roma – VitAntica https://www.vitantica.net Vita antica, preindustriale e primitiva Thu, 01 Feb 2024 15:10:35 +0000 it-IT hourly 1 Inquinamento da piombo degli antichi Romani https://www.vitantica.net/2019/05/13/inquinamento-piombo-antichi-romani/ https://www.vitantica.net/2019/05/13/inquinamento-piombo-antichi-romani/#comments Mon, 13 May 2019 00:10:59 +0000 https://www.vitantica.net/?p=4213 Circa un mese fa ho pubblicato un post sulla deforestazione del verde europeo compiuta in epoche remote. Non ho tralasciato di sottolineare come questo cambiamento negli ecosistemi europei sia stato causato da tre esigenze fondamentali: la necessità di combustibile, l’estrazione di materiali per la costruzione di case e navi, e le attività minerarie.

Le attività minerarie, principalmente quelle legate all’estrazione di piombo, sembrano essere una delle componenti principali dell’inquinamento atmosferico rilevato nei carotaggi effettuati sui ghiacciai del Monte Bianco. I Romani, circa 2.000 anni prima della rivoluzione industriale, inquinarono l’aria europea con metalli pesanti per circa 500 anni.

Uso massiccio del piombo

Anche se le attività di estrazione di metalli risalgono a ben prima delle miniere d’epoca romana, i Romani furono i primi ad estrarre piombo in grandi quantità. Il piombo veniva estratto da diversi siti minerari disseminati in tutta Europa, inclusa la penisola iberica e la Gran Bretagna.

Il piombo era utilizzato per costruire condutture, stoviglie, monete e utensili; ma l’estrazione e la lavorazione di questo metallo causarono il rilascio di sostanze nocive nell’aria e nell’acqua, con conseguenze dirette sulla popolazione europea che quotidianamente si trovava a stretto contatto con il piombo.

E’ ormai noto da tempo che l’estrazione mineraria di metalli d’uso comune, come ferro e piombo, nell’antichità deve aver necessariamente avuto un impatto ambientale, ma fino ad ora nessuno era certo della portata di questo impatto.

Cronologia delle emissioni di piombo in Europa registrate in Groenlandia e appartenenti ad un periodo compreso tra il 1.100 a.C. e l' 800 d.C.
Cronologia delle emissioni di piombo in Europa registrate in Groenlandia e appartenenti ad un periodo compreso tra il 1.100 a.C. e l’ 800 d.C. Pb for Lead

Un indizio sugli effetti atmosferici dell’attività mineraria romana ce lo hanno fornito i ghiacci groenlandesi, che hanno intrappolato i metalli pesanti prodotti anticamente in Europa. Ma la distanza dai siti minerari europei non ha mai reso possibile effettuare stime precise sulle concentrazioni di piombo nell’aria di 2.000 anni fa.

Inquinamento atmosferico durato secoli

Uno studio pubblicato di recente sulla rivista Geophysical Research Letters è il primo a quantificare i metalli pesanti nell’aria europea tra il II secolo a.C. e il II secolo d.C., concentrandosi particolarmente sul piombo.

Secondo i ricercatori coinvolti nello studio, i Romani provocarono un inquinamento da piombo molto più diffuso e duraturo di quanto si sospettasse in precedenza, circa 100 volte più grande di quello registrato nei ghiacci della Groenlandia.

Nei carotaggi effettuati sul ghiacciaio Col du Dome del Monte Bianco si trovano alte concentrazioni di metalli pesanti all’interno del ghiaccio risalente all’epoca romana. I ricercatori hanno rilevato due picchi: uno intorno al secondo secolo a.C., il secondo nel II secolo a.C., suggerendo che l’inquinamento causato dall’attività mineraria romana sia stato un fenomeno durato circa 500 anni.

