Delitto d’onore e i fuorilegge nella società vichinga

Holmgang e delitto d'onore tra i vichinghi
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Offendere l’onore di un vichingo equivaleva spesso a rischiare la morte: la legge garantiva alla persona offesa la possibilità di uccidere chi gli avesse procurato un torto. Ma anche i delitti d’onore dovevano seguire tradizioni e leggi per non rischiare di far degenerare le faide tra clan in sanguinosi scontri senza fine.

Nel corso dei secoli i Vichinghi elaborarono un sistema di giustizia basato sull’onore che regolamentava e sanzionava alcuni crimini violenti o motivati da ragioni meschine o codarde. Anche se un vichingo esemplare non mostrava alcuna esitazione di fronte a morte certa, teneva in grande considerazione l’opinione che la società aveva di lui: la sola idea di essere escluso dalla vita della comunità era capace di terrorizzare anche il guerriero più affermato. Qualunque uomo libero era pronto a sacrificare la propria vita pur di mantenere alto l’onore della sua famiglia ed evitare l’esclusione dalla società vichinga.

Risoluzione delle dispute: multe e omicidio legale

La maggior parte dei conflitti, delle dispute e dei crimini violenti si risolveva tra le due o più famiglie coinvolte con il raggiungimento di un accordo economico o tramite un duello; ma nei casi più gravi il giudizio finale poteva essere delegato ad un’ assemblea di uomini liberi (ting) presieduta da ufficiali esperti nelle leggi orali e tradizioni norrene.

“Oggi facciamo distinzione tra omicidio doloso e omicidio colposo, ma i Vichinghi non vedevano la stessa differenza” spiega Anne Irene Riisøy della University College of Southeast Norway in un’intervista dell’agosto 2016 su RealClearScience. “Per esempio, ardere vivo o uccidere qualcuno durante la notte era considerato spregevole e quindi classificato come un omicidio perché non si aveva dato alla vittima l’opportunità di difendersi”.

Ricostruzione di un' Assemblea vichinga (Gulatinget)
Ricostruzione di un’ Assemblea vichinga (Gulatinget)

Uccidere alla luce del sole, ad esempio motivati dalla vendetta, da un’offesa o a seguito di una rissa, non era invece motivo di vergogna e non era considerato un vero omicidio sanzionabile con le condanne più gravi, a patto che si seguissero alcune regole di base e che non si cercasse di nascondere il fatto. Onestà prima di tutto, anche nell’omicidio.

Delitto d’onore e holmgang

Le regole fondamentali per giustificare un omicidio erano semplici:

  • Ogni uomo libero aveva il diritto di uccidere chiunque gli avesse causato un torto, sfidandolo a duello o semplicemente attaccandolo senza preavviso;
  • Non nascondere l’omicidio, anzi, dichiararlo e commetterlo pubblicamente, preferibilmente di fronte a testimoni;
  • Assumersi la piena responsabilità dell’assassinio e non fuggire;
  • Non commettere il delitto in modo codardo, ad esempio durante la notte o nel sonno. L’omicidio per vendetta perpetrato con metodi da codardo era punito severamente;
  • Pagare le multe per il crimine commesso.

Se le dispute riguardavano due individui, un metodo comune per la risoluzione del conflitto consisteva nell’ holmgang, un duello giudiziario in cui, secondo le saghe vichinghe, uno dei due contendenti veniva dichiarato sconfitto non appena il suo sangue toccava terra. Il vincitore era considerato il vincitore morale della disputa, forte anche della credenza diffusa che le divinità norrene favorissero sempre il “giusto” in un duello.

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Secondo le leggi vichinghe, l’intera famiglia era considerata responsabile se un membro del clan commetteva un delitto d’onore e ogni membro era tenuto a pagare una quota della multa. Le multe previste per questo crimine liberavano l’assassino e la sua famiglia da ogni onta o da eventuali ripercussioni da parte del clan del caduto (che veniva risarcito con le quote riscosse.

Le multe per il delitto d’onore erano proporzionali allo status sociale della vittima: l’uccisione di un uomo libero (karl) comportava ad esempio un risarcimento di 189 vacche, che diminuiva a 12 per uno schiavo (thrall) e a 8 per una thrall donna.

L’ Assemblea e i fuorilegge

Per i crimini più gravi, come non pagare la multa per un delitto d’onore o aver commesso un omicidio a scopo di furto, interveniva la temutissima Assemblea. L’ Assemblea giudicava reati come il tradimento, la codardia in combattimento, l’omicidio di persone indifese, di donne o di bambini, e il furto, considerato l’espressione stessa della vigliaccheria.

L’ Assemblea che giudicava gli atti criminali era composta da 12, 24 o 36 membri in base all’importanza del caso e si esprimeva sulla pena da assegnare all’accusato o sulla sua innocenza, ma non era tenuta ad eseguire la condanna, compito spesso svolto dai membri della clan offeso.

Essere convocati dall’Assemblea con l’accusa di aver commesso un crimine era considerato un evento della massima gravità dal quale difficilmente si era in grado di uscire a testa alta: le pene inflitte dall’ Assemblea erano di solito molto gravi, dal pagamento di un’ingente somma di denaro in grado di compromettere l’economia di un intero clan fino alla condanna più grave, l’essere ufficialmente considerato un fuorilegge.

La collina che, secondo la tradizione norrena, fungeva da casa per Grettir, il leggendario fuorilegge vichingo
La collina che, secondo la tradizione norrena, fungeva da casa per Grettir, il leggendario fuorilegge vichingo

Ottenere lo status di fuorilegge (níðingr) era peggio della pena capitale: il condannato veniva totalmente escluso dalla società vichinga e ogni sua proprietà veniva confiscata ed eventualmente ridistribuita tra le famiglie offese. Nessun membro della comunità poteva prestare aiuto ai fuorilegge, neanche un pezzo di pane o una coperta, costringendoli ad una vita terribilmente solitaria e fatta di fatica e stenti.

Ad aggravare una situazione già disastrosa c’era il diritto (spesso esercitato senza alcuna remora) di ogni uomo libero di uccidere senza alcuna conseguenza qualunque fuorilegge avesse incontrato. Anche quando lo status di fuorilegge veniva assegnato per un periodo limitato di tempo (di solito 3 anni), ben pochi riuscivano a sopravvivere ad una vita solitaria o all’incontro con uomini liberi.

Uno dei fuorilegge più famosi fu Grettir, le cui gesta sono narrate nella Saga di Grettir Ásmundarsonar. Secondo la leggenda, Grettir crebbe ribelle e irascibile ma anche coraggioso e forte, tanto da sconfiggere un draugr (zombie norreno). Dopo aver appiccato il fuoco ad un edificio causando la morte di diverse persone, Grettir fu dichiarato fuorilegge e fuggì nella natura selvaggia per quasi 20 anni, riuscendo a sopravvivere ad ogni tentativo di assassinio fino a quando non fu ucciso grazie all’uso della magia.

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