magia – VitAntica https://www.vitantica.net Vita antica, preindustriale e primitiva Thu, 01 Feb 2024 15:10:35 +0000 it-IT hourly 1 Matthew Hopkins e il “The Discovery of Witches” https://www.vitantica.net/2020/10/05/matthew-hopkins-the-discovery-of-witches/ https://www.vitantica.net/2020/10/05/matthew-hopkins-the-discovery-of-witches/#comments Mon, 05 Oct 2020 00:19:25 +0000 http://www.vitantica.net/?p=4974 Quando si parla di stregoneria, sono due i principali eventi storici che vengono facilmente ricordati: la pubblicazione del Malleus Maleficarus, un testo intriso di superstizione e misoginia, e i processi per stregoneria di Salem.

I processi di Salem sono, in realtà, parte di una catena di eventi più ampia che coinvolse le colonie del New England e del Massachusetts. Ciò che accomuna questa serie di procedimenti giudiziari volti a determinare l’uso di magia nera da parte degli imputati è un testo pubblicato nel 1647 dal titolo “The Discovery of Witches“, il cui autore è ritenuto responsabile del 20% delle esecuzioni per stregoneria avvenute tra il XV e il XVII secolo in Inghilterra.

Matthew Hopkins, uno dei più celebri cacciatori di streghe della storia, svolse la sua attività contro la magia nera per soli 3 anni, ma fu un personaggio di enorme peso nei procedimenti giudiziari per stregoneria avvenuti nell’arco di oltre 50 anni.

Demoni e streghe

Nel 1599 Re Giacomo VI di Scozia scrisse una dissertazione filosofica sulla negromanzia contemporanea intitolandola “Daemonologie, In Forme of a Dialogue, Divided into three Books: By the High and Mighty Prince, James &c.“. L’opera includeva anche diversi studi di demonologia e magia nera, elencando informazioni sull’interazione tra demoni ed esseri umani e toccando anche figure mitologiche come vampiri e lupi mannari.

Re Giacomo non fu indotto a scrivere il “Daemonologie” spinto dalla sua passione per l’occulto, ma fu influenzato anche dallo svolgimento dei processi per stregoneria di North Berwick, iniziati nel 1590 e che culminarono con l’esecuzione di un celebre stregone nel 1591. Re Giacomo iniziò il suo libro affermando:

“La spaventosa abbondanza, in questo tempo e in questo paese, di questi detestabili schiavi del Demonio, streghe o incantatori, mi ha spinto (amato lettore) a pubblicare questo mio trattato per risolvere i dubbi sul fatto che questi assalti di Satana siano realmente praticati, e che sia necessario punirli severamente”.

Circa vent’anni dopo dalla pubblicazione del “Daemonologie” nacque Matthew Hopkins, figlio di un vicario puritano di Suffolk. Poco si conosce sulla sua infanzia e sulla sua educazione, ma sappiamo che rimase particolarmente colpito dai resoconti dei processi per stregoneria inglesi che si svolsero prima e dopo la sua nascita.

In giovane età Hopkins finì sotto l’ala protettrice di John Stearne, un cacciatore di streghe di Suffolk noto come “il pungolatore di streghe”. I due si incontrarono, secondo Hopkins, nel 1644 in occasione di un processo per stregoneria: Stearne aveva accusato di stregoneria 23 donne, e Hopkins fu scelto come assistente del cacciatore. Nel corso del processo 4 imputate morirono in prigione, mentre le rimanenti 19 furono trovate colpevoli e impiccate.

L’incontro tra Hopkins e Stearne culminò con la pubblicazione del “The Discovery of Witches“, un libro che influenzò enormemente la caccia alla streghe dei successivi 50-60 anni.

Cacciatori itineranti

Hopkins e Stearne iniziarono a viaggiare per l’ East Anglia con l’intento di eliminare streghe dal Suffolk, dall’Essex, dal Norfolk, dal Cambridgeshure e dall’Huntingdonshire, probabilmente muniti di salvacondotti che consentivano loro facili spostamenti tra le diverse contee coinvolte nella Guerra Civile Inglese.

