La spedizione Kon-Tiki

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Chi raggiunse per primo le isole polinesiane? Ad oggi, questa domanda non ha una risposta certa. Ma i tentativi di ricostruire l’arrivo dei primo esseri umani sulle isole del Pacifico, avvenuto intorno al 1200, non sono stati pochi nel corso della storia recente: è ormai oltre un secolo che gli archeologi cercano di spiegare come i primi abitanti della Polinesia avessero potuto percorrere una distanza così vasta via mare per sbarcare su atolli sperduti.

L’ipotesi di Thor Heyerdahl

Una delle ipotesi più affascinanti viene dall’archeologia sperimentale e da un viaggio compiuto dall’esploratore norvegese Thor Heyerdahl: Heyerdahl sosteneva che i primi abitanti polinesiani fossero giunti dal Sud America in epoca precolombiana partendo dal Perù e viaggiando via mare su imbarcazioni semi-primitive, basando la sua ipotesi su un’antica leggenda degli abitanti dell’Isola di Pasqua, quella relativa alla lotta tra gli Hanau epe (“orecchie lunghe”) e gli Hanau momoko (“orecchie corte”).

Secondo l’interpretazione di Heyerdahl, il mito narra che gli Hanau momoko facessero parte di una seconda ondata migratoria di nativi americani provenienti dalla costa occidentale peruviana, preceduta da una prima ondata che portò gli Hanau epe sulle stesse isole; dopo un periodo di convivenza pacifica, i due gruppi entrarono in conflitto nel XVII secolo per ragioni ancora parzialmente misteriose.

La maggior parte degli storici moderni è concorde sul fatto che, in realtà, il mito di Hanau epe sia soltanto una leggenda legata a scontri tribali e lotte di classe degli abitanti dell’isola. L’analisi genetica dei nativi di Rapa Nui, tuttavia, ha evidenziato che esiste nel loro genoma l’8% di DNA nativo americano, penetrato nel loro patrimonio genetico tra il XIII e il XV secolo.

E’ possibile che Heyerdahl avesse ragione? Non possiamo dichiararlo con certezza. Possiamo tuttavia affermare che il viaggio dal Perù alle isole polinesiane era alla portata degli antichi peruviani, come dimostrerebbe la spedizione Kon-Tiki.

La spedizione Kon-Tiki

Per aggiungere una prova sperimentale alla sua ipotesi, Heyerdahl decise di imbarcarsi in un’impresa senza precedenti: attraversare il Pacifico a bordo di un’imbarcazione realizzata con tecnologie e materiali a disposizione dei peruviani del XIII secolo.

La zattera Kon-Tiki esposta al Museo di Oslo
La zattera Kon-Tiki esposta al Museo di Oslo

Il corpo principale dell’imbarcazione era composto da nove tronchi di balsa lunghi 14 metri e dal diametro di 60 centimetri, legati tra loro con corde di canapa. Per mantenere solida la struttura, altri tronchi di balsa lunghi oltre 5 metri e larghi 30 centimetri furono disposti trasversalmente a intervalli di 91 centimetri.

L’albero principale era alto 8 metri e sorretto da un telaio a forma di “A”. La vela era lunga 4,6 metri, alta 5,5 e sorretta da fusti di bambù, un materiale utilizzato anche per ricoprire il ponte dell’imbarcazione.

A poppa fu costruita una cabina di bambù lunga 4,3 metri, larga 2,4 metri e alta da 1,2 a 1,5 metri, dotata di un tetto di foglie di banano. Il timone, realizzati in legno di mangrovia e abete, era lungo quasi sei metri.

Per costruire la zattera non furono impiegati chiodi, viti o materiali metallici, ma solo legname, bambù e corde di canapa. Gli unici elementi moderni a bordo erano la radio, le batterie che la alimentavano, un generatore elettrico a manovella, un sestante e una bussola, tecnologia di certo non disponibili ai navigatori polinesiani del 1200 ma indispensabili per garantire la sopravvivenza dell’equipaggio

Per garantire la sopravvivenza dei sei membri dell’equipaggio, a bordo furono immagazzinati 1.040 litri d’acqua in 56 contenitori e diversi fusti di bambù, per testare l’efficacia di contenitori antichi e moderni. Furono inoltre caricati decine di noci di cocco, patate dolci e frutta assortita; l’esercito americano fornì anche razioni di cibo di sopravvivenza.

Il viaggio della Kon-Tiki

La Kon-Tiki partì da Callao, Perù, il 28 aprile 1947 scortata per circa 80 km dalla marina peruviana per evitare il traffico costiero. Trasportata dalla corrente di Humboldt, iniziò quindi a navigare verso Ovest a vela spiegata solcando il Pacifico in solitaria.

Il percorso della spedizione Kon-Tiki
Il percorso della spedizione Kon-Tiki

Il primo avvistamento di un’isola si verificò il 30 luglio: l’equipaggio riuscì ad intravedere l’atollo di Puka-Puka, ma non sbarcò preferendo proseguire verso l’atollo di Angatau, dove furono impossibilitati a sbarcare per via della conformazione dell’isola.

Il 7 agosto il viaggio giunse al termine quando la zattera colpì il reef che circondava l’isola disabitata di Raroia, facente parte del gruppo di atolli di Tuamotu. L’equipaggio aveva percorso quasi 7.000 chilometri in 100 giorni ad una velocità media di 1,5 nodi (circa 2,8 km/h).

