papiro – VitAntica https://www.vitantica.net Vita antica, preindustriale e primitiva Thu, 01 Feb 2024 15:10:35 +0000 it-IT hourly 1 Il papiro nell’ antico Egitto https://www.vitantica.net/2017/10/24/il-papiro/ https://www.vitantica.net/2017/10/24/il-papiro/#comments Tue, 24 Oct 2017 02:00:43 +0000 https://www.vitantica.net/?p=680 Il papiro è un materiale simile alla carta realizzato a partire dal midollo della pianta di papiro (Cyperus papyrus) e utilizzato in tempi antichi, specialmente in Egitto, come superficie per la scrittura.

La storia del papiro è antichissima: prodotto per la prima volta nell’ antico Egitto intorno al IV millennio a.C., i più antichi resti di fogli di papiro sono stati trovati nell’ antico porto diWadi al-Jarf sul Mar Rosso e descrivono l’ultimo anno di costruzione della Grande Piramide di Giza.

Per almeno due millenni il papiro non trovò rivali come superficie di scrittura fino all’arrivo della pergamena: il papiro è in fatti un materiale fragile e suscettibile a rottura in condizioni di umidità o eccessiva secchezza ambientale, anche se è relativamente facile ed economico da produrre e da lavorare.

L’ultimo utilizzo del papiro in Europa risale al 1022 d.C. (bolla papale di Vittorio II), mentre l’impiego in Egitto durò fino all’introduzione della carta da parte degli arabi (che avevano appreso la tecnica in Cina).

Il papiro: un materiale multiuso pregiato

Il termine papiro, di origine greca, deriva dalla parola “papuro”, che in Antico Egitto aveva un significato simile a “proprietà del faraone”: questo perché la coltivazione, la lavorazione e l’uso del papiro erano supervisionati dagli apparati di governo.

I fogli di papiro erano principalmente utilizzati dalla corte reale o dai sacerdoti (come il papiro chirurgico di Edwin Smith) a causa del loro costo, spesso proibitivo per la gente comune. Gli Egizi, in realtà, chiamavano la pianta di papiro papiro dhet, tjufi o wadi, mentre per il prodotto finito si usava il termine djema.

La pianta utilizzata per la produzione di fogli di papiro, il Cyperus papyrus, è una pianta acquatica perenne nativa dell’ Africa settentrionale che cresce facilmente in presenza di sole in abbondanza e acqua relativamente calma o stagnante. La pianta di papiro può raggiungere i 5 metri di altezza e il suo stelo lungo e sottile è stato impiegato nell’antichità per molteplici utilizzi.

Imbarcazione di papiro molto simile a quelle dell'Antico Egitto
Imbarcazione di papiro molto simile a quelle dell’Antico Egitto

In Egitto, il papiro era infatti ben più che un materiale per la scrittura: lo stelo della pianta si prestava ad innumerevoli utilizzi come materiale per la produzione di contenitori, cordame, sandali e stuoie intrecciate. Uno degli impieghi più antichi fu come materiale per la costruzione di canoe e zattere di papiro, molto simili a quelle realizzate in Europa con le canne di giunco.

Nel 1969 e 1970, Thor Heyerdahl realizzò due zattere di papiro, la Ra e Ra II, per dimostrare che gli antichi popoli africani possedevano la tecnologia per raggiungere le Americhe a bordo di queste imbarcazioni.

Utilizzando l’esperienza dei costruttori di barche del Lago Chad, nel suo primo tentativo giunse a circa 160 km dai Caraibi, nel suo secondo invece arrivò fino alle Barbados.

Il papiro come superficie per la scrittura

Per realizzare superfici adatte alla scrittura, la pianta di papiro deve subire alcune fasi di lavorazione. Plinio il Vecchio e Isidoro di Siviglia descrivono sei variazioni di carta di papiro disponibili sul mercato romano del tempo, varietà che subivano processi di rifinitura leggermente diversi e che venivano classificate per consistenza, spessore, colore e uniformità della superficie.

In primo luogo, dopo aver rimosso la scorza esterna dello stelo, il midollo interno viene tagliato in strisce sottili lunghe circa mezzo metro che saranno successivamente pressate per ridurne lo spessore.

Ogni segmento (ancora umido, o immerso in acqua per qualche minuto) viene quindi posizionato su una superficie rigida in modo tale da sovrapporsi di qualche millimetro al segmento precedente.

Dopo aver ottenuto un primo strato della lunghezza desiderata, si ripete l’operazione applicando un secondo strato di segmenti di papiro e avendo cura di posizionare le strisce perpendicolarmente a quelle sottostanti. Tra il primo e il secondo strato veniva talvolta applicata una soluzione collante di resina di papiro.

