spezie – VitAntica https://www.vitantica.net Vita antica, preindustriale e primitiva Thu, 01 Feb 2024 15:10:35 +0000 it-IT hourly 1 Perché la noce moscata era così costosa in passato? https://www.vitantica.net/2019/06/10/noce-moscata-spezia-pregiata/ https://www.vitantica.net/2019/06/10/noce-moscata-spezia-pregiata/#respond Mon, 10 Jun 2019 00:10:35 +0000 https://www.vitantica.net/?p=4249 La noce moscata fu a lungo considerata una delle spezie più pregiate del pianeta. La sua fragranza era estremamente ricercata e i prezzi d’acquisto furono per molto tempo fuori dalla portata dell’uomo comune; cosa portò questo seme ad essere così prezioso per le culture occidentali?

Noce moscata e macis

La noce moscata è il seme prodotto da un albero (Myristica fragrans) originario dell’Indonesia, in particolare delle isole Molucche. Non si tratta di un albero semplice da coltivare: il primo raccolto si ottiene solo dopo 7-9 anni dall’impianto, mentre la piena produzione si raggiunge dopo i 20 anni d’età.

Il frutto di quest’albero contiene un seme racchiuso in un endocarpo, una sorta di membrana che separa il seme dalla polpa esterna del frutto. Dal frutto del Myristica fragrans si ottiene la vera e propria noce moscata (il seme) e una spezia chiamata macis, costituita dall’endocarpo seccato.

La noce moscata acquisisce una fragranza particolare quando il seme essiccato viene tritato fino a ridurlo in polvere. Per essiccarlo, tradizionalmente si lasciava esposto alla luce solare per 6-8 settimane, periodo durante il quale la noce riduce la sua massa fino a “ballare” all’interno del guscio.

A questo punto il guscio viene frantumato per estrarre la noce, che avrà assunto una colorazione grigio-marrone, le dimensioni di 2-3 centimetri di lunghezza e un peso compreso tra i 5 e i 10 grammi.

Frutto di noce moscata.
Frutto di noce moscata.

Il macis, invece, si ottiene dall’endocarpo rosso che ricopre il guscio del seme di Myristica fragrans. Il suo sapore è più delicato, anche se molto simile a quello della noce moscata.

Per essiccare il macis, lo si esponeva al sole per 10-14 giorni: il suo colore cambiava gradualmente fino ad assumere tinte giallo-arancio pallide.

Uso della noce moscata e del macis

Per comprendere le ragioni che portarono la noce moscata e il macis ad essere spezie molto ricercate in Europa occorre considerare i molteplici utilizzi a cui erano destinate.

Anche se la noce moscata aveva prezzi proibitivi per la maggior parte delle persone comuni, entrò a far parte della tradizione culinaria dei più ricchi non appena fu introdotta nel Vecchio Continente.

La noce moscata non era solo un condimento pregiato, ma anche un ingrediente della farmacopea europea. La polvere di noce moscata o il suo olio essenziale venivano impiegati come anti-infiammatori e per il trattamento dei reumatismi; durante le epidemie di peste, inoltre, si riteneva che la noce moscata contribuisse a prevenire l’infezione.

La noce moscata fu utilizzata anche come sostanza psicoattiva per via del suo contenuto di miristicina. A piccole dosi, la spezia non produce alcun effetto psicotropo, ma in dosi più elevate può indurre delirio, allucinazioni, confusione, nausea, amnesia, convulsioni e palpitazioni. Gli effetti di questa intossicazione possono durante anche giorni interi e raggiungono il culmine diverse ore dopo l’assunzione.

Perchè la noce moscata era così costosa in passato?

Fino alla metà del XIX secolo, l’unica fonte di noce moscata al mondo furono le isole Banda, note anche come “Isole delle Spezie”. Queste isole, un gruppo di 11 affioramenti vulcanici nella regione orientale dell’Indonesia, furono per secoli le uniche località del pianeta in cui cresceva il Myristica fragrans.