Matthew Hopkins e il "The Discovery of Witches"

I due erano accompagnati da un seguito di donne e dichiaravano (senza ragione) di essere ufficiali del parlamento inviati con il preciso scopo di catturare e processare streghe. A spingerli non era la carità cristiana: i costi dei loro servizi servivano a coprire la compagnia e tre cavalli, e ammontavano a circa 20 scellini per città. In casi eccezionali i prezzi lievitavano enormemente: per la cittadina di Stowmarket furono richieste 23 sterline (l’equivalente di quasi 4.000 euro del 2020) più la copertura delle spese di viaggio.

Il Parlamento non era ignaro delle “gesta” di Hopkins e Stearne, soprattutto alla luce del fatto che la coppia impiegava metodi non convenzionali o non ufficialmente tollerati, come la tortura.

Il sistema di tortura preferito da Hopkins era la privazione del sonno: impedendo agli accusati di dormire per giorni interi, si tentava di sbriciolare ogni resistenza psicologica nei confronti degli accusatori, portando alla confessione di peccati o reati spesso mai commessi.

Stearne invece prediligeva il “pricking“: pungere con aghi o spilloni il corpo dell’accusato nel tentativo di provocare dolore o sanguinamento. Secondo le credenze popolari, chiunque non avesse provato dolore o non avesse sanguinato era di fatto invischiato nella magia nera.

In base alla stessa, assurda “logica”, una persona che non annega o galleggia dopo essere stata legata ad una sedia e immersa in acqua, deve essere considerata una strega: ha rinnegato il suo battesimo e di conseguenza dovrebbe essere respinta dall’acqua. Questo metodo fu abbandonato da Hopkins e Stearne nel 1645 a causa del fatto che era considerato illegale usare questo test senza il consenso dell’imputato.

I risultati di Hopkins

La coppia di cacciatori di streghe non fu esente da forti critiche fin dall’inizio del loro operato. Hopkins e Stearne furono interrogati per rispondere delle accuse di tortura e per chiarimenti sui prezzi che chiedevano per le loro prestazioni.

Al momento del loro ritiro, i due cacciatori di streghe avevano di certo accumulato una discreta fortuna: considerando che la retribuzione giornaliera di un agricoltore ammontava all’epoca a circa 6 pence, la base di 20 scellini richiesti ad ogni città equivaleva a circa un mese e mezzo di paga di un mezzadro.

Nel 1647 i due si ritirarono dall’attività, pubblicando nello stesso anno “The Discovery of Witches”, un libro che avrebbe costituito le basi per i processi di stregoneria nelle colonie nordamericane.

Il diretto operato di Hopkins e Stearne portò alla condanna per stregoneria di più persone rispetto ai precedenti 160 anni di caccia alle streghe. Si pensa che tra il 1644 e il 1647 Hopking sia stato coinvolto nell’esecuzione di oltre 100 donne accusate di stregoneria.

Matthew Hopkins – The Real Witch-Hunter
Matthew Hopkins
The Witch-finder General

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Acchiappasogni, l’amuleto della Donna Ragno https://www.vitantica.net/2020/01/13/acchiappasogni-amuleto-donna-ragno/ https://www.vitantica.net/2020/01/13/acchiappasogni-amuleto-donna-ragno/#respond Mon, 13 Jan 2020 00:09:06 +0000 https://www.vitantica.net/?p=4739 L’ acchiappasogni è uno oggetto ormai diffuso in molte case, come semplice ornamento o come elemento legato alla sfera spirituale individuale. Ma quanto realmente sappiamo su questo oggetto di origine nordamericana?

Ciò che viene definito “acchiappasogni” viene generalmente interpretato come strumento per allontanare sogni non desiderati, o per scacciare influssi negativi generati da umani di indole malvagia o da entità immateriali senza riposo. Il suo significato, tuttavia, ha subito cambiamenti nell’arco della storia umana, specialmente dopo la sua uscita dal contesto animista dei nativi americani.

