musica – VitAntica https://www.vitantica.net Vita antica, preindustriale e primitiva Thu, 01 Feb 2024 15:10:35 +0000 it-IT hourly 1 Calabash, la zucca bottiglia https://www.vitantica.net/2019/10/28/calabash-la-zucca-bottiglia/ https://www.vitantica.net/2019/10/28/calabash-la-zucca-bottiglia/#respond Mon, 28 Oct 2019 00:25:18 +0000 https://www.vitantica.net/?p=4632 La zucca calabash (Lagenaria siceraria), chiamata anche zucca a fiasco, cocozza o zucca bottiglia, è un frutto conosciuto da millenni nelle regioni tropicali e subtropicali del mondo per le sue proprietà, alimentari e non.

Sebbene non compresa nelle diete degli antichi cacciatori-raccoglitori come cibo di largo consumo, la zucca calabash costituì per molto tempo la materia prima per fabbricare ottimi e pratici contenitori per liquidi.

La zucca bottiglia

E’ possibile che l’origine della Lagenaria siceraria sia africana. Nel 2004 una varietà molto antica di calabash è stata osservata in Zimbabwe: è possibile che la domesticazione di questa pianta sia iniziata in Africa qualche migliaio di anni fa allo scopo di selezionare le zucche dalle pareti più spesse e resistenti.

La prima fase di domesticazione sembra essersi verificata 8.000-9.000 anni fa in Africa, seguita da una fase asiatica e una seconda, grande opera di domesticazione in Egitto circa 4.000 anni fa.

Le zucche a fiasco sono state coltivate per millenni in Africa, Asia, Europa e Americhe. Nel Vecchio Continente, il monaco benedettino Walahfrid Strabo inserisce le zucche calabash tra le 23 piante del giardino ideale nella sua opera “Hortulus“.

L’arrivo nelle Americhe potrebbe essere stato del tutto accidentale: alcune zucche potrebbero aver attraversato l’Atlantico sospinte dalle correnti oceaniche oltre 10.000 anni, fa partendo dall’Africa arrivando sulle coste americane settentrionali e meridionali.

Caratteristiche della zucca calabash

La vite della zucca bottiglia preferisce suoli ricchi di nutrienti, umidi e ben drenati. Necessita di molta umidità per crescere a dovere, oltre ad una lunga esposizione alla luce solare al riparo dal vento.

Le zucche calabash crescono molto velocemente: i viticci possono raggiungere la lunghezza di nove metri durante una singola estate. Se fatte crescere sotto un albero, le viti di calabash possono scalarlo completamente fino a raggiungere la vetta.

Per ottenere più zucche, tradizionalmente si tagliava la punta dei viticci una volta raggiunta la lunghezza di 2-3 metri, forzando la pianta a creare ramificazioni in grado di produrre più frutti.

La zucca calabash contiene cucurbitacine che possono risultare tossiche per alcune persone, specialmente se il frutto viene fatto maturare troppo o conservato male. Il sapore amaro della polpa è un buon indicatore della presenza di un’elevata dose di cucurbitacine.

Zucche calabash trasformate in contenitori
Zucche calabash essiccate e decorate. Foto: MelindaChan

Ci sono casi di fatalità causata dall’ingestione dei succhi delle calabash, ma sono pochi e spesso legati alla cattiva conservazione delle zucche, o allo stato di salute del singolo individuo (è sconsigliato il consumo per i diabetici).

Diverse cucine tradizionali asiatiche, africane e americane prevedono ancora oggi l’uso di svariate specie di calabash come ingrediente per piatti gustosi e nutrienti.

Le calabash contengono potassio, magnesio, acido folico, vitamina A e C, ma hanno uno scarso valore calorico e forniscono una discreta dota di carboidrati.

Un frutto dai molteplici utilizzi

Le zucche calabash svuotate della loro polpa costituiscono contenitori per liquidi molto comuni in Africa. Le più piccole vengono generalmente usate per sorseggiare vino di palma, le più grandi invece per conservare acqua e alimenti liquidi o macinati.