Concentrazioni di piombo nell'emisfero settentrionale prima del 1950
Concentrazioni di piombo nell’emisfero settentrionale prima del 1950. Ancient Pollution

“Il nostro studio sull’ inquinamento dell’antichità rilevato nei ghiacci alpini ci consente di valutare più correttamente l’impatto delle emissioni romane su scala europea, e di paragonare questo inquinamento antico con quello recente, connesso all’utilizzo di gasolio contenente piombo in Europa tra il 1950 e il 1985” sostiene Michel Legrand della Université Grenoble Alpes, co-autore della ricerca.

“Questo ghiaccio alpino mostra che le emissioni di piombo durante l’antichità hanno aumentato i livello naturale di piombo di un fattore 10. Come metro di paragone, le attività umane recenti legate all’uso di gasolio contenente piombo in Europa hanno aumentato i livelli naturali di piombo di un fattore 50 o 100″.

“Di conseguenza” continua Legrand, “l’inquinamento causato dai Romani è da 5 a 10 volte meno di quello provocato recentemente dall’uso del gasolio, ma rimase costante per molto tempo, diversi secoli contro i 30 anni del gasolio”.

Il problema dei livelli naturali di piombo

Perché preoccuparsi dell’inquinamento causato dai Romani? Perché l’inquinamento da piombo moderno viene generalmente misurato basandosi sui livelli di piombo registrati prima della rivoluzione industriale, un periodo considerato virtualmente privo di inquinamento atmosferico da piombo.

Ma sempre più ricerche stanno evidenziando il fatto che i livelli di metalli pesanti nell’atmosfera dell’epoca pre-industriale non rappresentano un dato “naturale”; sarebbe quindi più accurato basarsi sui livelli di metalli pesanti presenti prima dell’inizio della metallurgia.

“L’inquinamento atmosferico causato dall’uomo è esistito per molto tempo, e i livelli di base che pensavamo fossero naturali, di fatto, non lo sono” spiega Alex More, storico della Harvard University non coinvolto nella ricerca di Legrand. “Tutti gli standard di inquinamento che si basano sull’assunto di un livello naturale pre-industriale sono sbagliati”.

Il problema della misurazione dei metalli pesanti non riguarda solo il piombo: nella ricerca di Legrand sono stati misurati anche i livelli di antimonio, registrando concentrazioni fino a 6 volte superiori rispetto a quelle presenti in natura.

Lead and Antimony in Basal Ice From Col du Dome (French Alps) Dated With Radiocarbon: A Record of Pollution During Antiquity
Roman mining activities polluted European air more heavily than previously thought

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Quando iniziò la deforestazione europea? https://www.vitantica.net/2019/04/12/deforestazione-europa/ https://www.vitantica.net/2019/04/12/deforestazione-europa/#comments Fri, 12 Apr 2019 00:10:28 +0000 https://www.vitantica.net/?p=3838 L’Europa è il continente con meno foreste vergini e habitat incontaminati sul pianeta. Africa, Asia, Americhe e Oceania ospitano tutt’ora regioni raramente attraversate dall’essere umano, ricche di ecosistemi sostanzialmente vergini (anche se la loro purezza è stata ultimamente messa in dubbio).

L’Europa, per via della sua estensione più piccola e del denso susseguirsi di vicende storicamente rilevanti e di civiltà che hanno colonizzato il pianeta, è il continente meno forestato della Terra.

Quando iniziò la deforestazione europea? Fino a circa 8.000 anni fa, il pianeta ospitava pochi milioni di persone; anche se l’Europa era uno dei continenti più densamenta popolati, non ospitava civiltà evolute o una quantità tale di Sapiens da mettere in pericolo gli ecosistemi nativi.

La deforestazione europea ha inizio con l’espansione di Roma. Prima di allora nessuna potenza militare era riuscita ad urbanizzare buona parte del continente o a collegarla tramite una fitta rete stradale, attività che richiedono pesanti interventi sugli ecosistemi naturali.

La principale causa di deforestazione fu l’uso intensivo di legname per soddisfare i bisogni economici di Roma e delle regioni sotto il suo controllo, e l’abbattimento di intere foreste per far spazio a colture in grado di alimentare la popolazione europea.

