L’origine della leggenda di Prete Gianni

Origine della leggenda di Prete Gianni
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Il passato e il presente sono pieni di miti che riguardano figure leggendarie storicamente poco attendibili, alcune dotate di presunti poteri soprannaturali, altre invece divenute celebri per il solo fatto di essere state citate nelle cronache antiche senza addurre alcuna prova della loro effettiva esistenza.

Prete Gianni è un personaggio avvolto nel mistero e la cui esistenza è stata definita da molti esperti moderni come una delle più grosse bufale dell’ultimo millennio. Questo tuttavia non ha impedito a migliaia di persone di mettersi alla sua ricerca esplorando luoghi sconosciuti e mettendo in pericolo le proprie vite pur di incontrare il leggendario patriarca che in latino veniva chiamato Presbyter Johannes.

L’origine della storia del Prete Gianni

Anche se l’origine della storia del Prete Gianni non è certa, sappiamo che iniziò a circolare quando i primi Europei misero piede in Oriente con l’intenzione di convertire al cristianesimo l’India e i territori limitrofi. Secondo la tradizione cristiana, San Tommaso Apostolo visitò l’India fondando la prima Chiesa d’Oriente in Asia, un movimento chiamato anche Nestorianesimo.

I nestoriani furono probabilmente i primi ad incontrare Mongoli e Turchi in Asia centrale ed è possibile che abbiano contribuito alla nascita del mito di Prete Gianni convertendo il clan turco-mongolo Kerait intorno all’anno 1.000, clan che per oltre due secoli continuò ad usare nomi cristiani alimentando le ipotesi sull’esistenza di un leggendario regno cristiano in Oriente.

La leggenda del Prete Gianni ebbe probabilmente inizio con una serie di visite in Europa da parte di alcuni prelati d’Oriente, come l’ arcivescovo dell’India e il vescovo Hugh di Jabala, Siria, giunti rispettivamente a Costantinopoli e a Viterbo nel XII secolo.

Durante una conversazione con il cronista tedesco Otto di Frisinga, Hugh riferì che un certo Prete Gianni, prete nestoriano con il ruolo di sovrano di una popolazione asiatica cristiana non meglio precisata, aveva riconquistato la città di Ecbatana (Persia) non molti anni prima del suo arrivo in Italia.

Secondo Hugh, Prete Gianni era un discendente dei Tre Magi, possedeva uno scettro di smeraldo e si era messo in testa di liberare Gerusalemme dagli infedeli fermandosi soltanto per un’improvvisa piena del fiume Tigri che lo costrinse a tornare nella sua terra d’origine.

Portolano portoghese del tardo XVI secolo che mostra Prete Gianni in India
Portolano portoghese del tardo XVI secolo che mostra Prete Gianni in India

Non c’è alcuna documentazione in grado di supportare le parole di Hugh. Secondo alcuni storici, il racconto sarebbe riconducibile alla sconfitta dei Turchi Selgiuchidi vicino a Samarcanda, opera dell’impero mongolo di Qara Khitai.

Al tempo i Qara Khitai erano buddisti, ma la scarsa familiarità degli Europei con questa filosofia fece giungere alla conclusione errata che si dovesse trattare di cristiani coinvolti nella guerra contro l’avanzata dell’Islam verso Oriente e Occidente.

La Lettera del Prete Gianni

Per la prima citazione scritta di Prete Gianni bisogna attendere il 1165, anno in cui una lettera chiamata “Lettera del Prete Gianni” iniziò a diffondersi in Europa. Oggi considerata un palese falso, la lettera fu apparentemente scritta da Prete Gianni di proprio pugno per l’imperatore Manuele I Comneno con l’intenzione di descrivere le ricchezze del suo impero e trovare alleanze in Occidente.

Nella lettera il mittente si identificava come “Giovanni, Presbitero, grazie all’Onnipotenza di Dio, Re dei Re e Sovrano dei Sovrani, Signore delle Tre Indie e seguace del Nestorianesimo”, procedendo successivamente ad una descrizione ricca di particolari dei suoi domini.

Il suo palazzo sarebbe stato costruito utilizzando gemme preziose cementate con oro e ogni giorno pranzava e cenava con almeno 10.000 commensali; come camerieri aveva 7 re, 62 duchi e 365 conti e nel suo impero non ospitava solo esseri umani ma anche innumerevoli creature immaginarie come folletti, giganti, centauri, minotauri e i raccapriccianti blemmi, umanoidi senza testa con il volto sul petto.

Al suo comando il Prete Gianni avrebbe avuto e famigerati Gog e Magog, popolazioni selvagge e sanguinarie nate dalla tradizione biblica e apparentemente impiegate dal patriarca nestoriano come cani sciolti contro i nemici della cristianità e del regno.

Sia Manuele I Comneno che Federico Barbarossa non considerarono credibile il contenuto della Lettera del Prete Gianni e preferirono ignorare il messaggio; papa Alessandro III, per dovere di risposta ad un potenziale regno cristiano nel cuore d’Oriente, inviò un suo emissario in Asia alla ricerca della figura leggendaria senza tuttavia ricevere mai una risposta dal famigerato Presbyter Johannes.

