Ninja: gli shinobi tra verità storica e mito

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La popolarizzazione dei combattenti antichi avvenuta durante il XX secolo grazie al cinema e alla letteratura ha contribuito a creare figure leggendarie, spesso circondate da misteri mai esistiti, dotate di abilità mai possedute o relegate a ruoli mai assunti.

Una di queste figure è quella dello shinobi, conosciuto più comunemente come ninja. I ninja si prestano particolarmente alla spettacolarizzazione cinematografica: spie combattenti dotate di poteri soprannaturali ed equipaggiate con armi non tradizionali. Li abbiamo visti in tutte le salse, in una quantità incalcolabile di film d’azione e in panni per nulla attribuibili a spie giapponesi d’epoca medievale. Cosa c’è di vero, quindi, sui ninja?

Ninja: un termine poco utilizzato

Il termine “ninja” è stato storicamente poco utilizzato. Il ben più diffuso “shinobi”, una forma contratta di “shinobi-no-mono“, si trova nella letteratura giapponese fin dall’ VIII secolo (ad esempio, nell’opera poetica Man’yoshu) e significa “sottrarre; nascondersi”.

Shinobi è un termine generalmente destinato ad un utilizzo al maschile; per le spie di sesso femminile si utilizzava più comunemente la parola kunoichi. Questa distinzione tuttavia non fu utilizzata all’inizio della storia delle spie giapponesi: fino al XV secolo gli shinobi non erano formalmente raggruppati in clan, e qualunque spia poteva essere considerata shinobi.

Altri termini sono stati impiegati per identificare chi praticava attività di spionaggio: monomi (“colui che vede”), nokizaru (“macaco sul tetto”), rappa (“bandito”) e Iga-mono (“uomo di Iga”, una regione storicamente legata agli shinobi).

Esiste anche un’intero ventaglio di nomi regionali impiegati per definire uno shinobi: a Kyoto si usavano le parole “suppa, “ukami” o “dakkou“, mebntre nella prefettura di Miyagi la parola “kurohabaki“; a Niigata erano comuni invece “nokizaru“, “kanshi” e “kikimonoyaku“.

Shinobi e fonti storiche

Per quanto siano nate innumerevoli leggende sulle origini degli shinobi giapponesi, le fonti storiche degne di tale nome e in grado di descriverne l’origine e le attività in cui erano coinvolti sono scarse.

Le ragioni dell’assenza di fonti storiche sembrano essere legate sia alla segretezza delle loro vite, sia allo scarso interesse che suscitavano nelle corti del tempo, più interessate alle nobili gesta dei samurai che ai sotterfugi e alle meschinità delle spie.

La ripugnanza che suscitavano le attività si spionaggio ha origini antiche: l’episodio di Koharumaru, incaricato nel X secolo di spiare Taira no Masakado camuffato da trasportatore di carbone, è indicativo del disprezzo provato nei confronti le spie da parte della società nipponica del tempo.

Allo stesso tempo, tuttavia, le attività degli shinobi erano ritenute indispensabili per raccogliere informazioni o effettuare sabotaggi: nella cronaca Taiheiki (XIV secolo) si riporta l’episodio di uno shinobi particolarmente abile che riuscì a dare alle fiamme un intero castello.

Nei casi sopra citati gli shinobi non erano altro che soldati e samurai a cui venivano affidate missioni di spionaggio. Le prime, vere tracce storiche di individui esclusivamente dediti allo spionaggio risalgono al XV secolo: in questo periodo la parola shinobi identifica con chiarezza gruppi di agenti segreti volti a sabotare e infiltrarsi oltre le linee nemiche.

A partire dal XV secolo i ninja furono reclutati in svariate occasioni come spie, briganti, sabotatori, agitatori e terroristi; potevano compiere atti totalmente indecorosi per un samurai (anche se i samurai, di fatto, non perdevano occasione per compiere atti indegni e poco nobili) in un periodo, l’epoca Sengoku, in cui molti potentati locali erano impegnati in faide con i feudi confinanti.

Bansenshukai
Bansenshukai

Tutto ciò che sappiamo sulle abilità e sull’addestramento dei ninja proviene principalmente da manuali e rotoli realizzati meno di 4 secoli fa. A partire dal XVII secolo furono redatti diversi manuali di ninjutsu dai discendenti di Hattori Hanzo e del clan Fujibayashi, legato al clan Hattori: tra questi si contano il Ninpiden (1655), il Bansenshukai (1675) e lo Shoninki (1681).