Il legname per le strutture abitative

Anche se alcune culture assimilate da Roma costruivano case con pietra o mattoni, la maggior parte delle abitazioni veniva costruita utilizzando il legname prelevato dalle foreste, comprese le strutture dotate di piani multipli.

Nel periodo di massima espansione, l’impero contava oltre 50 milioni di persone, oltre 1 milione delle quali risiedeva a Roma. Ognuna di queste persone aveva bisogno di un tetto; le famiglie più ricche non solo occupavano case di grandi dimensioni, la cui costruzione richiedeva l’impiego di strutture lignee complesse come gru a contrappeso o impalcature, ma mantenevano anche standard di vita elevati che aumentavano ulteriormente il fabbisogno di legname.

Mappa della deforestazione europea nel corso dei secoli
Mappa della deforestazione europea nel corso dei secoli. Da “The prehistoric and preindustrial deforestation of Europe

Il combustibile principale dell’epoca era il legno: il 90% delle attività che richiedevano fuoco o luce era reso possibile dal calore e dall’illuminazione generati dalla combustione del legno.

Il legname era indispensabile per le attività minerarie, per la fusione dei metalli, per la ceramica e per la produzione di carbone. Il legno era la base del riscaldamento casalingo, dei bagni pubblici e degli edifici commerciali, oltre a costituire la principale fonte di luce durante la notte.

I bagni pubblici erano mantenuti ad una temperatura costante di 54°C; un bagno pubblico di piccole dimensioni poteva arrivare a consumare oltre 100 tonnellate di legname in un solo anno (il consumo per il riscaldamento di grandi ville era addirittura 10 volte superiore).

Un’intera gilda fu istituita per ottenere legname per i bagni pubblici ed fu dotata di 60 navi utilizzate esclusivamente per il trasporto di combustibile.

Legname per le miniere

La maggiore deforestazione iniziò attorno ai centri minerari, noti per consumare enormi quantità di legname sia per il supporto delle pareti rocciose delle miniere sia per fornire luce, calore e riparo ai minatori.

Dopo aver completamente raso al suolo l’area che circondava le miniere, i Romani importavano legname da regioni densamente boschive istituendo rotte del legname talvolta lunghissime e costose.

Quando diventava poco economico trasportare legna lungo distanze sempre maggiori, la miniera veniva semplicemente abbandonata per ricominciare il ciclo estrattivo e di deforestazione da un’altra parte.

Il legname era inoltre indispensabile per la fusione dei metalli estratti dalle miniere: oro, argento e rame potevano essere lavorati grazie al calore prodotto da legname di prima scelta, mentre per l’estrazione del ferro occorreva utilizzare il carbone, il cui ingrediente primario è il legno.

Deforestazione per scopi agricoli

L’agricoltura era la base economica dell’ impero: ripulire la foresta per far spazio ai campi divenne indispensabile per supportare una popolazione in continua crescita e un esercito dislocato in ogni angolo d’Europa.

Deforestazione per scopi agricoli

Una legge emanata nel 111 a.C. consentiva ad ogni cittadino romano di deforestare e occupare suolo pubblico per un’estensione di 20 acri a patto che lo destinasse ad attività agricole. Questa legge fu l’inizio di un’opera massiccia di abbattimento delle foreste europee, con conseguenze devastanti sugli ecosistemi nativi.

La continua aratura e pulitura dei campi non fece altro che impoverire la terra, riducendo progressivamente i raccolti e impedendo la corretta assimilazione dell’acqua piovana da parte del terreno. Iniziarono a formarsi paludi inutilizzabili per l’agricoltura e che fornivano un habitat ideale alle zanzare che trasmettevano la malaria.

Gli animali d’allevamento complicarono ulteriormente un quadro ecologico già compromesso: distruggendo porzioni di territorio non particolarmente adatte all’agricoltura, intaccarono gli habitat selvatici rimasti intatti causando erosione e impoverimento dei terreni circostanti.

