armatura – VitAntica https://www.vitantica.net Vita antica, preindustriale e primitiva Thu, 01 Feb 2024 15:10:35 +0000 it-IT hourly 1 Il cuir bouilli, cuoio bollito e corazze medievali https://www.vitantica.net/2019/09/06/il-cuir-bouilli-cuoio-bollito-e-corazze-medievali/ https://www.vitantica.net/2019/09/06/il-cuir-bouilli-cuoio-bollito-e-corazze-medievali/#comments Fri, 06 Sep 2019 00:10:25 +0000 https://www.vitantica.net/?p=4496 Anche se la cinematografia e la letteratura ci hanno abituati ad armature metalliche molto elaborate ed estremamente resistenti, la realtà è che nel corso della storia militare umana lavorare il metallo ha sempre rappresentato un’opera complessa e costosa.

Gli eserciti dell’antichità, di fronte a spese ingenti per rivestire di placche o di anelli metallici i loro soldati, preferivano investire in armature prodotte con materiali più poveri e comuni. Armature di lino, osso, corno e carta sono state utilizzate per secoli o millenni nelle più svariate regioni del mondo; al cuoio, tuttavia, spetta un ruolo da protagonista nella storia dei materiali protettivi.

Come spiegato sinteticamente in questo post, le molteplici tecniche di concia della pelle consentivano di ottenere materiali dalle diverse proprietà meccaniche, dalla pelle leggera e morbida adatta alla fabbricazione di abiti fino al cuoio spesso e rigido impiegato per suole di scarpe, cinture e scudi.

Il cuoio, in particolare, ha precedenti storici che sembrano collocarlo tra i materiali di prima scelta per la realizzazione di armature leggere e dai costi più contenuti rispetto a quelle metalliche.

Il cuir bouilli

Divenuto relativamente comune durante il Medioevo, l’uso del cuir bouilli (dal francese “cuoio bollito”) ha radici ancora più antiche. Il primo impiego del cuoio in ambito militare fu per la realizzazione di scudi ed elmetti: in una palude di torba irlandese è stato rinvenuto uno scudo straordinariamente ben conservato e datato a circa 2.500 anni fa.

Anche con l’arrivo delle prime corazze metalliche il cuoio bollito continuò a rappresentare una valida alternativa per la protezione personale o degli animali da guerra. Non era raro rivestire la propria cavalcatura da torneo con protezioni di cuir bouilli, e le corazze di cuoio bollito erano comuni nei reparti di fanteria europei.

Nella battaglia di Agincourt (1415) il cronista Jean de Wavrin descrive gli arcieri inglesi: erano protetti da elmetti di cuoio bollito o copricapi di vimini rinforzati da strisce metalliche. Diversi testi medievali e rinascimentali testimoniano la diffusione delle protezioni di cuoio bollito: sappiamo ad esempio che nel 1278 Edoardo I d’Inghilterra obbligò i partecipanti al torneo tenutosi al Windsor Great Park ad indossare protezioni di cuir bouilli (e ad usare spade in osso di balena).

Placca di protezione posteriore per cavallo, in cuir bouilli (inizio XVI secolo)
Placca di protezione posteriore per cavallo, in cuir bouilli (inizio XVI secolo)

Quando il re Enrico V d’Inghilterra morì il 31 agosto dell’anno 1422, un’effige in cuoio bollito fu posta sulla sua bara durante il viaggio della salma verso l’Inghilterra. I Musei Vaticani ospitano invece un crocifisso a dimensioni quasi reali realizzato il legno ricoperto da cuir bouilli, costruito nel 1540 come replica di un crocifisso in argento presentato a Carlo Magno intorno all’anno 740 e sopravvissuto al sacco di Roma del 1527.

Il cuir bouilli è stato impiegato anche per fabbricare contenitori resistenti per libri, reliquie, strumenti medici o di scrittura. Il cuoio bollito è un materiale che si prestava benissimo alla costruzione di foderi per spade: era resistente, relativamente rigido e leggero.

