Piccoli, adorabili e feroci predatori

Piccoli predatori
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Quando si pensa a feroci predatori del mondo naturale si è istintivamente portati a pensare a grandi mammiferi e rettili, o animali di piccola taglia ma dotati di armi naturali temibili come tossine incredibilmente potenti o un aspetto che incute terrore.

Potrebbe quindi sorprendere sapere che la maggior parte dei predatori del regno animale sono piccoli animali incredibilmente fotogenici: alcuni dimostrano una ferocia e una brutalità tali da rivaleggiare o superare quelle di predatori più grandi o spaventosi, ma il loro aspetto spesso conforme all’idea umana di animale da compagnia può facilmente trarre in inganno.

I nostri antenati, attenti osservatori del mondo naturale, attribuirono ad alcuni di questi piccoli predatori poteri soprannaturali spesso simbolicamente collegati alla brutalità che dimostrano durante la caccia o nella difesa di territorio e prole.

Riconoscendo le capacità assassine di questi predatori di piccola taglia, si tentò anche di addestrare i più mansueti come i furetti (impiegati per secoli nella caccia ai conigli), ma molti altri si dimostrarono troppo feroci e dall’indole poco collaborativa, o semplicemente inutilizzabili in un contesto di caccia (come i toporagni).

 

Gatto dai piedi neri (Felis nigripes)

Gatto dai piedi neri

Il felino più letale del pianeta non è un leone, una tigre o un giaguaro, ma lo splendido “Gatto dai piedi neri”, il più piccolo felino africano che fatica a raggiungere i 2,5 kg di peso.
Questo gatto è dotato di un metabolismo velocissimo che lo costringe a cacciare continuamente: è capace di attendere ore intere di fronte alla tana di un potenziale pasto; dopo aver ucciso una preda si mette subito alla ricerca della successiva e ha una media di 14 vittime per notte, con una percentuale di successo nella caccia pari al 60% (i leoni cacciano con successo il 25% delle vote)

 

La donnola (Mustela nivalis)

donnola

Pochi animali dimostrano un istinto omicida simile a quello della donnola, un istinto che in certi casi sembra sfociare nel tipico comportamento di un serial killer umano.

La dieta di una donnola è composta da qualunque animale, senza alcuna distinzione tra roditori, anfibi, rettili, insetti o pesci; per sopravvivere deve assumere ogni giorno una quantità di cibo pari al 30-35% del suo peso corporeo. Non è raro inoltre che attacchi prede molto più grosse di lei: una donnola adulta può abbattere senza troppi sforzi un coniglio 5 volte più grande.

La donnola è un predatore che si è adattato alla caccia in cunicoli e spazi stretti: il suo corpo allungato le consente di entrare in qualunque tana occupata dalle sue prede naturali. Una volta raggiunto l’ obiettivo, la donnola uccide con un potente morso nella regione occipitale del cranio.

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In periodi di abbondanza di cibo, la donnola mantiene il suo feroce atteggiamento predatorio e continua ad uccidere senza sosta, accumulando prede nella tana e nutrendosi solo del loro cervello per ottenere le energie necessarie a riprendere la caccia.

I corpi delle sue vittime vengono lasciati intatti e diventeranno parte del sistema di isolamento termico della sua tana e saranno consumati se necessario.

Secondo Plinio il Vecchio, la donnola era l’unico animale in grado di uccidere il leggendario basilisco penetrando nella creatura attraverso l’ano; una versione simile della leggenda era comune tra i Chippewa americani, che credevano che la donnola potesse uccidere i famigerati wendigo introducendosi dall’apertura anale.

 

Furetto (Mustela putorius furo)

Furetto

Contrariamente a molti animali di questa lista, il furetto spende la maggior parte del suo tempo (dalle 14 alle 18 ore) a riposare, dedicandosi alla caccia generalmente durante il tramonto o l’alba.

