli altri cacciatori di colpire il gigante alle spalle o alle zampe posteriori, indebolendolo fino a farlo crollare.

Le orme animali e umane di Alkali Flat sembrano confermare che i cacciatori-raccoglitori nordamericani conoscessero bene la megafauna che cacciavano e che stessero progressivamente raggiungendo l’apice della catena alimentare.

Il bradipo gigante era solo una delle prede di grandi dimensioni che venivano cacciate e uccise dai nostri antenati, prede di dimensioni tali da poter sfamare per mesi una piccola comunità e rifornirla di preziosissime materie prime come pelliccia, tendini e ossa.

How to hunt a giant sloth—according to ancient human footprints

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Ricostruite punte di frecce e propulsori del Pleistocene https://www.vitantica.net/2018/02/07/ricostruite-punte-frecce-propulsori-pleistocene/ https://www.vitantica.net/2018/02/07/ricostruite-punte-frecce-propulsori-pleistocene/#respond Wed, 07 Feb 2018 02:00:09 +0000 https://www.vitantica.net/?p=1341 Il lavoro dell’archeologo è costituito in buona parte dall’interpretazione logica e sensata dei reperti in nostro possesso: ossa, utensili e opere artistiche possono fornire numerosissime informazioni sulle società del passato e aprire una finestra sullo stile di vita dei nostri antenati.

Spesso tuttavia mancano informazioni su come venissero realizzati alcuni oggetti e sulla loro reale efficacia nello svolgere il compito per il quale furono prodotti. Un esempio sono le armi preistoriche: quali sono state le tecniche più comuni per realizzare punte e lame di pietra? Quanto erano efficaci gli utensili litici prodotti per svariate migliaia di anni dai nostri predecessori?

Per ottenere qualche risposta a questi quesiti gli archeologi della University of Washington, capitanati dalla ricercatrice Janice Wood, hanno recentemente pubblicato un articolo su Journal of Archaeological Science in cui descrivono come sono stati in grado di ricreare e testare alcune punte di pietra del tutto simili a quelle rinvenute in siti archeologici nordamericani risalenti all’ Età della Pietra.

Non è la prima ricerca di questo tipo ad essere condotta negli ultimi anni: l’archeologia sperimentale, se fatta con criterio, si sta rivelando uno strumento utilissimo per formulare ipotesi e teorie sulla tecnologia impiegata dai nostri antenati preistorici, come nel caso dei test effettuati sulla ricostruzione della clava del Tamigi.

Il team ha deciso di concentrarsi sulle armi da caccia prodotte circa 10-14.000 anni fa, un periodo che vide la nascita di svariati modelli di punte di proiettili, probabilmente per far fronte a tecniche di caccia diverse in base alla preda.
“I cacciatori-raccoglitori di 12.000 anni fa erano molto più sofisticati di quanto gli riconosciamo” sostiene Ben Fitzhugh, professore di antropologia della University of Washington. “Non abbiamo mai considerato che i cacciatori-raccoglitori del Pleistocene possedessero quel livello di sofisticazione, ma è chiaro che producessero questi strumenti per ciò che dovevano affrontare quotidianamente, come per le attività di caccia. Avevano una vasta comprensione dei diversi strumenti che producevano e dello strumento migliore per una determinata preda o determinate condizioni di caccia”.

Punte di freccia create da Wood e dai suoi colleghi
Punte di freccia create da Wood e dai suoi colleghi

I gruppi nomadi che vivevano in Alaska e in Siberia si nutrivano principalmente di piante spontanee e di animali ottenuti dalla caccia, come caribù e renne (che appartengono in realtà alla stessa specie, Rangifer tarandus). Le armi più comuni per la caccia di questi animali erano quasi certamente le lance e i propulsori, ma si tratta di strumenti che hanno la spiacevole tendenza di conservarsi solo parzialmente con il passare del tempo: tutte le parti costituite da materia organica, come il legno o il tendine usato per fissare le lame, vengono facilmente decomposte, mentre le punte in pietra e osso si conservano molto più facilmente anche dopo svariati millenni.

