Salnitro, zolfo e carbone: la polvere nera nell’antichità

Salnitro, zolfo e carbone: la polvere nera nell'antichità
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La polvere pirica viene considerata una delle Quattro Grandi Invenzioni cinesi. Creata quasi per caso durante l’elaborazione di farmaci tradizionali e le più disparate sperimentazioni alchemiche, rivelò ben presto il suo potenziale deflagrante, ma il suo utilizzo in campo bellico ebbe inizio secoli dopo la sua scoperta.

Ottenere polvere nera è un procedimento relativamente semplice oggi; ma in epoche in cui la chimica industriale doveva ancora vedere la luce, come fecero i nostri antenati ad ottenere la prima, rudimentale formula della povere nera e gli ingredienti necessari per implementarla?

Esplosivo a tre ingredienti

Ciò che viene definita genericamente “polvere da sparo”, “polvere nera” o “polvere pirica” non è altro che un mix di tre ingredienti: zolfo, carbone vegetale e salnitro (nitrato di potassio). Questa miscela fornisce alla polvere tutto il necessario per bruciare: il nitrato di potassio è l’agente ossidante che fornisce l’ossigeno necessario alla combustione, il carbone costituisce il combustibile primario, mentre lo zolfo, oltre a svolgere il ruolo di combustibile secondario, abbassa la temperatura di ignizione.

La polvere nera è un esplosivo deflagrante: quando viene innescata, si propaga dai granuli più caldi ai più freddi tramite conduzione, generando un’onda di pressione subsonica (al contrario di una detonazione, che si propaga a velocità supersoniche).

Il nitrato di potassio è l’elemento chiave della violenta reazione della polvere nera quando entra in contatto con una fiamma: il processo di combustione fa in modo che il salnitro rilasci ossigeno, alimentando ulteriormente la deflagrazione e accelerandola.

Per ottimizzare la violenta combustione della polvere pirica, occorre combinare nelle giuste proporzioni i tre diversi elementi che la compongono. Nel corso della storia molti alchimisti si sono cimentati nella ricerca della formula perfetta per ottenere una polvere da sparo adatta allo scopo, ma uno dei primi a documentare per iscritto la ricetta dell’esplosivo fu Qing Xuzi nel IX secolo d.C.: la formula prevedeva sei parti di salnitro, sei di zolfo e una di piante essiccate del genere Aristolochia, utilizzate per secoli nella medicina tradizionale cinese.

Secondo la tradizione taoista, la prima formula della polvere da sparo fu ottenuta come sottoprodotto delle sperimentazioni cinesi condotte durante l’VIII – IX secolo nel tentativo di realizzare un elisir dell’immortalità. Inizialmente utilizzata come medicinale sperimentale con il nome di huoyao (“medicina di fuoco”), la polvere nera trovò applicazioni belliche all’inizio del X secolo.

L’attuale composizione della polvere nera è riconducibile ad una formula elaborata durante gli ultimi anni del XVIII secolo: 70-75% di nitrato di potassio, 15% di carbone di legna e 10-15% di zolfo. Per il carbone si prediligeva legname di salice o di ontano.

Ad eccezione del carbone (la cui realizzazione fu elevata ad arte fin dall’antichità, come spiegato in questo post), come fu possibile ottenere gli ingredienti necessari alla realizzazione della polvere da sparo senza l’ausilio della chimica moderna?

Zolfo
lo zolfo, oltre a svolgere il ruolo di combustibile secondario, abbassa la temperatura di ignizione
Lo zolfo, oltre a svolgere il ruolo di combustibile secondario, abbassa la temperatura di ignizione. Foto di Johannes ‘volty’ Hemmerlein

Lo zolfo è uno degli elementi chimici più abbondanti in natura, classificandosi al decimo posto tra i più diffusi nell’intero universo e al quinto per quanto riguarda gli elementi presenti sul nostro pianeta.

Lo zolfo è un minerale conosciuto fin dall’antichità: la Bibbia lo menziona in 15 occasioni separate, mentre nella medicina tradizionale di molti popoli antichi veniva mescolato ad incenso o ad erbe aromatiche per ripulire case e i luoghi sacri dagli “influssi malvagi”.

Lo zolfo era noto in Cina almeno dal I secolo a.C.: chiamato shiliuhuang, veniva estratto in forma nativa ad Hanzhong ed utilizzato nella medicina tradizionale cinese per il trattamento della scabbia, della psoriasi e dell’eczema, benché la sua reattività a contatto con alcuni metalli fosse ben nota e avesse suscitato l’interesse di alcuni alchimisti cinesi.

Il Papiro di Ebers, uno dei documenti medici più antichi della storia, menziona un unguento base di zolfo impiegato per il trattamento di alcune patologie oculari, mentre Plinio il Vecchio, nella sua Naturalis Historia, cita questo elemento come ingrediente per realizzare medicinali o decoloranti per tessuti.

Oltre alla possibilità di estrarlo dalla pirite, lo zolfo si trova comunemente in forma nativa. Nelle regioni vulcaniche come la Sicilia, lo zolfo veniva tradizionalmente estratto da depositi di superficie e fatto cuocere all’interno di forni di terracotta per purificarlo.

Salnitro

Con il termine “salnitro” si intende generalmente il nitrato di potassio, ma verso la fine del XIX secolo fu utilizzato anche per definire il nitrato di sodio (chiamato anche “salnitro cileno”).