L’origine dell’acchiappasogni

L’acchiappasogni è un oggetto legato alle culture tradizionali nordamericane: lo si può tipicamente trovare nelle tribù Cheyenne e Lakota, ma la sua vera origine sembra essere legata al popolo Ojibwe e alla figura della “Donna Ragno”.

L’etnografo francese Frances Densmore registrò nel 1929 una leggenda Ojibwe che narrava il mito della creazione dei primi acchiappasogni: si trattava di ragnatele simboliche realizzate per ingraziarsi Asibikaashi, o Donna Ragno, una divinità di primaria importanza per molte culture nordamericane ed entità che veglia sui bambini e protegge gli esseri umani.

Con la diffusione degli Ojibwe su tutto il territorio nordamericano, dice la leggenda, Asibikaashi iniziò ad incontrare difficoltà nel raggiungere tutti i bambini sotto la sua tutela; per semplificarle il compito, le madri e le nonne Ojibwe iniziarono a realizzare finte ragnatele utilizzando rami di salice, fibre vegetali e tendini per fare in modo che l’influenza positiva della Donna Ragno potesse raggiungere ogni angolo del continente.

Nella cultura Ojibwe, l’acchiappasogni viene chiamato asabikeshiinh, che significa “ragno”, oppure asubakacin (“simile ad una rete”), e il suo scopo principale è quello di fungere da talismano protettivo per i bambini. Come spiega Densmore:

“Ogni neonato viene dotato di talismani protettivi. Un esempio di questi sono le “ragnatele” appese sulle culle. Nei vecchi tempi queste reti venivano realizzate con fibre di ortica. Due ragnatele venivano solitamente intessute nell’anello [dell’acchiappasogni], e si diceva che potessero catturare ogni influsso malvagio presente nell’aria come una ragnatela cattura e trattiene qualunque cosa venga in contatto con essa”.

La Donna Ragno

La figura della Donna Ragno è un elemento comune di molte culture nordamericane, e si presenta con diversi nomi: Kokyangwuti o Gogyeng Sowuhti per gli Hopi, Na’ashjé’ii Asdzáá tra i Navajo, per il popolo Pueblo invece si chiama Tse-che-nako o Sussistanako. Si tratta di un’entità di primaria importanza, come dimostra il mito della creazione della cultura Hopi.

La storia della creazione del mondo inizia con la divinità solare Tawa e la Donna Ragno (Kokyangwuti), identificabile come la divinità della Terra. Le due entità divine si separano per poter dare alla luce divinità minori e creare tutto ciò che esiste sul pianeta.

Dopo qualche tempo, Tawa e Kokyangwuti realizzarono che le creature da loro generate non erano dotate di una vera e propria vita; decisero quindi di donare loro un’anima prima di procedere alla creazione degli esseri umani primordiali. Fatto questo, la Donna Ragno separò gli esseri umani in differenti tribù, guidandoli nelle Quattro Grandi Caverne della tradizione Hopi, spiegando loro quali fossero i ruoli naturali dell’ uomo e della donna e illustrando i rituali sacri da seguire.

Acchiappasogni Ojibwe in salice rosso
Acchiappasogni Ojibwe in salice rosso

In un’altra versione Hopi della creazione, la Donna Ragno, chiamata Gogyeng Sowuhti, è l’assistente di Tawa inviata tra le creature viventi per diffondere la parola del dio. Tawa non era contento del fatto che le sue creazioni non riuscissero a capire come vivere correttamente; inviò quindi la Donna Ragno per insegnare agli esseri umani i riti sacri, la tessitura e la ceramica.

Dopo qualche tempo, gli uomini iniziarono ad allontanarsi da Tawa. La Donna Ragno fu nuovamente inviata tra gli umani per avvisare i pochi rimasti sulla retta via che era il momento di allontanarsi dagli altri per raggiungere il “mondo di sopra”, dove avrebbero condotto un’esistenza illuminata in compagnia di entità divine.

