Sovrappeso e obesità nel Medioevo

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Sovrappeso e obesità sono oggi considerati una piaga tipica dell’epoca moderna. L’abbondanza di cibo nel mondo industrializzato, inizialmente interpretata come un aumento della ricchezza di classi sociali che, in precedenza, avevano un accesso limitato alle risorse alimentari, si è infine rivelata un’arma a doppio taglio: più aumenta il cibo a disposizione, sia in quantità che in varietà, più ne consumiamo.

La concezione di un passato popolato da “persone sottili” a causa di uno scarso accesso alle risorse alimentari più ricche di calorie, in realtà, non è del tutto esatta. Anche se l’Europa affrontò diverse carestie durante il Medioevo, ricchi e privilegiati trovarono spesso il modo di permettersi tavole imbandite o semplicemente pasti regolari.

Nel Medioevo obesità e sovrappeso erano presenti, e l’eccesso di grasso corporeo suscitava opinioni diverse: se la magrezza veniva considerata generalmente un’espressione di frugalità e santità, sovrappeso e obesità erano spesso interpretate come espressione di ricchezza, status sociale, buona salute o scarso controllo delle proprie pulsioni.

Un corpo da guerra

L’Europa medievale ereditò l’immagine del soldato perfetto dall’antica Roma: peso eccessivo e abilità marziale non erano considerati molto compatibili. Secondo Ramon Llull, autore del XIII-XIV secolo, ogni combattente in sovrappeso dimostrava coi fatti di non essere in grado di esercitare sufficiente autocontrollo da poter ottenere il titolo di cavaliere.

Qualunque cavaliere in grado di permettersi una cavalcatura e un intero set di armi e armature disponeva di sufficienti risorse economiche da poter acquistare grandi quantità di cibo; allo stesso tempo, tuttavia, doveva essere in grado di trattenersi dal consumarlo in abbondanza, per mantenersi sano e abile al combattimento.

Durante il XIV secolo l’idea di un corpo atletico e potente si cementò ulteriormente: il corpo perfetto aveva spalle larghe e vita sottile, come mostrano alcuni tipici capi d’abbigliamento dell’epoca, che cercano di dare l’impressione di un petto ampio e di fianchi sottili.

Ritratto di Enrico VIII, di Hans Holbein
Ritratto di Enrico VIII, di Hans Holbein

Geoffroi de Charny, nel suo Libro della Cavalleria (1350 circa), si lamenta dei combattenti che non rispecchiano il canone estetico del guerriero e che cercavano di apparire più sottili di quanto no siano nella realtà, usando fasciature e altri stratagemmi:

Non è sufficiente per loro apparire come Dio li ha creati; non sono contenti di come sono, ma si fasciano a a tal punto da negare l’esistenza delle interiora che Dio ha dato loro: vogliono pretendere di non averle mai avute, ma tutti sanno che in realtà è proprio l’opposto. […] Molti di questi [cavalieri] sono stati catturati velocemente perché non potevano fare ciò che dovevano a causa delle limitazioni imposte da queste fasciature; e molti sono morti all’interno delle loro armature per lo stesso motivo, dato che non potevano minimamente difendersi. Anche senza le loro armature sono così fasciati e immobili da non poter fare nulla, non possono piegarsi o praticare sport che richiedono forza o agilità; possono a malapena sedersi…

I cavalieri erano tenuti a mostrare moderazione in ogni cosa, inclusa l’alimentazione. Alcuni autori medievali forniscono consigli su come determinare fin dalla fanciullezza quale potenziale cavaliere è destinato a diventare grasso in età adulta, per poterlo tenere lontano dalla vita marziale o indirizzarlo verso una serie di esercizi fisici in grado di mantenerlo in forma.

Grasso e privilegio

L’eccesso di peso era tuttavia soggetto a interpretazioni diverse che mutavano in base a posizione sociale, lavoro e sesso. Secondo alcuni autori, il sovrappeso non era incompatibile con la virtù: la nobiltà carolingia era nota per le enormi quantità di cibo consumate durante i banchetti, ma non per questo veniva considerata meno virtuosa.

Al duca Guido di Spoleto fu rifiutato il trono di Francia perché mangiava troppo poco, mentre numerosi manuali redatti per la nobiltà consigliavano di moderare il proprio appetito non per questioni morali, ma per non compromettere la capacità di regnare o amministrare.

In epoca medievale non mancano monarchi in sovrappeso o obesi. Carlomagno ad esempio viene descritto dal suo stesso biografo come una buona forchetta; la salma di Guglielmo il Conquistatore, invece, non fu in grado di entrare nel sarcofago per problemi di dimensioni eccessive, mentre Enrico VIII continuò a mangiare come l’atleta che fu in gioventù anche dopo un torneo in cui subì un grave infortunio, incidente che lo costrinse ad adottare uno stile di vita del tutto sedentario.

Il famoso ritratto di Enrico VIII dipinto da Hans Holbein suggerirebbe che il sovrano avesse raggiunto in tarda età un peso di quasi 200 kg, motivo per cui fu costretto ad essere trasportato su una lettiga anche per i piccoli spostamenti quotidiani.

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Secondo la tradizione di Galeno, sovrappeso e obesità erano associati alla decadenza dei valori morali. Il Secretum Secretorum, composto in lingua araba intorno al X secolo e tradotto in latino durante il XII secolo, contiene opinioni negative nei confronti dell’eccesso di peso.