Il salnitro è noto in Cina fin dal I secolo a.C.: i testi dell’epoca documentano l’utilizzo di salnitro e zolfo in alcune preparazioni medicinali, mentre un documento alchemico dell’anno 492 evidenzia come il salnitro bruci generando una fiamma viola, un metodo molto utile per distinguerlo da altri sali inorganici.

Il nitrato di potassio è altamente solubile in acqua e si può quindi trovare sotto forma di formazioni cristalline in ambienti aridi, o in prossimità di altri minerali solubili. Si tratta di un minerale cristallino bianco o privo di colorazione che si accumula comunemente sulle pareti delle caverne o nei depositi di guano e altri materiali organici.

Una fonte primaria di nitrato di potassio prima dell’ epoca moderna furono i depositi cristallini che si generano all’interno delle caverne, depositi la cui origine è legata al guano dei pipistrelli. Gli escrementi animali e umani sono stati utilizzati fin dall’antichità per produrre attivamente salnitro, dato che promuovono la formazione di nitrati.

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I primi processi di purificazione del nitrato di potassio furono documentati in forma scritta dall’alchimista arabo Hasan al-Rammah nel 1270: la procedura da lui descritta richiedeva la bollitura di minerali grezzi contenenti salnitro (chiamati barud) seguita dall’uso di carbonato di potassio ottenuto da ceneri di legna per rimuovere il calcio e il magnesio tramite precipitazione.

Il metodo tradizionale di produzione del salnitro prevede la creazione di un letto di terreno argilloso riempito con materia organica vegetale (come semplice paglia) ed escrementi animali. La mistura deve essere bagnata con urina (umana o bovina) e mescolata a intervalli regolari, in modo tale da mantenerla sempre umida (ma non bagnata) e consentire ai nitrati di formarsi in ogni parte del mix.

La mistura deve essere protetta dall’acqua piovana per evitare che la solubilità del nitrato di potassio svuoti il letto del prezioso minerale. Sulla superficie del deposito si formerà uno strato di cristalli di salnitro spesso da 6 a 10 centimetri che dovrà essere prelevato solo parzialmente per consentire la generazione di altre formazioni cristalline.

Verso la metà del 1800 fu ideato il “metodo Francese”, che prevedeva l’impiego di un contenitore impermeabile in grado di contenere sufficiente compost da produrre il salnitro necessario alle esigenze belliche dell’epoca. Il procedimento richiedeva da sette mesi ad un anno per essere completato (la formazione di salnitro è dipendente dalla temperatura ambientale) e il salnitro doveva essere lavato con acqua bollente diverse volte prima di essere lasciato ad essiccare al sole.

Una preparazione pericolosa

Produrre polvere nera non è un procedimento complesso, ma richiede molta attenzione per evitare combustioni accidentali potenzialmente devastanti. In origine i tre ingredienti venivano tritati con mortaio e pestello fino ad ottenere una polvere sottile, un procedimento non esente da rischi; per evitare inneschi accidentali si utilizzavano materiali, metalli e leghe che non producono scintille, come pietra, bronzo o piombo.

Durante la preparazione, la mistura veniva bagnata con alcol o acqua per limitare al minimo l’innesco fortuito del composto, ridurre la produzione di polveri e sciogliere il salnitro, in modo tale che la polvere di nitrato di potassio aderisse completamente alle particelle di carbone.

Una volta tritata, la polvere nera bagnata veniva modellata in panetti e lasciata a seccare. Giunto al giusto grado di umidità, l’esplosivo poteva essere facilmente trasportato e utilizzato semplicemente sbriciolando i panetti per ridurli nuovamente in polvere.

Se lasciata in forma di polvere (pratica comune nel Medioevo europeo), durante il trasporto i tre ingredienti potevano separarsi e richiedevano una nuova mescolatura non appena giunti a destinazione. La polvere inoltre ha proprietà igroscopiche superiori a quelle dei panetti e accumulava facilmente umidità dall’ambiente, forzando i suoi utilizzatori ad asciugarla al sole.

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Anche se la polvere da sparo rilascia meno energia del TNT (3 megajoule per kg contro 4,7 megajoule), si tratta comunque di un esplosivo e doveva essere maneggiato con cura. Le esplosioni accidentali accadevano non di rado; gli addetti alla lavorazione della polvere nera dovevano evitare di indossare qualunque oggetto metallico e utilizzare lampade o candele protette da involucri di vetro.

Le conseguenze della mancata osservazione delle misure di sicurezza minime per maneggiare la polvere nera potevano essere fatali: in un edificio di Tower Hill si verificò nel 1522 un’esplosione causata da una minuscola scintilla venuta a contatto con la polvere da sparo immagazzinata nello stabile: sette londinesi furono uccisi e altri otto subirono gravi ferite.

Pochi anni dopo, nel 1560, un colpo esploso da un’arma da fuoco a Crooked Lane, a nord del London Bridge, causò la detonazione di due barili di polvere nera, distruggendo quattro case, danneggiandone molte altre e uccidendo 11 persone.

Fonti per “Salnitro, zolfo e carbone: la polvere nera nell’antichità”

Gunpowder: Composition and characteristics
Timeline of the gunpowder age
Sulfur
How To Make Saltpeter
Accidental explosions: gunpowder in Tudor and Stuart London


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