Isole Banda
Isole Banda. Wikipedia

La difficoltà nel raggiungere le isole di Banda e il lunghissimo viaggio di ritorno fino all’Europa resero la noce moscata una delle spezie più costose in circolazione durante l’epoca medievale. La credenza che questa spezia contribuisse a proteggere dalla peste non fece altro che farne aumentare ulteriormente il prezzo durante i periodi di pestilenza.

Fino al 1200 il costo di mezzo chilogrammo di macis raggiungeva facilmente quello di un bue o una vacca. Un prezzario tedesco del 1393 indica che la stessa quantità di noce moscata costasse quanto 7 buoi grassi.

Una volta giunta a Venezia attraverso i bastimenti arabi, la noce moscata importata nel XV era rivenduta al resto d’Europa aumentando il prezzo d’acquisto di 4 volte.

La lotta per il monopolio della noce moscata

Per via del suo costo elevatissimo, il commercio della noce moscata veniva protetto ad ogni costo. I mercanti arabi che rifornivano Venezia della preziosa spezia  tennero segreta per secoli l’esatta posizione delle isole Banda per mantenere il monopolio della noce moscata.

Fu solo nel 1511, quando Afonso de Albuquerque conquistò Malacca, il centro asiatico del commercio di noce moscata, che gli Europei appresero dell’esistenza delle isole Banda. Il Portogallo inviò immediatamente una spedizione di tre navi verso le isole allo scopo di impadronirsi dell’unica fonte conosciuta di noce moscata e macis.

Afonso de Albuquerque
Afonso de Albuquerque. ResearchGate

Per molto tempo tuttavia nessun europeo riuscì a stabilire il monopolio del commercio di noce moscata. A partire 1621 la Compagnia Olandese delle Indie Orientali sterminò quasi totalmente la popolazione bandanese (non particolarmente collaborativa nell’assecondare gli affari olandesi), riducendo la popolazione delle isole a meno di 1.000 individui e costruendo fortini per proteggere i futuri bastimenti di spezia da e verso l’Europa.

Gli Inglesi, dal canto loro, cercarono di occupare pacificamente l’isola di Run promettendo protezione dalla violenza olandese in cambio di concessioni di sfruttamento della noce moscata. Le isole di Banda rimasero territorio conteso fino al 1667, quando con il Trattato di Breda gli Inglesi rinunciarono all’isola di Run in cambio di Manhattan, dall’altro capo del pianeta.

La produzione di noce moscata finì interamente nelle mani degli Olandesi, che iniziarono a spedire la spezia in grandi quantità verso l’Europa. Questo causò un calo di prezzi sconveniente per la Compagnia: non furono rari i casi di carichi di spezie gettati in mare per tentare di mantenere elevato il costo della noce moscata.

Nei primi anni del XIX secolo, gli Inglesi riuscirono ad ottenere temporaneamente il controllo delle isole Banda, contrabbandando semi del Myristica fragrans e terreno locale per trapiantarli in Sri Lanka, Penang e Singapore. Dopo i primi esperimenti di successo nella coltivazione dell’albero, la pianta sbarcò a Zanzibar e Grenada.

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Consider nutmeg

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Olio essenziale di nardo, unguento pregiato del mondo antico https://www.vitantica.net/2019/04/19/olio-essenziale-nardo-mondo-antico/ https://www.vitantica.net/2019/04/19/olio-essenziale-nardo-mondo-antico/#comments Fri, 19 Apr 2019 00:06:06 +0000 https://www.vitantica.net/?p=3910 L’ olio essenziale di nardo è un unguento balsamico noto fin dall’antichità e impiegato come fragranza e unguento di lusso nella cultura egizia, indiana ed europea. La sua provenienza himalaiana e le difficoltà incontrate nella produzione e nel trasporto di questo olio essenziale lo resero una delle spezie più costose e ricercate del mondo antico.