Legname per l’esercito

Un esercito come quello romano aveva necessità di legname enormi: costruire accampamenti stabili in grado di ospitare migliaia di soldati richiedeva l’abbattimento di intere foreste; la costruzione di macchine d’assedio e di carri, la fabbricazione di armi e corazze e la posa di strade erano anch’esse attività che facevano uso intensivo di legname.

L’abbattimento delle foreste aveva anche rilevanza bellica: una delle tattiche più utilizzate dai Romani per evitare imboscate prevedeva l’abbattimento di intere foreste per fornire meno copertura agli oppositori dell’impero.

La costruzione di navi fu una delle principali cause di deforestazione. Le navi erano indispensabili per intrattenere rapporti commerciali lungo il Mediterraneo e per dominare il mare interno europeo, e le navi da guerra avevano priorità sul legname rispetto ai vascelli mercantili.

In tempo di guerra i Romani riuscivano a costruire centinaia di navi in un solo mese, disboscando foreste senza la minima preoccupazione sulla sostenibilità dell’abbattimento di alberi.

L’erosione del suolo causata dall’abbattimento di alberi nelle immediate vicinanze dei porti costrinse a spostare i punti d’attracco delle navi, imponendo un ulteriore fardello all’economia romana; molte città costiere furono parzialmente inondate e l’acqua marina si riversò nei sistemi fognari e nelle falde d’acqua potabile.

I Romani erano consapevoli del problema?

I Romani erano consapevoli del problema della deforestazione?

C’è un dibattito ancora aperto sulla reale consapevolezza dei Romani riguardo le loro attività di disboscamento. Lo storico britannico Richard Grove sostiene che i Romani si preoccupassero del degrado ambientale solo quando intaccava direttamente i loro interessi economici in Europa.

Le conseguenze della deforestazione divennero più che evidenti al tempo di Commodo, quando l’imperatore fu costretto ad “alleggerire” le monete del 30% per far fronte alla carenza d’argento: non era più economico estrarre questo metallo dalle miniere spagnole perché costava troppo importare legname per sostenere la produzione.

Esistevano comunque politiche che possiamo definire “ambientali”: il vetro veniva riciclato utilizzando i frammenti per il riscaldamento solare, mentre l’abbattimento delle foreste fu regolamentato in determinati periodi storici per evitare di esaurire le risorse di legname troppo velocemente.

Sembra improbabile che alcuni segmenti della società romana non si fossero accorti del cambiamento ambientale messo in atto dall’economia del tempo.

Già nel V secolo Platone, parlando della Grecia, notò come “la perdita di legname ha spogliato le colline e le pianure che circondano Atene e ha causato un’erosione massiccia del suolo”; gli effetti della deforestazione erano quindi facilmente osservabili anche in epoche e località lontane dal massiccio disboscamento operato dai Romani.

The Role of Deforestation in the Fall of Rome
Deforestation, Mosquitoes, and Ancient Rome: Lessons for Today
Ancient Deforestation Revisited
The Sherwood syndrome

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Appia – Thousand years history, thousand years stories. https://www.vitantica.net/2019/01/23/appia-thousand-years-history-thousand-years-stories/ https://www.vitantica.net/2019/01/23/appia-thousand-years-history-thousand-years-stories/#respond Wed, 23 Jan 2019 12:20:22 +0000 https://www.vitantica.net/?p=3642 Ringrazio Franco Buttiglieri per il contributo video inviato ieri, disponibile sul suo canale YouTube Novecento Photos. Lo pubblico qui sotto, con la descrizione del filmato realizzato da lui.

L’Appia Antica è considerata da molti la prima autostrada della storia e collegava Roma a Brindisi, importante porto del sud, per oltre 600 km.

