Incubatrici per uova in Egitto

Incubatrici per uova in Egitto
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Gli Egizi avevano una particolare debolezza per i volatili di ogni tipo: struzzi, oche, anatre, altri uccelli acquatici e non, erano tutti parte integrante della dieta di chiunque potesse permettersi la carne di questi animali.

A partire dal IV secolo a.C., polli e galline iniziarono a soppiantare altri tipi di volatili: erano più semplice da allevare, meno delicati e suscettibili a problemi di salute rispetto ad altri animali, si adattavano bene alla cattività, fornivano buona carne magra e singola gallina poteva produrre una media di 1-2 uova ogni 2-3 giorni, meno frequentemente delle galline moderne ma comunque un gran quantitativo di proteine di ottima qualità.

Produrre pulcini per ottenere carne, tuttavia, presenta alcuni aspetti negativi, specialmente se si ha intenzione di produrli in quantità sufficienti da sfamare una discreta fetta della popolazione. In primo luogo, far schiudere un uovo di gallina richiede normalmente 21 giorni, periodo in cui il volatile che ha dato alla luce le uova è costretto a covarle per svariate ore ogni giorno, prendendosi piccole pause per mangiare.

Questo significa che la gallina deve prima di tutto decidere di restare quasi 24 ore al giorno a covare le uova, decisione che potrebbe richiedere qualche giorno. Quando prevale l’istinto della cova, la gallina rimane sostanzialmente inutilizzabile per tre settimane, non depone altre uova e non può essere utilizzata per la produzione di carne.

Antiche incubatrici

Gli Egizi, ottimi osservatori e straordinari innovatori, iniziarono a incubare artificialmente le uova di volatili usando cumuli di letame in grado di mantenere una temperatura costante per i 21 giorni necessari alla schiusa. Ma questo metodo, raccontato da Aristotele, si rivelò non molto efficiente: il letame si secca col tempo e perde la sua capacità di isolante, oltre al fatto che può contenere solo una quantità limitata di uova e non può essere riutilizzato dopo il primo impiego.

Aristotele e, 200 anni più tardi, Diodoro Siculo, descrissero per la prima volta un nuovo tipo di incubatrice per uova ideato dagli Egizi: un sistema di “forni” di argilla o mattoni di fango progettati per replicare le condizioni di cova di una gallina.

Disegno di un'antica incubatrice per uova egiziana
Disegno di un’antica incubatrice per uova egiziana

Mantenendo stabile il calore e l’umidità, e rigirando le uova a intervalli regolari, una piccola struttura contenente 10 incubatrici era in grado di far schiudere fino a 4.500 uova in 2-3 settimane. Non solo poteva ridurre i tempi di schiusa, ma lasciava libere le galline (e i loro allevatori) di produrre e gestire altre uova.

Secondo Salima Ikram, professoressa di Egittologia alla American University del Cairo, l’incubatrice per uova di gallina egizia è un’invenzione relativamente recente. Le galline non sono native dell’Egitto e giunsero in Africa settentrionale probabilmente 10.000 anni fa attraverso la Mesopotamia; fu solo durante la dinastia Tolemaica che polli e galline diventarono una parte stabile della dieta egizia.

Funzionamento inizialmente misterioso

La base delle incubatrici per uova dell’antico Egitto è il forno di mattoni impiegato anche per la cottura del pane. Disposti solitamente in due file da 5 forni all’interno di un edificio grande quanto un’abitazione multifamiliare, queste strutture erano dotate di ciminiere coniche in corrispondenza del tetto per generare un flusso d’aria costante.

La documentazione storica non ci riporta con esattezza il funzionamento di queste incubatrici, anche se oggi possiamo farci un’idea di come potessero operare. Gli Egizi e i popoli che vennero dopo di essi erano molto gelosi delle loro incubatrici, e secondo gli osservatori europei, sempre ricchi di immaginazione, si trattava di strutture dai poteri soprannaturali.

Il frate inglese Simon Fitzsimons, durante il XIV secolo, descrisse in questo modo le incubatrici osservate in Egitto:

“Al Cairo, fuori dalla Porta e quasi immediatamente sulla destra […] c’è una casa lunga e stretta in cui le galline vengono generate col fuoco da uova di chioccia, senza galli, e in numero così grande da non poterle contare”.

Durante il Medioevo la nozione che in Egitto si producessero uova “tramite il fuoco” e senza l’uso di galli divenne sempre più popolare, e fu solo dopo il Rinascimento che furono condotte osservazioni più approfondite delle incubatrici, osservazioni non viziate da leggende e superstizioni.

Nel 1609 Conelis Drebbel inventò l’ “Athenor“, una incubatrice realizzata a partire da un armadietto alimentato a carbone in cui l’aria calda poteva circolare attorno ad un contenitore per le uova. L’invenzione sembrò funzionare, ma non fu mai portata avanti da Drebbel.