Il nardo

L’olio essenziale di nardo viene prodotto dal nardo (Nardostachys grandiflora o Nardostachys jatamansi), una pianta della famiglia delle Valerianaceae che cresce sull’ Himalaia tra Cina, India e Nepal.

Il nardo è una pianta che può crescere fino ad 1 metro di altezza e durante la fioritura produce fiori di colore rosa a forma i campana. Il suo habitat ideale si trova tra Nepal e Bhutan, ad altezze comprese tra i 3.000 e i 5.000 metri.

Il rizoma del nardo può essere schiacciato e distillato per ottenere un olio aromatico denso, di colore ambrato, usato da millenni come profumo, incenso e medicinale.

Oggi la Nardostachys grandiflora viene considerata una specie a rischio a causa della raccolta eccessiva, del cambiamento climatico e delle modifiche al suo ecosistema nativo praticate dall’essere umano.

Sono stati fatti tentativi di coltivare il nardo fuori dall’ Himalaia, ma le colture sotto i 1.800 metri hanno mostrato un tasso di mortalità troppo elevato da risultare economicamente attuabili; solo trapiantando il nardo oltre i 2.200 metri è possibile far sopravvivere la maggior parte delle piante, e il massimo della resa si ottiene oltre i 3.500 metri.

Uso storico dell’olio di nardo

Il nardo e il suo olio essenziale sono noti fin da tempi antichissimi e fanno la loro prima apparizione nella medicina ayurvedica indiana (con il nome di Sumbul-al–Teeb) come sedativi e rilassanti.

In Egitto l’olio di nardo era un unguento di lusso impiegato anche nei rituali di mummificazione più elaborati e veniva conservato in vasi di alabastro per evitare che perdesse la sua fragranza.

Fiori di nardo
Fiori di nardo

L’olio di nardo era una delle 11 spezie utilizzate per la produzione dell’incenso destinato al Primo e al Secondo Tempio di Gerusalemme. Viene menzionato numerose volte nel Talmud e nel Tanakh come un elemento fondamentale per l’incenso impiegato in diverse cerimonie religiose.

L’olio essenziale di Nardo viene citato anche nel Libro 18 dell’Iliade: Achille massaggia e profuma il corpo di Patroclo utilizzando questo prezioso unguento. In Grecia veniva chiamata “nardo” anche la lavanda selvatica (Lavandula stoechas) perchè importata dalla città di Naarda, nell’attuale Iraq.

Plinio, nella sua Naturalis Historia, cita 12 specie di piante chiamate “nardo”: una di queste è sicuramente il nardo vero e proprio (Nardostachys grandiflora o jatamansi); altre due specie sembrano essere la lavanda selvatica (Lavandula stoechas) e la Valeriana tuberosa, mentre per le restanti non c’è ancora un’identificazione botanicamente precisa.

L’olio di nardo trovò impiego anche in cucina: sebbene usato in piccole dosi, è un ingrediente che compare frequentemente nelle ricette del De re coquinaria. Nell’Europa medievale veniva impiegato come condimento pregiato per il cibo o il vino, e a partire dal XVII secolo fu anche utilizzato come ingrediente per una birra inglese chiamata stingo.

Secondo il medico persiano Sabur ibn Sahl, l’olio di nardo era in grado di curare, oltre ai dolori articolari, anche l’emicrania. Per produrre questo unguento, Sabur ibn Sahl descrive una ricetta molto costosa per l’epoca, un procedimento che richiedeva forti investimenti economici e la raccolta di oltre 20 ingredienti di origine vegetale.

Tra il XV e il XVI l’olio di nardo appare in diversi “leechbook” (leggi questo post sul libro di ricette mediche chiamato Bard’s Leechbook) come ingrediente per unguenti in grado di curare il mal di testa o utilizzati come blandi sedativi.

