L’esplorazione portoghese dell’Africa nel XV secolo

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Prima che Colombo mettesse piede nei Caraibi senza realizzare di aver scoperto un nuovo continente e non il Giappone, i Portoghesi avevano iniziato ad esplorare le coste africane per trovare una via marittima verso Oriente con una serie di spedizioni esplorative che nulla hanno da invidiare a quelle americane in quanto a pericolosità e fascino.

L’Africa non era di certo un continente totalmente sconosciuto agli Europei e agli Arabi: fin dai primi secoli d.C. il commercio arabo degli schiavi si spinse fino al Mozambico, il punto d’incontro tra i mercanti arabi e quelli portoghesi, giunti seguendo le rotte terrestri verso Sud o quelle marittime lungo la costa orientale.

Enrico il Navigatore

Ma la prima, vera esplorazione metodica delle coste occidentali africane da parte degli Europei iniziò con Enrico di Aviz, detto Enrico il Navigatore, Infante del Portogallo e principe della casata reale portoghese.

Enrico il Navigatore fu responsabile della nascita del filone esplorativo portoghese grazie alla promozione della città di Sagres come importante polo marittimo: fece costruire nella città scuole di navigazione e cartografia, un arsenale e un osservatorio, istituti che consentirono di far progredire la marineria con l’invenzione delle caravella, la diffusione dei portolani e il perfezionamento della bussola.

Sebbene il titolo di “Navigatore” non avesse nulla a che fare con la sua abilità in mare, Enrico fu il primo sovrano europeo a dirigere una serie di spedizioni con l’obiettivo ci circumnavigare l’Africa per raggiungere le Indie. Il primo passo fu quello di annettere ai domini portoghesi l’isola di Madeira (1420) e le Azzorre (1431), in seguito utilizzate come teste di ponte per il lancio di altre spedizioni esplorative.

Mappa dell'Africa realizzata dal cosmografo Sebastian Münster intorno al 1540, circa mezzo secolo dopo i viaggi esplorativi africani condotti dai Portoghesi
Mappa dell’Africa realizzata dal cosmografo Sebastian Münster intorno al 1540, circa mezzo secolo dopo i viaggi esplorativi africani condotti dai Portoghesi
Il mistero dell’Africa e di Capo Bojador

Nel XV secolo l’Africa era ancora un continente parzialmente esplorato (solo la parte settentrionale sul Mediterraneo era stata mappata con un certo livello di dettaglio) e molti navigatori proposero l’idea che, almeno in teoria, sarebbe stato possibile circumnavigarla per raggiungere l’ India e le sue spezie.

Il mistero che circondava il continente africano riguardava la sua estensione: sebbene le coste dell’Africa settentrionale fossero già ben delineate nei portolani europei (mappe di navigazione che tracciavano i profili costieri del Mediterraneo), non era chiaro quanto il continente si estendesse verso Sud, oltre regioni ricche di mistero e popolate da personaggi leggendari come il Prete Gianni (leggi questo post per la leggenda del Prete Gianni);non trovandolo in Asia, l’attenzione si spostò velocemente sulle regioni inesplorate dell’Africa.

Al tempo, il punto-limite degli Europei nella navigazione costiera africana era Capo Bojador, un tratto di costa sul Sahara occidentale considerato particolarmente difficile e l’ultimo punto conosciuto del profilo africano occidentale prima di spingersi verso terre del tutto ignote.

L’impossibilità di superare Capo Bojador divenne leggendaria, tanto che l’area si guadagnò il nome arabo di “Abu Khatar” (“padre del pericolo”): nella zona sparirono diverse navi europee a causa della particolare conformazione del fondale marino e della presenza di forti venti e correnti che potevano facilmente portare fuori rotta un vascello, ma la superstizione del tempo fu molto veloce ad attribuire le sparizioni alla presenza di mostri marini o di un’impalpabile e invalicabile limite soprannaturale.