I Sepedi e IsiZuku sudafricani usano quotidianamente le zucche-bottiglia per trasportare l’acqua sufficiente a dissetare intere tribù e per fabbricare utensili come coppe, ciotole, cappelli parasole e come zainetti.

In Cina le zucche a fiasco sono chiamate hulu e hanno assunto da molto tempo il valore simbolico di portatrici di buona salute. Fino a tempi relativamente recenti, i praticanti di medicina tradizionale utilizzavano le zucche bottiglia per conservare medicinali e liquidi.

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Tra le credenze popolari cinesi c’è quella che vede le hulu come trappole per gli spiriti maligni: queste zucche avrebbero il potere di catturare il qi negativo, in grado di alterare in negativo lo stato di salute.

In India le calabash sono utilizzati come risonatori per alcuni strumenti musicali, come il sitar, il surbahar e il tanpure. Gli asceti hindu usano tradizionalmente le zucche a fiasco (chiamate kamandalu) per consumare succhi considerati medicinali; in alcune regioni rurali, invece, questi frutti sono utilizzati come galleggianti per insegnare a nuotare.

In Sudamerica le zucche calabash vengono fatte essiccare per produrre contenitori di mate, una bevanda popolare tra le comunità tradizionali di Brasile, Cile, Argentina, Uruguay e Paraguay.
In Brasile inoltre le calabash vengono impiegate per realizzare i berimbau, tipici strumenti musicali che accompagnano i movimenti della capoeira.

Fonti per “Calabash, la zucca bottiglia”

Transoceanic drift and the domestication of African bottle gourds in the Americas
Discovery and genetic assessment of wild bottle Gourd [Lagenaria siceraria (Mol.) Standley; Cucurbitaceae] from Zimbabwe
Calabash

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Kulning, il canto che richiama le mandrie https://www.vitantica.net/2019/02/05/kulning-il-canto-che-richiama-le-mandrie/ https://www.vitantica.net/2019/02/05/kulning-il-canto-che-richiama-le-mandrie/#respond Tue, 05 Feb 2019 00:10:37 +0000 https://www.vitantica.net/?p=3725 L’origine del kulning è incerta, ma sappiamo che ha radici medievali e che veniva praticato generalmente dalle donne che si occupavano della cura delle mandrie da maggio a ottobre.

E’ possibile che questo genere di canto sia stato utilizzato anche per spaventare i predatori scandinavi più comuni per bovini, pecore e capre, come orsi o lupi, ma nacque con il preciso scopo di richiamare le mandrie verso le stalle.

Negli anni passati il kulning è stato studiato dal linguista Robert Eklund, dalla terapista del linguaggio Anita McAllister e dalla cantante di kulning Fanny Pehrson, scoprendo che questo tipo di canto è stato specificamente ideato per essere percepito sulle lunghe distanze.

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La trasmissione del suono su lunghe distanze in località densamente popolate da vegetazione è soggetta ad attenuazioni dovute all’assorbimento da parte di alberi, arbusti e ostacoli naturali. Vento, umidità ambientale e temperatura possono ostacolare ulteriormente la diffusione dei suoni.

Quando vengono emessi i suoni tipici del kulning, il canto risuona tra le montagne generando eco in grado di essere udite dagli animali sui pascoli fino a 5 km d distanza. Non appena percepiscono il richiamo, gli animali iniziano a “rispondere” spostandosi a valle e facendo suonare i campanacci legati al collo.

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Il richiamo (o kulokk) è tipico di ogni allevatore o famiglia di allevatori; la mandria sa quindi chi la sta chiamando (o meglio, riesce a riconoscere un suono familiare) e dove ci si aspetta che torni. Alcuni richiami contengono anche i nomi di alcuni individui dominanti, individui che la mandria tende a seguire durante i suoi spostamenti.

