La catapulta/mangano e l’onagro

catapulte, mangani e onagri
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Con l’avvento delle prime cinte murarie o delle palizzate difensive poste a difesa di località strategiche, come le sedi dei governanti locali o gli accampamenti militari semi-stabili, gli antichi strateghi furono costretti ad escogitare nuovi tattiche e tecnologie per poter conquistare più facilmente un obiettivo fortificato.

La necessità di abbattere le costruzioni difensive spinse alla creazione delle armi d’assedio; due delle prime, più impiegate e più note in epoca moderna furono la catapulta / mangano e l’onagro.

Katapeltes e Gastraphete

I primi inventori della catapulta furono i Greci, che coniarono il termine “katapeltes” per indicare una macchina in grado di scagliare proiettili a grandi distanze. Non disponendo di polvere da sparo o di complessi sistemi pneumatici capaci di proiettare bolidi di pietra su lunghe distanze, gli antichi fecero ampio e saggio utilizzo di ciò che avevano a disposizione: fisica elementare e materiali naturalmente elastici.

La nascita della catapulta è strettamente legata a quella della balista (o ballista, come la chiamavano i Greci), un’arma apparentemente simile alla balestra ma che, nelle sue forme più complesse ed evolute, non sfrutta la flessione di un arco, ma la torsione di una matassa di cordame.

Nel III secolo a.C. gli ingegneri greci inventano il gastraphete, una balestra di grandi dimensioni composta da un arco composito e armata tramite un meccanismo a pressione in grado di immagazzinare più energia di un normale arco.

katapeltikon, una balista in grado di scagliare frecce pesanti a grande distanza
Katapeltikon, una balista in grado di scagliare frecce pesanti a grande distanza
Katapeltikon e Baliste

Intorno al 399 a.C. (secondo Diodoro Siculo) fa la sua prima apparizione nella documentazione storica il katapeltikon, una balista in grado di scagliare frecce pesanti a grande distanza e già dotata di un argano in grado di armare lo strumento senza richiedere sforzi eccessivi da parte dei suoi operatori.

Il katapeltikon fornì un nuovo impulso allo studio della geometria e della fisica: nell’arco di 200 anni furono scritti trattati militari che fornivano indicazioni precise per ottenere il giusto rapporto tra peso o dimensioni del proiettile e la forza esercitata dalle matasse in torsione, linee guida utili per chiunque avesse avuto la necessità di costruire una balista in grado di funzionare a dovere.

Il passaggio da arco a matasse in torsione (di cordame o di tendine animale) è attestato da un’iscrizione nell’arsenale ateniese risalente al 338-326 a.C. Questo cambio di paradigma nei sistemi di propulsione dei proiettili a freccia sembra essersi verificato durante il regno di Filippo II di Macedonia e aver preso piede durante il secolo successivo.

Struttura di una ballista
Struttura di una ballista romana

La transizione da frecce a proiettili di pietra (o comunque di forma irregolare) fu inevitabile non appena le fortificazioni raggiunsero una resistenza invalicabile da qualunque freccia di balista: diventò ben presto necessario l’impiego di proiettili estremamente pesanti, capaci di sfondare mura spesse, pareti fortificate o robuste palizzate.

Fu per questa ragione che fecero la loro apparizione macchine d’assedio come l’ onagro e il mangano, i primi strumento paragonabili alla tradizionale catapulta che tutti conosciamo.

Onagro e Mangano

L’onagro (che prende il suo nome dall’ asino selvatico e dalla tendenza dell’animale a scalciare con potenza) viene citato per la prima volta nel 353 d.C. da Ammianus Marcellinus, soldato e storico romano autore dell’opera Res Gestae. I Romani ereditarono dai Greci la tecnologia delle macchine d’assedio a torsione e, come accadde anche in altri settori, perfezionarono gli strumenti bellici greci rendendoli più leggeri, resistenti o efficaci.

onagro

L’onagro ha un telaio rigido e pesante, dotato di ruote, che resta parallelo al terreno ed è sormontato da un telaio verticale attorno al quale viene posizionata una grossa matassa di cordame. Un palo lungo e resistente viene inserito nella matassa e utilizzato come braccio propulsore: tirando l’asta verso il basso si può armare l’onagro aumentando l’energia potenziale della matassa fino al momento del lancio del proiettile.