Perché il cuoio bollito?

Con la definizione “cuir bouilli” si indica genericamente la pelle indurita e irrigidita prodotta secondo diverse metodologie a caldo o a freddo.

E’ meglio precisare che il termine “cuoio bollito” è improprio: per ottenere i migliori risultati possibili occorre non immergere mai la pelle in acqua bollente. Come vedremo in seguito, l’acqua bollente tende a produrre proprietà meccaniche non particolarmente adatte alla realizzazione di protezioni efficaci e durature.

Se prodotto correttamente, il cuoio bollito può tuttavia dimostrarsi particolarmente resistente. I moderni test meccanici sul cuoio bollito hanno dimostrato che questo materiale può ridurre considerevolmente la penetrazione di una freccia nei tessuti viventi, specialmente se rivestito da uno strato di polvere minerale e colla animale.

Il grosso vantaggio del cuoio bollito è la possibilità di dargli una forma in modo semplice utilizzando stampi e forme di legno. Fino a quando è intriso d’acqua, il cuoio può essere plasmato a piacere; attraverso un processo di essiccazione, il cuoio tenderà a ritrarsi su se stesso, ad irrigidirsi e ad assumere la forma imposta dalla matrice su cui è stato applicato.

Contenitore in cuir bouilli per libri, risalente al XV secolo.
Contenitore in cuir bouilli per libri, risalente al XV secolo.

Il cuoio bollito è sicuramente più leggero di un’armatura metallica di pari volume e tende ad ammorbidirsi leggermente dopo un uso intensivo a causa del sudore e del calore corporeo, per poi irrigidirsi nuovamente se lasciato asciugare al sole.

Anche se il cuir bouilli costituisce una buona difesa contro armi contundenti leggere o un buon compromesso tra resistenza e praticità, non è comunque in grado di fermare un fendente o un affondo di spada degno di tale nome, oltre a non mitigare i danni interni causati da impatti particolarmente violenti.

Come produrre cuir bouilli

Il cuir bouilli può essere realizzato seguendo due approcci differenti, uno a freddo e l’altro a caldo. I procedimenti a freddo producono cuoio indurito di discreta qualità e rigidità, e non comportano rischi per la buona riuscita del prodotto finale; i metodi a caldo, invece, possono ottenere risultati notevoli a patto di mantenere un controllo costante delle temperature coinvolte.

Immersione in acqua fredda

Il modo più semplice per produrre cuir bouilli è quello di immergere la pelle in acqua fredda per un periodo compreso tra i 15 minuti e le 12 ore. La pelle più indicata per ottenere cuoio rigido e resistente (indipendentemente dal metodo di lavorazione) è quella già conciata usando sostanze di origine vegetale; per aumentarne la durezza, la pelle veniva spesso battuta con un martello per compattarla non appena estratta dal suo bagno d’acqua fredda.

Dopo essersi asciugato e aver perso tutta l’acqua accumulata al suo interno, il cuoio risulterà duro e rigido, manterrà la forma data e tenderà ad ammorbidirsi con il sudore e l’umidità ambientale, riprendendo comunque velocemente la sua durezza non appena avrà modo di asciugarsi.

Immersione in acqua calda

L’immersione in acqua calda contribuirà a rendere il cuoio più rigido e duro. Con l’aumentare della temperatura dell’acqua aumenta la futura rigidità del cuoio e diminuiscono i tempi di immersione.

Il cuoio non è una sostanza uniforme: alcune zone tenderanno ad essere troppo sensibili al calore, mentre altre reagiranno meglio a temperature elevate. Questa diversa sensibilità termica porterà la pelle ad essere più rigida in certi punti rispetto ad altri, specialmente se verrà immersa in acqua prossima al punto di ebollizione.