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Kulning – herding calls from Sweden

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Musica medievale: De consolatione philosophiae di Boezio https://www.vitantica.net/2018/12/24/musica-medievale-de-consolatione-philosophiae-di-boezio/ https://www.vitantica.net/2018/12/24/musica-medievale-de-consolatione-philosophiae-di-boezio/#respond Mon, 24 Dec 2018 00:10:39 +0000 https://www.vitantica.net/?p=3154 L’opera di ricostruzione delle antiche musiche medievali non è semplice, specialmente se si cerca di interpretare elementi poco familiari per il musicista moderno. Alcune poemi venivano recitati accompagnati da musica, tuttavia non abbiamo veri e propri spartiti ma solo una sequenza di annotazioni musicali in latino, spesso difficili da interpretare correttamente.

Sam Barrett della University of Cambridge ha dedicato la sua ricerca alla ricostruzione di antiche composizioni musicali cercando di mantenersi il più fedele possibile agli originali. Anche se le sue ricostruzioni rimangono comunque ipotetiche, dalla sua collaborazione con i musicisti di Sequentia, esperti di musica medievale, sono emerse interessantissime ricostruzioni delle canzoni contenute nel De consolatione philosophiae di Severino Boezio, opera composta tra il 523 e il 525 d.C.

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Rinchiuso in prigione a Pavia, Boezio compose un’opera che diventò uno dei testi più letti in assoluto nel Medioevo. Il De consolatione philosophiae ritrae la sua lotta di riconciliazione con il fato esplorando l’animo umano, il ruolo della Fortuna, e l’influenza del libero arbitrio nelle vicende umane.

Abbiamo documenti che testimoniano che i poemi del De consolatione philosophiae venivano cantati durante il Medievo: una serie di annotazioni musicali sulle oltre 30 copie esistenti dell’opera documentano che, tra il IX e il XII secolo, le composizioni di Boezio venivano recitate con un accompagnamento musicale.

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Benjamin Bagby, direttore di Sequentia, discute la sua performance nella ricostruzione del De consolatione philosophiae ed esegue con Hanna Marti, sua collaboratrice, un brano chiamato Si quantas rapidis, estratto dal Libro 2 dell’opera di Boezio.

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Hanna Marti, membro di Sequentia, discute la sua performance ed esegue un altro brano tratto dal Libro 1 del De consolatione philosophiae di Boezio, il Quisquis composito.

Restoring Lost Songs: Boethius’ Consolation of Philosophy

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Il pipa, il liuto tradizionale cinese https://www.vitantica.net/2018/07/31/pipa-liuto-tradizionale-cinese/ https://www.vitantica.net/2018/07/31/pipa-liuto-tradizionale-cinese/#respond Tue, 31 Jul 2018 02:00:30 +0000 https://www.vitantica.net/?p=1878 Il pipa (o p’i-p’a) è uno strumento musicale a 4 corde nato in Cina almeno 2.000 anni fa e spesso definito come “liuto cinese”. Col passare dei secoli il pipa è diventato il più popolare e apprezzato strumento musicale cinese e ha dato origine a innumerevoli varianti di liuto come il liuquin, una versione in scala ridotta del pipa, e il biwa, uno strumento musicale giapponese largamente impiegato nella musica tradizionale.

L’origine esatta del pipa è incerta, dato che il termine fu utilizzato in passato per descrivere una vasta gamma di strumenti a corde ideati e prodotti dalla dinastia Qin a quella Tang.

La narrativa tradizionale cinese attribuisce l’invenzione dello strumento agli artigiani della principessa Liu Xijun: il pipa sarebbe nato per rispondere all’esigenza della principessa di suonare un liuto anche a dorso di cavallo.

Pipa strumento musicale cinese

Il primo riferimento documentale al pipa appare sotto la dinastia Han nel II secolo d.C.: alcuni testi dell’epoca sostengono che il pipa fosse un’invenzione relativamente recente, mentre per altri questo strumento avrebbe avuto origine durante il periodo degli Stati Combattenti, tra il 453 e il 221 a.C.

Secondo gli storici moderni, il pipa sarebbe giunto in Cina dall’Asia Centrale, da località in cui sono state rinvenute raffigurazioni di strumenti musicali piriformi.