I significati dell’acchiappasogni

Il tipico acchiappasogni Ojibwe ha un telaio in rami di salice, noti per la loro flessibilità, e una tela di fibre vegetali o tendine. Il telaio ha solitamente una forma circolare o a goccia, e ha un diametro tra i 7 e i 12 centimetri; se il telaio è troppo grande, il potere dell’ acchiappasogni potrebbe risentirne.

Al centro dell’ acchiappasogni si trova generalmente una piccola apertura, che consentirebbe ai sogni di natura positiva di passare; i sogni vengono poi “filtrati” dalle penne d’uccello che pendono dall’oggetto fino a raggiungere la mente sognante del bambino protetto dall’amuleto.

Nella realizzazione di un acchiappasogni era rilevante il numero di punti di giunzione tra la ragnatela e il telaio di salice. Nella tradizione Ojibwe, i punti di contatto dovevano essere otto come le zampe di un ragno, mentre in altre tradizioni erano sette come il numero delle “grandi profezie”. In alcune culture i punti di contatto potevano variare da 5 (il numero delle forme del cielo) a 28 (la durata in giorni del mese lunare).

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A partire dagli anni ’60 del 1900, l’ acchiappasogni ha assunto un significato più ampio di quello originale, divenendo un simbolo di unità tra le culture di nativi nordamericani. La popolarità riscossa da questo talismano ha contribuito a snaturarne il suo significato originale: se realizzato per la commercializzazione, spesso contiene materiali o forme che tradizionalmente venivano considerati controproducenti per lo scopo dell’ acchiappasogni, se non addirittura offensivi per le culture native.

Where did the Ojibwe dream catcher come from?
Native American Dream Catchers
Spider Grandmother
Dreamcatcher

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Picatrix e magia medievale https://www.vitantica.net/2019/06/14/picatrix-magia-medievale/ https://www.vitantica.net/2019/06/14/picatrix-magia-medievale/#respond Fri, 14 Jun 2019 00:10:24 +0000 https://www.vitantica.net/?p=4298 Per coloro che non hanno mai manifestato interesse per l’occultismo medievale, il nome Picatrix potrebbe dire ben poco o nulla; ma questo testo astrologico di 400 pagine rappresentò un vero e proprio caposaldo della magia medievale e rinascimentale, un compendio di nozioni astrologiche, alchemiche e magiche diffuse in Medio Oriente.

Chi scrisse il Picatrix?

Il Picatrix è una collezione di credenze magiche del Medio Oriente, una sorta di manuale di magia astrologica. Scritto in arabo tra il 1047 e il 1051, alla metà del XIII secolo fu tradotto in spagnolo per volere di Alfonso X di Castiglia, appassionato di astrologia e di occultismo. La versione latina fu realizzata successivamente alla traduzione in spagnolo a partire dalla fine del XV secolo.

Lo storico arabo Ibn Khaldun attribuì la paternità del Picatrix a Maslama al-Magriti (probabilmente Abu Maslama Muhammad ibn Ibrahim ibn Abd al-da‘im al- Marjti, un celebre matematico e alchimista arabo), vissuto tra il X e l’ XI secolo; non esiste tuttavia alcun accenno all’opera nelle biografie di al-Majriti e la data di realizzazione del manoscritto non è coerente con quella del decesso dell’alchimista, morto tra l’anno 1004 e il 1008.

Secondo le analisi degli storici, il Picatrix è una raccolta di nozioni prelevate da oltre 200 differenti testi di magia e astrologia che circolavano durante il X-XI secolo, come il De Imaginibus di Thabit Ibn Qurra e altri documenti di origine ellenica e mediorientale.

Il titolo originale in arabo, Ghâyat al-Hakîm (“L’obiettivo del Saggio”), fu successivamente tradotto in Picatrix per ragioni non ancora chiarite. E’ possibile che si tratti di una traslitterazione scorretta del termine “Buqratis“, che appare cinque volte nel secondo libro del documento e che inizialmente fu interpretato dagli storici come un riferimento a Ippocrate.

Chi scrisse il Picatrix?