E’ quindi difficile capire la balistica di questi oggetti, ancor di più la loro reale efficacia nella caccia di grossi quadrupedi. Fino ad ora sono stati rinvenuti tre tipologie di punte utilizzate in Alaska e Siberia:

Wood e il suo team hanno deciso di ricreare 30 di queste punte, 10 per ogni tipo, cercando di utilizzare quando possibile gli stessi materiali impiegati nel Pleistocene e usando come aste legno di pioppo assicurato alle punte con colla di catrame di betulla. Questi oggetti sono quindi stati messi alla prova con un blocco di gelatina balistica e una carcassa fresca di renna acquistata in una fattoria.

Le punte composite si sono rivelate le più efficaci rispetto a quelle di sola pietra o osso contro prede di piccola taglia, causando ferite incapacitanti indipendentemente dal punto d’impatto. Le punte d’osso tendevano a penetrare più profondamente nei corpi di animali di grossa taglia generando cavità sottili e riuscendo a raggiungere gli organi interni; quelle di pietra invece causavano ferite di maggiori dimensioni e probabilmente portavano ad uccisioni più veloci a causa della vasta lacerazione dei tessuti.

“Abbiamo mostrato che ogni lama ha i suoi punti di forza” spiega Wood. “E’ tutto legato alla preda stessa; gli animali reagiscono in modo diverso in base alle ferite che subiscono. Per questi cacciatori nomadi era importante uccidere l’animale con efficienza, cacciavano per ottenere cibo”.

Reconstructing an ancient lethal weapon

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Il propulsore (atlatl o woomera) https://www.vitantica.net/2017/09/16/il-propulsore-atlatl-o-woomera/ https://www.vitantica.net/2017/09/16/il-propulsore-atlatl-o-woomera/#respond Sat, 16 Sep 2017 07:00:13 +0000 https://www.vitantica.net/?p=248 Il propulsore, anche chiamato atlatl (per gli Aztechi) o woomera (per gli aborigeni australiani), è una delle prime armi da lancio utilizzate dai nostri antenati. Si tratta di uno strumento che consente di imprimere forza e velocità ad un dardo aumentando l’ efficienza meccanica del braccio umano.

Un dardo può raggiungere agevolmente il centinaio di metri di distanza dal lanciatore, anche se la precisione di un propulsore decresce gradualmente una volta che si superano i 30 metri dal bersaglio.

Si ritiene che il propulsore sia stato utilizzato in qualunque continente fin dal Tardo Paleolitico (circa 30.000 anni fa) come arma da caccia e da guerra. Gli atlatl di questo periodo e quelli successivi erano in legno (come molti propulsori ad eccezione di quelli a laccio) e talvolta anche finemente decorati con figure animali.

Il vasto impiego dell’ atlatl da parte delle popolazioni primitive o semi-primitive del passato è testimoniato dall’incredibile quantità di reperti riconducibili a quest’arma: la maggior parte delle punte di pietra trovate nei siti paleolitici nordamericani databili ad oltre 3.000 anni fa sono da attribuirsi a dardi di atlatl e non a frecce per arco.

Struttura di un propulsore

Un atlatl è composto da un’asta lunga più o meno quanto un braccio ed è munito di un uncino ad un’estremità per poter incoccare il dardo e imprimergli forza durante il lancio. Si tratta sostanzialmente di un’estensione del braccio umano che aumenta la lunghezza della leva, di conseguenza aumentando la potenza del lancio.

atlatl tecnica di lancio

Inizialmente i propulsori erano semplice tavole rigide di legno, ma col passare del tempo vennero sperimentati materiali più flessibili e di differente lunghezza in base alla distanza raggiungibile e al grado di accuratezza desiderato. Propulsori più corti, infatti, obbligano a distanze di lancio più brevi ma impartiscono al dardo una traiettoria più rettilinea.