Foglio di papiro a doppio strato
Foglio di papiro a doppio strato

Una volta deposto il secondo strato, il foglio di papiro deve essere battuto da un martello di legno per distruggere parzialmente le fibre di cellulosa e creare una sorta di polpa semi-rigida.

Questo procedimento favorisce la fusione dei vari segmenti di papiro in un unico foglio compatto durante la successiva fase di essiccazione, che avviene sotto pressione utilizzando una pressa a vite o pesi di metallo.

I papiri così prodotti sono ancora molto ruvidi: in passato erano resi più lisci strisciando sulla superficie un cilindro di legno duro che schiacciava e uniformava la maggior parte delle anomalie di spessore del foglio.

Dopo aver ottenuto una superficie asciutta e il più possibile uniforme, è possibile unire più fogli di papiro per realizzare lunghe strisce (in antichità, anche fino a 10 metri) su cui scrivere un intero “libro” conservato generalmente sotto forma di rotolo.

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Gli inchiostri e la conservazione del papiro

Gli antichi Egizi utilizzavano principalmente due tipi di inchiostro per la scrittura su carta di papiro, uno nero e uno rosso: quello rosso (a base di ossidi di ferro) era utilizzato per dare enfasi a parole o frasi, per iniziare un nuovo paragrafo o per evidenziare, nei testi di natura magica o religiosa, i nomi dei demoni e delle entità malvagie.

L’inchiostro nero (a base di polvere di carbone, acqua e resina di acacia) veniva impiegato per la stesura del resto del testo, per la catalogazione di beni commerciali o per i calcoli matematici.

Per le miniature presenti su alcuni papiri particolarmente importanti, invece, venivano utilizzati anche pigmenti gialli, blu, bianchi e verdi, di solito realizzati con minerali facilmente reperibili, come ossidi di rame per il blu e il verde.

I fogli di papiro tendevano a diventare sempre più fragili col passare del tempo e venivano conservati (generalmente arrotolati) all’interno di contenitori di legno che riportavano con precisione il contenuto del rotolo per evitare di aprirlo frequentemente.

In un clima come quello egiziano, infatti, il papiro tende a rimanere stabile (anche se comunque fragile) anche per millenni grazie all’assenza di umidità che impedisce alla cellulosa di essere aggredita da muffe e parassiti; in un clima come quello europeo, invece, è molto raro che un papiro riesca a sopravvivere per più di 100-150 anni.

PAPYRUS MAKING
Papyrus

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Il Papiro Chirurgico di Edwin Smith https://www.vitantica.net/2017/09/09/papiro-chirurgico-di-edwin-smith/ https://www.vitantica.net/2017/09/09/papiro-chirurgico-di-edwin-smith/#respond Sat, 09 Sep 2017 11:13:10 +0000 https://www.vitantica.net/?p=193 Il Papiro Chirurgico di Edwin Smith, datato al XVII secolo prima di Cristo, è il più antico esempio di papiro chirurgico della storia. Descrive osservazioni anatomiche con uno straordinario livello di dettaglio, facendo riferimenti a meningi, suture craniche, fluido cerebrospinale e pulsazioni intracraniche, senza contare dettagli anatomici su cuore, reni, tendini, vasi sanguigni e fegato.

Un papiro medico dedicato alla chirurgia

I trattamenti descritti nel papiro di Edwin Smith sono nettamente differenti da quelli presenti in altri testi medici dell’epoca, specialmente per quanto riguarda la cura di ferite inflitte da armi da taglio o contundenti molto popolari durante il II millennio a.C., come il khopesh o la mazza.

La lama ricurva del khopesh (leggi questo articolo per informazioni sulla spada a falce egizia), ad esempio, infliggeva ferite profonde in corrispondenza del punto d’impatto (generalmente la base della falce dell’arma) e più superficiali verso la punta.

La forma e le dimensioni della ferita differivano inoltre in base all’affilatura della lama: armi meno affilate tendevano a provocare ampie lacerazioni e a devastare i tessuti muscolari o ossei, mentre quelle dal filo più sottile e tagliente causavano ferite più nette e “pulite”.

Primi dettagli anatomici su cervello e cuore

Il papiro di Edwin Smith è il primo testo antico in cui appaiono la parola “cervello” e la descrizione delle strutture craniche; anche se gli Egizi ritenevano che il cuore e l’addome fossero la sede del pensiero umano, gli autori del papiro non possono fare a meno di notare che le ferite al cervello hanno ripercussioni su altre parti del corpo, come gli arti inferiori.

Il papiro chirurgico riporta inoltre una descrizione dettagliata dell’apparato muscolo-scheletrico, anche se non fa distinzione tra tendini, vene e nervi; il cuore, infine, assume per la prima volta nella storia un ruolo rilevante nella struttura anatomica umana, anche se la sua funzione di pompa per il sangue e il suo ruolo nella circolazione sanguigna non vengono riportati.