Riproduzione in scala della barca con cui Gil Eanes superò Capo Bojador (Museo della Marina di Lisbona)
Riproduzione in scala della barca con cui Gil Eanes superò Capo Bojador (Museo della Marina di Lisbona)
Il superamento di Capo Bojador

Il primo a trovare una rotta navigabile per attraversare Capo Bojador fu il portoghese Gil Eanes, dopo circa 10 anni di tentativi falliti. Nel 1424, il navigatore ricevette dall’ Infante del Portogallo la missione di trovare una rotta per superare Capo Bojador, ma fu in grado di completare il suo incarico solo nel 1434.

Il “trucco” per superare questo limite apparentemente invalicabile fu quello di navigare lontano dalla costa per evitare venti, correnti e fondali pericolosi e difficilmente superabili con una navigazione costiera, molto comune all’epoca.

Una volta superato Capo Bojador, le coste africane iniziarono lentamente ad aprirsi all’esplorazione portoghese. Tra il 1455 e il 1456 due esploratori italiani, il veneziano Alvise Cadamosto e il genovese Antoniotto Usodimare, raggiunsero il fiume Gambia sotto l’incarico di Enrico il Navigatore e lo risalirono per circa 100 km esplorando le zone interne dell’attuale Senegal.

Le coste e le isole del Senegal iniziarono a popolarsi di insediamenti europei fin dalle prime visite portoghesi, avamposti utilizzati principalmente per il commercio di grano, pepe, avorio e schiavi.

Forte di Elmina nell'atlante di Joan Blaeu (Atlas Novus, 1635)
Forte di Elmina nell’atlante di Joan Blaeu (Atlas Novus, 1635)

Due anni dopo la morte di Enrico (1460), i navigatori portoghesi raggiunsero le coste della Sierra Leone, ma i progressi fino ad allora furono lenti e non si riuscì a superare la “grande piega” verso Est della costa africana fino al 1471, quando Fernão Gomes raggiunse l’attuale Ghana fondando la colonia di Elmina.

Il contratto che Gomes aveva con Re Alfonso V del Portogallo era il seguente: in cambio di un pagamento annuale di 200.000 real, a Gomes veniva garantito il monopolio della rete commerciale del Golfo di Guinea (che ospita le zone costiere di Ghana, Togo, Nigeria e Camerun) e la possibilità di esplorare 100 leghe di costa africana ogni anno per cinque anni.

L’ equatore

Quando Fernão do Pó (su incarico di Fernão Gomes) scoprì un fiume ricco di gamberi nel 1472 in corrispondenza del Camerun, gli Europei raggiunsero per la prima volta la linea equatoriale africana e la fondazione della colonia di São Tomé e Príncipe da parte di João de Santarém e Pêro de Escobar inaugurò il primo insediamento europeo in Africa che separava l’emisfero settentrionale da quello meridionale.

L’attuale Repubblica Democratica di São Tomé e Príncipe è costituita da un arcipelago di una ventina di isole nel Golfo di Guinea; all’arrivo dei portoghesi, le isole di Annobon, São Tomé e Príncipe erano del tutto disabitate e si rivelarono ideali come base per il controllo del commercio della canna da zucchero prodotta localmente.

La coltivazione della canna da zucchero richiedeva una gran dose di olio di gomito e i Portoghesi si assicurarono di avere sufficiente manovalanza inserendosi nel commercio locale di schiavi africani, divenuti tali a seguito degli innumerevoli scontri tribali che si verificavano costantemente nella regione.

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Bisogna sempre tenere a mente che le spedizioni esplorative marittime del XV secolo erano molto, molto costose. I Portoghesi non erano animati da puro e semplice spirito di scoperta, ma continuavano ad investire tempo, denaro e uomini per un preciso scopo: assicurarsi una rotta marittima verso l’India e stabilire un nuovo percorso commerciale economicamente vantaggioso in grado di arricchire il Portogallo.

La fondazione di avamposti commerciali sulla costa occidentale africana contribuì al mantenimento dei fondi necessari a proseguire la ricerca di una rotta per l’Estremo Oriente, ma il volume d’affari generato dalle prime colonie portoghesi in Africa non era tale da garantire fondi illimitati per qualunque missione esplorativa.

