Lo stadel, la casa walser a due piani

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A poco meno di due ore da Milano si erge un muro di roccia e natura oltre il quale si aprono valli ricoperte di verde e percorse da mucche, torrenti e cascate. La Valle d’Aosta, una regione poco nominata ma apprezzata da chi ha avuto il piacere di esplorarla, offre panorami mozzafiato e un gruppo di comunità che per interi secoli hanno condotto uno stile di vita difficile ma particolarmente affascinante.

Nel corso del passato weekend sono riuscito ad esplorare una minuscola frazione della Valle del Lys, percorsa dal fiume omonimo lungo il quale si snodano paesini e piccoli agglomerati di case, alcune moderne ma dall’aspetto tipicamente alpino, altre molto più antiche, ma non per questo meno interessanti.

Lo stadel, la tipica casa rurale della cultura Walser, è un edificio curioso e funzionale, nato dall’ingegno e dalla necessità di un popolo costretto a negoziare con una natura spesso ostile.

La comunità Walser

Conosco ben poco la cultura Walser, ma sono così fortunato da avere una compagna cresciuta a Gressoney e che, lentamente, mi sta introducendo alle tipicità della cultura della Valle del Lys.

I Walser parlano il Titsch, una variante del dialetto tedesco meridionale chiamata “altissimo alemanno” presente in tre forme: il titsch di Gressoney-Saint-Jean e La-Trinité, il töitschu di Issime e il titzschu di Alagna Valsesia e Rimella in Valsesia.

Le comunità Walser si stabilirono in Piemonte, Valle d’Aosta e Svizzera nel XIII secolo. Il più antico documento che cita un insediamento Walser risale al 10 maggio 1253 ed è stato redatto nella colonia di Bosco Gurin, nel Canton Ticino.

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L’origine della comunità walser viene spiegata sul sito Monterosa4000.it:

“Spinte da ristrettezze economiche e da eccessiva concentrazione di popolazione, intere comunità Walser sin dal 1200 lasciarono la terra d’origine vallese e, attraverso dure e spesso inesplorate vie alpine, si crearono nuove patrie in un’ampia zona che va dalla Savoia francese al Vorarlberg austriaco, quasi sempre ad altitudini superiori ai 1000 metri. […]”

“[…]Le dure condizioni ambientali li costrinsero ad integrare sempre più la loro attività rurale con quella di allevatori che consentiva loro di entrare in commercio con le popolazioni più vicine, offrendo giovani capi di bestiame, oltre agli svariati prodotti della lavorazione del latte.Si tratta di un popolo nel quale sono altissimi il valore della libertà, dell’indipendenza e il senso dell’avventura; anche quando il prezzo da pagare è altissimo[…]”

“[…] La necessità di garantirsi un’alimentazione autonoma (latte, formaggi, carne salata ed essicata all’aria) ed il foraggio per il bestiame, li costrinsero ad una durissima opera di dissodamento del terreno, utilizzando scure e fuoco, ed ottenendo delle radure coltivabili chiamate macchie (Fleche). I walser furono portatori di una cultura del legno molto più avanzata e raffinata di quella delle popolazioni originarie.”

L’abilità dei walser nella lavorazione del legno fu alla base della costruzione dei primi stadel, le case tradizionali della Valle del Lys.

Lo stadel
Stadel walser nella Valle del Lys
Stadel walser nella Valle del Lys. Fonte

I walser erano contadini e allevatori e necessitavano di un’abitazione in grado di proteggere esseri umani e animali in egual modo: senza il bestiame, la sopravvivenza all’isolamento invernale sarebbe stata estremamente difficile.

La stadel risponde alle esigenze pratiche dei walser con un edificio su due livelli isolati l’uno dall’altro. Il piano più basso, in pietra, rappresentava allo stesso tempo la stalla, la residenza “di lavoro”, il locale della stufa e la cucina: le zone destinate alla vita quotidiana umana, chiamate collettivamente “wongade“, erano il cuore dello stadel.

La cucina, chiamata firhus, non era un locale per il soggiorno diurno o notturno, ma una stanza in cui si lavoravano i prodotti caseari, su preparavano le carni o si cucinava il pasto della giornata. La stalla era separata dal wongade da una parete di legno chiamata “läno”, utile a mantenere un certo livello d’igiene pur lasciando filtrare all’interno della casa il calore prodotto dal bestiame.

L’accesso al piano superiore era possibile grazie ad una scala interna. Al primo piano si trovava il fienile e le camere da letto all’interno di una struttura interamente lignea, realizzata con assi di larice unite a incastro.

Il larice è il legno dominante nella stadel: veniva impiegato non solo per realizzare la struttura del piano superiore, ma anche per rivestire il pavimento e le pareti del piano inferiore.

Le camere del primo piano si trovano in corrispondenza del wongade per sfruttare il calore generato dalle attività svolte al piano inferiore e dal bestiame.

Il tetto, dalla struttura portante il legno di larice, era ricoperto da lose di pietra, tegole ottenute da ardesia o altri materiali di natura scistosa (propensi a fratturarsi in lastre).

I “funghi” di supporto
Colonne dalla tipica forma a fungo
Colonne di supporto dello stadel, dalla tipica forma a fungo. Fonte

Il piano superiore e quello inferiore, in un tipico stadel, non si toccano e non condividono pavimento e soffitto, ma sono separati da piccole colonne dalla tipica forma a fungo.

Queste colonne vengono realizzate con legno e pietra: il gambo è costituito da un tronco di legno, mentre il cappello viene ottenuto da un disco di pietra (chiamato “musblatte” in dialetto walser) su cui poggia il primo piano.

Questa separazione aveva due scopi principali: il primo era quello di isolare il fienile e la zona notte per evitare l’infiltrazione di umidità dal piano sottostante; il secondo, invece, era prevenire l’ingresso dei roditori, amanti dei fienili e tipici coinquilini di molte strutture rurali.

Fonti:

Cultura Walser della Valle d’Aosta
Casa walser
La civiltà Walser
Gli stadel, antiche costruzioni walser
Architettura Walser


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2 Comments on “Lo stadel, la casa walser a due piani”

  1. I Formazzini anziani della “ Pomattertal” narravano ancora negli anni ‘80 la tendenza tradizionale a comunicare piu’ con i connazionali al di la’ del passo di San Giacomo, che con il Novarese meridionale a sud della Frua, raggiungibile con strada asfaltata costruita in epoca fascista.Narravano, che la pasta e il caffe’, prodotti prima sconosciuti,arrivarono con i finanzieri meridionali a inizio secolo XIX e che giovani erano molto richiesti e arruolati dai contrabbandieri novaresi di anteguerra per fare da “- a piedi!- dei sacchi di riso per la Svizzera, prima cioe’ dell’ epoca post- bellica, in cui altrove,altri “spalloni” ,con le “ Alfone 1900” a doppio fondo, portavano, su commissione, in Svizzera, ben altro.La festa del fieno, trasportato dalle montagne con le slitte fino Alle stalle, e’ ancora la celebrazione orgogliosa di una epica e immane fatica.

  2. Errata corrige: “secolo XX “per “secolo XIX.” ”Trasportare “ per “fare”.
    Le Alfone contrabbandiere di denaro naturalmente passavano per Tirano, ecc.

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