In questo video vediamo il tratto che va da Roma a Minturno (l’antica Minturnae) al confine tra le regioni di Lazio e Campania. Molti tratti dell’Appia Antica sono ancora percorribili in auto e ci si può fermare ad ammirare i resti di tombe e costruzioni antiche rimaste immutate per secoli e descritte dagli autori/pittori del Grand Tour dell’800.

Ma l’Appia non è solo antichità, rappresenta anche l’attualità con tutte quelle persone che ancora oggi la percorrono.

Storie di persone che s’intrecciano con i millenni di storia saldamente incisi nel fantastico basolato dell’Appia Antica.

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Gladiatrici, combattenti ancora sconosciute https://www.vitantica.net/2018/04/26/gladiatrici-combattenti-ancora-sconosciute/ https://www.vitantica.net/2018/04/26/gladiatrici-combattenti-ancora-sconosciute/#respond Thu, 26 Apr 2018 02:00:49 +0000 https://www.vitantica.net/?p=1647 Considerate come una sorta di “attrazione esotica” e dalle caratteristiche fondamentalmente sconosciute all’archeologia moderna, le gladiatrici ebbero il loro ruolo nei giochi gladiatori romani, un ruolo non ancora ben definito descritto soltanto in una manciata di resoconti prodotti dall’aristocrazia romana e da un numero molto limitato di iscrizioni.

Combattenti “esotiche”

Le gladiatrici appaiono molto raramente nella Roma antica; quando lo fanno, vengono per lo più descritte come figure esotiche coinvolte in spettacoli particolarmente costosi e sontuosi. Nel 66 d.C. Nerone, per impressionare re Tiridate I di Armenia, organizzò un combattimento tra uomini, donne e bambini etiopi, ma la ricezione di questo genere di spettacoli da parte del pubblico fu controversa.

Parte della società romana accettava le gladiatrici come una nuova espressione del divertimento legato ai giochi gladiatori; altri invece giudicavano le gladiatrici come una totale assurdità e l’espressione della deriva morale dei cittadini romani: Giovenale, per esempio, accende la fantasia dei suoi lettori alludendo ad una tale Mevia, la cacciatrice di bestie, che uccideva cinghiali nelle arene dell’impero armata di lancia e a seno scoperto.

Petronio invece prendeva in giro un arricchito proveniente dagli strati più bassi della società spiegando come la sua pretenziosità si spingesse a tal punto da avere una donna combattente a bordo di uno dei suoi carri impiegati durante i giochi.

Donne nei Collegia Iuvenum

Ad oggi non esistono testimonianze archeologiche certe in grado di dimostrare che le gladiatrici si allenassero nei ludi romani (scuole gladiatorie) assieme a combattenti del sesso opposto, ma ci sono alcuni indizi che punterebbero alla presenza di giovani donne in alcuni Collegia Iuvenum, organizzazioni giovanili in cui venivano inviati ragazzi sopra i 14 anni per imparare abilità utili, tra cui le basi del combattimento e della disciplina militare.

Rilievo ad Alicarnasso che rappresenta lo scontro tra due gladiatrici
Rilievo ad Alicarnasso che rappresenta lo scontro tra due gladiatrici

Un’iscrizione rinvenuta a Rieti commemora Valeria, morta all’età di 17 anni e appartenuta ad un collegium non meglio precisato; altre iscrizioni sembrano invece celebrare alcune donne legate ad collegia presenti in Numidia e a Ficulea.

Anche se gli storici moderni ritengono che queste commemorazioni fossero probabilmente indirizzate a servitrici o schiave che risiedevano nei collegia, è possibile che alcune gladiatrici avessero intrapreso lo stesso percorso d’addestramento dei loro compagni maschi.

Roma classificava i partecipanti ai giochi gladiatori (definiti arenarii) come “infames”, persone che avevano perso il loro status sociale e non coperti da alcuni diritti legali: questo avrebbe consentito a tutte le donne di basso rango, non cittadine o schiave di partecipare ai combattimenti nelle arene disseminate per l’impero, dato che non esisteva alcun divieto riguardante il sesso dei combattenti.