L’ipotesi di un nesso con il padre della medicina fu successivamente scartata per via della presenza di riferimento al medico greco con il nome Ypocras, anche se alcuni ricercatori, come lo studioso di filosofia araba Henri Corbin, continuano a propendere per l’ipotesi del legame con Ippocrate.

Ciò che sappiamo per certo, tuttavia, è che intorno al XIV secolo il Picatrix, nella sua versione in spagnolo e in latino, riscosse un enorme successo in tutta Europa e finì sugli scaffali di molte librerie del tempo. La Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze custodisce una copia del testo latino effettuata nel 1536.

Il contenuto del Picatrix

Anche se alcuni studiosi medievali consideravano il Picatrix una raccolta di superstizioni prive di alcun valore reale, altri ritenevano il libro un’opera pericolosa. Il Picatrix contiene infatti incantesimi che spaziano dal controllo degli agenti atmosferici all’evocazione di creature soprannaturali, e una serie di informazioni magico-astrologiche utili per chiunque avesse desiderato diventare un praticante di occultismo.

Il Picatrix è diviso in 4 libri, suddivisi a loro volta in capitoli. Nel Primo Libro viene descritto a grandi linee il “firmamento” e l’effetto generale che ha sulla sfera soprannaturale, fornendo descrizioni di cosa sia realmente la magia e del suo impatto sulla vita reale.

Il Secondo Libro si concentra sull’effetto dettagliato delle dinamiche celesti sul mondo materiale, di come i pianeti, la Luna e le stelle possano essere usate per attività magico-divinatorie con accenni al mondo induista e delle sue influenze sul contenuto dell’opera.

Quattro immagini di Saturno in una pagina del Picatrix custodito alla Biblioteka-Jagiellonska
Quattro immagini di Saturno in una pagina del Picatrix custodito alla Biblioteka-Jagiellonska

Nel Terzo Libro si scende ulteriormente nel dettaglio dei pianeti e delle loro sfere d’influenza, di come possano interagire con animali, piante e minerali per ottenere effetti benefici o, al contrario, causare sofferenza e distruzione.

Il Quarto Libro è incentrato sull’evocazione di creature soprannaturali. Spiega come evocare spiriti e demoni usando diverse pratiche rituali allo scopo di ottenere conoscenza o piegarli al proprio volere.

Il Picatrix si propone essenzialmente come una guida verso l’esaudimento dei propri desideri utilizzando la magia astrologica e il mondo soprannaturale. Usando una serie di giustificazioni filosofiche, l’autore del testo propone l’idea che tutte le pratiche magiche contenute nel libro non siano in contrasto con la sfera religiosa, ma siano al contrario approvate dalle entità divine, se non addirittura coadiuvate da esse.

Gli incantesimi del Picatrix
Incantesimo di distruzione

Il Picatrix riporta un incantesimo in grado di creare una landa desolata a patto di eseguire il rituale nei modi e nei tempi più corretti. L’incantesimo prevede l’uso di una sottile lastra di piombo (un oggetto comune nelle pratiche magiche ellenica) da posizionare nell’area da inaridire e da decorare con simboli magici usando il fluido cerebrale di un maiale; fino a quando la lastra rimarrà in posizione, nessun essere vivente oserà addentrarsi in quella landa desertica.

L’anello del potere

Il Picatrix è principalmente un testo di magia astrologica e fa spesso riferimento ai pianeti del Sistema Solare. Per sfruttare al meglio il potere soprannaturale fornito dai pianeti e dagli astri, il Picatrix consiglia di creare anelli utilizzando materiali di diversa natura: ad esempio, per evocare il potere di Saturno è necessario fabbricare un anello di piombo e turchesi e incidervi un uomo che cavalca un drago mentre brandisce una falce.

Secondo l’autore, se si indossa l’anello le forze oscure saranno ben disposte verso l’utilizzatore, e si potrà controllare esseri umani, scorpioni, serpenti e topi, oltre a poter conoscere i segreti più profondi dell’animo umano e delle forze astrali. Il tutto a patto di non entrare in posti scuri e di non consumare carne speziata con aneto.