Il costo delle sempre più esigenti missioni marittime rallentò il ritmo dei successi esplorativi dei navigatori portoghesi, ma la possibilità di trovare una rotta privilegiata per l’India fu una motivazione più che sufficiente per continuare a investire nella possibilità di circumnavigare l’Africa.

Capo delle Tempeste

Servirono quasi 15 anni di tentativi falliti, di investimenti cospicui e di “sosta” in zona equatoriale per far si che i navigatori portoghesi potessero spingersi ulteriormente verso Sud: nel 1488, Bartolomeo Dias e il suo pilota Pêro de Alenquer, raggiunsero per la prima volta un tratto di costa in cui il continente ripiegava verso Est, chiamandolo inizialmente “Capo delle Tempeste” per via delle terribili condizioni meteorologiche che incontrarono.

Fu solo al ritorno in Portogallo che il capo fu rinominato in “Capo di Buona Speranza”, il punto terminale del continente africano.

Mappa delle esplorazioni portoghesi in Africa nell'arco del XV secolo
Mappa delle esplorazioni portoghesi in Africa nell’arco del XV secolo

Dieci anni più tardi, tra il 1497 e il 1498, Vasco da Gama e Pêro de Alenquer raggiunsero il Capo di Buona Speranza e lo superarono, iniziando la risalita verso Nord e raggiungendo Mombasa, sulle coste del Mozambico, dove incontrarono mercanti cinesi, e in seguito la città di Malindi in Kenya, dove reclutarono un navigatore arabo che li condusse fino a Calcutta.

Il viaggio di Vasco da Gama fu un momento epocale per la storia delle esplorazioni marittime: per la prima volta un equipaggio europeo era riuscito a superare l’estremità meridionale del continente africano senza difficoltà (contrariamente al viaggio di Bartolomeo Dias) e a risalire la costa orientale fino a raggiungere la punta più a sud del Corno d’Africa.

A Malindi il sultano mise a disposizione dei Portoghesi il celebre navigatore yemenita Ahmad Majid al-Najdi, grazie al quale Vasco da Gama e il suo equipaggio riuscirono a raggiungere Calcutta il 20 maggio del 1498, divenendo i primi europei ad approdare in India dopo aver circumnavigato l’Africa.

La circumnavigazione dell’Africa non solo aprì nuove rotte commerciali per i Portoghesi, ma contribuì anche ad un nuovo ciclo di innovazione nei metodi e nelle tecnologie di navigazione dell’epoca.

La navigazione tramite le stelle, una volta superato l’equatore, diventa progressivamente più difficile per via della differente volta celeste osservabile dai navigatori. Fu necessario quindi perfezionare l’astrolabio e la bussola, rivedere le carte nautiche costiere e iniziare a stilare nuove mappe utili per la navigazione in mare aperto: circa 70 anni dopo la circumnavigazione dell’Africa di Vasco da Gama, Gerardo Mercatore (Gerhard Kremer) pubblicò la prima mappa del mondo conosciuto disegnata tramite una proiezione in uso ancora oggi e realizzata grazie all’accumulo di dati di navigazione sempre più precisi durante le spedizioni esplorative africane e americane.

European exploration of Africa


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2 Comments on “L’esplorazione portoghese dell’Africa nel XV secolo”

  1. Ottimo post. E forse è giusto,come si fa qui, non citare i fratelli Vivaldi (1294) e il loro pioneristico tentativo, perché recentemente si ipotizza, che il loro tentativo,certamente fallito, seguisse l’epistemologia che poi 2 secoli dopo fu di Colombo (via Ovest alle Indie) e che pertanto essi sarebbero stati precursori del loro futuro concittadino e non dei portoghesi.Se così, essi non raggiunsero mai il capo Bojador,semplicemente perché a loro non interessava e semmai naufragarono più a nord-ovest,lontano dalle coste d’Africa.

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