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Il pipa ha una tipica forma a goccia o a pera (piriforme), è fornito di 4 stringhe di seta (sostituita dal nylon nel XX secolo), ha da 12 a 26 tasti e può essere suonato con le unghie o con un grande plettro simile a quello impiegato dallo strumento musicale giapponese chiamato biwa (che ha avuto origine nel VII secolo evolvendosi dal pipa cinese).

Tramite la mano destra si pizzicano le corde, mentre la mano sinistra si occupa di dare espressività al suono utilizzando tecniche simili a quelle previste per il violino o la chitarra.

Il pipa viene generalmente tenuto in posizione verticale o quasi-verticale durante l’esecuzione, ma è possibile che in periodi più remoti fosse posizionato orizzontalmente, con l’estremità affusolata puntata verso l’alto.

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Pipa

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Lo scacciapensieri unno di 1.700 anni fa (ancora funzionante) https://www.vitantica.net/2018/01/24/lo-scacciapensieri-unno-di-1-700-anni-fa-ancora-funzionante/ https://www.vitantica.net/2018/01/24/lo-scacciapensieri-unno-di-1-700-anni-fa-ancora-funzionante/#respond Wed, 24 Jan 2018 02:00:25 +0000 https://www.vitantica.net/?p=1300 Una serie di 5 antichi scacciapensieri scoperti lo scorso 9 gennaio nella Repubblica dell’ Altaj hanno sorpreso gli archeologi che conducevano scavi presso due siti di origine unna (Cheremshanka e Chultukov Log 9): uno di questi strumenti, risalenti a circa 1.700 anni fa e realizzati in osso, è ancora in grado di produrre suoni.

“Ho suonato io stesso lo scacciapensieri di Cheremshanka” spiega Andrey Borodovsky, professore dell’Istituto di Archeologia ed Etnografia dell’Accademia Russa delle Scienze e dedito da oltre 20 anni allo studio di questi antichi strumenti musicali.

Lo scacciapensieri è uno dei primissimi strumenti musicali creati dall’uomo: la più antica raffigurazione di questo strumento risale ad un disegno cinese del IV secolo a.C. ma la sua invenzione nel continente asiatico è probabilmente vecchia di millenni.

Lo scacciapensieri si suona appoggiando l’ancia sugli incisivi e pizzicando la lamella con un dito, agendo sulle dimensioni della cavità orale e sulla posizione della lingua per modulare il suono. Occorre prestare attenzione alla lamella contro gli incisivi, perchè potrebbe causare danni permanenti anche se pizzicata con cura.

In Italia, la produzione di scacciapensieri della Valsesia iniziò intorno al XVI secolo, per poi sparire progressivamente fino al 1800. In Sardegna e in Sicilia, dove questo strumento musicale è noto rispettivamente come trunfa o marranzanu/mariolu, lo scacciapensieri era tradizionalmente utilizzato per accompagnare canzoni e tarantelle.

Lo scacciapensieri in osso, ancora funzionante, scoperto da Borodovsky
Lo scacciapensieri in osso, ancora funzionante, scoperto da Borodovsky

In Asia, lo scacciapensieri era prevalentemente costruito sfruttando il bambù. In Russia invece lo scacciapensieri, chiamato Vargan, era tradizionalmente utilizzato nelle regioni popolate dagli Evenchi, gli abitanti delle taighe siberiane noti anche come Tungusi.

Gli scacciapensieri scoperti da Borodovsky sono stati ricavati da costole di cavalli o bovini e risalgono a circa 1.700 anni fa, periodo in cui la regione dei Monti Altai era popolata dagli Unni e costituiva il centro nevralgico del loro dominio sull’Asia centrale.

Al tempo le tribù unne erano nomadi e si spostavano frequentemente tra Mongolia, Cina e Russia meridionale, ma tra la fine del IV secolo e l’inizio del V iniziarono ad avanzare verso Occidente con l’intenzione di invadere l’Europa.

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Gli scacciapensieri prodotti dagli artigiani dell’Altai erano differenti da quelli rinvenuti in altre zone dell’Asia: in Mongolia o nella regione russa di Tuva si usavano generalmente altri materiali come corna di cervo.