Quanto costava l’olio di nardo?

Sappiamo dalla Bibbia che in epoca romana l’olio essenziale di nardo era estremamente prezioso. Giovanni 12:5, riferendosi all’olio di nardo, cita un costo di “trecento denari” per una libbra d’olio; una cifra imponente se si considera che un denario equivaleva a circa 12 ore di lavoro di un bracciante o alla paga giornaliera di un legionario romano del I secolo d.C..

Un chilogrammo di olio essenziale di nardo, quindi, poteva raggiungere costi di svariate migliaia di euro, più del prezzo dell’acquisto di uno schiavo e ben oltre lo stipendio annuale di molti professionisti d’epoca romana.

Le proprietà dell’olio di nardo
Rizomi del nardo
Rizomi essiccati di nardo

L’olio essenziale di nardo contiene principalmente acetato di bornile, valeranone e ionone. L’acetato di bornile è presente nell’olio essenziale estratto dal pino; il valeranone è comune in piante come salvia e valeriana (quest’ultima appartiene alla stessa famiglia del nardo); lo ionone invece è presente in numerose piante officinali come l’origano.

Nella medicina ayurvedica l’olio di nardo veniva consigliato come antistress, anticonvulsivo, antiepilettico e come farmaco in grado di migliorare le capacità cognitive. All’unguento venivano attribuite anche proprietà antimicrobiche, antiossidanti e cardiotoniche.

In tempi moderni, l’olio essenziale di nardo si è dimostrato capace di far regredire amnesie indotte chimicamente su cavie di laboratorio e di rallentare la perdita di memoria dovuta all’invecchiamento naturale dei soggetti della sperimentazione.

Following Valerian: New Name, Old Idea
Nardostachys jatamansi improves learning and memory in mice.
Medicinal Properties of Nardostachys jatamansi

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Lo zafferano nell’antichità https://www.vitantica.net/2018/08/03/zafferano-antichita/ https://www.vitantica.net/2018/08/03/zafferano-antichita/#respond Fri, 03 Aug 2018 02:00:24 +0000 https://www.vitantica.net/?p=2029 Tra le centinaia di spezie provenienti da tutto il mondo conosciuto, lo zafferano fu per secoli considerato particolarmente pregiato per via delle sue innumerevoli proprietà. In questo post ripercorrerò alcune tappe della storia dello zafferano e le ragioni che lo portarono a diventare una delle spezie più pregiate della storia.

Origine dello zafferano

L’origine dello zafferano è incerta: la pianta Crocus sativus non cresce spontaneamente in natura ed è probabilmente una discendente dello zafferano selvatico (Crocus cartwrightianus), dal fiore molto simile e originario di Creta e dell’entroterra greco.

Il Crocus sativus è probabilmente frutto di decadi o secoli di selezione artificiale da parte degli antichi coltivatori di zafferano, una selezione attuata per produrre filamenti (stigmi) più lunghi.

La pianta dello zafferano è sterile e dipende interamente dall’uomo per continuare ad esistere in una forma commercialmente sfruttabile. Non producendo semi ma bulbi secondari “agganciati” ad un bulbo principale, è necessario staccare delicatamente i bulbi secondari e ripiantarli in sostituzione di quelli della stagione precedente (un bulbo sopravvive una sola stagione).

Lo zafferano viene prodotto estraendo manualmente lo stigma del fiore, la parte del pistillo (o gineceo) che riceve il polline durante l’atto riproduttivo. Dal bulbo principale nascono generalmente 20 gemme, ma solo 3 di esse saranno in grado di generare foglie e fiori, mentre la maggior parte produrrà bulbi secondari.