Un’iscrizione scoperta a Ostia Antica e risalente al II secolo d.C. sembrerebbe riferirsi a “donne con la spada”, presumibilmente gladiatrici, definite con il termine “mulieres” invece che “feminae” per indicare il loro basso status sociale. Nonostante il loro rango, le gesta di alcune di queste donne venivano spesso raccontate come esempi di coraggio e di capacità marziale: una delle gladiatrici “cacciatrici di bestie” dell’imperatore Tito sembra aver ucciso un leone da sola e a mani nude.

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Gladiatrici come bizzarria dei giochi gladiatori

Ma molti spettacoli che avevano una protagonista femminile venivano interpretati come un’espressione della corruzione morale che dilagava nella Roma dell’epoca. Quando Settimio Severo decise di aprire le tradizionali discipline atletiche greche anche alle donne, la folla espresse tutto il suo disappunto con grida di scherno e canti canzonatori verso le atlete.

Domiziano invece organizzava combattimenti tra gladiatrici e nani, un accoppiamento non lusinghiero agli occhi della folla e volto a sconvolgere il pubblico simulando lo scontro tra donne e “surrogati” di bambini.

Giovenale non descrive la gladiatrice Mevia come un esempio di coraggio femminile ma come una sorta di aberrazione dei costumi romani, non dimenticando di sottolineare quanto lontana fosse dall’idea di femminilità dell’autore aggiungendo questo fatto: dopo aver ucciso un cinghiale selvatico, la gladiatrice si accovacciava e urinava pubblicamente senza alcun pudore.

Attualmente non abbiamo a disposizione sepolture di gladiatrici romane. I gladiatori venivano generalmente seppelliti in cimiteri riservati a persone del loro rango, previo pagamento di una sottoscrizione in grado di dar loro diritto ad un posto nel cimitero dei gladiatori.

Una sepoltura che potrebbe ospitare una gladiatrice è stata scoperta nel 2001 a Southwark, Londra: fu seppellita fuori dal cimitero con una lucerna che riportava l’immagine di un gladiatore caduto e alcune pigne, il cui fumo veniva tradizionalmente impiegato per purificare le arene. La sua identificazione come gladiatrice è, secondo gli archeologi, “probabile al 70%”.

Did female gladiators exist?
Gladiatrix

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Eneide e propaganda politica sotto Ottaviano Augusto https://www.vitantica.net/2018/02/26/eneide-propaganda-politica-ottaviano-augusto/ https://www.vitantica.net/2018/02/26/eneide-propaganda-politica-ottaviano-augusto/#respond Mon, 26 Feb 2018 02:00:46 +0000 https://www.vitantica.net/?p=1420 La tattica di alludere al passato come ad un tempo di gloria e di valori universalmente condivisibili non è un fenomeno nuovo tipico del mondo moderno.

Nella Roma di Ottaviano il concetto di “rendere Roma nuovamente grande”, molto simile al recente “make America great again” di Donald J. Trump, fu impiegato con successo per ottenere il consenso dell’opinione pubblica facendo leva sulle emozioni e sulla distorsione della realtà storica.

La letteratura al servizio di Roma

L’Impero romano ebbe ufficialmente inizio con il principato di Ottaviano Augusto nel 27 a.C., circa 4 secoli prima della suddivisione in pars occidentalis e pars orientalis avvenuta dopo la morte di Teodosio I.

Dopo aver sconfitto i suoi rivali politici, Ottaviano si fece “Augusto” dal senato e iniziò a dipingere il nuovo ordine imperiale come la restaurazione della Roma delle origini, tempo in cui valori e ideali erano certamente migliori del mondo corrotto in cui vivevano i Romani del tempo.

Secondo la ricercatrice Elena Giusti della Facoltà di Storia Classica dell’Università di Cambridge, Ottaviano si servì anche della letteratura per diffondere e promuovere una visione distorta e storicamente inaccurata dell’antica gloria di Roma e dei suoi valori.

