L’antica mutazione genetica che migliorò l’allattamento nei popoli asiatici e nordamericani

Mutazione genetica che favorì l'allattamento
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Circa 20.000 anni fa, una mutazione genetica fece la sua comparsa nel genoma umano: la mutazione permetteva lo sviluppo di un gran numero dotti lattiferi, superiore al normale, favorendo la trasmissione tra madre e figlio dei nutrienti fondamentali per la sopravvivenza di un bambino durante l’allattamento.

Questo cambiamento genetico, diffuso ancora oggi in molte popolazioni asiatiche e native americane, fornisce agli infanti un prezioso apporto maggiorato di grassi e vitamina D, quest’ultima generalmente prodotta dalla pelle attraverso l’esposizione alla luce solare; nei climi nordici, in cui il sole illumina meno intensamente, la produzione di vitamina D è limitata e la mutazione dei dotti lattiferi (piccoli canali connessi alle ghiandole mammarie) migliorò la capacità delle madri fornite di questa mutazione di distribuire preziosi nutrienti e vitamine ai propri figli.

Il problema della vitamina D

La vitamina D è fondamentale per mantenere sano il sistema immunitario, per gestire l’accumulo e il consumo di grassi e regolare l’assunzione di calcio. Sopra il Circolo Polare Artico, dove il sole scompare per interi mesi sotto l’orizzonte, l’esposizione alla luce solare che catalizza la produzione di vitamina D è limitata e l’integrazione di questa sostanza avveniva in passato tramite il consumo di grassi animali.

Il problema per l’essere umano sorge quando un lattante, incapace di consumare cibi solidi, può ottenere la vitamina D necessaria a rimanere in salute solo dalla madre, già sottoposta alla pressione di dover consumare grandi quantità di vitamina per l’impossibilità di produrla a sufficienza tramite i normali processi metabolici.

Non tutte le mutazioni genetiche sono vantaggiose, ma in questo caso la diffusione su larga scala della “supercrescita” dei canali lattiferi sembra sostenere l’ipotesi che la mutazione si sia dimostrata positiva nel corso dei millenni: grazie all’ apporto superiore di vitamina D, i bambini in grado di trasmettere la mutazione sopportano più facilmente le difficoltà climatiche e la carenza di vitamina D.

Un articolo recentemente pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences espone alcune prove genetiche sull’importanza di questa mutazione, supportando l’idea che l’aumento dei dotti lattiferi migliorò le possibilità di sopravvivenza nei figli di madri portatrici della mutazione.

Il gene EDAR

Leslea Hlusko, una delle autrici della ricerca ed esperta di morfologia dentale, ha scoperto grazie a ricerche precedenti alla sua che la forma dei denti è legata alla mutazione di un gene chiamato EDAR, che codifica una proteina coinvolta anche nel numero e nella diffusione delle ghiandole sudoripare e nella ramificazione dei dotti lattiferi connessi alle ghiandole mammarie.

“Ad alte latitudini” spiega Hlusko, “questi popoli erano carenti di vitamina D. Sappiamo che avevano una dieta che cercava di compensare per questa carenza, sia dai resti archeologici sia perché ci sono prove della selezione per specifici alleli dei geni che influenzano la sintesi dei grassi. Ma ancora più nello specifico, questi geni modulano la composizione del grasso del latte materno.”

Denti umani "a paletta", una mutazione anatomica regolata dall'allele V370A del gene EDAR e connessa all'aumento della ramificazione dei dotti lattiferi.
Denti umani “a paletta”, una mutazione anatomica regolata dall’allele V370A del gene EDAR e connessa all’aumento della ramificazione dei dotti lattiferi.

L’articolo evidenzia inoltre che la mutazione non è rilevante soltanto per l’allattamento, ma presenta un effetto collaterale: il gene che controlla la crescita dei dotti lattiferi influisce anche sulla forma degli incisivi. La conseguenza è che la diffusione di questo gene ha contribuito anche alla diffusione di “incisivi a paletta”, comuni in Asia e Nord America ma rari in altre parti del mondo.

La ricerca pubblicata nell’articolo ha analizzato la popolazione archeologica nordamericana per determinare la storia evolutiva di questa mutazione genetica, scoprendo che quasi il 100% dei denti di nativi analizzati mostrava una forma coerente con il gene mutato.

L’incisivo a paletta viene così definito per via della sua struttura ed è una caratteristica comune nelle popolazioni native americane e in Corea, Giappone e le regioni settentrionali della Cina, con una frequenza crescente man mano che ci si sposta verso Nord. Fino a non molto tempo fa si riteneva che questa particolare struttura degli incisivi fosse una caratteristica emersa e selezionata naturalmente grazie alla lavorazione delle pelli animali: i denti sono stati per millenni la “terza mano” dell’uomo.

Did last ice age affect breastfeeding in Native Americans?
Environmental selection during the last ice age on the mother-to-infant transmission of vitamin D and fatty acids through breast milk


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