Le scuole moderne di ninjutsu sono emerse tutte a partire dagli anni ’70 del 1900: benché basate sulle tecniche di alcuni manuali storici, l’autenticità delle scuole moderne è materia controversa per via dell’assenza di informazioni precise sulla discendenza dei maestri di ninjutsu.

Iga e Koga

Gli shinobi iniziarono ad organizzarsi in gilde composte da diverse famiglie di shinobi e a sviluppare un sistema di gradi: i jonin erano i ninja di rango più elevato, seguiti dai chunin e dai genin. Per quanto di basso rango, i genin svolgevano attività fondamentali come la raccolta di informazioni sensibili, il sabotaggio e l’infiltrazione.

E’ in questo periodo che le province di Iga e Koga iniziano a delinearsi come produttrici di shinobi di professione. I villaggi Iga e Koga addestravano uomini specificamente per le attività di spionaggio, nascosti tra montagne remote e inaccessibili in grado di custodire i segreti più preziosi dei ninja.

Tra il 1485 e il 1581 gli shinobi Iga e Koga furono utilizzati più volte dai daimyo giapponesi per raccogliere informazioni e sabotare il nemico, fino a quando Oda Nobunaga decise di radere al suolo i villaggi della provincia di Iga, costringendo i sopravvissuti a trovare rifugio tra le montagni di Kii o ad affidarsi a Tokugawa Ieyasu (come fece Hattori Hanzo, che divenne una delle guardie dello shogun).

Dopo l’insediamento dei Tokugawa, gli Iga assunsero il ruolo di guardie dello shogun a Edo, mentre i Koga quello di forza di polizia. Gli shinobi continuarono comunque a partecipare ad attività di spionaggio e infiltrazione: nel 1614, Miura Yoemon reclutò 10 shinobi per infiltrarli nel castello di Osaka e fomentare l’antagonismo nei nemici dei Tokugawa.

Con la caduta dei clan Iga e Koga, i daimyo iniziarono ad addestrare i loro shinobi: una legge del 1649 stabilì che solo i daimyo che guadagnavano più di 10.000 koku potevano possedere e addestrare ninja.

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Il ruoli dei ninja

Per quanto tendessero a svolgere ruoli contrari all’etichetta dei samurai, come spionaggio, sabotaggio e assassinio, molti shinobi erano loro stessi samurai o membri dell’esercito (come gli ashigaru). Non si trattava di truppe “anti-samurai” come spesso vengono dipinti: erano soldati specializzati in missioni segrete e spionaggio.

Samurai e Bushido

Spesso svolsero ruoli di fondamentale importanza in battaglie campali e furono impiegati dagli organi di governo dello shogunato per eseguire operazioni estremamente pericolose. Escludendo i villaggi delle regioni di Iga e Koga, gli shinobi erano spesso soldati scelti particolarmente versati nello spionaggio che partecipavano tuttavia anche ad assedi e scontri armati.

Il compito principale degli shinobi era quello di raccogliere informazioni sfruttando ogni mezzo possibile. Il sabotaggio (spesso portato a termine appiccando il fuoco a risorse strategicamente importanti del nemico) era un ruolo secondario ma altrettanto importante.

Il diario dell’abate Eishun, vissuto nel XVI secolo, descrive un attacco incendiario condotto da shinobi Iga:

Questa mattina, il sesto giorno dell’undicesimo mese del decimo anno di Tenbun, gli Iga sono entrati nel castello di Kasagi in segreto e hanno dato alle fiamme alcuni dei quartieri dei sacerdoti. Hanno incendiato anche i fabbricati all’interno del San-no-maru. Hanno catturato l’ Ichi-no-maru e il Ni-no-Maru.

Attribuire agli shinobi, in modo storicamente accurato, l’assassinio di personalità celebri è difficile: operazioni di questo tipo lasciano raramente tracce evidenti. Alcuni omicidi sono stati attribuiti ai ninja posteriormente al fatto, senza alcuna prova sostanziale di un loro coinvolgimento nel delitto.

Sappiamo tuttavia che Oda Nobunaga subì diversi tentativi d’omicidio da parte di alcuni shinobi, come un tiratore scelto Koga nel 1571 (Sugitani Zenjubo) e nel 1573 (Manabe Rokuro). Lo shinobi Hachisuka Tenzo fu invece inviato da Nobunaga per assassinare il daimyo Takeda Shingen.