Il movimento del braccio di lancio viene bloccato dal telaio verticale grazie ad una trave orizzontale imbottita (per impedire di spezzare il braccio durante un uso frequente dell’arma), e la traiettoria del proiettile inserito nella cucchiara (una sorta di sacca simile a quella di una fionda) è determinata dal punto d’arresto dell’asta di propulsione: fermandola prima di raggiungere un angolo inferiore a 45° la traiettoria tende ad essere più alta, coprendo distanze inferiori ma permettendo di scavalcare eventuali fortificazioni difensive troppo elevate da essere scalate agevolmente.

Non molto differente era il principio del funzionamento del mangano, alimentato da una grossa matassa in torsione. Il mangano tuttavia si differenziava dall’ onagro per due aspetti:

  • Era azionato dalla forza umana tramite un sistema di funi tirate da soldati; l’ onagro invece disponeva di un argano in grado di facilitare il compito di caricamento della macchina;
  • Non disponeva di una cucchiara ma di un cesto rigido o semi-rigido all’estremità del braccio di lancio.

Secondo i resoconti e i manuali dell’epoca, gli onagri e le macchine d’assedio a torsione erano di solito realizzati il legno rinforzato da inserti in metallo, con matasse prodotte a partire da tendini animali (specialmente quelli di cervo) o da capelli umani (Vitruvio riteneva che fossero il miglior materiale per lo scopo). Le matasse venivano cosparse di grasso animale o olio d’oliva per mantenere l’elasticità naturale dei materiali e limitare il consumo delle fibre, sottoposte a forte stress meccanico ad ogni torsione della matassa.

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Prestazioni di onagro e mangano

Le prestazioni di onagri e catapulte sono difficili da determinare: alcuni autori citano lanci di oltre 600 metri, mentre altri suggeriscono che un tiro perda di efficacia e precisione dopo i 150 metri di distanza; la scarsità di reperti archeologici completi non rende inoltre semplice il lavoro di ricostruzione di queste macchine d’assedio a torsione.

Quello che sappiamo è che l’utilizzo di materiale tendineo o capelli avrebbe causato non poche problematiche legate alle condizione meteorologiche: tendine e capelli si allungano con l’umidità, riducendo l’efficacia del tiro e la durabilità della matassa.

Lo scrittore arabo Mardi ibn Ali al-Tarsusi, vissuto nel XII secolo, scrisse una vasta gamma di trattati militari, incluso uno per Saladino nel 1187. Tra i suoi trattati si trova la descrizione dettagliata di una macchina d’assedio molto simile ad una catapulta/onagro in grado di scagliare pietre da 25-30 kg a distanze di qualche centinaio di metri.

Più in generale, in antichità si utilizzava due formule per determinare le dimensioni di una catapulta e la sua capacità di scagliare proiettili di pietra:

d = x / 9
dove d è il diametro della matassa e x è la lunghezza del proiettile.

d = (1.1)100m1/3
dove d (generalmente in dattili, 1,93 cm per dattilo) è il diametro della matassa in torsione e m è il peso del proiettile (misurato in mine, 1 mina = 437g).

A partire da questa formula, è possibile determinare che per scagliare un proiettile di pietra del peso di 1 talento (circa 26 kg) era necessaria una matassa del diametro di quasi 40 centimetri ad una distanza di 100-150 metri (secondo le ricerche condotte Kelly DeVries e Serafina Cuomo).

Anche con la scarsa presenza di reperti di macchine d’assedio (specialmente delle loro matasse, composte da materiali facilmente degradabili), abbiamo a disposizione migliaia di proiettili di pietra a Cartagine (5.200), Pergamo (961) e Rodi (353), tutti dal peso compreso tra i 5 e i 40 kg.

Catapult
Torsion siege engine


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