Il woomera australiano, lungo tra i 50 e i 90 centimetri, è una versione rigida dell’ atlatl pensata per molteplici utilizzi: la caratteristica forma ovale allungata rende il woomera uno strumento adatto anche a scavare il terreno in cerca di radici e tuberi o ad essere utilizzato come contenitore di fortuna per larve o bacche.

I woomera più sofisticati includono una punta di selce all’estremità opposta del perno di lancio, rendendo questo tipo di propulsore una sorta di antenato del coltellino multiuso.

Woomera australiano di 63 cm con decorazione geometrica e punta di selce
Woomera australiano di 63 cm con decorazione geometrica e punta di selce all’estremità a sinistra

Una delle innovazioni più importanti nell’evoluzione dei propulsori è l’uso di contrappesi sotto forma di piccole pietre legate o incastrate nella sezione centrale dell’arma. Queste pietre, del  peso solitamente compreso tra i 60 e gli 80 grammi, servono sia ad esercitare più resistenza all’accelerazione, aumentando la forza impressa al dardo, sia a stabilizzare il movimento del lancio, fornendo maggiore accuratezza.

Atlatl con peso centrale e anelli per dito indice e medio
Atlatl con contrappeso centrale e anelli per dito indice e medio
Replica di atlatl
Replica di atlatl con contrappeso realizzata da Devin Pettigrew
Il proiettile di propulsore

Il dardo di un atlatl è generalmente lungo tra 1 e 3 metri, con un diametro di 9-15 millimetri, ed è dotato di un incavo all’estremità opposta della punta per poterlo incastrare nell’uncino del propulsore.

A volte può essere dotato di penne per mantenere la stabilità in volo, altre volte è semplicemente una grossa freccia munita di una punta in pietra o osso. Questi proiettili erano capaci di infliggere ferite letali anche alla megafauna del Pleistocene, periodo in cui ancora esistevano almeno un centinaio di specie di mammiferi e grandi uccelli oltre i 40 kg ormai estinte da circa 15.000 anni.

Buona parte della tecnologia del propulsore risiede nel dardo: questo deve essere sufficientemente flessibile per poter accumulare energia durante il lancio, quando il giavellotto viene sottoposto a compressione e la coda della freccia viaggia più velocemente della punta. Non deve tuttavia essere eccessivamente elastico per non disperdere l’energia accumulata durante il lancio e causare problemi di accuratezza.

Prestazioni e variazioni del propulsore

Un atlatl costruito ad arte ottiene prestazioni di tutto rispetto: può uccidere un cervo fino a 30-40 metri di distanza e il proiettile può raggiungere la velocità di 150 km/h.

La rigidità del dardo influisce enormemente sulla distanza di lancio: dardi flessibili (ma non eccessivamente) possono abbondantemente superare i 40 metri di distanza e raggiungere anche i 200.

La flessibilità del propulsore, invece, sembra influire solo in piccola parte sulla gittata (circa il 10%). Anche le proporzioni tra l’atlatl e il dardo sono importanti: per massimizzare la portata dell’arma, il propulsore dovrebbe essere lungo circa 1/3 rispetto al giavellotto.

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Una forma di propulsore introdotta nell’antica Grecia è l’ amentum, una striscia di pelle utilizzata come propulsore per incrementare la distanza e la stabilità del lancio. Secondo alcuni esperimenti condotti in età napoleonica, un giavellotto lanciato utilizzando l’ amentum sarebbe capace di superare di ben 4 volte la gittata di un dardo lanciato a mano.

amentum

L’ amentum veniva legato in corrispondenza del baricentro del dardo per dare maggiore stabilità e accuratezza al lancio e poteva essere utilizzato sia a piedi che a cavallo. Il laccio forniva al dardo anche una rotazione che consentiva di stabilizzarlo in volo come un proiettile.

La variante macedone dell’ amentum era il kestros, una sorta di fionda a laccio utilizzata per scagliare dardi dalla punta di metallo lunghi in totale circa mezzo metro e dotati di penne per garantire stabilità in volo.

The World Atlatl Association

 

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