Ninjutsu, le arti dello spionaggio

Con il termine ninjutsu si identifica in tempi moderni l’ampio bagaglio di abilità che uno shinobi doveva possedere per far fronte ad ogni circostanza avversa.

Il primo addestramento allo spionaggio specializzato sembra essere emerso verso la metà del XV secolo: gli shinobi iniziavano l’addestramento da giovanissimi e imparavano tecniche di sopravvivenza e di sorveglianza, l’uso di veleni ed esplosivi e abilità fisiche come l’arrampicata, la corsa su lunghe distanze e il nuoto.

Sappiamo inoltre che alcuni ninja, come lo shinobi Iga riportato in un resoconto storico relativo a Ii Naomasa, disponevano di conoscenze mediche utili in battaglia; per ridurre al minimo il loro odore corporeo, tendevano ad avere una dieta vegetariana in preparazione di una missione.

Monaco komuso
Monaco komuso

Gli shinobi dovevano necessariamente possedere anche la conoscenza di svariati mestieri per poter infiltrarsi tra il nemico sotto mentite spoglie. Si travestivano spesso da sacerdoti, monaci, mendicanti, mercanti, ronin e intrattenitori: travestirsi da sarugaku (menestrello) consentiva di infiltrarsi all’ìinterno degli edifici nemici, mentre l’abito dei monaci komuso permetteva di mascherare completamente il volto tramite il tipico cappello a canestro.

Le tecniche di spionaggio, d’infiltrazione e “stealth” venivano vagamente raggruppate in quattro gruppi: tecniche di fuoco (katon-no-jutsu), d’acqua (suiton-no-jutsu), di legno (mokuton-no-jutsu) e di terra (doton-no-jutsu).

Grazie ad alcuni manuali e rotoli custoditi per generazioni dai clan di shinobi, siamo in grado ci conoscere alcune delle strategie utilizzate per lo spionaggio:

  • Hitsuke: distrarre le guardie appiccando fuochi lontano dal punto d’ingresso dello shinobi;
  • Tanuki-gakure: arrampicata sugli alberi e camuffamento tra il fogliame. Rientra tra le “tecniche di legno”;
  • Ukigusa-gakure: uso delle piante acquatiche per nascondere i movimenti subacquei;
  • Uzura-gakure: rannicchiarsi come una palla e rimanere immobili per apparire come una roccia.
Miti e leggende metropolitane sui ninja
Abiti neri

Indossare un distintivo abito nero per raccogliere informazioni non è molto pratico: è estremamente riconoscibile tra una folla vestita in abiti tradizionali o contadini. Come accennato in precedenza, gli shinobi preferivano di gran lunga mimetizzarsi nel tessuto sociale indossando gli abiti di figure comuni di “basso profilo”.

Abiti blu

Circola una sorta di “correzione” del mito legato alle uniformi nere dei ninja: erano blu, il miglior colore per nascondersi durante la notte. L’uso del colore blu appare in uno dei manuali scritti durante il XVII secolo, ma viene semplicemente consigliato perché era un pigmento comune nella moda del tempo e utile a non distinguersi.

Spade dritte

In molte film il ninja impugna spade dal filo dritto. Non esiste alcuna prova che gli shinobi utilizzassero questo tipo di spade, che richiedevano una lavorazione differente dalle lame da combattimento normalmente prodotte dai fabbri giapponesi.

La prima apparizione di queste spade dritte (ninjato) è del 1956 nel libro “Ninjutsu” di Heishichiro Okuse; la forma delle “spade ninja” fu poi popolarizzata dal Ninja Museum di Igaryu nel 1964.

Ninjutsu e combattimento

Nessuno dei tre manuali storici del ninjutsu (Ninpiden, Bansenshukai e Shoninki) riporta tecniche di combattimento. Il Bansenshukai dice soltanto che uno shinobi dovrebbe allenarsi nel combattimento con la spada, ma non fornisce alcuna istruzione sul combattimento.

Questo non significa che i ninja non fossero combattenti, ma che molto probabilmente provenivano da classi guerriere. Si dava per scontato che conoscessero i fondamentali del combattimento: il ninjutsu non era un’arte marziale, ma una collezione di tecniche di sopravvivenza, spionaggio e sabotaggio.

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