intelligenza – VitAntica https://www.vitantica.net Vita antica, preindustriale e primitiva Thu, 01 Feb 2024 15:10:35 +0000 it-IT hourly 1 I nostri antenati erano più intelligenti e astuti di noi? https://www.vitantica.net/2018/02/19/antenati-piu-intelligenti/ https://www.vitantica.net/2018/02/19/antenati-piu-intelligenti/#respond Mon, 19 Feb 2018 02:00:06 +0000 https://www.vitantica.net/?p=1138 Uno dei meccanismi principali che regola l’evoluzione delle specie del nostro pianeta è la pressione che un ecosistema esercita sulle varie fasi del ciclo vitale di un organismo.

L’essere umano si è spesso trovato a subire varie forme di pressione dall’ambiente che lo circondava: i cambiamenti climatici, i grandi predatori e i cicli di estinzione di animali e piante hanno costretto i nostri antenati a spremere le meningi e a sviluppare un ingegno sofisticato per risolvere i problemi quotidiani.

La necessità di aguzzare l’ingegno

Il mondo moderno ci offre un’incredibile gamma di strumenti e tecnologie che semplificano enormemente la nostra vita, a partire da un semplice accendino a gas: ci consente di avere il fuoco a portata di mano con il minimo sforzo e un ingombro irrilevante.

In passato, generare una fiamma era spesso un procedimento relativamente complicato che comportava una certa perizia, ed era frequentemente ostacolato dalla semplice umidità ambientale o dalle imperfezioni dei materiali utilizzati.

Astuzia e conoscenza erano quindi armi fondamentali nell’arsenale intellettivo dei nostri antenati: la dura vita a contatto con gli elementi li costringeva a trovare soluzioni spesso creative a problemi oggi ritenuti semplici, o addirittura banali, ma che in una cultura semi-primitiva possono costituire un serio pericolo per la sopravvivenza di un’intera comunità.

Secondo alcuni ricercatori, la stessa pressione che ha contribuito a plasmare e a far evolvere il nostro cervello sta progressivamente sparendo dal mondo moderno, rendendo sempre meno necessario l’utilizzo delle nostre risorse intellettive per sopravvivere all’ambiente che ci circonda.

Scarsa pressione evolutiva

Questa ipotesi è stata proposta nel 2012 da una studio, pubblicato sulla rivista Trend in Genetics, in cui gli autori sostengono che la pressione evolutiva sull’essere umano si sia fatta sempre più lieve a partire dai primi insediamenti agricoli di migliaia di anni fa.

“Lo sviluppo delle nostre abilità intellettive e l’ottimizzazione di migliaia di geni coinvolti nell’intelligenza si è probabilmente verificata in gruppi dispersi di individui prima che i nostri antenati emergessero dall’Africa” spiega Gerald Crabtree, membro del team di ricerca della Stanford University.

Quando vagavano liberi per le savane africane alla ricerca di un pasto facile, i nostro progenitori erano dotati di un bagaglio di abilità emerso col tempo dalle loro necessità di sopravvivenza: modellare una pietra o un pezzo di legno, ad esempio, poteva garantire un vantaggio di importanza vitale contro la megafauna preistorica, o un utilissimo supporto per la cattura di grosse prede ad alto contenuto proteico.

Agricoltura e limiti intellettivi

Secondo Crabtree, dopo la diffusione dell’agricoltura e con l’emergenza di strutture sociali organizzate per la produzione di cibo e utensili, i nostri antenati che vivevano in aree densamente popolate iniziarono a perdere molte delle capacità che possedevano durante la fase da cacciatori-raccoglitori.

Agricolture e intelligenza

Queste abilità, non più necessarie in una vita sedentaria, fecero posto ad altre capacità la cui importanza a fini evolutivi è decisamente meno rilevante: in un insediamento urbano non ha alcun senso preoccuparsi costantemente di ogni fase della semina e del raccolto, dato che ci sono pochi membri altamente specializzati che si occupano della produzione agricola per conto dell’intera comunità (leggi questo articolo sulle conseguenze negative dell’agricoltura neolitica).

“Un cacciatore-raccoglitore che non escogitava una soluzione efficace per ottenere cibo o riparo era probabilmente destinato a morire, e con lui tutta la sua progenie, mentre oggi un dirigente di Wall Street che compie un errore concettualmente simile riceve un bonus cospicuo e risulta un partner più attraente. E’ chiaro che la selezione evolutiva estrema è ormai una cosa del passato” spiega Crabtree.

Effetto Flynn

La conclusione dei ricercatori sembra in contrasto con i dati che riguardano i cambiamenti di quoziente intellettivo nelle popolazioni del pianeta nell’arco degli ultimi 100 anni: la media si è alzata sensibilmente rispetto ai secoli passati, un fenomeno definito “Effetto Flynn” e che mostra un aumento diffuso e indipendente dalla cultura del valore medio del quoziente intellettivo.