Le loro abitudini quotidiane non devono trarre in inganno: il furetto è un carnivoro puro con un metabolismo veloce e un sistema digestivo corto, caratteristiche che lo costringono a cacciare durante tutte le ore di veglia.

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Il furetto è una specie nata dalla selezione della puzzola europea (Mustela putorius) da parte dell’uomo, processo verificatosi circa 2.500 anni fa con il preciso scopo di creare un animale battagliero come la puzzola ma senza le potentissime ghiandole odorose che rendono impossibile la convivenza con l’essere umano.

Il loro corpo sottile e l’ indole curiosa li rendono perfetti per infilarsi nelle tane di piccoli roditori costringendoli ad uscire allo scoperto e ad esporsi ai predatori umani in attesa di un bersaglio da colpire.

 

Toporagno comune (Sorex araneus)

Toporagno

Animale molto comune i Europa, somiglia ad un topo ma è in realtà imparentato con i ricci e come loro è un insettivoro.

Il toporagno è un predatore estremamente vorace e difende aggressivamente il territorio di caccia da cui dipende la sua vita: per sopravvivere, i toporagni devono mangiare ogni 2-3 ore e consumare ogni giorno una quantità di cibo pari al 200-300% del loro peso corporeo.

Il loro metabolismo è così veloce da impedire il letargo invernale perché non consente di accumulare sufficienti riserve di grasso per superare l’inverno. Per sopravvivere alla carenza di calorie tipica dell’inverno, i toporagni riducono la loro scatola cranica del 20% e il cervello si riduce del 30%. Anche gli altri organi perdono volume: come risultato, la massa corporea diminuisce in totale del 18% per consumare meno energia.

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Per mantenere l’apporto calorico necessario a sopravvivere il toporagno si è adattato a mangiare qualunque genere di invertebrato gli capiti a tiro, ma se necessario è in grado di attaccare anche piccoli roditori o di nutrirsi di corpi in decomposizione.

 

Ghiottone (Gulo gulo)

ghiottone

Mustelide imparentato con la donnola, la lontra e il tasso, il ghiottone ha ispirato il personaggio dei fumetti Wolverine per via della ferocia e della spavalderia che dimostra durante la caccia o per la difesa del territorio.

I ghiottoni più grossi superano raramente i 25-30 kg e le dimensioni sono simili a quelle di un cane di taglia media, ma l’aspetto simile al miglior amico dell’uomo non deve ingannare: incontrare un ghiottone può essere fatale anche per un essere umano.

Il ghiottone si nutre principalmente di carogne e mammiferi di taglia medio-piccola, ma è noto per aver attaccato e ucciso prede fino a 20 volte più grandi di lui come alci, lupi, cinghiali, linci, cervi e renne.

I lupi, suoi principali predatori e concorrenti per le risorse alimentari, riescono a uccidere un ghiottone usando la forza del branco, ma nello scontro individuale è molto raro che un lupo possa uscirne vivo; anche gli orsi bruni fanno fatica a tenere testa ad un ghiottone adulto e affamato. Come se non bastasse, se si sente minacciato il ghiottone non dimostra alcuna paura ed è disposto a morire pur di uccidere il nemico.

 

Mangusta

Mangusta

Il termine mangusta racchiude circa una trentina di animali della famiglia Herpestidae, piccoli onnivori eurasiatici e africani dalla dieta molto varia.

Le manguste si nutrono di qualunque cosa incontrino sul loro cammino: carogne di animali, insetti, uccelli, roditori e serpenti velenosi. Sono note per essere capaci di uccidere i cobra grazie alla loro agilità e ad un’innata tolleranza al veleno: gli antichi Egizi veneravano le manguste africane per la loro capacità di combattere contro i serpenti.

Alcune specie di manguste sono animali molto sociali che formano colonie che possono contare fino a 50 individui. Le manguste sociali vivono, viaggiano e cacciano in gruppo come un team ben coordinato: dopo aver cacciato per circa una settimana nella stessa area, si spostano in cerca di territori di caccia più ricchi di prede.

