Nábrók, le “necromutande” della stregoneria islandese

Nábrók, le "necromutande" della stregoneria islandese
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Nel tranquillo villaggio di pescatori di Hólmavík si trova un museo che ospita la riproduzione di un oggetto leggendario della stregoneria islandese: il nábrók, “necromutande” (o “necropantaloni” che dir si voglia) la cui creazione prevedeva un rituale così complesso da risultare irrealizzabile.

Il Museo della Magia e della Stregoneria Islandese

Il Museo della Magia e della Stregoneria Islandese combina interessanti fatti storici relativi alla caccia alle streghe condotta in Islanda nel XVII secolo ed elementi folkloristici legati alla magia islandese di discendenza norrena, una pratica che spesso prevedeva sacrifici di sangue e rituali della tradizione magica popolare nordeuropea.

Nel 2014 gli utenti di TripAdvisor hanno classificato questo museo tra i primi dieci musei più interessanti d’Islanda, lasciando stupito e soddisfatto il curatore Sigurður Atlason, un appassionato di folklore e storia della sua isola.

“Il nostro museo è qualcosa che esula da un museo tradizionale, caratteristica che lo rende particolare. Mandare avanti il museo è stata una sfida: questo è il primo anno dall’apertura in cui siamo in grado di assumere personale. Siamo finalmente diventati un business solido” spiega Atlason.

L’idea di un museo incentrato sulla stregoneria islandese è nata nel 1996 per attrarre più visitatori in un’area così remota d’Islanda, il distretto di Strandasýsla. Nel 2000 il museo ha finalmente aperto le sue porte e anno dopo anno ha attratto sempre più visitatori provenienti da tutto il mondo.

La raccapricciante stregoneria islandese

Durante il XVII secolo l’Islanda fu coinvolta in una vera e propria caccia ai praticanti di stregoneria: l’accusa di esercitare magia nera portò alla morte diverse persone, generalmente uomini. La magia islandese, diretta discendente di quella norrena, prevedeva inoltre rituali violenti o disgustosi, come quello previsto per l’evocazione di un tilberi.

Un tilberi, o snakkur, era una creatura soprannaturale creata dai praticanti di magia nera di sesso femminile con il preciso scopo di rubare latte. Il primo riferimento letterario ad un tilberi appare solo nel XVII secolo, ma lo stesso riferimento cita una donna del 1500 punita per aver dato origine a questa mostruosità.

Un tilberi, o snakkur, veniva creato per sottrarre latte ai vicini di casa
Un tilberi, o snakkur, veniva creato per sottrarre latte ai vicini di casa

Il rituale per la creazione di un tilberi era basato su oggetti ottenuti tramite l’inganno: era necessario sottrarre durante il giorno di Pentecoste una costola da un cadavere seppellito di recente, avvolgerlo in lana grigia rubata appositamente per lo scopo e tenere il rotolo così ottenuto tra i seni per tre settimane.

Ogni domenica, durante la comunione, la donna doveva sputare il vino santo sul rotolo, vedendolo prendere vita e muoversi sempre più ad ogni messa. Al termine del rituale, la donna doveva alimentare la creatura lasciandole succhiare sangue dalla coscia: a questo punto, il tilberi era pronto per essere inviato a rubare latte dalle fattorie vicine, latte che avrebbe rigurgitato dopo il suo ritorno a casa.

Gli incantesimi islandesi erano del tutto simili ai galdrar norreni, versi usati nella magia popolare in svariate circostanze, dal rendere più semplice il parto al portare alla follia un avversario. Pare che Odino conoscesse ben 18 galdrar, tra i quali uno per creare tempeste e un altro per evocare i morti.

I galdrar e la tradizione magica popolare furono le basi per la stregoneria islandese: secondo la leggenda, intorno al XVI secolo Gottskálk grimmi Nikulásson, vescovo di Holar, raccolse tutte le conoscenze magiche e i galdrar norreni (tra i quali la procedura di creazione del nábrók) in un libro, il Rauðskinna,noto anche come Il Libro del Potere, un volume apparentemente sepolto con la salma del prelato e per secoli obiettivo della ricerca di molti praticanti della magia norrena.

Il pezzo forte: nábrók

L’oggetto più popolare del museo è la riproduzione in legno di un nábrækur, detto anche nábrók. Si tratta di mutande magiche che, secondo la magia vichinga islandese, potevano garantire un flusso infinito di monete a patto di realizzarle seguendo un rituale specifico e sanguinolento.

Nabrok

Come molti altri oggetti del museo, anche le necromutande sono state realizzate dall’artista di scena Árni Páll Jóhannsson, ottenendo l’attenzione dei media fino a raggiungere la notorietà in uno show della BBC condotto da Stephen Fry. “Lo show ha creato il caos” sostiene Atlason. “La gente entrava chiedendo se questa fosse la casa dei pantaloni magici mostrati alla BBC”.

Per quanto costituiscano il pezzo forte del museo, questi necropantaloni sono in realtà solo un oggetto leggendario, mai realizzato da nessun vichingo islandese per ovvie ragioni pratiche che saranno ben evidenti qualche paragrafo più sotto. “Ogni volta che qualcuno mi chiede se sono reali o se siano mai esistiti, devo dire la verità: i pantaloni magici sono esistiti soltanto nelle leggende popolari locali”.

La creazione e l’utilizzo del nábrók

Creare un nábrók non era soltanto difficile, ma tecnicamente impossibile. La procedura poteva iniziare anche molti anni prima di procedere con l’effettiva realizzazione dell’oggetto magico: occorreva infatti stipulare un patto con un amico convincendolo a cedere il suo corpo al futuro utilizzatore dopo una morte per cause naturali.

Alla morte dell’amico, l’indossatore delle necromutande doveva attendere la sepoltura del cadavere, riesumarlo senza farsi notare e, solo a quel punto, procedere con la preparazione vera e propria dell’oggetto magico.

Il procedimento era il seguente: occorreva scorticare il corpo dai fianchi ai piedi prestando la massima attenzione a mantenere perfettamente intatta la pelle. Ogni taglio o buco sulla pelle estratta dal cadavere (pelle che comprendeva ovviamente anche quella dei genitali) avrebbe irrimediabilmente compromesso il rituale, vanificando ogni sforzo.

Una volta ottenuti dei veri e propri pantaloni di pelle umana, era necessario indossarli a contatto diretto con la propria pelle, momento in cui avrebbero aderito con forza al corpo dell’indossatore.

Lo scopo del nábrók era quello di ottenere una riserva illimitata di denaro; per innescare questa “generazione spontanea” di monete era necessario inserire nello scroto delle necromutande una moneta sottratta ad una vedova mendicante e il simbolo magico nábrókarstafur scritto su un pezzo di pergamena.

Simbolo Nábrókarstafur
Simbolo Nábrókarstafur

A patto di non rimuovere la moneta, lo scroto del nábrók si sarebbe costantemente riempito di monete senza sosta. Ma liberarsi di questi necropantaloni ed evitare la dannazione eterna non era semplice: occorreva seguire un altro rituale.

In caso di morte imminente, era fondamentale togliersi il nábrók per non incorrere in una sorte terribile nell’aldilà. Per separarsi dalle necromutande occorreva trovare un’altra persona disposta ad indossarle ed effettuare la transizione da un indossatore all’altro in modo tale da lasciare almeno una gamba all’interno dell’oggetto magico.

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Necropants and Other Tales of 17th-Century Icelandic Sorcery


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