Vichinghi e parassiti intestinali

Cosa mangiavano i vichinghi
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Una delle più recenti frontiere della ricerca archeologica è rappresentata dall’analisi degli escrementi umani. Per quanto possa risultare repellente ai più deboli di stomaco, questo tipo di analisi ha fornito negli ultimi anni preziosissime informazioni sullo stile di vita e sulla dieta di molti popoli dell’antichità.

Ad esempio, da tempo abbiamo diverse informazioni sulla dieta dei Vichinghi, dati principalmente dedotti dalle condizioni climatiche del Nord Europa, dall’usura dei denti, dall’analisi della placca o da documenti storici. Ma lo studio della materia fecale ci consente di ottenere dati anche sulle conseguenze dell’alimentazione e dell’igiene quotidiana dei popoli norreni.

Analisi fecale, connubio tra archeologia e genetica

Una ricerca del 2015 condotta da Martin J. Søe del Dipartimento di Scienze Botaniche e Ambientali di Copenhagen ha esaminato campioni di feci norrene vecchi di circa 1.000 anni, scoprendo che sia i popoli nordici che i loro animali domestici erano sostanzialmente imbottiti di parassiti intestinali.

“E’ affascinante essere in grado di esaminare queste uova di parassiti estremamente antiche e stabilire a quali specie appartengano” ha dichiarato Søe in un’intervista di ScienceNordic.com. “Possiamo usare questi dati per scoprire qualcosa su come vivessero le persone comuni durante l’era vichinga e quali animali domestici fossero i più diffusi. Possiamo inoltre rispondere a domande sull’interazione tra uomini e animali e quanto vivessero vicini gli uni agli altri”.

Søren Michael Sindbæk, professore del Dipartimento di Cultura e Società Medievali alla Aarhus University, sostiene che si tratti di un ottimo esempio di collaborazione tra archeologia e genetica. “Disporre di questa dimensione ulteriore nel nostro lavoro è estremamente eccitante. Significa che possiamo iniziare a ottenere informazioni su domande precedentemente prive di risposta”.

“Per esempio” continua Sindbæk, “possiamo apprendere molto sulle condizioni di vita dei popoli del passato, quali malattie fossero comuni, se i nostri antenati vivessero separati dai loro animali o se continuassero a condividere le loro case con il bestiame”.

Parassiti nelle latrine

Per la sua ricerca Martin J. Søe ha esaminato il contenuto di uova di parassita rinvenute all’interno di campioni prelevati dalle latrine di un insediamento vichingo vicino a Viborg, insediamento datato tra il 1018 e il 1030.

I ricercatori hanno separato i campioni di terreno dalle antiche uova di parassita, procedendo quindi all’analisi genetica per determinarne la specie, la sua provenienza e la sua capacità di infettare l’essere umano.

L’analisi genetica ha evidenziato la presenza di diversi parassiti, alcuni non trasmissibili all’essere umano mentre altri, come i tricocefali, perfettamente in grado di insediarsi nell’organismo umano.

“Si può determinare se un parassita possa infettare esseri umani o animali semplicemente osservando le uova” afferma Søe. “Ma esaminando il DNA siamo capaci di confermare ciò che fino ad ora abbiamo solo ipotizzato: un migliaio di anni fa, gli esseri umani erano ospiti di questi parassiti”.

Trichuris trichiura
Trichuris trichiura

I parassiti più comuni per l’essere umano si sono rivelati essere il Trichuris trichiura, un verme che si insedia nell’intestino crasso del suo ospite allo scopo di nutrirsi di sangue e responsabile della tricocefalosi, e l’Ascaris lumbricoides, responsabile dell’ascaridiosi.

Un esemplare femmina di Trichuris trichiura è in grado di deporre fino a 10.000 uova al giorno, che verranno espulse tramite le feci umane. Dopo una permanenza nel terreno di 2-3 settimane, le uova entrano in fase infettiva: a seguito dell’ingestione (principalmente a causa di scarse condizioni igieniche) si schiudono all’interno dell’intestino e le larve iniziano a crescere per circa tre mesi fino a raggiungere la maturità.

La tricocefalosi è ancora oggi una delle parassitosi più diffuse sul pianeta: si stima che circa 1 miliardo di persone ne siano affette, specialmente in Asia, Africa e America meridionale.

L’infezione da Ascaris lumbricoides è anch’essa legata a scarse condizioni igieniche (si tratta di una delle parassitosi più comuni del pianeta anche nel XXI secolo), ma le larve, una volta uscite dal guscio, migrano verso fegato, cuore e polmoni, risalendo fino all’orofaringe per poi essere deglutite tornando nell’intestino, dove possono proseguire la maturazione, accoppiarsi e deporre altre uova.

Tra le uova di parassiti scoperte nelle antiche feci norrene ne sono state trovate alcune appartenenti alla Fasciola hepatica, un verme piatto che infetta animali ed esseri umani. Questo parassita si insedia nel fegato del suo ospite definitivo, generalmente bestiame, passando prima da ospiti intermedi che contribuiscono a completare il suo ciclo vitale e a diffonderlo. Alcuni ospiti intermedi sono alcune lumache della famiglia dei Lymneidi.

L’igiene vichinga

I popoli norreni non erano gli unici ad essere costretti a condividere la loro esistenza con parassiti intestinali. Molte civiltà antiche erano piagate da parassitosi a causa dei frequenti contatti, diretti o indiretti, con le deiezioni umane e animali.

L’analisi genetica dei parassiti norreni ha fornito informazioni sulla loro provenienza, oltre a dati utili per capire come si siano spostati lungo il pianeta sfruttando le migrazioni umane.

A causa della costante presenza di parassiti intestinali, il sistema immunitario dei popoli norreni era relativamente abituato a combattere queste infezioni. L’organismo dei Vichinghi produceva una versione “mutante” di una molecola, definita A1AT (Alfa 1-antitripsina), particolarmente adatta a contrastare le strategie offensive dei parassiti.

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Oggi, questa molecola non ha più molta utilità: le condizioni igieniche sono enormemente migliorate, come anche i trattamenti per le parassitosi; ma migliaia di anni fa costituiva un meccanismo immunitario estremamente utile, anche se non privo di controindicazioni.

In tempi moderni, infatti, la A1AT costituisce l’unico fattore ereditario per l’insorgenza di malattie respiratorie come l’enfisema, un rischio particolarmente comune in Scandinavia. Ma due millenni fa, quando la A1AT iniziò a mutare, l’esposizione a fattori di rischio per malattie respiratorie era inferiore a quella di oggi, e la durata media della vita era più bassa; la A1AT mutante non costituiva quindi un grosso problema, ma un elemento di vantaggio nella battaglia contro i parassiti più comuni.

Trichuris trichiura
Ascariasi
DNA Typing of Ancient Parasite Eggs from Environmental Samples Identifies Human and Animal Worm Infections in Viking-Age Settlement
The Vikings, their worms, and the diseases they got


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