L’equipaggio era stanco ma in salute: durante la navigazione aveva avuto occasione di pescare pesce in abbondanza e il consumo di scorte alimentari era in linea con le previsioni di Heyerdahl.

Dopo qualche giorno sull’atollo deserto, l’equipaggio fu raggiunto dalle canoe degli abitanti di un villaggio posto su un atollo vicino, allarmati dallo spiaggiamento sulle loro spiagge di alcune parti della Kon-Tiki. Heyerdahl e i suoi compagni furono condotti in salvo nel villaggio per poi essere trasferiti a Tahiti dalla goletta Tamara.

Una spedizione apripista

La Kon-Tiki aprì la strada ad altre spedizioni simili: nel 1954 William Willis si imbarcò sulla zattera Seven Little Sisters viaggiando dal Perù a Samoa, percorrendo 10.800 km; in un secondo viaggio dieci anni dopo, la stessa imbarcazione viaggiò per 12.000 km dal Sud America all’Australia.

La Kantuta, ideata dall’esploratore ceco Eduard Ingris, tentò di replicare il viaggio della Kon-Tiki nel 1955 ma fallì; quattro anni dopo costruì la Kantuta II, riuscendo a raggiungere la Polinesia.

spedizione Kon-Tiki

Il navigatore francese Éric de Bisschop tentò invece di fare il viaggio da Tahiti al Cile a bordo di una zattera polinesiana, la Tahiti-Nui. Partì nel novembre del 1956 da Papeete in compagnia di altre cinque persone e raggiunse le Isole di Juan Fernandez cilene nel maggio 1957.

Nel 1973 lo spagnolo Vital Alsar condusse la “spedizione Las Balsas”, l’unica spedizione di zattere multiple sul Pacifico nella storia recente volta a dimostrare che gli antichi navigatori conoscessero le correnti oceaniche quanto gli esseri umani moderni conoscono la rete stradale.

Nel novembre 2015 è stata organizzata una spedizione commemorativa della Kon-Tiki, la Kon-Tiki2, composta da due imbarcazioni, la Rahiti Tane e la Tupac Yupanqui, ed altrettanti equipaggi internazionali. L’obiettivo era quello di replicare il viaggio effettuato da Heyerdahl aggiungendo il percorso di ritorno.

Ognuna delle due zattere era composta da 11 tronchi di balsa tenuti insieme da circa 2 km di corde di canapa. Dopo aver incontrato condizioni avverse e onde alte fino a sei metri, gli equipaggi furono costretti ad abbandonare le imbarcazioni salendo a bordo della Hokuetsu Ushaka dopo 115 giorni di navigazione.

Le obiezioni alla spedizione

Lo scetticismo sulla capacità di navigazione degli antichi polinesiani è sempre vivo, fin da prima della spedizione di Thor Heyerdahl.

Dal punto di vista geografico, la Polinesia è la nazione più vasta del pianeta: si tratta di oltre un migliaio di isole disperse in milioni di chilometri quadrati di oceano, ben più grande della superficie Russia, Canada e Stati Uniti.

Gli abitanti delle isole sono linguisticamente connessi da idiomi comprensibili anche a migliaia di chilometri di distanza, tra culture che apparentemente non hanno mai avuto contatti per svariati secoli.

James Cook dimostrò questa connessione linguistica portando Tupaia, il gran sacerdote di Tahiti, fino all’isola di Ra’iatea, ad oltre 3.000 chilometri di distanza, scoprendo che poteva comprendere perfettamente il linguaggio degli isolani.

E’ quindi indubbio che ci siano affinità non solo linguistiche ma anche culturali tra le popolazioni delle isole polinesiane. E’ tuttavia molto più difficile dimostrare il perché esistano queste connessioni e come si siano originate.

Sir Peter Buck, in origine noto col nome maori Te Rangi Hiroa, presentò nel 1938 una prima ipotesi sulla migrazione di popoli dal sud-est asiatico, popoli che divennero in seguito gli abitanti della Polinesia. Le sue teorie non fugarono i dubbi degli antropologi, ma ad oggi sembrano più fondate dell’ipotesi di Heyerdahl.

La Hōkūle‘a
La Hōkūle‘a

Sappiamo infatti che i polinesiani raggiunsero le Americhe, ma non abbiamo alcuna prova di un viaggio in direzione opposta se non una componente genetica presente nella popolazione delle isole del Pacifico.

I polinesiani riuscivano a navigare per lunghissime distanze orientandosi con il sole, le stelle e una profonda conoscenza delle correnti oceaniche, elementi che, come dimostrato dal viaggio di Mau Piailug del 1976, erano sufficienti a coprire migliaia di miglia marine.

Mau Piailug, esperto di navigazione senza strumenti, si imbarcò sulla Hōkūle‘a (una canoa a doppio scafo costruita dalla Polynesian Voyaging Society) nelle Hawaii senza alcuno strumento di navigazione e riuscì a raggiungere Tahiti, fornendo ulteriore supporto ad un’ipotesi differente da quella di Heyerdahl: i polinesiani provenivano dall’ Asia, non dalle Americhe.

Kon-Tiki expedition
How the Voyage of the Kon-Tiki Misled the World About Navigating the Pacific


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