Differente rispetto ad altri papiri medici

Anche se di papiri chirurgici risalenti all’antico Egitto ne sono stati ritrovati altri, il Papiro di Edwin Smith è per molti aspetti differente dal resto della letteratura medica egizia:

  • E’ composto da 17 colonne sul “fronte”, colonne che raccolgono parti di un trattato chirurgico, probabilmente il più vecchio della storia. Il retro invece raccoglie diverse ricette e pratiche magiche, tra le quali “trasformare un vecchio in un giovane”;
  • Il trattato chirurgico non è composto solo da trattamenti, medicamenti e tecniche chirurgiche, ma anche da casi medici. E’ organizzato in gruppi di casi, da semplici ferite fino a traumi cranici, coprendo tutto il corpo;
  • Il trattamento di queste ferite è razionale e chirurgico, privo dell’utilizzo della magia se non in un solo caso sul totale dei 48 riportati nel papiro;
  • Ogni caso è classificato in base a tre differenti valutazioni: favorevole, incerto, e non favorevole, per indicare la gravità di una ferita. La terza valutazione inoltre non è stata riscontrata in nessun altro papiro chirurgico noto;
  • La valutazione “non favorevole” è presente 14 volte all’interno del papiro, ed indica principalmente i casi in cui il chirurgo non sarebbe potuto intervenire.

Il papiro di Edwin Smith pare essere la copia di un antico manoscritto che conteneva, in aggiunta al testo originale datato al 3.000-2.500 a.C., una serie di 69 note a commento, probabilmente aggiunte qualche secolo dopo la stesura dell’originale.

Il contenuto del papiro chirurgico di Edwin Smith

Nel papiro sono contenuti 48 casi medici, tra i quali traumi cranici, ferite all’addome e alla spina dorsale. Sono prevalentemente casi tipici e non riferiti a persone specifiche, ed ogni caso è composto da un titolo, un esame medico, una diagnosi e un trattamento, con una distinzione ben netta tra i trattamenti medico-chirurgici e quelli magici.

Sul totale dei 48 casi, 27 sono riferiti a traumi alla testa, 6 a traumi alla spina dorsale. Sui 27 casi riferiti alla testa, 3 riguardano ferite, 4 ferite profonde con esposizione dell’osso, e 11 trattano le fratture craniche.

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Quello che sorprende è il livello di dettaglio delle descrizioni anatomiche riportate nel papiro. Si parla di vasi che trasportano sangue e condotti che trasportano aria, ma con alcuni errori tipici della scarsa conoscenza biologica del tempo, dovuti anche alla cultura magica egiziana.

Le orecchie, ad esempio, vengono descritte come portatrici del soffio vitale o mortale e gli autori del papiro dimostrano scarse nozioni sul corretto funzionamento e sul ruolo svolto dai diversi organi interni, anche se le descrizioni anatomiche degli stessi organi sono incredibilmente accurate.

Nonostante la vasta cultura magica egizia, il papiro chirurgico ha un approccio non incentrato esclusivamente sul misticismo ma sulla praticità.

L’aspetto traumatico delle ferite descritte nel papiro di Edwin Smith può spiegare l’approccio pragmatico: a partire da una diagnosi del caso ,si procede con l’esame del problema e la formulazione di prognosi e trattamento, un approccio molto moderno alle cure mediche.

Nel papiro sono citati anche gli antinfiammatori: gli autori del testo suggeriscono l’utilizzo di foglie di salice applicate direttamente sulla ferita per placare infiammazioni e infezioni. Il salice contiene acido acetilsalicilico, un composto alla base della moderna aspirina e impiegato in antichità come blando analgesico e buon antipiretico e antinfiammatorio.

Diversi autori contribuirono alla stesura del papiro chirurgico

Si ritiene che sia stato Imhotep, considerato il fondatore della medicina egizia, a scrivere il testo originale dal quale il papiro è stato tratto; ma diverse prove all’interno dell’opera sembrano suggerire che differenti autori abbiano contribuito successivamente ad arricchire il contenuto del papiro con nuovi trattamenti e note al testo.

La scoperta del manoscritto è avvenuta grazie ad Edwin smith, che acquistò da Mustafà Aga il papiro nel 1862 a Luxor, Egitto. Sebbene Smith fosse a conoscenza del valore del manoscritto e della sua importanza storica, non lo rese mai pubblico. Dopo la sua morte nel 1906, lasciò il reperto alla figlia, che lo donò alla New York Historical Society.

Nel 1920, la New York Historical Society incaricò James Breasted di tradurlo. L’opera di traduzione terminò nel 1930 e cambiò radicalmente la visione della storia della medicina, dimostrando come l’antico Egitto fosse una cultura attenta e osservatrice per quanto riguarda l’anatomia.

Volete consultare personalmente il papiro? Potete recarvi su questo link: The Edwin Smith Surgical Papyrus

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