Il nilometro egiziano

Il nilometro egiziano
Condividi questo post
  •  
  •  
  •  
  •  

Per le antiche popolazioni che vivevano lungo il Nilo, le inondazioni stagionali erano una vera e propria benedizione. Il fiume riempiva d’acqua e limo i terreni nei pressi delle sponde, fertilizzandoli e consentendo il mantenimento di un’economia agricola sufficientemente sviluppata da alimentare faraoni e persone comuni.

Ogni inondazione significava vita: vita per i raccolti, vita per la fauna e la flora che sopravvivevano in un clima arido come quello nordafricano. Inondazioni scarse, tuttavia, si traducevano in raccolti magri e un’economia agricola sensibilmente rallentata; lo stesso valeva per inondazioni dalla portata eccessiva e distruttiva.

Per questo motivo gli Egizi e i popoli che vennero dopo di loro hanno sempre considerato fondamentale il saper prevedere con accuratezza le future inondazioni del Nilo; per farlo, si servirono dei nilometri (noti come miqyas).

Le inondazioni del Nilo

Le inondazioni stagionali del Nilo hanno origine negli altipiani etiopi. Tra giugno e novembre, le abbondanti precipitazioni degli altipiani si riversano nel Nilo Azzurro, uno dei due principali affluenti del Nilo.

Nella stagione delle piogge il Nilo accumula acqua anche grazie ad altri affluenti, come il fiume Atbarah, il Sobat e il Nilo Bianco, riversando più a nord quantità immense di acqua e sedimenti.

Questo complesso sistema di piogge stagionali e affluenti era del tutto sconosciuto agli Egizi, che si limitavano ad osservare il cambiamento del livello del Nilo senza tuttavia conoscerne le vere ragioni. Tramite l’osservazione attenta del fiume, gli Egizi riuscirono comunque ad individuare i segni precursori di un’inondazione.

Il Nilo era così importante per gli Egizi da portarli a dividere l’anno in tre stagioni: Inondazione (Akhet), Crescita (Peret) e Raccolta (Shemu). La stagione delle inondazioni era così stabile e prevedibile che gli Egizi erano in grado di calcolare il suo inizio osservando il moto della stella Sirio.

La prima osservazione sul livello del fiume all’inizio della stagione delle inondazioni avveniva ad Assuan, nei pressi delle cateratte del Nilo, intorno al mese di giugno. Le acque continuavano a salire fino all’inizio di settembre, momento in cui generalmente si mantenevano stabili per circa 2-3 settimane per poi risalire tra ottobre e novembre, mesi che segnavano il picco del volume d’acqua.

Assuan era una sorta di postazione-vedetta che metteva in allerta il resto dell’ Egitto: le inondazioni raggiungevano la città circa una settimana prima del Cairo, alzando il livello delle acque fino a oltre 13 metri; una volta risalita più a nord, l’inondazione perdeva intensità e, giunta al Cairo, aveva un livello medio di 7,5 metri.

Le inondazioni stagionali del Nilo erano ciò che rendeva fertile l’arido terreno egizio, ma potevano anche portare a distruzione o carestie: secondo i resoconti stilati tra l’anno 622 e l’anno 1000, le inondazioni di scarsa intensità si verificavano 1 volta ogni 4 anni, esponendo l’intera popolazione al rischio di fame.

Raccolti e tasse

Una scarsa inondazione del Nilo poteva mettere letteralmente in ginocchio le economie fluviali presenti lungo le sue sponde; lo stesso valeva per un’inondazione particolarmente intensa, capace di devastare i raccolti dell’anno. Prevedere l’intensità delle inondazioni rappresentava quindi un’abilità di importanza strategica per le economie che si erano sviluppate lungo il Nilo.

Essendo una civiltà ben strutturata, anche quella egizia aveva in cima alla piramide sociale alcune classi non produttive dal punto di vista economico, come sacerdoti, governanti locali e faraoni.

Gli esponenti di queste classi privilegiate vivevano letteralmente sulle spalle delle classi produttive grazie ad un sistema di tassazione, meno complesso del nostro ma non per questo meno interessante. Questo sistema si basava principalmente sul calcolo dei tributi in base alla terra posseduta e al raccolto prodotto, due elementi strettamente legati all’attività del Nilo.

Please accept YouTube cookies to play this video. By accepting you will be accessing content from YouTube, a service provided by an external third party.

YouTube privacy policy

If you accept this notice, your choice will be saved and the page will refresh.

Nessuna famiglia contadina il cui campo abbia goduto di un’ottima annata grazie al Nilo è contenta di cedere una parte del raccolto come tributo ai potenti; la stessa famiglia potrebbe reagire in modo spiacevole (e con essa tutte le altre nelle stesse condizioni) se si esige da essa lo stesso tributo anche nelle annate peggiori.