Immagine di Venere in una pagina del Picatrix
Immagine di Venere in una pagina del Picatrix
Veleni ed elisir

Il Picatrix contiene diverse ricette di veleni ed elisir; alcune prevedono l’uso di ingredienti particolari, rari o semplicemente disgustosi: sudore di maiale, cervello d’asino, grasso di scimmia o urina di gatto nero.

Una delle ricette più complesse prevede l’uso di un rospo:

“Fissare ogni zampa con un chiodo. Colpire il rospo con un bastone. Pian piano, si gonfierà e si arrabbierà, espellendo un triplo veleno a tre colori. Collocare un recipiente sotto l’animale e prelevare il veleno. Alla fine liberarsi del rospo. Lettere, cibo e alte cose diventano mortali se unti con questo veleno. Se si lascia il veleno a fermentare in un vaso di piombo diventerà ancora più potente. Se si distillerà il veleno fermentato, penetrerà maggiormente nei tessuti.”

Il potere di Marte

Il Picatrix suggerisce che ogni pianeta può essere utilizzato per causare dolore o morte in base alla necessità. Saturno, ad esempio, può essere usato contro agricoltori e padri, mentre il Sole è efficace contro medici e filosofi; la Luna, invece, causa sofferenza nei regnanti e negli esattori delle tasse.

Marte sembra essere un pianeta “multiuso” adatto a causare dolore a chiunque. Secondo l’autore del Picatrix, il pianeta Marte è all’origine delle guerre, della deposizione di nobiluomini e sovrani, dei cattivi pensieri degli uomini malvagi.

Specchio magico

Lo specchio magico è uno strumento divinatorio rimasto in voga per molti secoli. Il Picatrix sostiene che uno specchio magico debba essere realizzato in oro o in argento seguendo un procedimento molto complesso, che prevede ingredienti come capelli di donna, seta, rami di pruno, incenso, sangue e sperma.

Attorno allo specchio occorre incidere i nomi di sette stelle, sette angeli e sette venti. Se il procedimento viene seguito alla lettera, lo specchio magico sprigionerà tutto il suo potere:

“Se si gette lo sguardo nello specchio e lo si custodisce al meglio, sappi che attraverso di esso unirai uomini, venti, spiriti, demoni, i viventi e i morti. Tutto ti obbedirà ed eseguirà il tuo comando…Avrai potere sui venti, sugli esseri umani e sui demoni, e farai ciò che vuoi. Quando sarai lavato e pulito, chiamali; verranno da te con obbedienza. Lavati su un catino o qualunque contenitore pulito pieno d’acqua. Osserverai il compimento di ciò che brami.”

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Picatrix : the Latin version of the Ghayat al-?akim / edited by David Pingree.
Picatrix: A Medieval Treatise on Astral Magic
How to become an EVIL wizard – medieval magic from Picatrix
Il trattato sul Picatrix e i suoi rapporti con la magia
The Picatrix

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La maledizione del fruttivendolo https://www.vitantica.net/2019/05/22/maledizione-del-fruttivendolo/ https://www.vitantica.net/2019/05/22/maledizione-del-fruttivendolo/#respond Wed, 22 May 2019 00:10:58 +0000 https://www.vitantica.net/?p=4177 Dopo quasi 90 anni dalla sua scoperta all’interno di un’antica fonte della città di Antiochia, è stata decifrata interamente una lamina di piombo risalente a 1.700 anni fa. L’iscrizione si è rivelata essere una maledizione invocata contro un fruttivendolo.

Maledetto fruttivendolo

Scritto in greco su una lamina di piombo, il testo invoca la potenza di Dio (Iao, uno dei nomi con cui ci si riferiva a Yahweh) contro un uomo di nome Babylas, un venditore di frutta e verdura. La tavoletta riporta anche il nome della madre della vittima, Dionysia.

L’artefatto è stato scoperto in un pozzo di Antiochia intorno agli anni ’30 del 1900, ma al tempo della scoperta fu effettuata solo una traduzione parziale. Il lavoro di traduzione completa è stato eseguito da Alexander Hollmann della University of Washington nel 2012.

