Formica proiettile (Paraponera clavata): il morso più doloroso del regno degli insetti

formica proiettile
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Quella che viene comunemente definita “formica proiettile” appartiene alla specie Paraponera clavata, unica rappresentante dell’intero genere Paraponera. Si tratta di una formica dotata di straordinarie armi di difesa e d’attacco: lunga da 18 a 30 millimetri, è una predatrice formidabile grazie alla sua naturale aggressività e ad un pungiglione capace di inoculare un veleno dolorosissimo anche per l’essere umano.

Dal punto di vista evolutivo, le Paraponera clavata sono considerate “relitti”: la loro specie si è separata dalle altre specie di formiche oltre 90 milioni di anni fa, bene o male poco dopo la comparsa delle formiche sul pianeta. Rappresentano quindi un’occasione più unica che rara per avvicinarsi alle origini delle formiche e capire la loro evoluzione nel corso di decine di milioni di anni.

Una formica temuta in tutto il Sud America

Formica proiettile

Queste formiche si sono conquistate diversi nomi in spagnolo, portoghese e nelle  lingue native: in Venezuela sono note come hormiga veinticuatro (“formica delle 24 ore), in riferimento alle 24 ore di dolore che può causare la loro puntura, mentre in Costa Rica si usa il termine bala (“proiettile”); in portoghese sono chiamate formiga cabo verde, formigão, o formigão-preto, i Tupi-Guarani invece la chiamano tuca-ndy (“la formica che ferisce in profondità”).

Nel resto del mondo, invece, la Paraponera clavata è viene semplicemente definita “formica proiettile” perché il dolore che causa viene spesso paragonato a quello di un colpo di pistola a bruciapelo.

Lo stile di vita della formica proiettile

La Paraponera clavata crea colonie composte da centinaia di individui, colonie generalmente collocate alla base di un albero. Due ricerche condotte in Costa Rica e sull’isola di Barro Colorado hanno riscontrato una densità di circa 4 nidi per ettaro e oltre 70 tipi di alberi differenti scelti come residenza per la colonia.

Sono formiche predatrici che si nutrono di insetti e nettare risalendo l’albero che hanno scelto come casa fino a raggiungere le zone più produttive o più popolate da artropodi; raramente vanno a caccia sul terreno. Le gocce di nettare vengono trasportate utilizzando le grosse mandibole e costituiscono la maggior parte delle scorte alimentari di queste formiche.

Colonia di formiche proiettile
Colonia di formiche proiettile

La Paraponera clavata ha ben pochi nemici naturali: il primo è la larva di “farfalla dalle ali di vetro”, la Greta oto, un bruco che si nutre di piante tossiche e che si difende dalle formiche proiettile sfruttando il veleno immagazzinato nel corpo per rendersi sgradevole.

Il secondo, ben più pericoloso per le formiche proiettile, è la mosca parassita Apocephalus paraponerae: attacca le operaie ferite durante i frequenti scontri con le colonie rivali, deponendo circa 20 uova all’interno del corpo di una formica o cibandosi dei suoi succhi. Prove in laboratorio hanno dimostrato che l’odore di una formica schiacciata è sufficiente ad attrarre una decina di queste mosche parassite nell’arco di 2-3 minuti.

Il veleno della formica proiettile

Ciò che ha reso celebre la formica proiettile non è la sua voracità o la sua aggressività, ma un veleno così potente da provocare dolori atroci per circa 24 ore. Il dolore che segue immediatamente l’inoculazione della tossina è stato descritto come identico a quello causato da un proiettile di pistola che penetra nei tessuti.

Dopo la puntura segue un periodo di 3-5 ore in cui il dolore è tale da non consentire di compiere alcun movimento complesso. La mente rimane totalmente annebbiata e concentrata sul dolore fino a quando, diverse ore dopo l’inoculazione della tossina, la sofferenza diventa solo vagamente tollerabile, lasciando un po’ di spazio per respirare e per recuperare la salute mentale.

La prima descrizione degli effetti della poneratossina, la componente principale del veleno delle formiche proiettile, è stata fatta negli anni ’20 del secolo scorso da Joseph Charles Bequaert, il primo a definire questa specie come “formica proiettile”.

La poneratossina è un peptide neurotossico che causa una contrazione incontrollabile e prolungata dei muscoli e il blocco della trasmissione sinaptica. Nel caso dei vertebrati, 30 punture di formiche proiettile per ogni chilogrammo di peso corporeo possono sicuramente uccidere tra dolori inconcepibili e tremori incontrollabili.

Riti di passaggio e formiche proiettile

Guanto pieno di formiche proiettile

Il veleno della formica proiettile non è soltanto un efficacissimo deterrente per i predatori della foresta pluviale (essere umano incluso), ma viene utilizzato da alcune comunità native per i riti di iniziazione all’età adulta.

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Le comunità Satere-Mawe brasiliane usano intenzionalmente le formiche proiettile durante i loro riti di passaggio (vedi video sopra): le formiche vengono “addormentate” sfruttando un sedativo naturale e vengono incastrate all’interno di un guanto di foglie verdi, con il pungiglione rivolto verso l’interno.

I giovani Satere-Mawe che si apprestano a diventare adulti dovranno indossare 20 volte, nell’arco di diversi mesi o anni, il guanto pieno di formiche per almeno 5 minuti, dando prova di poter superare dignitosamente i giorni di atroci sofferenze che li attendono.

Dopo aver indossato il guanto, le mani e le braccia si trovano sotto l’effetto di una paralisi temporanea. La sola protezione che i giovani adulti possono indossare è una copertura di polvere di carbone che, secondo la tradizione, confonderebbe le formiche e le renderebbe meno aggressive.

Ma le Paraponera clavata sono anche un’importante risorsa medicinale locale. Il loro veleno, in minuscole dosi, viene utilizzato per curare i reumatismi, mentre le potenti mandibole, data la loro capacità di rimanere chiuse anche dopo la morte della formica, sono state impiegate per chiudere ferite profonde.

 


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