Il nilometro era lo strumento utilizzato per calcolare “equamente” i tributi dell’anno corrente. Se il nilometro locale avesse registrato un livello delle acque del Nilo troppo basso, presagio di inondazioni scarse e potenziali carestie, le tasse sarebbero state abbassate rispetto ad una normale stagione d’inondazione.

Lo stesso valeva nel caso di livello delle acque troppo alto: inondazioni troppo intense avrebbero distrutto i raccolti e le strutture fondamentali per la vita quotidiana della gente comune.

Il nilometro

Nel corso della storia sono esistiti tre fondamentali tipologie di nilometro, alcune sopravvissute fino ad oggi come testimonianza dell’ingegno locale. Il primo tipo è sostanzialmente una colonna di pietra o marmo sorretta in verticale da una trave di legno in cima e posizionata all’interno di un pozzo.

La colonna veniva suddivisa in cubiti (un cubito equivale a circa 58 centimetri) incidendo una serie di tacche: l’altezza dell’acqua in cubiti forniva una buona indicazione del livello futuro del Nilo e della portata delle inondazioni in arrivo.

Nilometro di Rawda
Nilometro di Rawda

Il livello ideale delle acque nel nilometro di Rawda, realizzato secondo questo design, era intorno ai 16 cubiti; un livello inferiore poteva indicare un periodo di crisi dovuto a scarse inondazioni, mentre un livello superiore ai 19 cubiti era presagio di inondazioni catastrofiche in grado di distruggere campi e abitazioni.

All’avvicinarsi delle inondazioni, i sacerdoti incaricati di monitorare il flusso del Nilo scendevano sul fondo del nilometro usando una scalinata ed esaminavano la colonna per calcolare la portata delle future inondazioni.

Il nilometro era un luogo ad accesso riservato: solo i governanti locali, i sacerdoti e i faraoni potevano avere accesso alla struttura, spesso collocata all’interno di un tempio. La previsione delle inondazioni del Nilo era un’abilità che la politica sfruttava a suo vantaggio per calcolare la tassazione e impressionare le masse.

Il secondo tipo di nilometro, come quello visibile sull’Isola Elefantina, era costituito invece da una lunga scalinata (52 scalini nel caso di Elefantina) che scendeva direttamente sul fiume e provvista di indicatori che segnalavano il livello delle acque. Il nilometro di Elefantina era spesso uno dei primi a fornire previsioni sulle inondazioni, dato che si trovava presso il confine meridionale.

Nilometro di Kom Ombo
Nilometro di Kom Ombo

Il terzo tipo di nilometro, osservabile nel Tempio di Kom Ombo, era un sistema di canali che prelevava l’acqua dal Nilo e la depositava in una cisterna provvista di tacche. Il riempimento della cisterna forniva una buona indicazione della portata delle future inondazioni.

Diversi nilometri sono decorati da iscrizioni propiziatorie spesso ispirate da versi coranici relativi all’acqua, alla vegetazione e alla prosperità. Dai nilometri iniziavano anche alcune delle più grandi festività dell’ Egitto medievale, come il Fath al-Khalij (“Apertura del Canale”), un festival con cui si celebrava l’apertura del canale che collegava il fiume a campi e giardini.

L’importanza dei nilometri

La popolazione dell’ antico Egitto iniziò a convivere con le inondazioni cicliche del fiume circa 7.000 anni fa, architettando un ingegnoso sistema di fertilizzazione e irrigazione.

Le terre coltivabili, generalmente troppo aride prima delle inondazioni, venivano suddivise in campi circondati da dighe di terra fornite di canali d’ingresso e d’uscita. Quando il Nilo era in piena, si inondavano i campi più in alto rispetto al livello del fiume e li si lasciavano colmi d’acqua per circa 45 giorni, in modo tale da saturare d’acqua il terreno e permettere al limo di depositarsi.

Terminati i 45 giorni, venivano aperte le chiuse e l’acqua defluiva verso i campi più in basso. Al termine di questo ciclo di fertilizzazione, l’acqua tornava nuovamente nel Nilo. I campi appena svuotati venivano immediatamente arati e seminati: il raccolto sarebbe arrivato entro 3-4 mesi dalla semina.

Questo sistema agricolo è indissolubilmente legato ai capricci del Nilo: nei periodi di grandi inondazioni, le dighe venivano distrutte, il limo non riusciva a depositarsi e i campi erano sostanzialmente inutilizzabili; dopo inondazioni scarse o durante la stagione secca, era di fatto impossibile coltivare qualunque cosa. Ogni speranza di mangiare, allevare e commerciare per il resto dell’anno era quindi legata alle inondazioni stagionali e alla loro portata.

Nonostante la ristretta stagione di semina e raccolto, dopo un’inondazione di media intensità, la più frequente e desiderata dagli agricoltori egizi, era possibile sfamare dai 2 ai 12 milioni di abitanti.

Nilometer – Wikipedia
Nilometer
Exploring Nilometers in Egypt
Nilometers: Ancient Egypt’s Ingenious Invention Used Until Modern Times


Condividi questo post
  •  
  •  
  •  
  •  

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.