Re Sancho I di Leon fu deposto dalla carica di regnante a causa della sua obesità, un fattore che limitava la sua vita quotidiana: non poteva cavalcare, maneggiare abilmente una spada, fare sesso con la moglie e nemmeno camminare senza l’aiuto della servitù. Secondo alcuni resoconti, pesava 240 kg e consumava sette pasti al giorno composti da abbondanti pietanze a base di carne.

Sancho fu costretto a fuggire dalla nonna Toda, la quale si affidò al celebre medico arabo Hasdai ibn Shaprut per poter far tornare il nipote in discreta forma fisica. Hasdai sottopose Sancho ad un severo regime alimentare basato su erbe medicinali e oppio, sottoponendolo a massaggi vigorosi e ad esercizio fisico fino a riportarlo sufficientemente in forma da consentirgli di tornare dalla nonna a dorso di cavallo e di ottenere nuovamente il trono nell’anno 960.

Monaci paffuti

Contadini e artigiani non avevano lo stesso accesso alle risorse alimentari che aveva la nobiltà, motivo per cui il grasso corporeo era da loro interpretato come espressione di ricchezza ed elevato status sociale. Le frequenti critiche ai membri più “rotondi” del clero derivavano dal fatto che la loro immagine corporea era un sintomo della decadenza della Chiesa e del peso che esercitava questa istituzione sulle spalle dei meno abbienti.

In una ricerca pubblicata nel 2014 dal titolo “The ‘Obese Medieval Monk’: A multidisciplinary study of a stereotype“, l’autrice Pip Patrick sostiene che l’obesità era relativamente comune tra i monaci medievali inglesi.

Esaminando i resti ossei di 274 monaci e confrontandoli con quelli di persone comuni per determinare l’incidenza di malattie e disturbi legati all’obesità, Patrick ha scoperto che i monaci sviluppavano osteoartriti ad una frequenza 6 volte maggiore rispetto al tipico contadino o artigiano; una frequenza molto simile è stata osservata anche nei disturbi alle articolazioni connessi all’eccesso di peso.

Sancho I di Leon
Sancho I di Leon

I corpi dei monaci inglesi erano sensibilmente più alti e robusti rispetto alla media a causa del regime alimentare che seguivano: pasti ricchi di grassi e proteine da consumare nel più breve tempo possibile, aspetto che potrebbe aver compromesso il loro sistema digestivo rendendolo efficiente.

Il tipico monaco inglese del XII secolo consumava durante la giornata almeno 6 uova, bollite o fritte nel lardo; un ricco porridge vegetale o uno stufato di carne e verdure; carne di maiale, di montone, d’anatra, oppure pesce di fiume o di mare; quasi mezzo chilogrammo di pane e frutta fresca o secca a volontà, il tutto accompagnato da birra.

Il corpo della donna

La rotondità non era un tratto fisico dalla connotazione negativa nella donna medievale. Lo storico francese Georges Vigarello afferma che il sovrappeso femminile era una condizione essenziale per la bellezza delle donne medievali.

Nel “Le Ménagier de Paris“, un manuale del 1393 che contiene informazioni sul corretto comportamento di una donna di casa, si cita il fatto che la donna, come il cavallo, deve possedere quattro qualità fondamentali: una splendida chioma, un bel petto, vita sottile e un grande fondoschiena.

La situazione era invece differente per le donne che conducevano una vita religiosa: il controllo dell’alimentazione e i lunghi digiuni erano parte integrante della strada verso la santità, per gli uomini come per le donne. L’aspetto sottile di una donna rappresentava il suo allontanamento dai piaceri della carne e non la rendeva appetibile come partner riproduttivo per la sua presunta incapacità di essere una buona moglie e madre.

Alcuni trattati medievali analizzarono i corpi femminili e le loro rotondità mettendoli in relazione con la salute e la capacità riproduttiva. Nel Trotula, testo medico del XII secolo, il grasso corporeo viene messo in relazione alla menopausa (che inizierebbe intorno ai 35 anni per i corpi femminili dal moderato contenuto di grasso) e consiglia alcuni trattamenti per la perdita di peso: bagni caldi e sepoltura nella sabbia, per indurre una forte sudorazione (oggi sappiamo che questi trattamenti causano solo una perdita temporanea di liquidi, senza intaccare le riserve di grasso).

Fatness and Thinness in the Middle Ages
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Stigmatization of obesity in medieval times: Asia and Europe
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Medieval Monks & Their Meals


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One Comment on “Sovrappeso e obesità nel Medioevo”

  1. La dieta quotidiana di un famoso convento di clausura del XVII secolo nel Sannio impressiona non solo per la quantità’ ma per la sovrabbondanza e varietà’ di cibi grassi e soprattutto salati, derivati dal maiale. Bisogna considerare non tanto il clima freddo,quanto il gusto delle monache, provenienti in genere da famiglie facoltose, in cui verosimilmente erano state abituate a quei cibi.Forse,quel regime dietetico “da martedì’ grasso“ serviva anche a rimarcare il sacrificio periodico rituale dell’ astinenza e del digiuno.
    Sul fronte laico, Francesco Petrarca non nasconde l’ afflizione per la decadenza obesa della sua vecchiaia, paragonata al suo passato giovanile, che descrive come agile e snello, al tempo in cui sali’ sul Mont Ventoux.

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