Il Prete Gianni in Asia

Dalle Lettere del Prete Gianni iniziò una moda particolare: attribuire al Prete Gianni qualunque evento rilevante si verificasse in Asia. Quando in Europa giunse la notizia di una severa sconfitta subita dai Saraceni in Persia si attribuì immediatamente la vittoria a Re Davide d’India, figlio del nipote di Prete Gianni; la realtà era che la sconfitta fu opera di Temujin (Gengis Khan), una figura che insieme al nipote Kublai conferì nuovo impeto alla leggenda.

Il re keraita Toghrul raffigurato come Prete Gianni nell'opera "Le Livre des Merveilles" del XV secolo
Il re keraita Toghrul raffigurato come Prete Gianni nell’opera “Le Livre des Merveilles” del XV secolo

L’impero mongolo consentì anche ai cristiani di visitare luoghi la cui esistenza era del tutto sconosciuta in Europa utilizzando strade sicure che intercettavano le rotte delle spezie e delle materie prime provenienti da ogni parte dell’Asia.

Alla corte del Khan giunsero emissari cristiani, buddisti e musulmani e si vociferava che il Gran Khan avesse nel suo consiglio alcuni missionari nestoriani che lo avevano segretamente convertito alla cristianità.

Molti iniziarono ad identificare il padre adottivo di Gengis Khan, Toghrul re dei Keraiti, con il leggendario Prete Gianni, mentre altri ritenevano che Temujin avesse sconfitto le armate del fratello del Prete Gianni, Vut, facendo successivamente sposare la figlia con il suo primogenito.

La seconda versione sembra avere un fondo di verità: Toghrul fu un monarca nestoriano che divenne padre adottivo di Temujin dopo la morte del padre naturale Yesugei; inizialmente alleato con il padre del futuro Khan, dopo il rifiuto di far sposare sua figlia con uno dei figli di Gengis Khan iniziò una faida che sfociò in una vera e propria guerra nel 1203.

Durante il regno di Gengis Khan e Kublai Khan la figura del Prete Gianni non veniva rappresentata come un regnante cristiano invincibile, ma semplicemente come uno dei tanti nemici sconfitti dai Mongoli; fu solo con la caduta dell’impero mongolo che in Europa si iniziò a pensare che il Prete Gianni non si trovasse in Asia.

La caduta dell’impero rese le strade più pericolose limitando il numero dei viaggi dei missionari cristiani e le missioni esplorative verso Oriente produssero alcuna prova dell’esistenza del leggendario patriarca cristiano: il Prete Gianni doveva trovarsi da qualche altra parte.

Mappa risalente alla seconda metà del XVI secolo che mostra la cira la presenza del Prete Gianni in Africa
Mappa risalente alla seconda metà del XVI secolo che mostra la cira la presenza del Prete Gianni in Africa
Il Prete Gianni in Africa

Al tempo gli Europei avevano un concetto di “India” molto vago, tanto che si parlava spesso di “Tre Indie” (come nella Lettera del Prete Gianni) includendo nel conto anche l’ Etiopia, una nazione cristiana che aveva contatti sempre più sporadici con l’Europa per via della diffusione dell’Islam in Africa.

Intorno al 1250, l’immaginazione degli autori del Vecchio Continente iniziò a formulare ipotesi sulla presenza in Etiopia del Prete Gianni e la visita europea di 30 ambasciatori etiopi nel 1306 confermò che il patriarca era una figura centrale nella chiesa della loro terra d’origine.

A dar forza al mito contribuì direttamente un medico belga di Liegi, Jean de Bourgogne, venuto apparentemente in possesso nel 1355 del famigerato manoscritto di John Mandeville, opera giudicata autentica per oltre due secoli e che ispirò i viaggi di molti esploratori (come Cristoforo Colombo).

Nel manoscritto si citava, tra le altre fantasie riportate, anche un incontro tra Mandeville e il Prete Gianni ma nel 1371, in punto di morte, il medico belga confessò di aver inventato il personaggio di John Mandeville e il resoconto del suo viaggio immaginario.

A partire dal XIV secolo, il Prete Gianni fu sempre più spesso collocato in Africa: al tempo delle esplorazioni portoghesi dell’Africa, “Prete Gianni” era il nome utilizzato comunemente in Europa per identificare l’Imperatore d’Etiopia, anche se gli Etiopi non avevano alcuna conoscenza di quella denominazione. Quando gli ambasciatori inviati dall’imperatore etiope Zara Yaqob giunsero a Firenze nel 1441 si ritrovarono confusi e sbalorditi dall’insistenza con cui gli ospiti chiamavano il loro imperatore “Prete Gianni”.

La fine della mito di Prete Gianni inizia con l’orientalista Hiob Ludolf che nel XVII secolo espone l’inesistenza di connessioni tra la figura leggendaria e i monarchi etiopi. Anche le presunte prove della sua presenza in Asia si rivelarono inconsistenti, facendo lentamente scemare il mito non prima però di aver alimentato per secoli innumerevoli fantasie, racconti, esplorazioni e cacce al tesoro.

La presunta esistenza del Prete Gianni in Asia contribuì all’aumento della frequenza degli scambi diplomatici tra il khanato e l’Europa, e la ricerca del patriarca in Africa fu uno dei motori che spinsero i Portoghesi a raggiungere l’estremità del continente e ad esplorare le sue coste occidentali.

Prester John


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