La yurta, o ger

La yurta, o ger
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Per condurre uno stile di vita nomade è indispensabile adattarsi ai continui spostamenti del proprio accampamento in base ai ritmi stagionali o alle necessità alimentari del bestiame. I continui smantellamenti e ricostruzioni di abitazioni temporanee costringono a trasportare solo lo stretto indispensabile, per evitare di muovere in continuazione carichi eccessivi che rallenterebbero o renderebbero impossibili gli spostamenti periodici di un popolo non stanziale.

La yurta (in turco), detta anche ger in lingua mongola, è stata pensata per rispondere alle necessità delle popolazioni non sedentarie che hanno come loro territori tradizionali le steppe asiatiche. E’ un rifugio relativamente solido, abbastanza affidabile, sufficientemente veloce da costruire e fondato sul riutilizzo di materiali facilmente ottenibili in natura, come legno e fibre vegetali o animali.

Il successo della yurta

Yurte e ger fanno parte della tradizione asiatica da almeno tremila anni. Secondo le analisi storiche, i nomadi indoeuropei furono i primi ad utilizzare tende molto simili alla yurta in Russia e in Ucraina, ma la prima descrizione scritta di questo tipo di abitazione temporanea fu redatta dallo storico greco Erodoto.

La yurta si rivelò essere il rifugio ideale per popoli nomadi o seminomadi che facevano della pastorizia la loro attività principale. Si tratta di una struttura in grado di ospitare un’intera famiglia, facile da costruire e altrettanto semplice da smontare e da caricare su animali da soma.

Una yurta degna di questo nome può essere smontata in circa un’ora, e costruita in meno di 3 ore, da sole 2-3 persone, fornendo riparo per una famiglia allargata di 5-15 persone.

La ger è in grado di resistere facilmente ai forti venti che si manifestano durante la primavera mongola. La flessibilità risultante dai materiali e dalla tecnica costruttiva fornisce alla struttura un’insospettabile robustezza, anche in presenza di forti precipitazioni nevose che si accumulano sul tetto.

Non essendoci pareti solide, la yurta non è esente da difetti, ma è sufficientemente isolata da riuscire a mantenere l’ambiente interno caldo o fresco in base alla stagione: le steppe mongole raggiungono facilmente i -35°C durante l’inverno, e possono registrare quasi 40°C nell’arco dell’estate.

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La yurta ha un forte valore simbolico per i popoli nomadi delle steppe. Anche il solo ingresso nella struttura prevede un rituale tradizionale: occorre entrare con il piede destro facendo attenzione a non calpestare la soglia; una volta all’interno, occorre sedersi immediatamente ed evitare di passare tra i due pilastri centrali (se presenti), che simboleggiano il punto d’incontro tra il cielo e la terra.

Struttura della yurta

La ger è sostanzialmente una tenda circolare munita di un’apertura centrale sul soffitto. Le yurte tradizionali hanno uno scheletro circolare ricoperto da feltro ottenuto dal bestiame su cui si basa la pastorizia mongola, come pecore, capre e yak.

Il legno che compone il telaio è molto difficile da reperire nella steppa, un ambiente notoriamente privo di alberi; il legname viene quindi importato da località boschive tramite lo scambio di prodotti della pastorizia.

La ger mongola dispone di una o più colonne di supporto alla struttura (bagana) e una serie di costole di legno (uni) che formano il telaio portante del tetto. La tenda è tenuta insieme da corde e nastri, aiutati dalla compressione generata dal peso del telaio e della copertura di feltro.

Struttura interna di una ger
Struttura interna di una ger

L’apertura centrale (toono), o corona, viene realizzata in legno ed è simile ad una ruota. Consente al fumo del focolare di uscire e all’aria fresca di circolare all’interno della tenda, ma non causa un’eccessiva dispersione termica, contribuendo a creare un ambiente isolato e libero da fumi nocivi. La corona, inoltre, lascia entrare la luce solare, rendendo superfluo l’uso di illuminazione artificiale durante le ore diurne.

La porta d’ingresso alla yurta viene generalmente orientata verso sud per godere della massima esposizione solare. Il telaio della porta è in legno, talvolta ricoperta da uno strato di feltro che funge da isolante.

Al centro della ger si trova la stufa metallica che fornisce calore al rifugio. Sopra la stufa vengono solitamente appesi i prodotti della pastorizia, come carne salata o affumicata e la tradizionale bevanda di latte di giumenta fermentato (kumis o ajrag)

Le yurte sono tradizionalmente decorate con motivi ornamentali legati al simbolismo religioso mongolo. Le decorazioni più comuni sono quelle legate alla forza, come la khas (svastica) o le “quattro bestie” (leone, tigre, garuda e drago).

I motivi connessi ai cinque elementi naturali sono molto comuni: si ritiene che ogni raffigurazione stilizzata degli elementi possa donare forza o protezione agli abitanti della yurta.

Molto frequenti sono anche i motivi geometrici, spesso presenti alle estremità della yurta: il simbolo “alkhan khee” rappresenta la continua necessità di spostarsi, mentre l’ “ulzii” simboleggia la longevità e la felicità.

Khibitkha

Durante il periodo medievale alcuni esploratori europei documentarono l’osservazione di un particolare tipo di yurta, chiamata khibitkha o ger tergen. Si trattava di tende montate in modo permanente su grossi carri trainati da squadre di buoi.

Guglielmo di Rubruck, missionario fiammingo ed esploratore dell’Asia durante il XIII secolo, registrò nel suo resoconto di viaggio un carro dorato di un’asse largo quanto l’albero maestro di una nave e trainato da 22 buoi.

Khibitkha
Khibitkha

La khibitkha non era alla portata di tutti: la quantità di legno necessaria alla realizzazione del carro e della tenda, e la necessità di avere qualche dozzina di animali da soma dedicati al trasporto di questa struttura rendevano le ger tergen una prerogativa dei capi tribù.

Alcuni individui particolarmente potenti e ricchi potevano permettersi decorazioni degne di un palazzo imperiale: nel XIII secolo il governatore mongolo di Samarcanda, Mas’ud Beg, aveva a disposizione una khibitkha ricoperta da seta e fili d’oro; si narra che il governatore di Khorasan, invece, abitasse in una yurta tenuta insieme da 1.000 chiodi d’oro.

Yurt – National Geographic
What is Mongolia Ger?
YURT AND TINY LIVING TIPS FROM EXPERTS


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