La raccolta dello zafferano è un processo lungo e faticoso che comporta l'estrazione manuale di ogni stigma
La raccolta dello zafferano è un processo lungo e faticoso che comporta l’estrazione manuale di ogni stigma

La pianta dello zafferano entra in stasi vegetativa tra giugno e settembre per poi generare i primi fiori verso la fine di ottobre; il periodo di fioritura è estremamente breve e gli stigmi dei fiori perdono di freschezza ad ogni ora trascorsa. Durante l’inverno la pianta rallenta i suoi ritmi biologici per riprendere la piena attività alla fine di marzo.

Lo zafferano predilige ambienti soleggiati a piovosità media, in cui l’acqua piovana non tende a ristagnare, come terreni scoscesi o molto permeabili. La pianta è in grado di sopravvivere anche a temperature inferiori ai -10°C, tollerando brevi periodi di neve o gelo intenso.

L’attività di estrazione dello stigma dai fiori è lunga e faticosa. Per comprendere le cause all’origine dell’altissimo prezzo dello zafferano nell’antichità bisogna considerare cinque fattori che lo rendono una coltura non proprio semplice da mantenere:

  • Ogni bulbo deve essere estratto dal terreno al termine del suo ciclo vitale, separato dai bulbi secondari e buttato;
  • I bulbi secondari devono essere piantati uno per uno per avere una nuova stagione di zafferano;
  • Ogni bulbo produce massimo 3 fiori, e ogni fiore contiene 3 stigmi;
  • Ogni fiore fornisce una media di 30 milligrammi di stigmi freschi, che diventano 7 mg una volta disseccati. Per ottenere un singolo grammo di zafferano pronto all’uso (secco) occorre quindi estrarre manualmente gli stigmi da almeno 150 fiori, per un chilogrammo di zafferano si parla di circa 150.000 fiori;
  • Sono necessarie fino a 40 ore ininterrotte di lavoro per estrarre gli stigmi da 150.000 fiori di zafferano: la fioritura dura massimo due settimane e i lavoratori sono all’opera giorno e notte per evitare di perdere parte del raccolto.

In tempi moderni, l’Iran è il principale produttore mondiale di zafferano (il 93,7% della massa), mentre sul pianeta vengono commerciati ogni anno circa 300 tonnellate di questa spezia. Ancora oggi non esiste un sistema meccanizzato per la raccolta dello zafferano e il lavoro di estrazione degli stigmi deve essere interamente fatto a mano.

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L’uso dello zafferano

Lo zafferano era in passato un ingrediente comune in molte bevande, profumi, unguenti, pillole e ricette culinarie di lusso. Per le antiche popolazioni del Mediterraneo lo zafferano, specialmente quello prodotto nella città di Soli in Cilicia, era il componente adatto per la creazione di medicamenti e di profumi.

Secondo Erodoto e Plinio il Vecchio lo zafferano era un ingrediente necessario per la cura di disturbi gastrointestinali e renali, mentre Cleopatra ne apprezzava le proprietà coloranti e ne utilizzava sempre un quarto di coppa al giorno infuso nei suoi bagni caldi.

Vitamine e minerali contenuti nello zafferano
Vitamine e minerali contenuti nello zafferano

Alcuni popoli consideravano lo zafferano un potente afrodisiaco e un farmaco in grado di rendere il sesso più piacevole. In Grecia e a Roma era una spezia apprezzata per il suo profumo e veniva diffusa negli spazi pubblici come deodorante, utilizzata come cosmetico e mescolata al vino per donare alla bevanda un gusto particolare.

In Grecia esistevano due importanti tintorie a Sidone e a Tiro che impiegavano bagni di zafferano per fissare il colore nei tessuti: il procedimento di colorazione con la porpora, ad esempio, prevedeva tre immersioni in un bagno ricco di pigmento, ma per le tuniche non destinate alla nobiltà il secondo e il terzo bagno erano sostituiti da infusioni di zafferano.

Perché impiegare una spezia così preziosa per colorare abiti comuni? Ai tempi lo zafferano era decisamente più economico della porpora e gli stigmi essiccati hanno straordinarie proprietà coloranti che creano un colore giallo acceso anche in minuscole quantità.