Quando furono introdotte nei Caraibi per liberare le isole dai ratti, le manguste uccisero la maggior parte della piccola fauna locale ed è oggi illegale importare questi animali negli Stati Uniti, in Australia e in altri Paesi del mondo.

 

Margay (Leopardus wiedii)

Margay

Specie nativa del Centro e Sud America molto simile ad un gatto domestico e dall’ aspetto semplicemente adorabile. Non supera i 4 kg di peso ed è un eccellente arrampicatore, uno dei pochissimi felini ad essere in grado di scendere verticalmente da un albero con la testa rivolta verso il basso.

E’ anche capace di inseguire scoiattoli rimanendo sugli alberi saltando di ramo in ramo fino a catturarli.

Il margay si nutre prevalentemente di uccelli, rettili, rane, piccoli mammiferi terrestri e tamarini calvi (Saguinus bicolor), piccoli primati della foresta pluviale: per cacciare queste scimmie (la sua preda preferita) il margay imita il richiamo d’allarme di un cucciolo in difficoltà e tende un agguato al primo tamarino che si avvicina per indagare.

 

Averla maggiore (Lanius excubitor)

Averla

Questi passeriformi appartengono alla famiglia dei Lanidi ed erano chiamati dai Romani “uccelli macellaio” per via delle loro abitudini alimentari.

Le averle sono predatori formidabili che quando non consumano immediatamente la loro preda la impalano su spine o piccoli rami per poi sminuzzarla in piccoli pezzi facili da inghiottire o per fare in modo che la decomposizione degradi buona parte delle tossine di alcuni insetti velenosi.

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Le averle si nutrono di piccoli vertebrati, grossi invertebrati e talvolta anche di uccelli: per sopravvivere hanno bisogno di assumere quotidianamente l’equivalente in cibo del loro peso corporeo e sono quindi poco schizzinose quando si tratta di prede.

Sono capaci di afferrare in volo insetti o volatili come un uccello rapace, ma preferiscono piccoli roditori, lucertole, rane o girini. Quando uccidono un rospo, rimuovono meticolosamente la pelle dall’animale utilizzando il becco per evitare che le tossine secrete dalla pelle possano contaminare le parti commestibili.

 

Cani della prateria (Cynomys leucurus)
Cane della prateria con una delle sue vittime
Cane della prateria con una delle sue vittime. Foto di John Hoogland

I cani della prateria non sono affatto predatori ma piccoli roditori erbivori diffusi nelle praterie nordamericane. Ciò che mi ha convinto ad inserirli in questa lista è il comportamento da serial killer dei cani della prateria dalla coda bianca (Cynomys leucurus), animali che sembrano non tollerare minimamente la competizione per le risorse con altre specie di roditori.

Nel 2016 un articolo pubblicato su New Scientist documentò la carneficina compiuta dai cani della prateria ai danni degli scoiattoli terricoli, il primo caso documentato di erbivoro che uccide i membri di un’altra specie di erbivori senza alcuno scopo alimentare.

Nell’arco di circa 10 anni John Hoogland, biologo del Center for Environmental Science della University of Maryland, ha osservato ben 163 omicidi di scoiattoli terricoli compiuti da cani della prateria: alcuni si limitavano ad uccidere qualunque roditore incontrassero sul loro cammino, ma altri cacciavano attivamente gli scoiattoli o tendevano imboscate all’entrata delle tane.

I cani della prateria uccidono gli scoiattoli con un potente morso al cranio e abbandonano il corpo per riprendere le loro attività quotidiane. Quasi 50 cani della prateria sono stati osservati mentre uccidevano altri roditori e 19 di loro sono stati classificati come assassini seriali: nell’arco di 4 anni l’individuo più attivo, una femmina dalle spiccate tendenze omicide, ha ucciso ben 9 scoiattoli.


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