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Trattamento con acqua bollente

L’acqua bollente tende a cuocere la materia organica, pelle compresa. A contatto con acqua bollente il cuoio si restringe molto velocemente e si polimerizza: le sostanze che lo compongono perdono struttura e formano un reticolo tridimensionale rigido e plastico, così duro da diventare troppo fragile per un uso pratico come materiale protettivo.

La lavorazione a caldo del cuoio richiede un certo livello di esperienza nella lavorazione della pelle e tempi di immersione in acqua bollente non superiori ai 2 minuti. Dopo averla estratta dall’acqua, la pelle avrà perso molta della sua superficie originale (circa la metà dopo una trentina di secondi, aumentando di spessore del 25%) e si irrigidirà velocemente man mano che si raffredda.

Trattamento misto

Se si produce cuir bouilli utilizzando acqua fredda e lo si lascia asciugare al sole, si potrà ottenere un cuoio resistente e sufficientemente rigido da poter essere indossato senza subire grosse deformazioni a causa dell’uso continuo.

Se il cuir bouilli prodotto a freddo viene successivamente bagnato con acqua bollente (ma non immerso completamente), il liquido in ebollizione irrigidirà ulteriormente la superficie esterna del cuoio, lasciando inalterati gli strati interni e ottenendo un buon compromesso tra durezza, flessibilità e resistenza.

Immersione in cera d’api

L’immersione nella cera d’api liquida è un procedimento che indurisce il cuoio allo stesso modo dell’acqua bollente, ma ha il vantaggio di renderlo più semplice da lavorare e da tagliare, oltre a consentirgli di mantenere meglio la forma impressa dall’artigiano.

I problemi con la tecnica d’immersione a cera d’api sono legati non solo al costo della cera durante il Medioevo (materiale riservato generalmente alla nobiltà e al clero; la gente comune usava candele di sego), ma anche al fatto che la cera non fa altro che appesantire il cuoio senza renderlo particolarmente resistente come il trattamento ad acqua.

L’immersione in cera d’api rende il cuoio impermeabile ai liquidi e all’umidità. Anche se il materiale risultante sarà meno resistente del cuoio trattato con acqua, sarà comunque perfetto per trasportare liquidi come acqua o liquori, oppure sostanze suscettibili all’umidità.

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Fonti per “Il cuir bouilli, cuoio bollito e corazze medievali”

Boiled leather
Cuir Bouilli/Hardened Leather FAQ
Cuir Bouilli Technique – An Historical Method of Hardening Leather
The Armourer and His Craft

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Linothorax, l’armatura di lino https://www.vitantica.net/2017/09/29/linothorax-armatura-di-lino/ https://www.vitantica.net/2017/09/29/linothorax-armatura-di-lino/#comments Fri, 29 Sep 2017 02:00:00 +0000 https://www.vitantica.net/?p=271 Il linothorax è un tipo di corazza indossata dagli antichi opliti  greci e macedoni realizzata grazie all’utilizzo di tessuti di lino e colla animale. Sorprendentemente, l’efficacia di vari strati di lino contro lance e spade di bronzo si rivelò tale da diventare un’armatura largamente diffusa nell’esercito macedone, tanto da essere utilizzata su larga scala da migliaia di opliti e dallo stesso Alessandro Magno.

I primi cenni sul linothorax ci vengono da Omero, che nell’Iliade descrive brevemente l’armatura indossata da Aiace Oileo definendola linothorax. L’ archeologia ha reso il linothorax letterario una realtà accumulando prove sufficienti a concludere che Alessandro il Grande e i suoi soldati indossassero l’ armatura di lino come dotazione standard, in particolare gli opliti, che sembravano preferirla ai pesanti pettorali di bronzo per via del peso ridotto, del prezzo contenuto e della scarsa sensibilità termica.

I vantaggi del linothorax rispetto al bronzo
Corazza di bronzo greca
Corazza di bronzo greca del IV secolo a.C.

Al tempo, le armature di metallo erano realizzate in bronzo ed erano generalmente composte da due piastre di metallo separate: una volta unite  grazie a legacci e fibbie, formavano un guscio protettivo in grado di tenere al sicuro il petto, l’addome e la schiena.