Dei cinque strumenti rinvenuti nei due siti archeologici, solo uno può ancora essere suonato, un altro è in buone condizioni ma inutilizzabile mentre i rimanenti tre sono strumenti non finiti, a circa metà della lavorazione che li avrebbe trasformati in scacciapensieri funzionanti.

I cinque scacciapensieri scoperti da Borodovsky
I cinque scacciapensieri scoperti da Borodovsky

L’unico scacciapensieri in grado di produrre musica è lungo 11 centimetri e largo 8,6. Secondo Borodovsky, gli artigiani del tempo separarono longitudinalmente la sezione centrale di un osso animale (forse una costola) allo scopo di ottenere una superficie tripartita resistente, sottile e sufficientemente elastica da produrre un suono quando pizzicata.

Ancient Jew’s harps found in Altai Mountains as musical instruments reappear after 1,700 years

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Ascolta l’ aulòs, strumento musicale a fiato dell’ Antica Grecia https://www.vitantica.net/2017/11/26/aulos-diaulos-grecia/ https://www.vitantica.net/2017/11/26/aulos-diaulos-grecia/#respond Sun, 26 Nov 2017 02:00:07 +0000 https://www.vitantica.net/?p=953 Simile ad un flauto

L’ aulòs era uno strumento musicale a fiato usato nella Grecia antica, simile ad un flauto e composto da uno o due tubi di legno o osso (la forma a due canne era chiamata diaulòs).

Per quanto forma e utilizzo fossero molto simili a quelli di un flauto, l’ aulòs era uno strumento ad ancia mentre il flauto usa un labium all’imboccatura (una sorta di “fischietto” o un semplice foro).

Origine ed evoluzione dell’ aulos

L’origine mitologica dell’ aulòs si attribuisce ad Atena: dopo l’invenzione dello strumento, lo gettò via perché si rese conto che le sue guance si gonfiavano in modo poco aggraziato mentre lo suonava.

Secondo la leggenda, il satiro Marsia raccolse lo strumento e sfidò Apollo in una gara musicale, perdendo miseramente contro la divinità e finendo per essere scorticato vivo come punizione per la sconfitta.

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Gli esemplari di aulòi più antichi in nostro possesso sono stati scoperti a Koilada, Tessaglia, e risalgono ad oltre 6.000 anni fa. Si trattava di forme ancora rudimentali dello strumento: le canne, ottenute da ossa animali, disponevano di cinque fori posizionati irregolarmente lungo il tubo.

Per il primo aulòs “moderno” occorre aspettare qualche millennio: intorno al 2.700 a.C. fecero la loro comparsa nelle Cicladi le prime statue di auleti (suonatori di aulòs) e nei secoli successivi l’aulòs divenne un soggetto molto comune nelle decorazioni di vasi e anfore e fu largamente utilizzato nelle rappresentazioni delle tragedie e durante le cerimonie funebri.

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Struttura dell’ aulos

Un aulòs era generalmente realizzato in canna, osso o legno, ma non erano rari strumenti ricavati da materiali pregiati come l’avorio o il bronzo. Lo strumento disponeva di un’ancia semplice o doppia inserita in un bulbo (holmos) attaccato direttamente nella canna dello strumento, e un tubo lungo circa 40 centimetri (hypholmion) dotato di 5, 6 o 8 fori per modulare il suono prodotto.

Spesso due aulòs (diaulòs) venivano uniti per produrre un suono più ricco o una doppia melodia; all’inizio del IV secolo a.C. inoltre, il celebre musicista tebano Pronomos sviluppò un sistema di “collari” e chiavi che consentivano di estendere il numero di note di un aulòs tradizionale.