Ma i dati relativi all’Effetto Flynn potrebbero rappresentare solo un quadro parziale per via del fatto che il calcolo del quoziente intellettivo non tiene in considerazione diverse tipologie di intelligenza, limitandosi a quella logico-matematica.

Secondo Crabtree, entro 120 generazioni (circa 3.000 anni), l’intera popolazione umana subirà gli effetti di almeno due mutazioni in grado di compromettere le nostre capacità intellettive o emotive.

Queste alterazioni saranno lente ma progressive: “Credo che in futuro conosceremo ognuna delle milioni di mutazioni umane che possono compromettere le nostre funzioni intellettive, e come queste mutazioni interagiscano con altri processi e con i fattori ambientali” sostiene Crabtree.

“Raggiunto quel traguardo, forse saremo in grado di correggere magicamente ogni mutazione in ogni cellula di un organismo indipendentemente dalla sua fase di sviluppo. A quel punto, il brutale processo di selezione naturale non sarà più necessario”.

Allarmismo inutile?

Non molti ricercatori condividono i risultati di Crabtree: il fatto che si verifichino mutazioni nei geni coinvolti nell’intelligenza non significa che il genere umano stia inevitabilmente diventando più stupido. La diversificazione del nostro corredo genetico ha infatti contribuito a creare una popolazione eterogenea anche nelle capacità intellettive.

“Non c’era uno Stephen Hawking 200.000 anni fa” spiega Thomas Hills, psicologo della University of Warwick. “Ma ora abbiamo persone dotate delle sue capacità e che fanno scoperte che non avremmo mai realizzato continuando a vivere nell’ambiente a cui si erano adattati i nostri antenati”.

Se decine di migliaia di anni fa occorreva il giusto mix di intelligenza visivo/spaziale e cinestetica, il passaggio all’agricoltura ha consentito ad altre intelligenze di emergere e occupare un ruolo predominante all’interno del set di abilità indispensabili all’uomo moderno: uccidere un cervo con un preciso colpo di lancia poteva tornare molto utile 40.000 anni fa, ma all’interno di un ufficio (ambiente di lavoro tipico di centinaia di milioni di persone) è una competenza priva di alcuna funzione pratica.

Study suggests humans are slowly but surely losing intellectual and emotional abilities

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Quanto sono intelligenti gli animali? https://www.vitantica.net/2017/09/13/quanto-intelligenti-gli-animali/ https://www.vitantica.net/2017/09/13/quanto-intelligenti-gli-animali/#respond Wed, 13 Sep 2017 07:00:17 +0000 https://www.vitantica.net/?p=175 L’essere umano si è distinto dal resto delle specie animali grazie al raggiungimento di traguardi incredibili, soprattutto considerando le nostre origini da cacciatori-raccoglitori.

Ogni sfida superata e ogni successo ottenuto nel corso della storia umana hanno contribuito a convincerci della nostra superiorità intellettiva rispetto a cani, delfini, orsi o pesci, ma la realtà documentata dalla scienza moderna sembra essere ben differente.

“Per millenni, ogni genere di autorità, da quella religiosa a quella scientifica, ha ripetuto lo stesso concetto fino alla nausea: l’essere umano è straordinario in virtù del fatto che è l’essere vivente più intelligente dell’intero regno animalesostiene Arthur Saniotis, ricercatore della University’s School of Medical Sciences. “Tuttavia, la scienza ci dice chiaramente che gli animali possono avere facoltà cognitive superiori a quelle dell’essere umano”.

La superiorità intellettiva umana è un mito da sfatare

L’idea della superiorità umana sembra nascere nel periodo della Rivoluzione Agricola, circa 10.000 anni fa, quando l’aver domato alcune specie del regno vegetale come i cereali convinse l’uomo della sua superiorità sul resto della natura.

Dopo le prime piante addomesticate venne il momento del regno animale: i nostri antenati si convinsero ulteriormente di essere più intelligenti degli animali perché possedevano la capacità di controllarli e selezionarli.

Il problema della superiorità intellettiva umana risiede nel fatto che l’essere umano e gli animali dimostrano spesso livelli di intelligenza molto simili, con la differenza che gli animali utilizzano le loro capacità cognitive in ambiti del tutto differenti da noi, portando ad un’errata interpretazione del loro grado di intelligenza.

“Il fatto che gli animali possano non comprenderci, insieme al fatto che noi non riusciamo a capirli, non significa che le nostre ‘intelligenze’ si trovano a livelli differenti, sono soltanto di tipo diverso” spiega Maciej Henneberg, professore di anatomia antropologica e comparativa della School of Medical Sciences.

“Quando uno straniero tenta di comunicare utilizzando una versione imperfetta del nostro linguaggio, la nostra impressione è che non sia molto intelligente. Ma la realtà è molto diversa”.

intelligenza animale
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Animali e le 9 intelligenze

Rispetto a qualche decade fa, quando si parlava di intelligenza in modo estremamente generico, oggi siamo arrivati a distinguere fino a nove ambiti distinti d’ intelligenza: se l’essere umano eccelle, per esempio, nell’intelligenza musicale, linguistica e logico-matematica, la maggior parte delle specie animali è letteralmente imbattibile in una o più nicchie differenti, come nello sfruttamento dell’ intelligenza naturalistica e di quella corporeo-cinestetica.