“Il mio interesse nella poesia di Augusto e nella sua tendenza a rimodellare le tradizioni e a relegare i fatti ad una posizione secondaria è stata inspirata dalla mia esperienza come millennial cresciuta nell’Italia di Berlusconi” spiega Giusti.

“La mia ricerca si è focalizzata sulla lettura dell’Eneide di Virgilio come una forma di poesia politica mirata a plasmare all’opinione pubblica appellandosi ai sentimenti invece che basandosi sui fatti”.

Eneide e propaganda imperiale

L’Eneide, scritta da Publio Virgilio Marone tra il 29 a.C. e il 19 a.C., narra dell’eroe troiano Enea e della sua ricerca di un luogo ideale per la fondazione di Roma.

Nel Libro I, Enea approda a Cartagine, dove verrà accolto con benevolenza da Didone, regina di Tiro. Dopo l’intervento degli dei, nel Libro IV Enea lascia la città sotto le maledizioni della regina, che si ucciderà poco dopo la sua partenza con la spada donata dall’eroe troiano.

Ottaviano Augusto

Secondo Giusti, l’opera fu molto probabilmente commissionata a Virgilio da Augusto per sponsorizzare il nuovo regime imperiale. Alludendo nei suoi versi alle guerre puniche e alla vittoria di Roma contro Cartagine, Virgilio tenta di trasportare il lettore in un tempo in cui storia e mito si mescolano per tracciare una linea di congiunzione tra la forza e la gloria della Roma del passato e quella del nuovo regime di Ottaviano.

Nel periodo in cui fu scritta l’Eneide, la Repubblica romana era da poco caduta trascinando la popolazione in un periodo di grandi cambiamenti sociali e scontri civili; il nuovo periodo di pace portato dall’imperatore Augusto, per quanto fosse l’origine del nuovo regime assolutistico di Roma, sembrava l’unica soluzione per ottenere la prosperità perduta.

Creando un parallelismo tra Enea e Ottaviano, l’Eneide tenta di unire i Romani, colpiti dal trauma del recente conflitto civile, sotto una causa comune basata sul ricordo dei tempi che furono, quando Roma era sotto la minaccia di una potenza straniera.

Avversari antichi e moderni

Nell’Eneide Virgilio rappresenta Cartagine attraverso uno mix di allusioni mitologiche e storiche, mescolando fatti realmente accaduti con pura fantasia per poter risultare interessante ed efficace nella retorica politica del tempo e, allo stesso tempo, attaccare indirettamente gli avversari pubblici di Ottaviano (come Antonio e Cleopatra).

Virgilio evoca una serie di associazioni tra le guerre puniche e i recenti disordini civili di Roma, ottenendo come effetto quello di identificare gli avversari politici di Ottaviano come veri e propri nemici stranieri e di legittimare il coinvolgimento di Augusto nella guerra civile.

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Giusti sostiene anche che, paradossalmente, la Cartagine dipinta da Virgilio riveli la natura illusoria della restaurazione di Ottaviano dei valori della Repubblica romana e della sua origine mitologica, un sintomo di una possibile frustrazione dell’autore nel supportare il nuovo regime di Roma.

“Sappiamo che Virgilio, come la maggior parte dei Romani, ha sofferto personalmente durante gli scontri civili e che le proprietà della sua famiglia furono confiscate, anche se successivamente restituite” continua Giusti.

“Secondo me è chiaro dal poema che questa sua preoccupazione primaria era in realtà la memoria traumatica delle guerre civili e del cambiamento radicale delle istituzioni della Repubblica”.

Probabilmente questa frustrazione dell’autore è il motivo per cui, secondo la tradizione, Virgilio lasciò scritto nel suo testamento di bruciare l’opera nel caso non fosse riuscita a completarla prima della sua morte. Contravvenendo alla volontà del defunto, Vario Rufo preservò il manoscritto che successivamente fu pubblicato per ordine di Ottaviano Augusto.

Making Rome great again: fake views in the ancient world

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