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Aulos

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Carnyx, il corno da battaglia celtico https://www.vitantica.net/2017/11/10/carnyx-corno-da-battaglia-celtico/ https://www.vitantica.net/2017/11/10/carnyx-corno-da-battaglia-celtico/#respond Fri, 10 Nov 2017 02:00:42 +0000 https://www.vitantica.net/?p=834 Il carnyx era uno strumento a fiato di bronzo utilizzato dai Celti e dai Daci tra il 300 a.C. e il 200 d.C.. La sua forma caratteristica a “S” allungata terminava con un’apertura superiore (campana) generalmente zoomorfa.

Il carnyx era utilizzato in guerra e viene citato direttamente da Giulio Cesare e Diodoro Siculo: serviva non solo a incitare le truppe in battaglia o a intimidire l’avversario, ma probabilmente anche ad impartire ordini di assalto o ritirata. Le sue dimensioni lo portavano a stagliarsi ben oltre le teste dei combattenti e a risuonare su tutto il campo di battaglia.

Uno dei carnyx di Tintignac
Uno dei carnyx di Tintignac

Fino al 2004 esistevano solo frammenti di 5 carnyx provenienti da Scozia (l’esemplare più completo, solo la campana a forma di testa di cinghiale è sopravvissuta), Francia, Germania, Romania e Svizzera, ma nel settembre 2004 un gruppo di archeologi ha scoperto un deposito di oggetti metallici a Tintignac, Francia, risalente al I secolo a.C.. All’interno di questo deposito, che conteneva centinaia di pezzi di spade, lance dalla punta di ferro, scudi ed elmi, sono stati rinvenuti ben 7 carnyx, uno dei quali quasi completo.

Replica del carnyx di Deskford
Replica del carnyx di Deskford

Quattro dei carnyx avevano una campana a forma di cinghiale, il quinto sembra raffigurare una sorta di rettile mostruoso e i due rimanenti avevano una campana a forma d’uccello. A partire dagli anni ’90 del secolo scorso sono state creare diverse repliche basate su principalmente sul carnyx scozzese (il carnyx di Deskford) e su quelli di Tintignac.

I video qui sotto mostrano (in ordine):


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Deskford carnyx

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Ascolta l’ antica ocarina precolombiana https://www.vitantica.net/2017/10/25/ascolta-l-antica-ocarina-precolombiana/ https://www.vitantica.net/2017/10/25/ascolta-l-antica-ocarina-precolombiana/#respond Wed, 25 Oct 2017 02:00:56 +0000 https://www.vitantica.net/?p=769 L’ ocarina è uno degli strumenti musicali a fiato più antichi della storia: alcuni esemplari cinesi risalirebbero a circa 12.000 anni fa. L’ocarina è stato strumento particolarmente importante per le culture mesoamericane almeno dal 2500 a.C. e sia Maya che Aztechi producevano svariate versioni di ocarine d’argilla, spesso raffiguranti animali sacri e utilizzate in rituali o celebrazioni religiose.

L’ocarina è un “flauto globulare”, essendo dotata di una camera di risonanza tonda e chiusa; per questa ragione è necessario regolare l’intonazione intervenendo sul numero e sulle dimensioni dei buchi e sul volume della camera di risonanza, operazioni spesso delicate che richiedono mani esperte e un orecchio attento.

Il suono dell’ocarina è caratteristico e lo strumento non è esente da difetti: è difficile trovare l’intonazione corretta intervenendo sul diametro dei fori e sull’ampiezza della cavità di risonanza, ed garantisce una scarsa flessibilità nella modulazione dell’intensità dei suoni prodotti.

Jose Cuellar, professore della San Francisco State University, è uno dei massimi esperti americani di ocarine d’argilla precolombiane, strumenti musicali molto comuni nelle società mesoamericane. Il video qui sotto mostra Cuellar mentre suona alcune delle ocarine reperite in diversi siti archeologici del Centro America.