“Gli animali esibiscono diversi tipi di intelligenze che sono stati finora sottovalutati per colpa della fissazione umana per il linguaggio e per la tecnologia. Alcuni mammiferi, come i gibboni, possono produrre una vasta gamma di suoni, circa 20 suoni diversi con differenti significati che consentono a questi primati di comunicare attraverso la foresta tropicale. Il fatto che non costruiscano case [contrariamente all’essere umano] è del tutto irrilevante per i gibboni”.

In effetti, il ragionamento non fa una piega. Alcune tribù umane considerate “incontaminate” per l’assenza di contatti con la civiltà moderna continuano a comunicare con un bagaglio linguistico estremamente ridotto, spesso costituito da “click” e fischi.

Non sentono nemmeno la necessità di possedere una casa per ogni famiglia, condividendo lo stesso tetto con il resto della comunità; e la loro necessità di essere protetti dagli agenti atmosferici deriva esclusivamente dal fatto che, al contrario dei gibboni o di moltissimi altri animali, il corpo nudo dell’essere umano non è “a prova di clima”.

Come alcuni animali sembrano non essere particolarmente portati per le lingue o la matematica, l’essere umano non è dotato di alcuni meccanismi biologici estremamente complessi che coinvolgono necessariamente un elaboratissimo grado di computazione da parte di un cervello animale.

“Molti quadrupedi lasciano impronte olfattive complesse nell’ambiente in cui vivono, e alcuni, come i koala, hanno speciali ghiandole pettorali per lasciare tracce olfattive. Gli esseri umani, con il loro limitato senso dell’olfatto, non possono nemmeno afferrare la complessità dei messaggi contenuti in questo sistema di comunicazione, che può essere ricco d’informazioni quanto il mondo visivo”.

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L’esperimento dell’elefante

Noi esseri umani siamo abituati a dimostrare la nostra intelligenza logico-linguistico-matematica attraverso la comunicazione verbale o scritta, comportamento che ha pregiudicato moltissimi esperimenti volti a rilevare il livello di intelligenza animale.

Per quale motivo? Semplice: non possiamo pretendere che il resto del regno animale possa o voglia comunicare nel modo in cui comunicano solo poche specie del pianeta. Come non possiamo pretendere che, per misurare la loro intelligenza, si parta da parametri quasi esclusivamente tarati sulla nostra specie.

Gli elefanti, per esempio, sono stati tra i primi mammiferi ad essere esaminati, specialmente per valutare la loro capacità di utilizzare oggetti per risolvere un problema. Questa caratteristica, che sicuramente ha contribuito in buona parte al successo dell’essere umano, è da sempre considerata un sintomo di intelligenza.

Agli elefanti è stato dato un bastone tramite l’utilizzo del quale era possibile raggiungere del cibo altrimenti fuori dalla portata dei questi pachidermi. Curiosamente gli elefanti, sebbene siano noti per la loro intelligenza e memoria, non hanno utilizzato il bastone per ottenere il cibo, nonostante si siano dimostrati capaci di localizzare il cibo e di afferrare il bastone con la proboscide.

L’esperimento suscitò qualche grattacapo fino a quando i ricercatori individuarono un errore di fondo nel test: afferrare il bastone con la proboscide lasciava gli elefanti privi del tatto e dell’olfatto, sensi su cui fanno affidamento in modo molto più massiccio rispetto alla vista quando sono alla ricerca di cibo.

Non appena il bastone fu sostituito da una scatola (da spostare per raggiungere il cibo), gli elefanti hanno ottenuto la ricompensa in brevissimo tempo calciando ripetutamente la scatola.

Stiamo sottostimando enormemente l’intelligenza animale

Questo è solo un esempio di come tendiamo ad interpretare l’intelligenza animale secondo parametri del tutto inadatti. Gli scoiattoli, ad esempio, fingono di seppellire i semi di cui sono ghiotti se si accorgono di essere osservati, dimostrando di essere in grado di pensare al futuro e di saper depistare potenziali competitori per il cibo.

I corvi invece sono in grado di costruire uncini utilizzando cavi metallici allo scopo di ottenere cibo altrimenti irraggiungibile, esprimendo una capacità di problem-solving incredibile soprattutto considerando che i loro unici strumenti di manipolazione sono le zampe e il becco.

E che dire dei calabroni, capaci di risolvere problemi più velocemente di un computer quando si tratta di calcolare il percorso migliore per raggiungere una serie di punti (o fiori) nello spazio tridimensionale?

La realtà è che stiamo ampiamente sottovalutando l’intelligenza animale per via di parametri di ricerca sbagliati e preconcetti che ci impediscono di cogliere le incredibili espressioni cognitive dei nostri parenti più o meno prossimi.

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