La maledizione recita:

“O Iao che scagli lampi e saette, colpisci, colpisci e abbatti Babylas il venditore di frutta. Come hai colpito il carro del faraone, colpisci la sua offesa. O Iao che scagli lampi e saette, come uccidesti il primogenito d’Egitto, uccidi il suo bestiame […]”.

L’artefatto è singolare, perché fino ad ora non era mai stata rinvenuta una maledizione contro un fruttivendolo. Esistono diverse tavolette magiche che hanno come bersaglio  gladiatori, sovrani e mercanti, ma mai ad un venditore di frutta.

La lastra di piombo che riporta incisa la maledizione
La lastra di piombo che riporta incisa la maledizione

“In alcune maledizioni vengono citate altre persone e la loro professione, ma non mi sono mai imbattuto in un fruttivendolo” afferma Hollmann.

Non è noto il nome della persona che scagliò  la maledizione contro il povero venditore di frutta, per cui si può soltanto ipotizzare la causa scatenante del maleficio.

“Ci sono maledizioni legate ad affari di cuore, ma questa non ha lo stesso tipo di linguaggio. Non è da escludere che la ragione fosse legata a motivi di business o commerciali. Ogni mercante aveva la sua zona, il suo territorio, e le rivalità erano comuni”.

Il nome “Babylas” suggerirebbe che il bersaglio del maleficio fosse un cristiano. Babylas era infatti il nome del Vescovo di Antiochia, ucciso intorno al III° secolo per via delle sue credenze religiose.

Nomi potenti

Il linguaggio usato nell’iscrizione ha inizialmente fatto pensare che l’autore fosse ebreo. “Non credo ci sia necessariamente una connessione con la comunità ebraica. La magia greca e romana incorporava testi ebraici senza nemmeno comprenderli interamente”.

Il riferimento al Vecchio Testamento potrebbe essere legato esclusivamente alla potenza che si attribuiva al testo sacro. “Potrebbe semplicemente essere che il Vecchio Testamento fosse considerato un testo molto potente, e la magia gioca con testi e nomi potenti. E’ questo che fa funzionare la magia, o che fa credere alla gente che funzioni”.

La lastra di piombo che riporta incisa la maledizione

I katadesmos

La tavoletta è molto simile alle “tavole magiche” (katadesmos) greche, tipicamente incise nel piombo a piccole lettere e sepolte nei pressi di tombe o santuari per ingraziarsi i favori delle entità sovrannaturali.

Uno dei più celebri katadesmos è la tavola di Pella, un testo inciso su un rotolo di piombo. Secondo la ricostruzione degli archeologi, Dagina, colei che incise la tavoletta, si rivolge a divinità soprannaturali per impedire che Dionysophon, il suo amato, non sposi Thetima, una rivale in amore.

Il rotolo recita:

“Sulle nozze di [Theti]ma e Dionysophon io invoco una maledizione, su tutte le altre
donne, vedove e vergini, ma in particolare su Thetima, e mi affido a Makron e
[ai] demoni che solo quando io scavo e srotolo e ri-leggo questo,
possono loro sposare Dionysophon; ma non prima; e non possa lui sposare qualsiasi donna, ma me;
e io possa diventare vecchia insieme a Dionysophon, e nessun altro; Io [sono] la tua supplicante:
Abbiate pietà della [vostra cara] Dagina(?), cari demoni, perché io sono abbandonata da tutti i miei cari.
Ma tenete presente la mia causa, in modo tale che questi eventi non accadano e la misera Thetima perisca miseramente
e a me concedete gioia e felicità.”

Nelle tavolette greche katadesmos si citano spesso divinità come Ermes, Caronte, Ecate e Persefone, oltre che i nomi dei cari estinti, per infondere potenza all’incantesimo. Il riferimento a Yahweh nella tavoletta di Antiochia, quindi, potrebbe essere soltanto l’evocazione dell’entità divina più potente della regione.

Deciphered Ancient Tablet Reveals Curse of Greengrocer

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