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Ascolta la lira d’argento sumera https://www.vitantica.net/2017/10/12/ascolta-lira-argento-sumera/ https://www.vitantica.net/2017/10/12/ascolta-lira-argento-sumera/#comments Thu, 12 Oct 2017 02:00:39 +0000 https://www.vitantica.net/?p=647 Nel 1929, un gruppo di archeologi guidati da Sir Leonard Woolley scoprì cinque lire di legno vecchie di 5.000 anni sepolte in una tomba reale della città sumera di Ur. Gli strumenti erano stati riposti con ben poca cura all’interno della sepoltura e ogni resto organico si era ormai deteriorato a tal punto da essere irriconoscibile, ma due degli strumenti erano stati ricoperti da uno strato d’argento spesso quasi due millimetri e avevano mantenuto parte della forma originale, permettendo una ricostruzione abbastanza accurata della struttura di questi strumenti musicali.

Una di queste lire era lunga 97 centimetri e alta 110, decorata con una testa di toro dagli occhi di lapislazzuli e conchiglie. Assieme alle due lire d’argento furono scoperte altri due strumenti: l’arpa dorata di Ur (in oro, lapislazzuli e conchiglie) e la “lira della regina”, rinvenuta nella tomba della regina Puabi.

Peter Pringle, musicista ed esperto di strumenti musicali tradizionali e antichi, ha ricostruito fedelmente una di queste antiche lire sumere utilizzando legno di quercia e una copertura di acciaio per simulare le proprietà acustiche e la rigidità dell’argento (ed evitare una spesa di migliaia di dollari per procurarsi l’argento necessario).

Lo strumento ricostruito da Pringle è dotato di una camera di risonanza a cui sono collegate 11 corde di seta, mentre in antichità erano probabilmente utilizzate corde in budello (che producono suoni molto simili a quelli della seta).

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Ascolta l’hydraulis, l’antico organo greco ad acqua https://www.vitantica.net/2017/10/07/hydraulis-antico-organo-ad-acqua/ https://www.vitantica.net/2017/10/07/hydraulis-antico-organo-ad-acqua/#comments Sat, 07 Oct 2017 12:00:57 +0000 https://www.vitantica.net/?p=612 Lo strumento chiamato hydraulis fu creato dall’inventore greco Ctesibio di Alessandria, vissuto nel III secolo a.C.. Si tratta di un organo a canne che usa la pressione dell’acqua per pompare aria nelle canne, è l’antenato degli organi moderni e probabilmente il primo strumento a tastiera mai creato.

L’ hydraulis era manovrato da tre persone: due si occupavano di pompare aria nello strumento usando due pistoni-mantici mentre la terza eseguiva la melodia.

Ci sono numerose testimonianze archeologiche che riguardano l’ hydraulis, non solo dai testi del suo inventore ma anche da mosaici, riferimenti letterari e alcuni antichi resti parziali di questo strumento.

L’hydraulis viene citato da altre fonti antiche oltre agli scritti di Ctebisio, come Filone di Bisanzio (III secolo a.C:) ed Erone di Alessandria nel 62 d.C.. Per gli antichi Greci l’hydraulis non era un semplice strumento musicale, ma di un oggetto per usi cerimoniali.

Nel 1931, furono scoperti in Ungheria i resti di un hydraulis, accompagnati da un’iscrizione risalente al III secolo d.C.: sebbene le parti in legno e cuoio, come parte del telaio e i mantici interni dei pistoni, non sono sopravvissuti agli ultimi 2.000 anni di storia, le parti in metallo hanno consentito di ricostruire una replica funzionante seguita da molte altre, tra cui quella che potete ascoltare qui sotto.

Replica di hydraulis

Nel 1992 furono rinvenuti a Dion, Macedonia, i resti di un altro hydraulis risalente al I secolo a.C.. Questo strumento consisteva in 24 canne di differente lunghezza e dalla forma leggermente conica nella loro estremità inferiore.

Le prime 19 canne erano lunghe da 89 a 22 centimetri, con un diametro che diminuiva gradualmente passando da 2 a 1,5 centimetri. Le altre 5 canne erano di dimensioni più ridotte rispetto alle precedenti e quasi uniformi tra loro.

La tastiera era dotata di 24 tasti connessi alle canne metalliche (generalmente realizzate in bronzo) ed era in grado di produrre due ottave complete. 24 piccole valvole controllavano la pressione immessa nelle canne, permettendo di regolare accuratamente lo strumento.

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