Descrizione del funzionamento di un'antica incubatrice per uova egiziana
Descrizione del funzionamento di un’antica incubatrice per uova egiziana

Nel 1750, René Antoine Ferchault de Réaumur ebbe modo di osservare dall’interno una di queste incubatrici, sciogliendo ogni dubbio sul loro presunta legame con la magia e descrivendone il funzionamento nella seconda edizione del suo libro “Art de faire éclorre et d’élever en toute saison des oiseaux domestiques“.

Secondo Réaumur, queste strutture avevano due ali simmetriche separate da un corridoio centrale; ogni ala conteneva fino a 5 camere su due livelli: le uova fertilizzate venivano posizionate in basso e mantenute al caldo da braci ardenti posizionate sul secondo livello e alimentate da sterco secco, un combustibile molto più facile da recuperare in Egitto rispetto al legname.

La sezione superiore e quella inferiore scambiavano aria tramite un’apertura circolare centrale. Lungo i lati della sezione superiore venivano posizionati blocchi di sterco di vacca o dromedario mescolati con paglia e compressi fino ad ottenere dei mattoncini di combustibile. Il fuoco veniva acceso due volte al giorno, al mattino e alla sera, e solo nei primi 8-10 giorni d’incubazione.

Le uova venivano girate ogni giorno e trasferite in zone più fredde o calde della camera d’incubazione in base alla necessità di esporle a più o meno calore. Quando il fuoco non era acceso potevano essere spostate nella sezione superiore per tenerle al caldo.

Gli addetti all’incubazione

Gli operai di queste incubatrici si occupavano di mantenere le braci costantemente accese, di controllare la temperatura e l’umidità delle camere d’incubazione e di girare le uova 3-5 volte al giorno, un’attività fondamentale per evitare che la membrana dell’embrione si attacchi al guscio e generi deformità nel pulcino.

Gli operai dovevano anche capire il momento adatto per terminare il processo di incubazione: prima della schiusa, i pulcini iniziano a generare sufficiente calore interno da non aver più bisogno della cova. La gallina intuisce il momento adatto per smettere di covare tramite l’istinto, saggiando la temperatura delle uova; gli operai delle incubatrici facevano lo stesso tenendo le uova tra le dita e intuendone lo stato di maturazione appoggiandole contro la palpebra.

Incubatrice per uova egiziana basata sull'antico design
Incubatrice per uova egiziana basata sull’antico design

Il rapporto di Réaumur ci dice che la maggior parte degli operai delle incubatrici proveniva da Berma, sul delta del Nilo. Il termine usato per definire questi lavoratori, bermawy, significherebbe proprio “uomo dal villaggio di Berma”. Gli operai delle incubatrici venivano quasi visti come una casta e il lavoro veniva trasmesso da padre in figlio.

Un solo operaio era sufficiente a far funzionare un’incubatrice a 10 camere d’incubazione. Il periodo di lavoro era di circa sei mesi, per un totale di 8 turni di schiusa. Secondo le statistiche di Réaumur, due terzi delle uova si schiudevano con successo.

Differenze con la produzione di uova europea

Usando le incubatrici, in Egitto era possibile produrre pulcini tutto l’anno. Gli allevatori europei, invece, potevano produrre pulcini solo in primavera e in estate, dato che la maggior parte delle galline non è in grado di generare sufficiente calore durante i mesi più freddi.

Réaumur tentò di replicare le incubatrici nordafricane in Francia, ma senza alcun risultato soddisfacente: richiedevano molto più calore e combustibile di quelle egiziane a causa del clima europeo più rigido. Réaumur sperimentò il letame di cavallo come combustibile, ma non si rivelò sufficientemente efficace, costringendolo ad utilizzare lo stesso legname impiegato dai forni parigini.

L’idea di Réaumur fu successivamente migliorata da Abbé Copineau, sfruttando lo stesso design ma impiegando lampade ad alcol per regolare la temperatura interna delle incubatrici. I tentativi di costruire un’incubatrice efficiente ed economica continuarono nei secoli successivi fino al 1897, anno in cui Lyman Byce, allevatore canadese, inventò l’incubatrice a lampada a carbone, che manteneva costante la temperatura tramite un regolatore elettrico.

Nonostante la modernità, l’incubatrice tradizionale è ancora in uso in Egitto e segue le antiche procedure di incubazione, con una sostanziale differenza: a generare calore non sono più braci prodotte dal letame, ma lampade a gas o kerosene. Secondo un report della FAO stilato da Ali Abdelhakim, presidente dell’ Organizzazione Generale dei Servizi Veterinari in Egitto, ancora oggi ci sono in attività circa 200 incubatrici per uova che seguono il sistema tradizionale.

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One Comment on “Incubatrici per uova in Egitto”

  1. Qualcosa di simile pare fosse intanto già in uso in Cina ( forni tiepidi di mattoni). I tolemaici avrebbero potuto pertanto anche aver appreso dal lontano Oriente, con cui erano in relazione attraverso la Via yemenita dell’ Incenso quella tecnica.Però spesso è accaduto anche che certe invenzioni sono maturate contemporaneamente, almeno in apparenza, in popoli e aree diverse(vd l’agricoltura messicana).

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