Queste armature erano generalmente modellate sul corpo del futuro indossatore, per cui necessitavano di lunghi periodi di preparazione, erano estremamente pesanti e sotto il sole cocente diventavano dei veri e propri forni che mettevano a dura prova la resistenza di un soldato. Il linothorax, al contrario dell’armatura di bronzo, era un involucro protettivo che non accumulava calore e risultava estremamente leggero rispetto al metallo.

La costruzione del linothorax

I dettagli sulla costruzione del linothorax sono scarsi e poco precisi. Purtroppo, al momento non esiste alcun esemplare sopravvissuto al logorio del tempo e custodito in un museo; possiamo soltanto ipotizzare la tecnica di realizzazione e i materiali utilizzati dalle oltre 700 raffigurazioni sopravvissute fino ad oggi, opere che spesso rappresentano soldati protetti dal linothorax.

Linothorax, armatura di lino

La costruzione del linothorax probabilmente prevedeva la sovrapposizione di 12-20 strati di lino incollati tra loro con l’utilizzo di colla animale, fino ad ottenere un materiale spesso da 1 a 3 centimetri. Data la sensibilità della colla animale all’umidità, furono probabilmente ideati stratagemmi per proteggerla dalla pioggia e dal sudore, come uno strato interno di cuoio o composto da materiali isolanti.

Secondo Omero e altri autori della sua epoca, il linothorax era rinforzato da un foglio metallico all’altezza della vita posto su un pezzo di cuoio chiamato zoma. Alcune placche di metallo (pteryges) proteggevano parti le parti del corpo più sensibili, ma la maggior parte della protezione era fornita dalla sovrapposizione di strati di lino.

Un’armatura realizzata in questo modo richiedeva un totale di oltre 700 ore-lavoro se si considerano anche i tempi per la fabbricazione di colla e tessuti necessari per assemblare il linothorax; avendo a disposizione tessuti di lino già pronti e colla in abbondanza, il tempo richiesto per fabbricare questa corazza si riduceva a circa 3 giornate di lavoro. Non era raro inoltre che si riutilizzassero tessuti o frammenti di lino di seconda o terza mano e adesivi di scarsa qualità, riducendo il costo di produzione del linothorax al minimo.

Archeologia sperimentale: i test sul linothorax

I test effettuati su una replica realizzata dalla University of Wisconsin-Green Bay hanno dimostrato che quest’armatura è in grado di resistere efficacemente all’impatto di frecce a punta larga e ai danni da taglio delle armi di bronzo del tempo. Quando subisce un impatto, il linothorax si piega assecondando il colpo e dissipandone l’energia, riducendo cosi la lacerazione del materiale; questo tuttavia non impedisce a parte dell’ energia dell’impatto di trasferirsi al corpo dell’indossatore e di causare danni agli organi interni.

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Alla distanza di circa 15 metri, una freccia scagliata da un arco da 60 libbre penetra il linothorax di quasi 4 centimetri, una penetrazione relativamente profonda ma quasi certamente non di portata tale da mettere a serio repentaglio la vita di un oplita. Da circa 30 metri, la penetrazione si riduce a meno di un centimetro, del tutto inadatta a causare danni al soldato.

Le repliche di linothorax della University of Wisconsin-Green Bay sono spesse da 1 a 2 centimetri ed sono composte da un numero variabile di strati di lino, da 11 a 19. Quando lo si indossa, il linothorax è inizialmente rigido, ma grazie al calore corporeo tende a conformarsi alla forma e ai movimenti dell’utilizzatore, diventando molto più comodo e leggero da utilizzare rispetto alle armature di bronzo.

Le riproduzioni del linothorax hanno infine dimostrato che l’armatura era circa due terzi meno pesante di una corazza identica in bronzo e lasciava respirare la pelle di chi l’indossava, offrendo allo stesso tempo un’ottima protezione contro le armi dell’epoca.

 

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