Lo zafferano e gli antichi

Lo zafferano si ricavò la sua nicchia tra le spezie pregiate a partire dall’età del Bronzo ma in epoca greco-romana, tra l’XIII secolo a.C. e il III secolo d.c., assunse un ruolo di particolare importanza.

Nella Creta minoica, le testimonianze dell’estrazione degli stigmi dai fiori sono antiche di almeno 3.700 anni e sull’isola esisteva il culto di una divinità dedita alla supervisione della raccolta dello zafferano.

La dea cretese preposta alla supervisione della raccolta di zafferano
La dea cretese preposta alla supervisione della raccolta di zafferano

I Sumeri non coltivavano lo zafferano ma lo prelevavano dai fiori selvatici per creare rimedi e pozioni magiche. Questo testimonierebbe che lo zafferano sia diventato un articolo molto ricercato in tutto il mondo ben prima che i Cretesi lo elevassero ad un rango semi-divino.

In Persia la coltivazione dello zafferano risale a circa 3 millenni fa. Lo zafferano era comune come colorante, profumo, medicina e offerta rituale alle divinità; i Persiani amavano particolarmente il tè allo zafferano, considerato una cura per la depressione.

In epoca greco-romana lo zafferano veniva trafficato lungo il Mediterraneo dagli esperti navigatori fenici, che lo trasportavano dall’Egitto all’altro capo del mare. Ma dopo il declino dell’ Impero Romano la coltivazione dello zafferano europea si azzerò quasi totalmente mentre in Nord Africa e nella penisola iberica subì una rinascita: a partire dal 732 d.C. l’Andalusia, la Castiglia e la regione attorno Valencia erano ricoperte da fiori di zafferano piantate dai Mori.

Fu all’arrivo della “Peste nera” che la domanda europea di zafferano crebbe a dismisura: molti degli agricoltori europei con il know-how adatto a sostenere la coltivazione di questa pianta morirono a causa della malattia proprio nel periodo in cui si riteneva che lo zafferano fosse una delle poche spezie in grado di contrastare l’avanzata della peste.

Manoscritto del 1474 che mostra le vittime della peste medicate con unguenti a base di zafferano
Manoscritto del 1474 che mostra le vittime della peste medicate con unguenti a base di zafferano

Lo zafferano mediorientale non raggiungeva l’Europa per via del blocco commerciale arabo causato dagli scontri in Terra Santa e la situazione creò non poche tensioni in Europa: la “Guerra dello Zafferano”, durata ben 14 settimane, iniziò per la contesa di un carico di 363 kg di zafferano (del valore di circa 500.000 dollari moderni) tra i mercanti che lo trasportavano e i nobili che lo avevano sottratto.

Lo zafferano raggiunse prezzi così elevati che i pirati del Mediterraneo ignoravano carichi d’oro per puntare a bastimenti di zafferano veneziani o genovesi, ben più proficui se rivenduti al mercato nero europeo.

Il centro del traffico europeo di zafferano, Norimberga, fu costretto ad emanare leggi per regolare l’adulterazione e il traffico illegale dello zafferano, leggi che prevedevano l’incarcerazione o addirittura l’esecuzione in caso di reati particolarmente gravi legati al commercio illecito della spezia.

Nel corso del XVI e XVII secolo ci fu una breve rinascita della coltivazione di zafferano in Europa. Verso la fine del 1600 la Francia produceva qualche tonnellata di spezia all’anno, ma il declino della richiesta di zafferano era ormai in moto: l’arrivo di spezie più economiche o del tutto sconosciute da Oriente e dalle Americhe si combinò ad un’epidemia di un fungo parassita che decimò i raccolti francesi. Cioccolato, caffè e vaniglia erano ormai diventate le spezie più alla moda, occupando velocemente il ruolo commerciale prima ricoperto dallo zafferano.

History of saffron

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